GIORNATA
PER LA VITA
RISPETTARE
LA VITA
IlI Consiglio episcopale permanente della
CEI ha emanato in data 21 novembre 2005, festa della Presentazione della beata
Vergine Maria, il seguente messaggio per la 28a Giornata per la vita del
prossimo 5 febbraio.
“In
principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. In lui era
la vita e la vita era la luce degli uomini” (Gv
1,1.4).
La Vita
precede il creato e l’uomo: l’uomo – e con lui ogni realtà vivente – è reso
partecipe della vita per un gesto di amore libero e gratuito di Dio. Ogni uomo
è riflesso del Verbo di Dio. La vita è perciò un bene “indisponibile”; l’uomo
lo riceve, non lo inventa; lo accoglie come dono da custodire e da far
crescere, attuando il disegno di Colui che lo ha chiamato alla vita; non può
manipolarlo come fosse sua proprietà esclusiva.
La vita
umana viene prima di tutte le istituzioni: lo stato, le maggioranze, le
strutture sociali e politiche; precede anche la scienza con le sue
acquisizioni. La persona realizza se stessa quando riconosce la dignità della
vita e le resta fedele, come valore primario rispetto a tutti i beni
dell’esistenza, che conserva la sua preziosità anche di fronte ai momenti di
dolore e di fatica.
Chi non
vuole essere libero e felice e non fa tutto il possibile per realizzare questa
sua massima aspirazione? Ognuno ha racchiusa nel segreto del suo cuore la
propria strada verso la libertà e la felicità. Ma per tutti vale una
condizione: il rispetto della vita. Nessuno potrà conquistare libertà e
felicità oltraggiando la vita, sfidandola impunemente, disprezzandola,
sopprimendola, scegliendo la via della morte.
Questo
vale per tutti, ma in modo speciale per i giovani, tra cui non manca chi sembra
ricercare la libertà e la felicità con espressioni esasperate o estreme. L’uso pervasivo delle droghe, che in taluni ambienti sono così
diffuse da essere considerate cose normali; l’assunzione di stimolanti nella
pratica sportiva; le ubriacature e le sfide in auto o in moto e altri
comportamenti analoghi non sono semplicemente gesti di sprezzo della morte, un gioco
tanto infantile quanto incosciente. No, essi dicono soprattutto indifferenza
per la vita e i suoi valori; scarso amore per se stessi e per gli altri.
Una
società che tollera una simile deriva e non si interroga sulle cause e sui
rimedi, o che la considera una malattia passeggera da prendere alla leggera, da
cui si “guarisce” crescendo, non si rende conto della reale posta in gioco: chi
da giovane non rispetta la vita, propria e altrui, difficilmente la rispetterà
da adulto. È nostro dovere, perciò, aiutare quei giovani che si trovano in
particolare disagio e difficoltà a ritrovare la speranza e l’amore alla vita, a
guardare con fiducia e serenità a progetti di matrimonio e famiglia, a servire
la cultura della vita e non quella della morte.
Un
fattore importante che incide sulla vitalità e sul futuro della nostra società,
ma tuttora trascurato, è sicuramente oggi quello demografico: sono molti i
coniugi, infatti, che hanno meno figli di quanti ne vorrebbero. Ma, oltre alla
mancanza di politiche organiche a sostegno della natalità, resta grave nel
nostro paese il problema della soppressione diretta di vite innocenti tramite
l’aborto, dietro al quale spesso ci sono gravi drammi umani ma a cui, a volte,
si ricorre con leggerezza. Vanno valorizzati quegli aspetti della stessa legge
194, che si pongono sul versante della tutela della maternità e dell’aiuto alle
donne che si trovano in difficoltà di fronte ad una gravidanza. Davanti alla
piaga dell’aborto tutti siamo chiamati a fare ogni sforzo per aiutare le donne
ad accogliere la vita.
Il
rispetto della vita, infatti, comincia dalla tutela della vita di chi è più
debole e indifeso. Nessuno può dirsi padrone e signore assoluto della vita
propria, a maggior ragione di quella altrui. Rispettare la vita, in questo
contesto, significa anche fare tutto il possibile per salvarla. Quando pensiamo
a un nascituro, vogliamo, perciò, pensare a un essere umano che ha il diritto,
come ogni altro essere umano, a vivere e a ricercare la libertà e la felicità.
Rispettare
la vita significa, ancora, mettere al primo posto la persona. La persona
governa la tecnica, e non viceversa; la persona, e non la ricerca o il
profitto, è il fine. Chiedere l’abolizione di regole e limitazioni che tutelano
la vita fin dal concepimento in nome della libertà e della felicità è un
tragico inganno, che produce al contrario la schiavitù e l’infelicità di chi
lascia che a costruire il futuro siano da un lato i propri desideri soggettivi,
dall’altro una tecnica fine a se stessa e sganciata da ogni riferimento etico.
Occorre continuare un capillare e diffuso lavoro di informazione e
sensibilizzazione per aiutare tutti a comprendere meglio il valore della vita,
le potenzialità e i limiti della scienza, il dovere sociale di difendere ogni
vita dal concepimento fino al suo termine naturale.
Se nel
cuore cerchi la libertà e aspiri alla felicità, rispetta la vita, sempre e a
ogni costo.