IL DOGMA DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE

NUOVE CHIAVI DI LETTURA

 

La teologia contemporanea pone l’accento non tanto sul privilegio quanto sull’evento salvifico che ha un Autore divino, una collocazione precisa nella storia della salvezza, con un prima che lo annunzia, un dopo che ne prolunga il significato, una struttura di grazia – il memoriale liturgico – che lo attualizza in mysterio e lo rende contemporaneo a ogni discepolo.

 

L’8 dicembre dello scorso anno è stato ricordato il 150° anniversario della definizione del dogma dell’Immacolata concezione. Per quella circostanza il priore generale del Servi di Maria, fr. Ángel M. Ruiz Garnica ha scritto una lettera ai frati dell’ordine e ai membri della famiglia servitana, ai docenti e studenti dei centri accademici OSM intitolata Chiamati a essere santi e immacolati nell’amore allo scopo di presentare in sintesi il punto di arrivo dell’odierna riflessione teologica su  questo dogma, tenendo presenti anche i numerosi contributi offerti dei frati dell’ordine.

Il ritorno della solennità liturgica dell’Immacolata, di colei che la Chiesa canta come la Tota pulchra che non ha mai cessato di affascinare il susseguirsi delle generazioni, ci suggerisce di riprendere in mano quel testo per farlo conoscere anche a una cerchia più vasta di persone, almeno nella parte dove è presentato il modo con cui oggi viene inteso questo dogma nella riflessione teologica.

 

NON TANTO IL PRIVILEGIO

MA L’EVENTO DI SALVEZZA

 

Nel lontano 1854, il beato Pio IX nella bolla Ineffabilis Deus definì ex cathedra il concepimento immacolato di Maria con queste parole:  «… dichiariamo, pronunciamo, definiamo: la dottrina che sostiene che la beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per singolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in vista dei meriti di Gesù Cristo, salvatore del genere umano, è stata preservata immune da ogni macchia di peccato originale, è stata rivelata da Dio e perciò si deve credere fermamente  e inviolabilmente da tutti i fedeli».

A distanza di oltre un secolo da quella data, Giovanni XXIII, nel discorso di apertura del concilio ecumenico Vaticano II, l’11 ottobre 1962, stabilì un principio destinato ad avere un notevole influsso nei lavori conciliari che stavano per iniziare, e sulla successiva riflessione teologica, ossia che «altra cosa è il deposito stesso della fede, vale a dire le verità contenute nella nostra dottrina, e altra cosa  è la forma (modus) con cui quelle vengono enunciate, conservando ad esse tuttavia lo stesso senso e la stessa portata».

Affermazione sulla cui linea si pose anche la Commissione teologica internazionale (ottobre 1989) secondo la quale «un’epoca non può ritornare al di qua di ciò che è stato formulato nel dogma dallo Spirito Santo come chiave di lettura della Scrittura, ma ciò non esclude che in un’epoca posteriore appaiano punti di vista nuovi e nuove formulazioni».1

La categoria con cui la teologia contemporanea considera il dogma della concezione immacolata  di Maria, scrive  fr. Ángel, non è tanto quella del privilegio ma quella più vasta del factum salutis. Ciò significa che  l’evento salvifico ha un Autore divino, una collocazione precisa nella storia della salvezza, con un prima che lo annunzia, un dopo che ne prolunga il significato, una struttura di grazia – il memoriale liturgico – che lo attualizza in mysterio e lo rende contemporaneo a ogni discepolo.

Viene allora spontaneo sostare un attimo per chiedersi: quale intervento divino celebra la liturgia l’8 dicembre?

La Chiesa, commenta fr. Ángel, celebra questo evento su due linee distinte, che hanno tuttavia vari punti di contatto: la prima segue la metafora della lotta tra Dio e il nemico del genere umano e ha come sfondo la sentenza di Dio contro il serpente: «Io porrò inimicizia fra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno» (Gen 3,15); l’evento della concezione immacolata di Maria è un momento forte della lotta tra Cristo, figlio di Dio e discendenza della donna, e il serpente, menzognero e omicida fin da principio (cf. Gv 8,44).

