MESSAGGIO
DEL PAPA PER IL 1° GENNAIO
LA
PACE NELLA VERITÀ
Deboli luci e molte ombre gravano sul nostro futuro. Tra queste il
perdurare di conflitti fratricidi e di aree ad alto rischio, l’atteggiamento
minaccioso di certi governi, l’aumento del potenziale nucleare e degli
armamenti… Le condizioni perché la pace possa affermarsi: la verità su Dio,
sull’uomo e sull’intera convivenza sociale.
Il
primo messaggio di Benedetto XVI per la giornata mondiale della pace
s’inserisce in un contesto storico caratterizzato da alcune deboli luci e da
molte ombre.
Le
une e le altre sono evidenziate dal pontefice con lo stile sobrio, chiaro ed
essenziale, che caratterizza i suoi interventi.
I
segnali positivi sono costituiti dal calo numerico dei conflitti armati che
insanguinano il pianeta. Il papa ricorda in particolare le prospettive di pace,
che sembrano aprirsi per le popolazioni martoriate della terra di Gesù, dopo
decenni di innumerevoli attacchi terroristici e di rappresaglie altrettanto
feroci.
Il
s. Padre colloca inoltre tra gli eventi che incoraggiano a sperare, l’avviata
conclusione di alcuni conflitti in Africa e in Asia. Si può scorgere un
richiamo a quanto sta succedendo in Iraq, dove, al termine di una guerra
esecrabile, che ha provocato, solo tra gli iracheni, oltre 100.000 morti,
stanno aprendosi consolanti prospettive di un nascente regime democratico.
Ma,
accanto a queste indicazioni di speranza, papa Ratzinger si affretta a
segnalare una serie di fatti preoccupanti:
–
il perdurare di «sanguinosi conflitti fratricidi e di guerre devastanti che
seminano in vaste zone della terra lacrime e morte»;
–
la presenza di altre aree dove «il conflitto cova sotto la cenere e c’è il
rischio che divampi improvvisamente». Come non pensare alla recente rottura di
rapporti tra Etiopia ed Eritrea, in tregua da pochi anni, dopo un conflitto
disastroso durato un quarto di secolo?
–
l’atteggiamento di alcuni governi, i quali anziché adoperarsi per la pace,
«fomentano nei cittadini sentimenti di ostilità verso altre nazioni».
Emblematica, in tal senso, è la recente dichiarazione delirante del presidente
iraniano, che ha auspicato la distruzione dello Stato di Israele;
–
la volontà espressa o malcelata di un numero crescente di nazioni di dotarsi di
armamenti nucleari, allo scopo dichiarato di difendersi dai vicini nemici, in
realtà con l’ambizione di esibire la propria potenza. È noto che alle cinque
nazioni dotate di armamenti nucleari fin dalla fine della seconda guerra
mondiale – USA, Unione Sovietica, Gran Bretagna, Francia, Cina – altri paesi si
sono aggiunti dopo gli anni ’70 quali Israele, India, Pakistan, Corea del Nord…
È questa tendenza espansionistica del nucleare che ha fatto fallire la
Conferenza sulla revisione del trattato di non proliferazione nucleare del maggio
scorso e ha incrinato i rapporti tra Stati Uniti e Iran;
–
infine alimenta le preoccupazioni
LA
VERITÀ
FONDAMENTO
DELLA PACE
A
partire da questa lettura della realtà, Benedetto XVI ha sviluppato il suo
messaggio, mettendo a tema la “Verità”, una delle quattro colonne che, secondo
la Pacem in Terris, sostengono la costruzione della pace, accanto alla
giustizia, alla libertà e alla carità.
«La
pace – sottolinea il pontefice – non può essere ridotta a semplice assenza di
conflitti armati, ma va compresa come frutto dell’ordine impresso nella società
dal suo fondatore». È solo conformando la storia a questo ordine che l’umanità
può contribuire a edificare la pace. È perciò indispensabile fare verità su
Dio, sull’uomo, sulla società umana, sulla pace e sulla guerra.
–
La verità su Dio: Dio è il fondamento di ogni verità umana. Tutto il male del
mondo si scatena a partire dal peccato originale che è essenzialmente un
peccato di falsità. «Cosa può impedire la realizzazione della pace?», si
domanda il papa. E risponde: «La Sacra Scrittura mette in evidenza nel suo
primo libro, la Genesi, la menzogna pronunciata all’inizio della storia, da
quell’essere dalla lingua biforcuta, qualificato dall’evangelista s. Giovanni
come “padre della menzogna”».
Dio,
nel testo sacro, è presentato dal maligno come nemico dell’uomo, suo
concorrente e come ostacolo al suo sviluppo. La verità invece è che Dio è amico
dell’uomo, sostegno vitale dell’essere umano, ragione profonda della sua vita.
Questa
idea di Dio fondamento della verità è ricorrente nel magistero di Ratzinger,
dove è considerata barriera contro ogni rischio di relativismo dottrinale ed
etico. Un concetto analogo appare nel messaggio natalizio Urbi et Orbi, con
l’appello all’umanità dell’era tecnologica, a non abbandonare il cristianesimo,
pena «l’atrofia e il vuoto del cuore». «Senza Cristo infatti la luce della
ragione non basta ad illuminare l’uomo e il mondo».
