ACCOGLIERE E CANALIZZARE I SENTIMENTI

UN POZZO DI INFORMAZIONI

 

Nonostante la maggiore attenzione attribuita oggi ai sentimenti, permangono tuttavia nel loro riguardi numerosi condizionamenti culturali, religiosi, scientifici e pedagogici. Al contrario essi vanno accolti e canalizzati. Rappresentano un pozzo prezioso di informazioni, perché trasmettono la natura dei propri bisogni, valori e aspettative.

 

Un tassello importante nel vissuto delle persone, religiosi e religiose compresi, riguarda il rapporto con i sentimenti e le emozioni. Nelle ultime decadi, grazie soprattutto al contributo delle scienze umane, si è andato consolidando un atteggiamento di maggior attenzione e rispetto rivolto a questa importante sfera della vita umana. Oltre alla psicologia, molte altre discipline tra cui la filosofia, la psichiatria, l’etologia, la religione, la neurofisiologia, la sociologia hanno trattato il tema delle emozioni e dei sentimenti, sia pure con prospettive e accenti diversi.

Pur segnalando un ruolo di maggiore dignità attribuita a questa delicata componente esistenziale, permangono tuttora molteplici condizionamenti:

– condizionamenti culturali: sotto forma di pre-concetti o pre-giudizi, diffusi all’interno della società, che interferiscono con la valorizzazione e l’espressione dei sentimenti. Frasi del tipo: “Devi essere forte”; “Gli uomini non piangono”; “Non lasciarti prendere dai sentimenti”; “Non aver paura, non sei mica una donnicciola!”, ne problematizzano l’accoglienza;

– condizionamenti religiosi: all’interno delle tradizioni religiose si riscontra, spesso, una mentalità che attribuisce una connotazione peccaminosa a determinati sentimenti, quali: la tristezza, l’invidia, la collera e cosi via. In realtà il sentimento in sé non è peccaminoso: è la risposta che vi si dà che può sfociare in atteggiamenti positivi o negativi. In generale, l’approccio delle tradizioni religiose ha puntato sui valori e sui meccanismi di sublimazione quali vie per superare i sentimenti, ma non ha onorato debitamente il percorso emotivo;

– condizionamenti scientifici: anche la scienza ha, spesso, mortificato i sentimenti relegandoli al territorio dell’irrazionalità e valutandoli inappropriati, giudicandoli un ostacolo alla conoscenza obiettiva della verità;

– condizionamenti pedagogici: talvolta, anche nella scuola i maestri, dinanzi alla manifestazione di determinati sentimenti nei bambini, hanno optato per metodi penalizzanti e non educativi.

Le conseguenze di questi diversi condizionamenti negativi ha determinato, in molte persone, la perdita di contatto con i propri sentimenti o un senso di colpa o disagio al provarli. Altri sono ricorsi a strumenti di soffocamento per eliminarli, quali il consumo di alcool o di droga; altri ancora li hanno somatizzati trasformandoli in malattie psicosomatiche, per cui il corpo ha pagato il prezzo per l’incapacità della persona a indirizzarli in forme più costruttive.

 

OFFRIRE ACCOGLIENZA

AI SENTIMENTI

 

I sentimenti sono “naturali” e indispensabili per l’esperienza e la crescita umana. Tutti provano emozioni e sentimenti, anche se alcuni non ne sono consapevoli o hanno confinato agli arresti domiciliari questa preziosa linfa relazionale.

Le emozioni e i sentimenti non sono esattamente sinonimi, ma albergano nel cuore e hanno radici comuni. Per emozione si intende una reazione intensa, più spesso immediata e transitoria, accompagnata da manifestazioni somatiche. Il riso e il pianto sono frequenti emozioni provate dalle persone. Il sentimento, invece, ha risonanze affettive meno intense, ma è più duraturo nel tempo e ha risvolti interiori, più che fisici. Tra i sentimenti frequentemente sperimentati si registrano l’ansietà, la solitudine, la frustrazione, il senso di colpa…

Nella presente trattazione si privilegia l’attenzione ai sentimenti, che possono produrre piacere o dolore e alimentare atteggiamenti di avvicinamento o allontanamento nei confronti degli altri.

