INTERVISTE CON I NUOVI SUPERIORI OCSO

IL RUOLO DEL SUPERIORE

 

Quali sono i problemi e le difficoltà che incontra un superiore dell’ordine cistercense di stretta osservanza nel guidare la sua comunità? Il parere degli interessati nelle risposte a un questionario preparato dal bollettino AIM e pubblicate nel n. 3/2005.

 

I cistercensi della stretta osservanza (OCSO) hanno recentemente organizzato a Roma degli incontri di formazione per i nuovi superiori del loro ordine. Quest’opportuna iniziativa si è svolta, in tempi successivi, per i superiori di lingua spagnola, francese e inglese. Durante le due settimane di ogni sessione si sono tenute delle conferenze e delle discussioni sul ruolo del superiore e su tutto ciò che riguarda la sua carica, soprattutto in rapporto alla regola e alle costituzioni dell’ordine.

Hanno preso parte a questi incontri in tutto una sessantina di partecipanti. Alcuni dei presenti non erano del tutto nuovi nella loro carica. Tra questi più di due terzi hanno gentilmente risposto al questionario preparato dall’AIM in vista della pubblicazione, sul bollettino (n. 3 2005), di un saggio sull’arte del governo.

 

Recentemente lei stato nominato superiore della comunità. Ci sono dei problemi che non ha previsto? Come ha accolto l’impegno?

 

A questa domanda la maggioranza degli intervistati non segnala nessun problema particolarmente grave. Le difficoltà sembrano tuttavia esistere in rapporto alla dimensione della comunità: una piccola comunità favorisce generalmente la conoscenza reciproca dei propri membri.

Le principali difficoltà sottolineate sono quelle affrontate dai superiori che devono guidare una comunità diversa da quella di origine. Essi hanno dovuto adattarsi, soprattutto se si sono trovati alla direzione di una comunità di un’altra cultura oppure, nel caso della medesima cultura, quando pratiche diverse da quelle conosciute in precedenza sono state imposte dalla tradizione.

Un superiore osserva che nel caso di una nuova fondazione, fatta da un gruppo della stessa comunità, questi medesimi membri scoprono, in quella circostanza, di «non conoscersi più come prima». È anche successo che un superiore, dopo aver ricevuto la nuova responsabilità, si sia trovato in conflitto con dei membri subalterni con i quali l’intesa era stata perfetta in precedenza. Una volta eletto superiore, le relazioni con gli altri membri della comunità cambiano. Le difficoltà più sensibili si trovano sul piano della relazione interpersonale anche se sono state segnalate difficoltà d’ordine più concreto, come quelle provenienti dal lavoro, dall’amministrazione o dalla gestione di fabbricati imponenti rispetto alle necessità comunitarie.

In questi casi è facile prevedere che le soluzioni dei problemi vadano trovate tramite il dialogo, l’informazione, la trasparenza, la pazienza e nel rispetto delle persone. La speranza cristiana e la preghiera svolgono qui un ruolo essenziale.

 

La differenza d’età tra i membri della vostra comunità costituisce un problema generazionale? Se sì, come affrontarlo?

 

Potrà sembrare sorprendente ma a questa domanda tutti hanno risposto che non si tratta di un vero problema. Nelle risposte si legge invece che si tratta di una opportunità e di una ricchezza. I giovani portano la vitalità, gli anziani la perseveranza. Ciò è caratteristico di ogni generazione e ogni gruppo deve ricevere dall’altro la ricchezza che gli è propria. Certi superiori hanno deplorato l’assenza di anziani nella comunità perché ciò si traduce con la perdita di continuità nella tradizione. Un superiore ha scritto: «Mi sono opposto all’invio degli anziani in una casa di riposo esterna alla comunità perché credo essenziale per un giovane l’accompagnamento dei suoi anziani fino all’ultimo per viverlo come un elogio alla vita». Altri, invece, hanno sottolineato che l’età relativamente elevata della comunità pone certi problemi per il lavoro comunitario e di ciò si deve tener conto per offrire agli anziani un’occupazione adatta alle loro possibilità. Ma tutti sono concordi nel riconoscere che un ampio ventaglio di età costituisce per un monastero un fattore di dinamismo promettente per il futuro comunitario. Si stabilisce così un’ autentica vita di comunione fraterna. Le differenti generazioni sono, in genere, ben affiatate tra di loro. Ma non mancano le difficoltà che provengono da quegli anziani che non accettano le innovazioni oppure dai giovani che vogliono sbarazzarsi delle tradizioni. Un’attività che aiuta l’integrazione delle diverse età è il lavoro fatto in comune quando e dove ciò è possibile. Ciò che conta è avere la stessa visione della vita comunitaria.

