VERSO LA V ASSEMBLEA CELAM

PUNTI DI VISTA DA PARTE DEI RELIGIOSI

 

In preparazione alla V assemblea dei vescovi latino-americani, la CLAR ha voluto offrire il suo contributo con un documento in cui espone le sfide davanti alle quali si trova oggi la vita religiosa nel continente e il cammino che le sta davanti, e che desidera percorrere con creatività evangelica.

 

La Chiesa latino-americana e caraibica si sta preparando alla V assemblea generale dell’episcopato che, per decisione del papa, si terrà nel celebre santuario dell’Aparecida (Brasile) nel maggio del 2007. Avrà come tema: Discepoli e missionari di Cristo, affinché i nostri popoli abbiano la vita. Io sono la via, la verità e la vita (Gv 14,6).

La proposta di celebrare una nuova conferenza generale (dopo quelle di Rio de Janeiro (1955), Medellin (1968), Puebla (1979), Santo Domingo (1992) era stata avanzata durante la XXVIII assemblea ordinaria dell’episcopato nel 2001 e quindi sottoposta a Giovanni Paolo II il quale l’approvò, impegnandosi egli stesso ad accompagnarne i primi passi di preparazione. Benedetto XVI, poche settimane dopo la sua elezione, si è dichiarato pienamente d’accordo con questa celebrazione, stabilendo anche la data e il luogo.

In vista di questo grande incontro è già stato reso noto il cosiddetto Documento di partecipazione. Anche la CLAR (Confederazione latino-americana dei religiosi) ha voluto offrire il suo contributo con un documento in cui espone le sfide davanti alle quali si trova oggi la vita religiosa nel continente e il cammino che le sta davanti, ed esprime la volontà di percorrerlo attraverso un recupero di fedeltà e creatività evangelica.

Non si tratta solo di una dichiarazione di intenti, ma di un vero e proprio prospetto programmatico ricco di stimoli, utile anche per la nostra vita religiosa in Europa, pur tenendo presente la diversità dell’ambiente e delle situazioni. Ecco qui di seguito il documento della CLAR.

 

Nell’ambito del discepolato al seguito di Gesù ben presto sorse nella Chiesa un genere di vita da parte di uomini e donne che cercavano una sequela tutta particolare di Gesù, ciò che col passare del tempo sarà chiamata vita religiosa, che è un carisma dello Spirito che fa parte della vita e santità della Chiesa (LG 44).

La vita religiosa, presente in forma molto attiva nell’evangelizzazione dell’America latina e dei Carabi, ha continuato a fiorire in questi 500 anni.

Al tempo del Vaticano II e di Medellin, in un momento in cui molti popoli cercavano la liberazione politica e sociale, si profila una certa sintonia tra la Chiesa e il sogno della società, che provoca cambiamenti di prospettiva teologica ed ecclesiale.

In questo nuovo contesto anche la vita religiosa rinasce con più o meno traumi, secondo le diverse famiglie religiose: il sogno di una nuova vita religiosa, radicata nel Vangelo e nei carismi di fondazione e aperta ai segni dei tempi (Perfectae caritatis 2). Sono stati vissuti momenti di gioia e di speranza, ma anche delusioni. Una parte della Chiesa cominciò a diffidare e a nutrire sospetti circa questo nuovo stile di vita religiosa, si alimentarono vecchie nostalgie, si desiderò tornare al più sicuro. Anche il contesto storico cambiò. Oggi si respira un clima più simile all’esilio, alla diaspora e alla resistenza che alla liberazione.

In questa particolare situazione si è sviluppata la vita religiosa in America latina e nei Carabi dopo Santo Domingo. Non si può ridurre la vita religiosa a un solo schema, ma coesistono diversi stili di vita religiosa, a volte in forma alquanto ibrida.

C’è una vita religiosa, soprattutto delle religiose, inserita in ambienti poveri e popolari: sobborghi di città, contadini, minatori, indigeni, afroamericani, zone di conflitti, esuli e rifugiati, con i limiti di una vita che mai giunge a essere come quella del popolo.

Esiste, in forma maggioritaria, una vita religiosa istituzionalizzata che lavora nell’educazione, salute, assistenza sociale (focolari…), promozione sociale, mezzi di comunicazione sociale… con le possibilità e ambiguità di ogni istituzione (segno di potere, supplenza allo stato, rischio di assimilarsi al sistema…).

Un gruppo di religiosi e religiose vivono una presenza, a volte più personale, a volte più istituzionale, nel campo della collaborazione pastorale con la chiesa locale: parrocchie, comunità di base, famiglie, carceri, bambini di strada, università della Chiesa, curie diocesane e conferenze episcopali, centri di spiritualità… col rischio di limitarsi al mondo intraecclesiale. Permane la presenza silenziosa della vita contemplativa, che nonostante sia sconosciuta a molti, è un segno della trascendenza del regno di Dio e fonte di fecondità spirituale.

