CONVEGNO AREA DI EVANGELIZZAZIONE CISM

PARTIAMO DAI GIOVANI

 

Un convegno della Cism su come evangelizzare i giovani con i giovani: occorre puntare su scelte a lungo termine, unire adesione a Cristo con la responsabilità di un nuovo umanesimo, irrobustire la speranza con una formazione alla contemplazione illuminata dalla Parola.

 

Il ritorno dei nuovi figli prodighi, la difficoltà di abbandonare la famiglia di origine, la paralisi di alcuni nel recidere il legame matrimoniale per via dei costi economici e sociali di divorzio o separazione, stanno contribuendo a un modello relazionale-familiare di tipo utilitaristico, perché basato sui benefici economici e sociali della coabitazione. Indebolita dagli effetti della crisi economica (precariato, inflazione, declino produttivo) nonché dai processi cominciati con l’introduzione del divorzio e con l’ingresso della donna nel mondo del lavoro, la famiglia comunque resiste come soggetto in grado di fornire ai suoi membri un riparo dall’inospitalità del mondo.

Questo lo scenario su cui, ci sembra, possa situarsi il partecipato (240 presenze di 56 congregazioni) convegno dell’area evangelizzazione della Cism dedicato ai giovani,1 focalizzando così senza vaghezza l’attenzione amorevole richiesta anche alla vita consacrata nei loro confronti (Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia 51).

 

LIBERARSI

DAGLI STEREOTIPI

 

Molte inchieste confermano che il pianeta giovani si è allungato, fino a comprendere la fascia d’età che va dai 15 ai 30-35 anni. Pur nella diffidenza verso l’istituzione ecclesiale, l’80% di essi mantiene l’attenzione a una religiosità di fondo (vedi la risposta alle Giornate della gioventù), il 30% la considera elemento importante, il 15% arriva a praticarla, se pure in modo personalizzato. I giovani tentano di coniugare in modo nuovo l’identità e l’appartenenza, certo col rischio di farsi colonizzare la coscienza e di vivere senza riferimenti. Infatti è la soggettività a prevalere sull’appartenenza, la relazione interpersonale a prevalere su quella istituzionale, finendo per caricare la relazione stessa di attese illusorie. In questo senso, allora, occuparsi dei giovani è accettare di farsi “graffiare” dal loro modo di porsi nel mondo, accettando di ripensare il cristianesimo in chiave relazionale.

Certamente, ha affermato mons. Domenico Sigalini (vescovo di Palestrina), il ritorno alla fede di molti giovani non passa attraverso le consuete proposte ecclesiali. L’individualizzazione dell’esperienza religiosa porta a un contesto frastagliato (notevole il ritorno alla relazione fervente con Dio da parte dei trentenni: circa un milione di giovani), nel quale emerge come il credere si coniughi sempre più con lo scegliere nella precarietà. I giovani della globalizzazione si sentono infatti come vite da scarto, “esuberi” (la terminologia economica della inutilità!). La domanda di Vangelo, secondo mons. Sigalini, c’è ma non legata a luoghi o sacramenti. Il linguaggio dell’annuncio deve intercettare il bisogno di stabilità lavorativa e affettiva, di elaborazione delle esperienze di dolore e di solitudine dentro la vita di branco. Attenzione dunque a non considerare il giovane come un vuoto da riempire: egli ha bisogno di sentirsi stimato (la conferma nelle semplici testimonianze al convegno di giovani laici che hanno detto sì al Signore, legati ai cammini dei nostri istituti) e intercettato nel suo vissuto con una comunicazione di una vita bella, aperta al futuro e piena di emozioni. Le nuove esperienze di primo annuncio costringono a liberare le nostre comunità da stereotipi e da logiche di controllo, per aprirle alla comunicazione ospitale e paritaria tra adulti e giovani.

Dal momento che si sono frantumati i canali di trasmissione intergenerazionale della fede (famiglia, scuola, parrocchia), l’evangelizzazione dei giovani deve partire dalla loro ricerca personale di armonia e benessere, dalla loro migrazione spirituale alla ricerca di consolazione e nuove emozioni, dalla loro attenzione all’estetica più che all’etica. Il rettor maggiore dei salesiani, don Pascual Chávez Villanueva, ha indicato proprio la priorità di una missione estetico-mistica, situando i giovani nella scena evangelica della donna samaritana, attraversata da una sete mai appagata. Essi necessitano di un passaggio di umanizzazione che diventi esperienza di risveglio: in questo occorre tornare a riflettere sulla parola di Dio per imitarne la pedagogia.