Ancora
più toccante è stato l’intervento alla messa di mezzanotte, dove il papa ha
saputo toccare le corde del sentimento: «Dio è così grande che può farsi
piccolo. Dio è così potente, che può farsi inerme e venirci incontro come bimbo
indifeso, affinché noi possiamo amarlo».
–
La verità sull’uomo è la più logica conseguenza della verità su Dio. Nel
racconto della Genesi, prima del peccato, l’uomo è presentato in tutta la sua
grandezza e dignità come “immagine e somiglianza di Dio”, (Gen 1,26) e in un
rapporto di familiarità con il Signore: “Dio passeggiava nel giardino alla
brezza del giorno” (Gen 3,8). In questo contesto anche il rapporto tra gli
esseri umani era caratterizzato dal dialogo autentico e gioioso, come appare
dall’esclamazione entusiasta di Adamo quando Dio gli presenta Eva.
La
rottura del rapporto con Dio trascina con sé anche i rapporti tra le persone e
provoca atteggiamenti di reciproca estraneità – Adamo tenta di salvarsi
incolpando Eva – se non di vera inimicizia. È il caso di Caino che uccide il
fratello per invidia. «Alla menzogna – scrive il papa – è legato il dramma del
peccato con le sue conseguenze perverse, che hanno causato e continuano a
causare effetti devastanti nella vita degli individui e delle nazioni».
Al
pontefice di origini tedesche viene spontaneo a questo punto ricordare i drammi
provocati dal nazismo e dal comunismo ateo: «Basti pensare a quanto è successo
nel secolo scorso, quando aberranti sistemi ideologici e politici hanno
mistificato in modo programmato la verità e hanno condotto allo sfruttamento e
alla soppressione di un numero impressionante di uomini e di donne sterminando
addirittura intere famiglie e comunità» .
Purtroppo,
lamenta il s. Padre, continua il cammino della menzogna anche nel nostro tempo
ed esso fa da cornice a «numerosi scenari di morte, in non poche regioni del
nostro pianeta».
–
La verità deve ispirare anche l’intera convivenza sociale. Il pontefice mette
in evidenza le contraddizioni presenti nel nostro tempo, tra la spinta della
globalizzazione, che tende a cancellare le distanze tra i popoli, e il
permanere di chiusure egoistiche e nazionalistiche che bloccano il processo
della solidarietà: «Tutti gli uomini appartengono a un’unica e medesima
famiglia. L’esaltazione esasperata delle proprie differenze contrasta con
questa verità di fondo. Occorre ricuperare la consapevolezza di essere
accomunati da un medesimo destino, in ultima istanza trascendente, per poter
valorizzare al meglio le proprie differenze storiche e culturali, senza
contrapporsi, ma coordinandosi con gli appartenenti alle altre culture».
In
ultima analisi il papa invita a realizzare la cosiddetta “Convivialità delle
differenze”, che presuppone l’accettazione che ogni uomo e ogni popolo sono
portatori di valori. Pertanto una sincera ricerca dell’incontro con gli altri,
contribuisce a realizzare il bene comune, ossia il bene di tutti e di ciascuno.
Infine
il messaggio pontificio sollecita l’umanità a fare verità sulla pace e sulla
guerra.
Riguardo
alla pace, papa Benedetto XVI richiama la definizione che di essa dà s.
Agostino: Tranquillitas ordinis (la tranquillità dell’ordine). Si tratta, egli
afferma, di una situazione che «permette di rispettare e realizzare appieno la
verità dell’uomo», ossia lo sviluppo integrale della persona e i suoi diritti
fondamentali.
Alla
base delle guerre si registrano «ingiustizie e disuguaglianze intollerabili
sofferte da parte di molti popoli». Pertanto la ricerca sincera della pace
implica la rimozione delle cause che ostacolano l’attuazione di una giustizia
stabile.
Il
messaggio natalizio del patriarca di Gerusalemme, Michel Sabbah, partendo dal
cuore di un conflitto che dura da mezzo secolo, conferma la giustezza di questa
analisi: «Ogni lentezza a risolvere le ingiustizie sotto qualunque aspetto – il
muro, le barriere, i prigionieri, gli assassini – non fa che alimentare la violenza.
Quando cesseranno le ingiustizie, causa della violenza, cesserà anche la
violenza e regnerà la sicurezza».
Complementariamente
il s. Padre ritiene indispensabile fare luce sulla identità della guerra. Si
tratta di una chiarificazione quanto mai opportuna nel momento attuale, giacché
dopo il conflitto in Iraq e l’incipiente avvio della democratizzazione del
paese, non si parla quasi più della questione etica della guerra. Pur essendo
noto a tutti, che il conflitto è esploso sulla base di un falso presupposto,
ossia l’esistenza di armi di distruzione di massa, è maturata una specie di
rassegnazione fatalistica all’evento. Si avverte l’esistenza di una convinzione
sotterranea non dichiarata, secondo la quale: «la guerra ormai è stata fatta,
ha consentito la nascita di un regime democratico… ciò significa che l’evento è
stato nell’insieme positivo, si poteva fare… forse si doveva fare». Questo però
non rispetta la verità alla quale si richiama il messaggio di papa Ratzinger.