La seconda linea segue la metafora del braccio potente di Dio e ha come sfondo l’episodio della liberazione del popolo di Israele dalla schiavitù dell’Egitto attraverso il passaggio del Mar Rosso (cf. Es 14,15). Nella trasposizione dell’episodio dal piano storico al piano soprannaturale, il concepimento immacolato della Vergine segna un momento rilevante del processo condotto da Dio per liberare gli uomini dalla schiavitù del peccato.

La liturgia, osserva sempre fr. Ángel,  in riferimento all’intervento divino nella concezione immacolata di Maria, si serve di espressioni e immagini che ricorrono nella Bibbia per celebrare  i magnalia Dei, le meraviglie di Dio nella storia della salvezza. Il concepimento senza macchia della Vergine è visto come il primo bagliore della luce di Cristo risorto  che splende in un mondo dominato dalla tenebra del peccato e della morte (cf. Lc 1,79); come primo zampillo di acqua salutare (cf. Is 12,3), sgorgata dal cuore aperto del Salvatore (cf. Gv 19, 34) per irrigare, purificare, dissetare una terra umanità arida e infeconda; come il primo compiuto evento della gratia Dei, dipendente dalla Pasqua, potente ed efficace senza la quale non c’è salvezza (cf. Gv 15,5; At 4,12); come segnale per l’umanità oppressa che l’ora della liberazione è vicina.

L’Immacolata è quindi un segno di vittoria. Si colloca nell’ambito della lotta immane tra Cristo e satana; iniziata nel giardino dell’Eden, terminerà quando il Signore avrà annientato l’ultimo nemico, la morte e avrà posto ogni cosa “sotto i suoi piedi” (1 Cor 15,27). Allora “Dio sarà tutto in tutti” (ib 28).

 

UN SEGNO

DI VITTORIA

 

In questa linea l’Immacolata appare come segno della vittoria in cui si conclude, relativamente a Maria, la lotta tra la donna e la sua stirpe e il serpente e la sua stirpe (cf. Gn 3,15). L’evento del concepimento immacolato riguarda un brevissimo spazio di tempo: il «primo istante» dell’esistenza della Vergine quando essa, secondo una bella immagine di p. Turoldo, era «appena una perla di luce», realtà vitale, esile ma preziosa. L’Immacolata concezione è e rappresenta la vittoria della luce. La chiesa, scrive fr. Ángel, ha collocato la solennità dell’Immacolata l’8 dicembre, tredici giorni prima del 21 dicembre, il solstizio invernale, in cui celebra la rigenerazione della luce. Con grande acutezza, Giovanni Vannucci commenta: «Mentre la terra sembrava venir sommersa nelle tenebre e nel gelo del primo caos, la solennità dell’Immacolata viene a ricordarci che al di là dello spessore della materia, delle tenebrose e confuse energie  che l’intessono, c’è una luminosa e intatta concezione che, muovendosi nella mente divina, si è densificata nella materia e ha avuto la sua e perfetta manifestazione nella figura umana della Vergine, prescelta a generare il Sole eterno».2

Il dono della concezione immacolata non esime Maria dalle conseguenze del peccato originale – la tentazione, il dolore, la morte… Ma la sua vita, sottolinea fr. Ángel, costantemente sorretta dalla grazia, sarà un’incessante vittoria contro il male. Dalla stirpe di Adamo, Dio ha plasmato una creatura che è solo bontà; in lei lo sguardo non conosce la “concupiscenza degli occhi” (1Gv 2,16), ma conserva l’innocenza della luce; la mano incapace di colpire, capace invece di sostenere e accarezzare; il cuore senza divisioni, tutto proteso all’amore di Dio e ai fratelli e delle sorelle; in lei una verginità senza rimpianti, allietata dal dono di una maternità prodigiosa; pianta sempreverde che produce un frutto non avvelenato dal serpente, ma benedetto da Dio.

 

È IL NUOVO

“FIAT LUX”

 

La grazia più grande che Dio Padre fece a Maria fu non tanto la preservazione della colpa originale quanto la donazione dell’«unigenito Figlio… La decisione del Padre coinvolge pienamente le persone del Figlio e dello Spirito: del Figlio, il quale in perfetta adesione al disegno salvifico del Padre, «stabilì di renderla sua madre in modo sostanziale”; dello Spirito, che «volle e fece sì che da lei fosse concepito e nascesse colui, dal quale egli stesso procede». La concezione immacolata di Maria è dunque un’intrinseca esigenza trinitaria.

