PERCH�
L�UMANIT�
NON
SOFFOCHI
Le energie al servizio di Dio possono
dispiegarsi in un dialogo capace
di dilatarsi da quello tra le Chiese al
pi� ampio dialogo dell�umanit�.
Sempre pi�
privata di dialogo, l�umanit� soffoca.
Non
pensiamo qui unicamente all�atrocit� dei conflitti razziali, talvolta
ispiratori di crudelt�, nei quali si ridestano vecchie memorie mai purificate.
Un niente basta perch� ci� che si credeva occultato da secoli di storia divampi
di nuovo. Si massacra, eppure si vive sullo stesso suolo che si era creduto
umanizzare insieme.
Penso
anche a conseguenze pi� diffuse dovute alla mancanza di dialogo.
Per
mancanza di dialogo, le famiglie si sfasciano. Il rapporto con il coniuge �
spesso un rapporto privo di rispetto, nel quale gli interessi si scontrano,
muri di incomprensione si alzano, si instaura nel cuore un silenzio di morte.
Ci si separer�, poi, in un clima di aggressivit� disastrosa. I figli,
probabilmente, ne pagheranno le spese.
Nelle
nostre citt� pi� moderne, considerate come vetrina della civilt� e della
cultura dell�occidente, giovani male integrati, mal capiti, male amati� saccheggiano e incendiano. Di fronte a loro,
adulti angosciati, poliziotti esasperati arrivano a commettere l�irreparabile.
Violenza per violenza.
Ma ogni
violenza nasce da un difetto nella comunicazione che il dialogo cerca, da una
mancanza di accoglienza. Questa spesso va lontano nel passato.
�Il
bimbo � il padre dell�uomo�. Per una infanzia senza ascolto, distrutta dalla
solitudine, spesso la via d�uscita non � che il rinchiudersi in un
atteggiamento asociale con tutti i suoi trabocchetti. Il rapporto con l�altro
viene inquinato.
Inoltre,
inevitabilmente, l� dove lo scarto sociale s�ingrandisce, l�, molto spesso, si
insinua uno strano miscuglio di paura, di risentimento, di violenza. Una volta
raggiunta una certa soglia, ritornare indietro � spesso difficile, persino
impossibile. Si resta bloccati, prigionieri di cerchie dell�esclusione, del
misconoscimento, delle differenze, del loro rifiuto.
Ma
l�esclusione non �, precisamente, l�opposto del dialogo che, solo, potrebbe
forse ridare un senso alla relazione, un gusto dell�incontro sociale con le sue
esigenze? Senza dubbio, non dobbiamo lasciarci sprofondare nel buio
apocalittico. Impariamo a discernere la voce di Cassandra nel concerto dei
profeti di sventura che si moltiplicano.
Essere
cristiano significa scommettere sull�ottimismo, non su un pessimismo
disfattista. Tuttavia, non sgombriamo scioccamente dal tavolo tutte queste
analisi. La lucidit� �, oggi forse pi� che mai, richiesta da tutti quelli e
quelle che pensano l�avvenire.
Si
ripropone, in altra forma, la grande questione che i profeti � parlando di shalom, di pace, di rispetto dei piccoli e dei poveri, di
diritto � non cessavano di porre ai loro contemporanei, presentando l�esigenza
di Dio sul suo popolo.
Non c��
pace senza rispetto dei diritti di tutti. Non c�� rispetto del diritto senza
rifiuto dell�esclusione e della marginalizzazione.
In
riferimento alla tragedia umana spesso insopportabile, le religioni sono forse
invitate a scoprire che, nel disegno di Dio, esse hanno la vocazione di far
sospettare che, in nome di Dio, la sconfitta dell�odio � possibile.
Esse
possono, allora, divenire premessa di un dialogo pi� largo, quello
dell�umanit�, o almeno segno che, bench� differenti persino per la loro
rappresentazione di Dio, i diversi gruppi umani sono ancora capaci di far
trionfare la benevolenza reciproca sul rifiuto dell�altro, la giovialit�
vincere sul narcisismo delle identit� bloccate.
Emergendo
dall�oceano tumultuoso dei ghetti, dei genocidi, dei campi di tortura, nei
quali tante speranze sono affondate, vinte dai flutti dell�odio, il dialogo
delle Chiese e delle religioni � un isolotto di speranza. Fa vedere che
l�umanit� non � ridotta a istinti di morte, non � inesorabilmente consegnata ai
poteri del male che la possiedono dall�assassinio di Abele il giusto. Qui
veramente, in questi spazi in cui la fraternit� si genera lentamente, Allah Akbar, Dio � grande.
Jean-Marie Roger Tillard
da Dialogare per non morire, EDB, Bologna
2001.