Il fine non giustifica i mezzi. Il pontefice richiama, all’inizio del
messaggio, l’insegnamento dei suoi predecessori, in particolare di papa
Giovanni, Paolo VI, Giovanni Paolo II. Restano quindi valide le affermazioni
della Pacem in terris, «… di fronte alla forza distruttiva delle armi moderne…
è da considerare alienum a ratione, (ossia pazzesco, folle), pensare che la
guerra sia ancora atta a restaurare il diritto violato». Così pure resta valida
la condanna della cosiddetta “guerra preventiva”, che si è cercato di
contrabbandare all’inizio del recente conflitto. Se non si fa “verità” su
questi fatti, c’è il rischio che l’errore passi nelle coscienze come verità.
Il
messaggio papale, in rapporto al problema della guerra, si sofferma su due
aspetti di grande attualità:
–
anzitutto viene espressa la preoccupazione di arginare i danni della guerra.
Quando disgraziatamente la guerra è scoppiata, «non tutto diventa lecito». Ci
sono limiti invalicabili alla scelleratezza e alla crudeltà, fissati dal
diritto internazionale umanitario, che tutti i popoli devono rispettare,
soprattutto in rapporto alla popolazione civile;
–
inoltre viene richiamata l’attenzione sul terrorismo, fenomeno che si sviluppa
ignorando ogni limite. Nel suo intento di “fare verità” anche sul male, il papa
ricorda le due principali radici culturali che alimentano oggi il terrorismo:
il nichilismo tragico e sconvolgente, che nega l’esistenza di qualsiasi verità
e manifesta un senso di disperazione nei confronti della vita umana e del
futuro del mondo; il fondamentalismo fanatico, che tende a imporre con la
forza, la propria convinzione circa la verità.
Ambedue
i fenomeni manifestano disprezzo verso la persona umana e negano in ultima
analisi la verità anche su Dio o escludendo la sua provvidente presenza nella
storia, o «sfigurandone il volto amorevole e misericordioso».
I
CATTOLICI
E
LA CAUSA DELLA PACE
I
credenti sanno che la pace è dono di Dio: un dono che va implorato
incessantemente. Compito essenziale dei cristiani è di annunciare e
testimoniare il Vangelo della pace. La testimonianza, ossia l’annuncio fatto
con la vita, li impegna a costruire un mondo in linea con il piano di Dio. Egli
«desidera vedere i suoi figli riconoscersi tra loro come fratelli,
responsabilmente protesi a mettere i differenti talenti a servizio del bene
comune e della famiglia umana».
In
questa prospettiva il messaggio indica tre passaggi ai membri della Chiesa:
–
anzitutto essi devono ispirare all’amore la propria esperienza quotidiana.
Ognuno deve fare la sua parte, giacché – come affermava Karl Rahner – «non
abbiano diritto di pretendere un mondo migliore se non cominciamo a migliorare
il nostro cuore». Il papa auspica, perciò, che ogni comunità cristiana sviluppi
un’intensa e capillare opera di educazione e di testimonianza, allo scopo di
accrescere la consapevolezza sull’urgenza di questo problema;
–
in secondo luogo è importante realizzare in direzione della pace uno sforzo
congiunto delle religioni, prioritariamente tra le religioni cristiane, che si
riconoscono in Gesù principe della pace, poi anche con tutte le religioni che
invocano Dio Padre comune. Una presenza organizzata dei credenti garantirebbe
alla pace la solidità e la verità del suo principale fondamento;
–
infine i cristiani sono invitati a collegarsi con tutti gli uomini di buona
volontà. Solo potenziando tutte le forze sane dei vari paesi che credono al
valore della pace, si riuscirà a incidere efficacemente sulle istituzioni
nazionali e internazionali. Su queste ultime, in particolare, si sofferma il s.
Padre.
Il
problema della pace, in un mondo globalizzato, richiede la presenza attiva ed
efficace delle Nazioni Unite, per prevenire i conflitti, e per convincere «…i
paesi che detengono armi nucleari in modo dichiarato od occulto e quelli che
intendono procurarsele, a invertire congiuntamente la rotta, … in direzione di
un progressivo e concordato disarmo», possibilmente devolvendo allo sviluppo
dei popoli poveri le risorse così risparmiate.
Realisticamente,
oggi, l’autorevolezza delle Nazioni Unite appare seriamente compromessa. Tuttavia
il mondo non può fare a meno di questa presenza. Il papa perciò rinnova ad esse
la propria fiducia; insieme però ne auspica un rinnovamento istituzionale e
operativo, che le metta in grado di rispondere alle mutate esigenze dell’epoca
moderna. È importante che uno strumento come l’ONU, rappresentante di tutte le
nazioni della terra, operi con efficienza ed efficacia, giacché la posta in
gioco è altissima. Si tratta di «… promuovere nel mondo i valori irrinunciabili
della giustizia, della solidarietà e della pace».
Giuseppe Pasini