Con tutti i suoi limiti e ambiguità, questa vita religiosa, che a volte è giunta fino al martirio, ha cercato di dare una testimonianza del Vangelo nella Chiesa e nel mondo. Ma si comincia a percepire che qualcosa manca e non funziona. C’è insoddisfazione e perplessità.

 

NUOVE SFIDE

E INTERPELLANZE

 

A tutto questo si aggiunge all’inizio del terzo millennio il fatto che la vita religiosa si sente nuovamente messa in questione, sia dalla realtà sociale ed ecclesiale sia al suo stesso interno.

 

a) in base al fattore sociopolitico

 

– Situazioni di povertà ed esclusione peggiorate in questi ultimi anni, come conseguenza della globalizzazione neoliberale e della dittatura del mercato;

– instabilità politica, fragilità delle democrazie, ingovernabilità;

– crisi dei valori morali: corruzione, violenza, narcotraffico;

– crisi delle utopie sociali e mancanza di alternative concrete, un senso di impotenza di fronte alla sofferenza del popolo;

– l’emergere della soggettività postmoderna, con i suoi valori positivi e le sue ambiguità;

– il sorgere di movimenti sociali popolari: di contadini, indigeni, afroamericani, donne, giovani, che cercano un cambiamento della società.

– il Foro sociale mondiale il quale proclama che “un altro mondo è possibile”;

– la costatazione che l’America latina e i Carabi sono una società multietnica, pluriculturale e plurireligiosa.

 

b) dal punto di vista ecclesiale

 

– Un senso di emarginazione e di mancanza di riconoscimento della vita religiosa all’interno della Chiesa: essa viene apprezzata in quanto utile per la pastorale, soprattutto parrocchiale, non per la sua forza carismatica e profetica; non si consente che venga ascoltata la sua voce all’interno della Chiesa, come se questo fosse un attentato alla comunione ecclesiale o un magistero parallelo;

– dimenticanza da parte di ampi settori della Chiesa delle linee ispiratrici del Vaticano II e di Medellin (il popolo di Dio, la pluralità dei carismi nella Chiesa, l’opzione preferenziale dei poveri…): un’esperienza di “inverno ecclesiale” e di ritorno alla Chiesa di cristianità;

– aumento dell’indifferenza religiosa in ampi settori (giovani, professionisti, politici…) e sviluppo dei nuovi movimenti religiosi (sette);

– il sorgere del laicato, soprattutto donne, giovani, indigeni e afroamericani cristiani, come nuovi attori ecclesiali.

 

c) dalla stessa vita religiosa

 

– Esperienza di una certa stanchezza, mancanza di vitalità a causa dell’adeguamento al sistema e dell’imborghesimento, perdita di entusiasmo per l’utopia del Regno di Dio e per l’opzione dei poveri, perplessità per la mancanza di un orizzonte chiaro;

– diminuzione delle vocazioni e difficoltà a portare avanti le opere tradizionali; benché molti e molte lo sentano come un fatto negativo, in fondo significa che si aprono nuove prospettive e orizzonti nella Chiesa e nella società;

– difficoltà e problemi nella vita affettiva e comunitaria, che esigono un modo nuovo di porre il problema del genere, dell’affettività, della sessualità e delle relazioni personali;

– mancanza di tempo per la preghiera per l’eccessivo lavoro, fatto questo che richiede di rivedere la nostra spiritualità e missione;

– difficoltà nella formazione delle giovani generazioni a causa della loro diversa mentalità e la mancanza di definizione dei formatori e delle formatrici in vista di quale progetto di società, di Chiesa e di vita religiosa si desidera configurare e formare;

– clericalizzazione e parrocchializzazione della vita religiosa maschile, molte volte ai margini del cammino della vita religiosa in America latina e dei Carabi;

– problemi economici dovuti alla diminuzione degli aiuti esterni e dall’essere male remunerati, cosa che ci avvicina alla situazione del popolo e ci obbliga a vivere del nostro stesso lavoro;

– riscoperta della dimensione profetica della vita religiosa (cf. Vita consecrata 84 ss.);

– maggior inserimento della vita religiosa tra il popolo di Dio e sentimento di appartenenza al laòs;

– nuova ecclesialità, che implica il riconoscimento che nasce la Chiesa dei laici come protagonisti della nuova evangelizzazione, la collaborazione con le altre congregazioni (intercongregazionalità) e altre chiese (ecumenismo);

– apertura al “diverso”, agli “altri/altre”: altre culture e religioni (indigene e afroamericane), al problema del genere, alla lotta per la terra e all’ecologia, ecc.

