LA BANCA
EDUCATIVA
“Paideia” è parola
antica che ”indica il complesso dell’offerta formativa che il mondo adulto
tenta di elaborare e di proporre alle nuove generazioni, per assicurare
continuità e cambiamento, tradizione e novità” (Agazzi).
Ma proprio qui sta il nocciolo della questione: se fino a ieri educare poteva
significare trasmettere conoscenze certe e saperi sicuri, ora stiamo invece
scoprendo che educare significa imparare ad attraversare le differenze
culturali, vero crocevia della società complessa di oggi e ancor più di quella
futura.
In
questo contesto assume nuova rilevanza soprattutto il tema della formazione
permanente. Imparare per tutta la vita significa imparare a vivere da adulti
nelle profonde trasformazioni della realtà attuale: ciò richiede una “nuova“ paideia, che consenta di attivare un laboratorio in cui si
possa imparare a usare tutti i materiali che la vita mette a disposizione. A
questo scopo mirano le oltre 900 pagine del Dizionario dell’Educazione curato
dalla docente Marianna Ricucci, di formazione sociopedagogica (ha collaborato col Centro pedagogico
salesiano meridionale di Bari), impegnata in ricerche e pubblicazioni su
famiglia, parrocchia e giovani nell’ambito del sud italiano.1
LO
SLOGAN
“EVANGEDUCANDO”
L’autrice
è fondamentalmente convinta che proprio l’educazione stia aprendo una nuova
stagione di confronto fra Chiesa e mondo. Lo slogan “evangeducando”,
che ci propone, dovrebbe esplicitarne l’obiettivo: «La pedagogia del Vangelo
può offrire importanti riferimenti a chi vuole rinnovare in modo serio i
contenuti dell’azione formativa senza rinunciare al linguaggio della laicità e,
allo stesso tempo, suggerisce che la nuova evangelizzazione di cui l’Italia
sente grande bisogno non può avvenire se non privilegiando una rifondazione
dell’identità culturale e delle sue mediazioni pedagogiche» (p. 20).
Perciò
l’offerta di un dizionario come strumento all’interno di una “banca
dell’educazione” richiede innanzitutto di riconoscersi povero in educazione,
bisognoso degli altri per formarsi e disponibile a riappropriarsi dei debiti e
crediti educativi contratti nei confronti delle generazioni passate e future.
Con questo spirito è possibile identificare alcune delle emergenze più
ricorrenti: la logica della reciprocità (per superare un processo educativo adultocentrico), l’attuale scollamento sui fini
dell’educazione, la settorializzazione degli
interventi, l’emergenza del pluralismo culturale, la cesura nel patto
intergenerazionale, la difficile animazione di un’effettiva progettualità.
Sono
emergenze certamente, che possono però diventare, secondo la nostra autrice,
risorse di una banca educativa strutturata intorno ad alcuni valori evangelici:
un nuovo equilibrio fra desiderio di successo e spinta verso la felicità, un
rinnovato collegamento fra tutte le esigenze della persona (intellettive,
affettive e volitive), una mediazione fra l’esigenza dell’adattamento e quella
dell’autonomia, una continua riflessione su come costruire ponti tra sé e gli
altri. Sono valori ma anche principi di un metodo di lavoro che tendono a
favorire la formazione di una comunità e di educatori “missionari”.
Gli
indicatori di tale missionarietà sono la capacità di
generare stupore e contemplazione, la passione verso il mondo e la finitezza
dell’umanità, la lettura dei segni dei tempi, il dinamismo di riconciliazione
con se stessi e con gli altri, la gioia di ricercare insieme agli educandi un
progetto sensato di vita. In questo modo
si prende coscienza di come siano da abbandonare le tentazioni di
colonialismo culturale, per tentare «una direzione di marcia nel labirinto
delle proposte formative ambientali, lavorando sia sull’individuazione della
meta sia sulla vivibilità del percorso da condividere» (p. 33).