È stato segnalato che spesso i giovani cercano la presenza e l’esperienza degli anziani. I membri più “pesanti” della comunità non sono necessariamente le persone più anziane. I giovani, dal canto loro, sono sovente molto instabili, hanno scarsa stima di se stessi e poca fiducia nella vita oppure sono troppo sicuri delle loro idee. L’onestà esige che il giovane candidato alla vita monastica, in una comunità costituita in maggioranza da anziani, sia ben cosciente di questa realtà.

 

In che modo la sua comunità vive la svolta dal passato verso l’avvenire, dalla tradizione alla modernità? Ci sono delle innovazioni da introdurre?

 

Questa domanda è strettamente legata alla precedente perché rivelatrice del ritmo di marcia proprio a ogni generazione. Dalle risposte risulta che le recenti fondazioni sono meno soggette al peso del passato e, per loro, l’adattamento è più facile. Questo adattamento è talvolta provocato dall’entusiasmo dei giovani. L’attuale esigenza comunitaria può essere riassunta dicendo che questa deve passare da una vita fatta di osservanze a un’altra centrata sulla comunione e una maggiore fraternità, vivendo in profondità lo spirito che anima le attuali norme legislative.

Rari sono i progetti dove, in pratica, ci sarebbe bisogno di rinnovamento. Qualche indicazione è stata avanzata per la liturgia e per le attuali esigenze di un lavoro redditizio. Le necessità dei giovani che hanno vissuto in un mondo diverso da quello dei più anziani richiedono inoltre certi adattamenti sotto forma di ricreazione e di svago. Fissarne il ritmo non è cosa agevole. Alcuni superiori hanno inoltre sottolineato che, tra gli altri problemi attuali, ci sono quelli che vengono dall’utilizzazione dei media, come il telefono o l’internet, e infine dalla necessità della formazione di base per i giovani e di quella permanente per tutta la comunità.

Per giungere alla serena realizzazione degli opportuni adattamenti resta valido tutto ciò che è già stato detto precedentemente sui rapporti tra il superiore e la comunità in materia di dialogo, di prudenza e di delicatezza poiché ciò che conta soprattutto è “avanzare insieme”. Alcune comunità organizzano periodicamente degli incontri per trattare di questi problemi. A questo riguardo ci si avvale talvolta della competenza di esperti esterni alla comunità. Le responsabilità affidate ai più giovani si rivelano un fattore di crescita per questi ultimi.

Ma prima di introdurre una qualsiasi innovazione è lecito chiedersi: perché fare questo o quel cambiamento? L’essenziale è l’osservanza della tradizione nell’adattamento delle tradizioni perché è all’interno della tradizione, e unicamente qui, che la grazia del momento presente trova la sua pienezza. Altrimenti ci sarà rottura.

Una comunità ha sperimentato una pratica molto positiva: essa ospita, per un certo tempo, dei laici attirati dalla spiritualità cistercense o anche dei membri di nuove comunità religiose. Queste esperienze hanno fatto prendere coscienza alla comunità di certe possibilità che ignorava d’avere o che aveva dimenticato di possedere.

Le risposte fornite hanno anche indicato la possibilità di superare gli obiettivi immediati proposti dal questionario. Per esempio, in risposta alla prima domanda, un superiore ha fatto notare con sagacia che non aveva programmato certi problemi perché non si era mai immaginato d’assumere questa responsabilità! Per quanto riguarda la differenza di età, egli ha affermato che ciò non costituisce un problema. Ciò che conta per ogni membro della comunità è la grazia del momento presente. Riguardo alla terza domanda, egli dubita che una comunità possa muoversi “dal passato al futuro”. Se è rimasta nel passato è perduta. E se vuole vivere nel futuro ha già fallito la corsa.

Nelle riposte è stato sottolineato quanto è importante che la responsabilità di superiore sia vissuta nella fede. Si tratta soprattutto di lasciare agire la grazia dello Spirito Santo nel cuore dei membri della comunità. Allora questi, unanimi nello spirito del capitolo 72 della Regola di San Benedetto, giungeranno insieme alla vita eterna. La responsabilità dei superiori è una responsabilità di servizio: tutti i superiori ne sono consapevoli. A ciò va aggiunto un fattore di grande attualità oggi, quello della precarietà. Un superiore ha scritto: «La mia comunità mi ha insegnato a trasformare in lode la precarietà».

 

Jacques Côté, osb