IL
PAPA AI RELIGIOSI DI ROMA
LA
SETE DI DIO VOSTRO PRIMO ANELITO
Benedetto XVI
il 10 dicembre scorso ha ricevuto in udienza i religiosi, le religiose e i
membri degli istituti secolari e di società di vita apostolica della diocesi di
Roma e ha rivolto loro un breve ma denso discorso sul significato della loro
presenza e testimonianza nella Chiesa. Dopo i saluti iniziali, ha detto:
«…il
complesso contesto sociale e culturale della nostra città nel quale vi trovate
ad agire domanda da parte vostra, oltre una costante attenzione alle
problematiche locali, una coraggiosa fedeltà al carisma che vi
contraddistingue. Sin dalle origini, in effetti, la vita consacrata si è
caratterizzata per la sua sete di Dio: quaerere Deum. Vostro primo e supremo
anelito sia, pertanto, testimoniare che Dio va ascoltato e amato con tutto il
cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze, prima di ogni altra persona e
cosa. Non abbiate paura di presentarvi, anche visibilmente, come persone
consacrate, e cercate in ogni modo di manifestare la vostra appartenenza a
Cristo, il tesoro nascosto per il quale avete lasciato tutto. Fate vostro il
ben noto motto programmatico di san Benedetto: “Niente sia anteposto all’amore
di Cristo”.
Certo,
tante sono le sfide e le difficoltà che voi oggi incontrate, impegnati come
siete su vari fronti. Nelle vostre residenze e nelle opere apostoliche voi
siete ben inseriti nei programmi della diocesi collaborando nei vari rami
dell’azione pastorale, grazie anche al collegamento che svolgono gli organismi
di rappresentanza della vita consacrata come la Conferenza italiana superiori
maggiori e l’Unione delle superiore maggiori d’Italia, il gruppo Istituti
Secolari e l’Ordo Virginum. Proseguite su questo cammino rinsaldando la vostra
fedeltà agli impegni assunti, al carisma di ogni vostro istituto e agli
orientamenti della chiesa locale. Tale fedeltà, lo sapete, è possibile quando
ci si mantiene fermi nelle piccole, ma insostituibili fedeltà quotidiane:
anzitutto fedeltà alla preghiera e all’ascolto della parola di Dio; fedeltà al
servizio degli uomini e delle donne del nostro tempo, secondo il proprio
carisma; fedeltà all’insegnamento della Chiesa, a partire da quello sulla vita
consacrata; fedeltà ai sacramenti della riconciliazione e dell’Eucaristia, che
ci sostengono nelle situazioni difficili della vita.
Parte
costitutiva della vostra missione è poi la vita comunitaria. Impegnandovi a
realizzare comunità fraterne, voi mostrate che grazie al Vangelo anche i
rapporti umani possono cambiare, che l’amore non è un’utopia, ma anzi il
segreto per costruire un mondo più fraterno. Il libro degli Atti degli
Apostoli, dopo la descrizione della fraternità realizzata nella comunità dei
cristiani, rileva, quasi come logica conseguenza, che “la Parola si diffondeva
e si moltiplicava grandemente il numero dei discepoli” (At 6,7). La diffusione
della Parola è la benedizione che il padrone della messe dà alla comunità che
prende sul serio l’impegno di far crescere la carità nella fraternità.
Cari
fratelli e sorelle, la Chiesa ha bisogno della vostra testimonianza, ha bisogno
di una vita consacrata che affronti con coraggio e creatività le sfide del
tempo presente. Di fronte all’avanzata dell’edonismo, a voi è richiesta la
coraggiosa testimonianza della castità, come espressione di un cuore che
conosce la bellezza e il prezzo dell’amore di Dio. Di fronte alla sete di
denaro, la vostra vita sobria e pronta al servizio dei più bisognosi ricorda
che Dio è la ricchezza vera che non perisce. Di fronte all’individualismo e al
relativismo, che inducono le persone a essere unica norma a se stesse, la
vostra vita fraterna, capace di lasciarsi coordinare e quindi capace di
obbedienza, conferma che voi ponete in Dio la vostra realizzazione. Come non
auspicare che la cultura dei consigli evangelici, che è la cultura delle
beatitudini, possa crescere nella Chiesa, per sostenere la vita e la
testimonianza del popolo cristiano?
Il
decreto conciliare Perfectae caritatis, di cui commemoriamo quest’anno il
quarantesimo anniversario di promulgazione, afferma che le persone consacrate
«davanti a tutti i fedeli sono un richiamo di quella mirabile unione operata da
Dio e che si manifesterà nel secolo futuro, mediante la quale la Chiesa ha
Cristo come unico suo Sposo» (12). La persona consacrata vive nel tempo, ma il
suo cuore è proiettato oltre il tempo e all’uomo contemporaneo spesso assorbito
dalle cose del mondo testimonia che il suo vero destino è Dio stesso.
Grazie,
cari fratelli e sorelle, per il servizio che rendete al Vangelo, per il vostro
amore ai poveri e ai sofferenti, per il vostro sforzo nel campo dell’educazione
e della cultura, per l’incessante preghiera che si innalza dai monasteri, per
la multiforme attività che voi svolgete. La Vergine Santa, modello di vita consacrata,
vi accompagni e vi sostenga perché possiate essere per tutti “segno profetico”
del regno dei cieli. Io vi assicuro il mio ricordo nella preghiera e di cuore
tutti vi benedico».