– il vivere una nuova spiritualità liberatrice, incarnata, inculturata e interculturale;

– il sorgere di vocazioni dagli ambienti popolari, indigeni e afroamericani, con nuove possibilità per la vita religiosa di diventare più popolare e allo stesso tempo con nuovi interrogativi e domande sulle motivazioni reali di queste vocazioni e la capacità delle diverse famiglie di vita religiosa di rispettare e lasciarsi interpellare da queste nuove identità.

 

RECUPERARE LA FEDELTÀ

E LA CREATIVITÀ DEL VANGELO

 

Tutte queste nuove sfide e questi interrogativi hanno indotto la vita religiosa dell’America latina e dei Carabi ad avviare un processo di rinnovamento, di riflessione, approfondimento, conversione, di ritorno all’esperienza di fondazione, al Vangelo, ai carismi originali nella linea della “fedeltà creativa” (Vita consecrata 37), alla cosiddetta rifondazione, a una nuova rinascita (Gv 3).

Sogniamo sia nella Chiesa sia nella società di percorrere un cammino di autentica maturità di vita. La vita religiosa ripensa se stessa come uno stile di vita essenziale, non appesantito dal superfluo, derivante dall’esperienza del “Dio solo basta” dei mistici e delle mistiche, che abbraccia tutte le nostre dimensioni come protagonisti della storia: dimensioni psicologiche, affettive, ecclesiali, comunitarie, formative, teologiche, sociali e politiche. I voti vengono riscoperti come un mezzo, come qualcosa che ci permette di sintonizzarci di nuovo e farci solidali una volta di più con tutto il mondo.

 

La vita religiosa si rende conto di vivere il sogno evangelico se è fedele alla ricerca, se continua a cercare. Ciò che abbiamo in animo non è tanto di trovare delle risposte, di creare altri modelli di vita religiosa, ma di rimanere in ricerca. Si tratta di una itineranza pratico-teorica che diventa “mistico-profetica”, nella condivisione con gli altri uomini e donne della storia. Si cerca una vita religiosa adulta al suo interno e nel rapporto con la Chiesa.

Alla Chiesa istituzione chiediamo la stessa cosa, tornare all’essenziale, al “solo Dio basta”, facendo un’autocritica dell’istituzione per essersi molte volte mondanizzata. Solo così sarà possibile un’autentica comunione ecclesiale.

Questo processo di recupero della fedeltà e creatività della nostra consacrazione si è messo in cammino in America latina e nei Carabi attraverso il cosiddetto “cammino di Emmaus” che nelle sue diverse tappe aspira a tornare alle radici evangeliche e carismatiche della vita religiosa e aprirsi ai segni dei tempi. È quanto oggi definiamo vita religiosa “mistico-profetica”, una passione per Cristo e per il mondo.

Come i discepoli di Emmaus, superate le delusioni (“speravamo…”) cerchiamo di compiere dei cammini con il Signore, aperti al presente e al futuro e tornare alla comunità di Gerusalemme, sapendo che il Signore è risorto e si è a noi manifestato allo spezzare del pane;

Anche se non tutta la vita religiosa dell’America latina e dei Carabi ha partecipato a questo processo, c’è un gruppo significativo di religiosi e religiose che sta aprendosi a questa dimensione “mistico-profetica” della vita religiosa.

 

Questa esperienza “mistico-profetica” sta conducendo:

– a un maggior approfondimento dell’esperienza spirituale del mistero di Dio (Parola, preghiera, Eucaristia, voti, comunità…), ma in stretto collegamento con la vita del popolo, con la sua storia e le sue lotte: una mistica dagli occhi aperti;

– a una maggiore risposta profetica alle nuove sfide di oggi, cosa che ci induce non solo a dare, ma anche a ricevere e imparare le nuove sapienze alternative:

– le nuove ricchezze tecnologiche: cibernetica, genetica;

– le nuove povertà del popolo, in mezzo alla sua resistenza;

– le culture autoctone, meticce e moderne, il dialogo interculturale e interreligioso;

– le donne: la loro emarginazione e il loro contributo come soggetto nella società e nella Chiesa;

– le nuove relazioni uomo-donna (genere);

– i giovani e la loro sete di autenticità e critica;

– gli anziani e il loro contributo come sapienza, in un momento in cui l’emigrazione in America latina infrange i vincoli famigliari;

– l’ecologia come nuova relazione tra l’essere umano e la natura.

E tutto questo in una ricerca itinerante di un nuovo stile di vita che recupera la sua identità e radice laicale, in uno stile di comunione intercongregazionale ed ecclesiale.

 

Siamo convinti/e che “è possibile un altro mondo” “è possibile un’altra Chiesa” e al suo interno che “è possibile un’altra vita religiosa” che sia icona del Regno e testimonianza trasparente del mistero pasquale della morte e risurrezione di Gesù nella Chiesa e nel mondo d’oggi. ?