Rappresentano un pozzo prezioso di informazioni e invocano attenzione, perché trasmettono la natura dei propri bisogni, valori e aspettative. Rispecchiano gradi di obiettività circa gli eventi e i rapporti, ma sono anche inquinati dalla distorsione, in quanto sono basati su percezioni soggettive, che non sono necessariamente in sintonia con la realtà. Ad esempio, un religioso che ha problemi con l’autorità potrebbe provare sentimenti di ribellione o di colpa dinanzi all’atteggiamento di un superiore su cui ha proiettato dinamiche personali irrisolte.

Al di là di possibili distorsioni, i sentimenti rappresentano, comunque, l’interiorità della persona e il suo nucleo più profondo. In circostanze in cui la propria vulnerabilità rischia di essere messa a nudo si attivano maschere per salvaguardare la propria sicurezza.

La repressione dei sentimenti non li elimina, anzi come bambini orfani o trascurati scalpitano e si fanno sentire. Per alcuni si manifestano sotto forma di malesseri fisici (emicranie, dolori allo stomaco, insonnia...), per altri attraverso compensazioni (iperalimentazione, iperlavoro...), per altri ancora attraverso atteggiamenti potenzialmente lesivi, quali sottrarsi al contatto, il silenzio punitivo nei confronti di qualcuno, la chiusura nel proprio mondo.

L’accettazione e la condivisione di un sentimento, d’altro canto, tende a diluirne la forza, alleviarne il peso e a porlo sotto il controllo cognitivo.

Un percorso cui molte persone ricorrono, specie i religiosi, è la sublimazione, trasferendo l’intensità emotiva o i sentimenti feriti nell’ambito spirituale, attraverso l’offerta a Dio del proprio dolore nella preghiera.

 

UN MONDO COLORATO

E DIFFERENZIATO

 

I sentimenti si manifestano sotto una varietà di sfumature e una molteplicità di espressioni. Hanno gradi di intensità diverse, secondo il tipo di eventi e/ o relazioni che li portano alla luce e il quadro di risonanze interne.

Moralmente non sono né buoni né cattivi: dipende dal modo in cui vengono utilizzati. Inoltre, non sono puri, ma misti: all’ombra di un sentimento che si esprime, se ne nasconde un altro che si tende a rimuovere, ma che potenzialmente potrebbe rappresentare un luogo di speranza per la persona.

I sentimenti, come i colori, si possono differenziare in due categorie: primari e secondari. Quelli primari sono come i capi famiglia, i pilastri portanti su cui poggiano gli altri. Adottando strategie sostanzialmente positive nel gestire i sentimenti primari si ricavano ricadute benefiche nel vivere gli altri.

I sentimenti fondamentali, come le stagioni dell’anno, sono quattro: la gioia, la tristezza, la paura e la collera (cf. specchietto n. 1)

Con frequenza negli ambienti religiosi, come del resto nella società più vasta, si è portati a emettere una scala di giudizio sul valore o disvalore dei sentimenti sopraelencati. La valutazione positiva ricade sulla gioia, come patrimonio da privilegiare e incrementare; la valutazione negativa sugli altri, ritenuti manifestazioni negative della natura umana o aspetti inquinanti da rimuovere e cancellare, perché nocivi e deleteri.

Di consequenza la paura, la tristezza e la collera, con tutte le loro sfumature e ramificazioni, sono stare giudicate “ figlie di un dio minore”, se non addirittura intralci nella crescita spirituale, espressioni di una geografica interiore da immolare sull’altare del perbenismo e di una vera ascesi.

L’interiorizzazione di questi criteri valutativi ha spinto molti a relegare queste energie emotive nel dimenticatoio e a ricorrere all’uso di maschere per celarne la presenza, sacrificando cosi l’ autenticità interiore.

È vero sì che esistono circostanze in cui è saggio mascherare ciò che si prova per salvaguardare un bene più grande, relativizzare alcune situazioni, affievolire i livelli di conflittualità. Il rischio rimane quello di trasformare una maschera temporanea in un programma permanente, confinando all’esilio sentimenti che invocano ascolto e appartenenza e che reclamano il diritto di cittadinanza.

Il pericolo opposto è di rimanere autoassorbiti in stati d’animo, quali la depressione, il risentimento o l’eccesso di ansietà, senza attivare scelte cognitive, spirituali o comportamentali tese a svincolarsi da prigioni autoreferenziali, per respirare l’aria salubre di un’equilibrata maturità emotiva.

 

PERCORSI VERSO

LA COMPETENZA EMOTIVA

 

Al centro della storia cristiana si pone il mistero dell’Incarnazione, che richiama come Gesù abbia pienamente assunto la natura umana, incluso il mosaico di sentimenti che la connotano.

