LITUANIA:
I° CONGRESSO DELLA VITA CONSACRATA
UNA
VITA CHE TORNA A FIORIRE
Il congresso è
stato per tutti una lieta sorpresa. Dopo la bufera comunista non si pensava che
la vita consacrata fosse già così fiorente e consapevole. Cinque sono ora le
sfide che si propone di affrontare in un paese dove il secolarismo comincia già
a muovere i primi passi.
Quindici anni fa, quando la Lituania ritrovò la
sua indipendenza a seguito del crollo dell’Unione Sovietica, per tanti fu una
vera sorpresa scoprire l’identità nascosta di persone fino ad allora conosciute
semplicemente come la commessa, la professoressa, la dottoressa, l’autista del
bus, la vicina di casa. Donne comuni, come tutte le altre, di punto in bianco
si presentano al loro posto di lavoro o vanno per strada con il velo o comunque
con un segno distintivo che le mostra per quello che sono, delle suore. Tutti
pensavano che cinquant’anni di comunismo sovietico avesse estirpato per sempre
la vita religiosa. Frati e suore erano stati dispersi, imprigionati, deportati.
Proibiti nuovi ingressi, monasteri, conventi, case religiose erano stati
distrutti, confiscati, lasciati andare in rovina o trasformati in centri
psichiatrici, depositi di materiali più vari. I pochi religiosi rimasti erano
ancora visibili, ma si erano trasformati in clero diocesano, strettamente
legato a una parrocchia. Era invece impensabile che le religiose esistessero
ancora. Eppure quando la Lituania si ritrovò libera vide spuntare dal nulla
mille suore. Non si conoscevano neppure tra di loro. I genitori non sapevano
che le loro figlie non si erano sposate perché consacrate a Dio. Come il grano
germina sotto la neve, così nella clandestinità, sotto la crosta della
repressione atea, erano nate e cresciute tante vocazioni. Addirittura erano
sorti nuovi istituti religiosi.
Quindici
anni più tardi, p. Julius Sasnauskas un francescano noto per il suo lavoro nei
mass media nazionali, ha espresso una meraviglia analoga: «Sapevo che
esistevano in Lituania tante religiose e religiosi, ma non ne avevo mai visti
così tanti insieme». Il primo congresso della vita religiosa in Lituania si è
infatti rivelato un evento unico nella sua storia recente. Al di là delle più
ottimistiche previsioni vi hanno preso parte più di un terzo di tutte le
persone consacrate che vivono nella repubblica.
ISPIRAZIONE
E
SVOLGIMENTO
L’idea
di convocare le religiose e i religiosi della Lituania per riflettere sul
cammino di questi anni e sulle prospettive per il futuro è nata a Roma, durante
il Congresso internazione della vita consacrata indetto dall’UISG-USG. In quei
giorni (23-27 novembre 2004) sr. Igne Marijosˇiu¯te, delle suore dei
poveri di Maria Immacolata, presidente dell’unione delle superiore maggiori
della Lituania, era rimasta colpita soprattutto dalla metodologia del
congresso: il clima di preghiera, di dialogo, di apertura… Perché, si domandò,
non tentare una esperienza analoga in Lituania? Donna determinata, coraggiosa,
con forte ascendente, ha saputo coinvolgere gradatamente il suo consiglio, le
superiore locali, le formatrici. Soprattutto ha saputo coinvolgere anche
l’unione dei religiosi, solitamente restia agli incontri. La celebrazione dei
40 anni del decreto conciliare Perfectae caritatis è sembrato il momento più
adatto per la celebrazione del primo congresso nazionale. L’evento si è tenuto
il 18-19 novembre a Kaunas, seconda città della Lituania, geograficamente al
centro del paese.
Il
primo giorno, riservato ai membri della vita consacrata, ha visto la presenza
di 350 religiosi e religiose, assieme ad alcuni membri degli istituti secolari
(due soltanto sono presenti in Lituania). Il secondo giorno, aperto ai laici,
ha visto 500 persone. Diversi anche i luoghi d’incontro: il salone del centro
catechistico il primo giorno, l’aula magna dell’università statale il secondo.
Il pomeriggio del 17 novembre, prima dell’inizio dei lavori veri e propri,
religiosi e religiose si sono dati appuntamento nella chiesa dei gesuiti, nel
cuore della città, per un prolungato momento di preghiera. Una scelta questa
che voleva qualificare il congresso e dargli un orientamento decisamente
“religioso”.
Il
congresso di Roma ha fatto scuola. Anche qui la stessa organizzazione curata
nei minimi particolari: logo, strumenti musicali, coro, inno, coreografie, filmati,
proiezioni di grafici… Curati anche i contenuti: liturgia, preghiera,
relazioni, testimonianze, momenti di comunione e di dialogo, tavole rotonde…
Inedita la presenza dei militari, in tuta mimetica, che servivano il rancio ai
partecipanti!
Le
tematiche erano centrate sulla situazione passata e presente della vita
consacrata in Lituania, sui suoi contenuti permanenti, sui passi in avanti che la
Chiesa e la società attendono oggi. Alla professoressa I. Vaisˇvilaité il
compito di ripercorrere il cammino della vita religiosa in Lituania.
L’arcivescovo di Kaunas, mons. Sigitas Tamkevicˇius, ha ripercorso il
cammino recente della vita consacrata nel paese; gesuita, lui stesso ne è uno
dei protagonisti (il suo impegno attivo gli è costato, tra l’altro, dieci anni
di Siberia) (cf. fuoritesto). P. Fabio Ciardi ha disegnato il percorso
dottrinale della vita consacrata dal concilio ad oggi, offrendo concrete piste
di riflessione per il suo futuro.