Don Chávez ha offerto anche un identikit del giovane che ha incontrato Cristo. La sua vita si apre alla coscienza della vocazione, al silenzio e all’ascolto; scopre la necessità di una vita comunionale e impara la fedeltà al compito quotidiano, con un occhio e un cuore attento alla prospettiva mondiale. In altre parole, il vero incontro con Cristo promuove il passaggio da una visione narcisista a una lettura integrale dell’esistenza. Quest’incontro ha bisogno certamente di un primo annuncio ma anche di mediazioni educative. Sono i consacrati all’altezza di questa missione? Sono ancora sulla soglia dell’evangelizzazione o sono già con le mani in pasta? A queste domande hanno risposto una serie di esperienze in atto.

 

INCONTRO

GIOVANI E CONSACRATI

 

La salesiana suor Maria Pia Giudici (comunità di S. Biagio, presso Subiaco) ha mostrato i frutti di un itinerario formativo nato dall’ascolto della vita odierna, stretta nella morsa della fabbrica dei bisogni fittizi imposti dall’ipermercato planetario. Si tratta di aprire i giovani alla pratica della lectio divina, a una preghiera capace di ricreare l’interiorità (il sé emerge quando l’ego è sconfitto e guarda in faccia i “rospi” delle proprie povertà) e di promuovere la responsabilità nella storia. Un ambiente accogliente e familiare, a contatto col creato, con opportuni stimoli emotivi a partire da esercizi di pacificazione, per sperimentare tempi di deserto e di risonanza: tutto ciò dentro una comunità religiosa disponibile a percorrere per prima una esperienza di auto-evangelizzazione, da offrire poi ai giovani con un’apertura a tutte le vocazioni.

Il vulcanico frate minore p. Giovanni Marini (accompagnato dalla sua équipe) ha illustrato i cammini offerti a migliaia di giovani in Assisi, per lo più come esito delle missioni popolari condotte dai francescani. Si va dai corsi di iniziazione (i cosiddetti “zero/alpha” e quello sui fondamenti biblici dell’amore per fidanzati) a quelli di approfondimento vocazionale e di discepolato. Si tratta di evangelizzare la vocazione, a partire da una buona autostima e da un contatto col proprio corpo “dal di dentro”, in modo da sperimentare la nuova nascita data dalla riconciliazione tra la psiche e la carne. Annunciare Cristo diventa allora impegno di bonificare la corporeità facendosi carico delle relazioni e dell’affettività, di individuare i nuclei di morte e di accompagnare il giovane nell’acquisizione di categorie bibliche.

P. Francesco Cordeschi, passionista in Morrovalle, ha indicato nella missione stessa un vero itinerario formativo per i giovani (la Tendopoli). Non sono i giovani che evangelizzano i giovani, ma un annuncio giovane evangelizza tutti, non solo i giovani: questo concetto si è dipanato in un affascinante itinerario catecumenale su quattro icone bibliche (Elia: uscire dalla città-caverna e dall’isolamento; Geremia: entrare nella bottega dell’amore di Dio per recuperare fiducia in se stessi; Saulo: il kerigma che ti fa passare dalla legge all’amore, dall’individualità alla comunità e dal fare al lasciarsi fare; Giovanni Battista: il carattere dell’evangelizzatore libero dagli schemi). P. Cordeschi ha chiaramente indicato nel pessimismo il metodo migliore che i religiosi hanno per suicidarsi! Chi perde la speranza infatti lavora in proprio: forse non sono i giovani che sono fuggiti dai religiosi, ma questi che hanno iniziato a seguire il Signore da lontano, seduti a discutere per vedere come va a finire.