CON UNA
NUOVA
GRAMMATICA
Una
nuova grammatica dell’impegno educativo richiede un lessico non elitario, dal
profilo quotidiano, utile per gli insegnanti ma anche per i genitori, per i
catechisti e per gli animatori. Perciò Ricucci ci
offre un dizionario per gli educatori che sia anche un dizionario degli
educatori, capace cioè di fare spazio alle dimensioni implicite che compongono
la trama delle relazioni quotidiane che non fanno rumore. Dopo anni di ascolto,
la ricercatrice è in grado di offrirci una grammatica ricca di sostantivi,
verbi e aggettivi. Ella ha cura infatti di definire ogni termine in modo
dinamico e spesso non convenzionale, sempre in collegamento con altri temi.
La
rassegna dei sostantivi (387 organizzati intorno a 21 nuclei tematici, pp.
43-456) serve a capire quali contenuti veicolare nell’ambito di una proposta
che sia rivisitazione condivisa del patrimonio tradizionale dei riferimenti
esistenziali. Lo spazio dei verbi (242 organizzati intorno a 19 nuclei
tematici, pp. 457-694) è stato elaborato tenendo presente che la maggior parte
delle azioni pedagogiche nasce da una costante disponibilità a maturare
atteggiamenti positivi nella sfera della propria interiorità: grande attenzione dunque ai verbi della
comunicazione affettiva. Infine, gli aggettivi (230 organizzati su 20 nuclei
tematici, pp. 695-932) riassumono le qualità dell’identità umana
dell’educatore, chiamato a testimoniare un modo d’essere maturo, indicazione
della meta a cui il giovane deve gradualmente tendere.
La
selezione dei termini non è casuale. Tre i criteri fondamentali: a) utilizzo
esclusivo di elementi propositivi (in questo senso si sono recuperate anche voci
che permettono di convertire le miserie educative in povertà); b) ascolto
paziente della quotidianità (il dizionario è risultato di un lavoro corale, a
costo di essere scontati dentro un microcosmo comunque significativo); c) presa
di posizione etica per superare la tentazione della neutralità valoriale e
dell’indifferentismo culturale (si corre
coscientemente, ma laicamente, il rischio di una
forte attenzione religiosa: cf. termini come santità,
benedire, trasfigurare ecc.).
Come
tutti i vocabolari, non richiede una lettura sistematica ma un uso creativo e
flessibile in prospettiva auto-formativa ma anche collettiva. Infatti, conclude
l’autrice nella sua presentazione, «se è vero che il futuro dell’azione
educativa sarà sempre più affidato alla realizzazione di reti solidaristiche pronte a interagire nell’ambito della
comunità educativa ambientale, proprio il confronto sulle categorie culturali
comunemente utilizzate da ciascuno potrebbe rinforzare la sinergia fra le
diverse agenzie, senza costringere nessuno a rinunciare alla propria identità
pedagogica.
Se si
entra in questa prospettiva diventa impellente anche la necessità di affrontare
la lettura delle voci del dizionario – e magari la scoperta di nuovi termini –
insieme al mondo giovanile. Infatti non solo gli adulti sono provocati a
mettersi insieme per far fronte alle domande educative delle nuove generazioni,
ma il rinnovamento delle dinamiche educative è inevitabilmente legato anche
alla disponibilità a confrontarsi con i ragazzi su questa esperienza,
riconoscendo una volta per tutte che essi sono una risorsa anche quando
manifestano un mucchio di problemi» (p.41).
In una
società accelerata e che distanzia sempre più le generazioni, occorre ritrovare
il giusto ritmo nel cambiamento e una comune direzione di marcia, per agevolare
la costruzione di identità meno frammentarie e individualiste. Diceva don Bosco
che l’educazione è cosa di cuore: amorevolezza, ascoltare, autorevole… sono i
tre termini iniziali di ogni sezione, le vere chiavi che ci permettono di avere
cuore e di mettere cuore in un’azione divina come quella di far uscire il
meglio di sé dai cittadini del futuro.
Mario Chiaro
1
RICUCCI M., Dizionario dell’Educazione, Bologna 2005, EDB, pp. 943, € 77.
Dedicato ai “poveri in educazione”, con prefazione di Vito Orlando, direttore
dell’Istituto di metodologia pedagogica – Università pontificia salesiana.