Leggendo le pagine del Vangelo si possono estrapolare una varietà di episodi in cui Gesù ha provato i sentimenti fondamentali: la gioia (le nozze di Cana: Gv 2,1-11; l’abbraccio dei bambini: Lc 18,15-17); la tristezza (la morte di Lazzaro: Gv 11,34-44; il rinnegamento di Pietro: Lc 22,31-34; il pianto su Gerusalemme: Lc 19,41-44); la paura (il Getsemani: Mc 14,32-42; la minaccia alla sua vita: Lc 4,28-30); la collera (la cacciata dei mercanti dal tempio: Lc 19,45-46; il confronto con Pietro: Mt 16,21-23; il confronto con i farisei: Mt 23,13-36).

Specie per i credenti il suo esempio rimane un paradigma da seguire.

Una chiave interpretativa utile è di comprendere che ci sono motivi ricorrenti o cause scatenanti all’origine di determinati sentimenti.

Il sentimento della gioia insorge, solitamente, come risposta dinanzi alla gratificazione dei bisogni o la realizzazione degli obiettivi; la paura come reazione dinanzi a una minaccia, esterna o interna; la tristezza dinanzi alla perdita di qualcuno o qualcosa; la rabbia come risposta a situazioni di ingiustizia o di interferenza riguardo ai propri bisogni od obiettivi.

Il sentimento di colpa, che segue a ruota quelli primari, si sperimenta dinanzi a esperienze di fallimento e di limite, o dinanzi ad attese disattese. Il nodo critico è di ricordarsi che non si è responsabili per la presenza di un sentimento, ma per l’uso che se ne fa.

C’è una varietà di percorsi positivi o negativi che si possono intraprendere (cf. specchietto n. 2).

 

ELABORAZIONE

DEI SENTIMENTI

 

I sentimenti, come l’energia, hanno bisogno di circolare per agevolare condizioni di vita salutari. Ovviamente non è sempre possibile canalizzarli nel migliore dei modi, ma nella misura in cui si consolidano modalità efficaci di gestirli, la persona è più serena ed equilibrata.

Le tappe per una sana elaborazione, includono:

– la consapevolezza: innanzitutto occorre essere coscienti di ciò che si prova e la prima abilità da coltivare è di imparare a dare un nome ai propri stati d’animo;

– la comprensione: in secondo luogo, giova risalire alle cause che possono aver scatenato un sentimento. Uno stato d’animo può insorgere all’ombra di malintesi o ricordi, messaggi ricevuti o non pervenuti, torti subiti od opportunità perdute. Fare un piccolo viaggio introspettivo contribuisce ad assumerlo e, spesso, ad alleviarlo;

– l’accettazione: questa è una fase critica del processo contrassegnata dalla presenza di diversi meccanismi di difesa, quali la repressione, la negazione, la proiezione, che scattano perché la persona non è disposta ad assumere i sentimenti e li ripudia od esilia con frasi, quali: “non dovrei sentirmi cosi”; “non devo essere triste”; “non va bene provare invidia”; “non posso arrabbiarmi”. Il rischio è di lottare contro natura invece di accogliere i sentimenti e trovare vie di espressione appropriate;

– l’espressione: tre sono le vie maestre per canalizzarli:

– a livello verbale: dare parole ai sentimenti; in questo le donne sono tendenzialmente più abili degli uomini;

– a livello non verbale: affidarli al linguaggio della corporeità o ad altri strumenti di comunicazione (es. lo scritto...);

– a livello comportamentale: le energie emotive trovano espressione attraverso l’azione e il lavoro; gli uomini tendono a privilegiare questo percorso.

Anche se lo schema appare relativamente semplice, la sua applicazione alla quotidianità risulta assai più complessa e travagliata. Ci sono diverse variabili in gioco, tra cui: il carattere della persona, la tendenza alla rigidità o alla flessibilità, l’intransigenza o la tolleranza, l’apertura ai feedback o meno, il lavoro su di sé.

In genere, l’individuo che possiede una varietà di modi per comunicare i sentimenti ed è illuminato dalla ragione e dal buon senso, vive un’esistenza più intensa, ricca e affascinante.

Al contrario, chi si irrigidisce dietro schemi difensivi, impone le proprie convinzioni, privilegia l’attività e trascura il cuore, si priva di un patrimonio che dà colore e sapore al peregrinare di ogni giorno.

 

Arnaldo Pangrazzi, M.I.