Il parroco di S. Francesca Romana in Roma-Eur, don Fabio Rosini, ha illustrato un’esperienza di rivisitazione dei dieci comandamenti, come stile di vita di Dio nel corpo di Gesù crocifisso. Il giovane d’oggi non accetta l’autorità, non crede nei padri, professa un relativismo evanescente e una visione del mondo a livello gassoso. La mancanza di certezze, spesso inconsapevole, mina l’equilibrio e rende possibile l’atto di fede solo se ci si estranea dal contesto. Don Fabio punta dunque sull’analfabetismo esistenziale per disegnare un nuovo percorso didascalico, le dieci parole intese come via sapienziale della pace. Occorre però fare attenzione all’annunciatore: non abbiamo bisogno di un moralizzatore, di uno che rimanda ai doveri o di un paladino dei valori. Per essere ascoltati bisogna prima ascoltare l’angoscia dentro di noi, parlando ai poveri da poveri e da innamorati. Dobbiamo temere il neo-moralismo di evangelizzatori non formati che diventano solo venditori di nuovi metodi, che alla fine finiscono per manipolare! Su questa linea riflessiva abbiamo colto anche la comunicazione del marista p. Fausto Ferrari di Brescia su una evangelizzazione capace di creare soprattutto un ambiente gratuito e riparatorio per il disagio giovanile.

L’animatore dell’esperienza “Sentinelle del mattino”, il prete veronese evangelizzatore di strada Andrea Brugnoli, ha confermato come i giovani possano annunciare ai giovani, a partire da momenti forti ma con l’attenzione al quotidiano. L’annuncio non è parlare di Gesù ma facilitare l’incontro con lui: a questo mira il progetto denominato Una luce nella notte, che consiste nel creare un punto di riferimento in una chiesa, dove invitare i giovani a entrare (dalle 22 alle 2 di notte) per incontrare coetanei davanti a Gesù Eucaristia. Da qui può nascere un desiderio di formazione, che va giocata sui criteri dell’essenzialità e della precarietà.

 

NUOVA

AUTOREVOLEZZA


Dai cinque laboratori (missione tra i giovani, forme di servizio all’annuncio, vocazione, famiglia, servizio della carità) è arrivata la conferma di questa nuova fase riflessiva della vita consacrata interpellata dal mondo giovanile, non solo a livello funzionale (ricerca di nuove vocazioni), ma anche come ripensamento carismatico. Riconsiderare il cristianesimo come salvezza relazionale significa formare nuovi evangelizzatori e nuovi mediatori. Un’epoca permeata di soggettivismo chiede consacrate/i con un’autorevolezza che nasce dalla disponibilità all’ascolto inteso come intenzionalità relazionale e stimolo a una domanda come ‘porta che si apre’ (cf. intervento dello psicoterapeuta p. Giovanni Salonia ofmcap), da un pensiero comunitario di tipo nuziale e non tipo single, da un ripensamento di stili e percorsi in chiave genitoriale. Qualcuno ha descritto la relazione tra adulti e giovani in questi termini: già in partenza i primi si sentono sconfitti e i secondi si percepiscono imprendibili. Per uscire da questo blocco, i consacrati devono rivitalizzare il rapporto tra Vangelo, giovani e carisma.

Come ha sottolineato don Cesare Bissoli sdb, nella sintesi dei lavori, «Ha fatto da asse portante del convegno la convinzione di una reciproca “rivelazione”: esplorando il pianeta giovani, scopriamo in certo modo di più la nostra vocazione, e riflettendo sulla nostra identità si svelano attese e possibilità inedite di legame tra di essi e il vangelo di Gesù Cristo, Signore dei giovani e nostro». La VC così diventa «un incontro alla sorgente» che si fa laboratorio di evangelizzazione e di vocazione, nella reciprocità. Il paradigma missionario della reciprocità su cui sta riflettendo l’odierna missio ad gentes va qui significativamente richiamato: esso chiede di coniugare in modo nuovo Scrittura, spiritualità e pedagogia. Lo conferma l’indagine-sondaggio di una quarantina di giovani religiosi, elaborata dal docente di sociologia Guido Lazzarini. Essa ci consegna un quadro sintetico utile per la progettazione degli istituti: puntare su una proposta prospettica oltre il ‘mordi e fuggi’, con scelte a lungo termine e impegnative; mirare a unire adesione a Cristo con la responsabilità di un nuovo umanesimo evangelico nella società; irrobustire la speranza (capace di fronteggiare scelte cristiane e momenti fallimentari) con una formazione alla contemplazione oltre il rumore, con una rielaborazione della vita alla luce della Parola, con una maturazione dell’annuncio in contesto consumistico; provvedere che i religiosi assumano la qualità della testimonianza nei confronti dei giovani, vivendo ciò che si annuncia, con gioia e accoglienza.

 

Mario Chiaro

 

 

1 Ripartiamo dai giovani. Come evangelizzare i giovani e con i giovani (Sassone di Ciampino, 23-26 gennaio 2006).