ACCOMPAGNARE
LA FORMAZIONE
Come
ben sanno i nostri lettori, anche quest’anno il tema della formazione è stato
al centro di attenzioni e riflessioni, allo scopo di favorire una VC sempre più
gioiosamente inculturata nel presente e recettiva delle istanze di futuro
proprie del regno di Dio che avanza nella storia. La formazione è certamente
arte antica quanto il mondo, ma forse mai come oggi messa in discussione
dall’aggressivo predominio della tecnica. In mezzo al pullulare di prove oggettive,
sistemi di certificazione e di qualità, tecnologie multimediali, occorre
ricordare una verità elementare: «Dotato di ragione e libertà, l’uomo forma
l’altro uomo accompagnandolo lungo sentieri che contemplano la progressiva
acquisizione di autonomia e nello stesso tempo l’assunzione consapevole e
matura della responsabilità verso di sé, gli altri e il creato»
(dall’introduzione a un recente volume del pedagogista e formatore Elio
Meloni).1
LA
PARABOLA
DELLA
CUCINA
L’accompagnamento
implica la necessità di una progressiva messa a fuoco del significato insito
nel “fare formazione”. Si passa così dalla relazione alle buone pratiche,
dall’apprendimento cooperativo al lavoro di rete, dalla valorizzazione del
capitale umano alla conoscenza di sé, degli altri e dell’Altro.
Molti
parlano di capitale umano, ma pochi sono in grado di proporre un suo sviluppo
reale ed efficace. Secondo Meloni questo accade per mancanza di coraggio: «Si
ha paura di affermare con forza che la dimenticanza del fattore umano è dovuta
in gran parte alla dimenticanza di Dio… È forse arrivato il momento di osare, e
di provare a immaginare una teologia e un’antropologia strettamente collegate
tra loro (scienza di Dio = scienza dell’uomo), che tornino a parlare al cuore
degli uomini e possano trovare accoglienza non solo nelle facoltà universitarie
ma anche e soprattutto nei luoghi di vita e di lavoro dell’uomo».
Il
punto di partenza è la domanda sulla relazione formativa: è il formatore che dà
una forma all’altro, oppure è l’altro che fornisce al formatore i suggerimenti
per tirar fuori la forma che già ha in sé? Per rispondere può essere utile la
parabola della cucina. Attraverso la cucina l’uomo accudisce il cibo, come
strumento di cura di sé e dell’altro; ma in questo modo viene anche educato e
ordinato il desiderio, in un’ottica di economia di sopravvivenza. Così è la
formazione: un accudimento quotidiano, in un ambiente che struttura le
relazioni e i passaggi della crescita. Tre aspetti della struttura familiare
vanno conservati in ogni agenzia formativa: ambiente, organizzazione e
apprendimento. In questo modo si può imparare (come fa un buon cuoco) a leggere
le risorse e a integrarle (qui entra in gioco il fondamentale concetto di
comunità interculturali, capaci cioè di affrontare e risolvere le tentazioni di
xenofobia o esotismo).
Anche
la musica suggerisce alla formazione importanti strumenti, dal momento che
unisce disciplina e struttura matematica a creatività e gioia. Il processo
formativo ha dunque bisogno di unire intenzionalità (direzione e scopo) e
scoperta nella libertà, con punti fermi e punti variabili (cioè un progetto).
IL
CORSO
FORMATIVO
La
parola curriculum è probabilmente quella che definisce al meglio la formazione
umana. La vita umana infatti è percorso e accompagnamento. Il corso formativo è
tanto più efficace, quanto più è ricco di esperienze significative, in grado di
facilitare l’acquisizione di habitus di pensiero, di capacità operative, di
abilità relazionali. Decisive sono dunque le qualità umane e professionali di
chi guida il cammino.
Secoli
di individualismo radicale hanno introdotto nel sentire comune la nozione di
riuscita individuale a scapito di quella degli altri, la competitività come
sconfitta dell’avversario, il successo come benefit individuale. Perciò occorre
rilanciare e coltivare, oggi in modo particolare, un apprendimento cooperativo
nel contesto di una graduale disciplina comunitaria e di condizioni che
facilitano la vera comunicazione interpersonale.
La
cooperazione va giocata su diversi fronti. Primo, l’apprendimento cooperativo
riguarda anche il formatore. Secondo, occorre padroneggiare metodo e contenuti.
Terzo, la formazione va vissuta dentro un progetto collettivo e dentro una rete
istituzionale (anche se non se ne condividono tutte le istanze). Quarto, il
buon formatore sa rimandare continuamente alle fonti che hanno nutrito il suo
personale percorso. In poche parole c’è bisogno di umanizzare la formazione.
Come? Ci vuole un grande orecchio capace di ascolto empatico, uno sguardo di
benevolenza che desidera la crescita dell’altro, un animo certo nel dubbio per
evitare relativismo o dogmatismo, uno stile di perdono per sciogliere i lacci
che fanno cadere.
Tra
i maestri che si muovono in questa direzione c’è Ugo di San Vittore (prima metà
del XII secolo), secondo il quale il sapere si costruisce e nello stesso tempo
si riceve. Chi pratica i luoghi della formazione conosce bene il fenomeno della
resistenza che i formandi quasi sempre oppongono alle proposte loro rivolte. Al
di là delle motivazioni personali, si riconosce oggi, per il benessere
personale e comunitario, l’importanza di valorizzare l’intelligenza emotiva,
cioè condurre il discente alla conoscenza di sé. Ebbene l’identità personale si
costruisce solo in una relazione con il mondo che ci circonda e con quel
particolare mondo che sono gli altri.
Da
qui nasce però, come annota il
In
una formazione che ricorre in modo massiccio al concetto di management sta
emergendo il recupero dell’antropologia come recupero delle proprie radici,
accompagnamento della vocazione individuale, aiuto a ricostruire la propria
storia.
M.C.
1.
MELONI E., Accompagnare la formazione, EDB, Bologna 2005, pp. 153, € 12,00. Il
volume è impreziosito da un capitolo finale in cui è offerta una mappa di
riferimenti culturali. Con le stesse edizioni Meloni ha pubblicato (con Bruno
Volpi) Vivere con la porta aperta (1999) e (con Vittorio Mariani) Costruire
l’uomo (2004).