Il
convergere di tante religiose e religiosi ha nuovamente colto di sorpresa
l’opinione pubblica oggi come quindici anni fa. Vasto l’eco sulla stampa,
radio, TV. Sei canali televisivi hanno inviato le loro troupe. Alla segreteria
sono arrivate centinaia di e-mail, telefonate, sms con le domande più varie:
cosa vuol dire carisma? Che differenza c’è tra ordine e istituto? Perché essere
religiosi oggi?...
LE
CINQUE
GRANDI
SFIDE
La
sintesi degli elementi emersi dai lavori del congresso è stata tracciata da sr.
Igne in cinque punti, unanimemente condivisi dai partecipanti.
1.
Guardare di nuovo a Cristo come al centro unico nel nostro cammino, come
all’unico criterio di riferimento per le nostre scelte: riconosciamo il primato
della vita spirituale nella vita religiosa.
Siamo
nel solco della più pura tradizione della vita consacrata lituana che nei 50
anni di dominazione sovietica si è vista purificare da ogni struttura
superflua. Privata di tutto, ha dovuto scavare fino alle sue radici e vivere
dell’essenziale.
2.
Cogliere la sfida di essere “esperti di comunione” per rispondere alle
necessità della società e della nazione, soprattutto nella sua mancanza di
comunione.
La
comunione è la nuova frontiera della vita consacrata lituana. Per 50 anni
religiose e religiosi hanno dovuto vivere la loro consacrazione da soli, in un
isolamento reciproco quasi totale. Quando vi è stata nuovamente la possibilità
di ricostruire le comunità per molti è stato difficile condividere la vita
quotidiana con fratelli e sorelle. Anche per questo motivo in questi ultimi 15
anni si sono avute numerose uscite dalla vita consacrata. L’esigenza di
comunione è avvertita anche nella società civile, che sente le conseguenze del
passato regime: dissoluzione della famiglia, solitudine…
3.
Rinnovare lo sguardo di fede che ci fa scoprire che siamo un dono gli uni per
gli altri, coltivando soprattutto la stima e il rispetto reciproco tra giovani
(possono dare la loro idealità e freschezza) e adulti e anziani (possono dare
esperienza, sapienza, fedeltà).
Il
rapporto generazionale è più acuto qui che altrove, soprattutto a causa della
profonda frattura tra il passato sovietico e l’attuale periodo di libertà. Sono
due mondi lontanissimi l’uno dall’altro. Il primo ha istillato la diffidenza
verso comunicazione e dialogo, la paura del nuovo e della creatività. Il
secondo, nel quale sono cresciuti i giovani, vorrebbe più apertura, più
iniziativa. Questa nuova sensibilità e il conseguente disagio sono avvertiti
anche nella società civile che vede molti giovani emigrare in cerca di migliori
opportunità.
4.
Aperti a una maggiore collaborazione tra religiose e religiosi e insieme con i
vescovi e il clero diocesano.
I
cammini della vita consacrata femminile e maschile sono, al presente, molto
diversi. Le religiose collaborano intensamente tra di loro per la prima
formazione e la formazione permanente e sono ben radicate nella struttura della
chiesa locale. Nello stesso tempo soffrono forse di una non ben chiara identità
carismatica. I religiosi sono meno legati tra di loro e più intenti a cercare
il loro ruolo specifico, dopo anni di identificazione con il clero diocesano.
L’esperienza del congresso ha mostrato che è possibile lavorare insieme e
quanto questo sia di reciproco arricchimento.
La
presenza al congresso del card. di Vilnius, di due vescovi, del segretario
della conferenza episcopale, di rettori di seminario e di seminaristi è la
promessa di un dialogo con i pastori che poterà a una comprensione sempre più
profonda della vita consacrata e alla possibilità del suo inserimento nella
chiesa locale nel rispetto della specificità dei carismi.
5.
Usare tutti i mezzi di oggi per essere in comunione con la società di oggi e
offrire il nostro contributo perché essa non perda i valori di cui è ricca.
È
questa un’altra “conquista” del congresso. Le vicende storiche hanno portato la
vita consacrata a chiudersi su se stessa e ad avere un atteggiamento diffidente
verso la società civile. La vita consacrata non può vivere per se stessa, ma in
continuo servizio verso l’umanità. Nasce l’esigenza di una maggiore vicinanza
con le famiglie, i giovani, i poveri, gli esclusi. Nello stesso tempo si
riconosce che il popolo lituano ha ancora delle profonde radici cristiane, non
ha “perduto la sua anima”, come forse è avvenuto in altre nazione europee. Ma
anche qui il consumismo e il secolarismo avanzano a grandi passi. La vita
religiosa non può stare a guardare, non può rimanere sulle difensive.
Il
successo del documentario della vita religiosa in Lituania, girato proprio per
il congresso, la risonanza dei mass media sull’evento, l’inserimento di
religiose e religiose in tante strutture sociali e culturali sono un segnale
molto positivo.
Un
evento giudicato molto positivo da vescovi e laici coinvolti nella preparazione
e nello svolgimento, per religiose e religiosi il congresso ha avuto l’effetto
di risvegliare la loro creatività, di renderli consapevoli delle potenzialità
della loro vocazione, di infondere nuova fiducia, di aprirli sulla società.
È
stato soprattutto un evento che ha portato a una nuova comunione tra tutte le
componenti ecclesiali. Si è aperta una nuova pagina per la vita consacrata
lituana.
Fabio Ciardi, omi