Scrive ancora fr. Ángel: «Dinanzi alla sua opera – la concezione immacolata di Maria – apparentemente così esile, Dio ha sostato, contemplando con gioia l’inizio della ri-creazione. La luce dell’Immacolata è il suo nuovo fiat lux (Gen 1,3), pronunciato ora dal Verbo, in cui sono la luce e la vita (cf Gv 1,4). Il Figlio futuro avvolge di luce come di un manto (cf. Sal 104, 2a) la futura madre». E Vannucci commenta: «Nella teofania dell’immacolata concezione, la creazione è stata riplasmata, ricostruita, ripartorita. Nel suo seno la natura umana ha ripreso il suo destino divino e agli uomini è stata restituita la facoltà di divenire “figli di Dio”».

 

UNA LETTURA

IN CHIAVE PASQUALE

 

Maria è la primizia della redenzione, il prototipo della Chiesa sposa, un segno forte della presenza santificatrice dello Spirito. Entriamo qui nella riflessione conciliare e postconciliare.

La teologia contemporanea predilige la lettura del concepimento immacolato di Maria in chiave soteriologia e quindi pasquale. L’Immacolata non è stata sottratta al mistero della redenzione universale operata da Cristo «specialmente per mezzo del mistero pasquale della sua beata passione, risurrezione da morte e gloriosa ascensione» (SC 5). Il Vaticano II nella Sacrosanctum concilium afferma che la Chiesa «in Maria ammira ed esalta il frutto più eccelso della redenzione» (SC 103) e nella Lumen gentium, che la Vergine «è stata redenta in modo così sublime in vista dei meriti del Figlio suo» (LG 53).

Si può così dire che con la concezione immacolata la redenzione del genere umano è già iniziata… è già pronta la “radice santa” che dovrà generare il fiore, Gesù. Solo Dio sa che la luce salvifica è stata accesa e la grazia di Cristo è già operante. Lo sa e se ne compiace.

Ma se la dimensione cristologia  del concepimento immacolato di Maria è stata messa in risalto fin dall’antichità, nel secolo XX è stata sottolineata anche la sua dimensione ecclesiale. Nel simposio mariologico internazionale che si è tenuto a Roma nel 1976, in una sintesi di fr. Ermanno M. Toniolo leggiamo: «Maria è la Chiesa nei suoi inizi; fa parte della comunità dei salvati, di cui è la prima: Chiesa che in lei ha raggiunto la sua più alta perfezione, senz’ombra di alcun  peccato, Sposa di Cristo; ma congiunta sempre – come figura, come esempio, come aiuto – alla comunità ancora pellegrina che si sforza, debellando il peccato, di conseguire la sua ultima purificazione».

La liturgia postconciliare ha colto bene il significato dell’Immacolata con il Mysterium ecclesiae, di esserne cioè l’inizio e la prima realizzazione quale Sponsa Christi. Nel prefazio dell’8 dicembre si dice infatti: «In lei ha segnato l’inizio della Chiesa, sposa di Cristo senza macchia e senza ruga, splendente di bellezza».

I teologi contemporanei amano leggere il concepimento immacolato di Maria anche in chiave pneumatologica. Per una duplice ragione: anzitutto perché dopo averne messo in  risalto la dimensione trinitaria e l’azione delle rispettive persone divine, ritengono che non è possibile ignorare l’azione dello Spirito nel compiersi di quell’evento; inoltre perché è impossibile dissociare l’azione dello Spirito di santità dall’evento costituente la santità personale e iniziale della beata Vergine.

 

LETTURA IN CHIAVE

PNEUMATOLOGICA

 

Nella concezione immacolata di Maria lo Spirito Santo intervenne, discese e agì: interruppe in lei l’onda di peccato che investe, contaminandolo, ogni essere umano che si affaccia alla vita, la riempì di superna grazia (cf. Lc 1,28), impresse in lei i tratti del cuore nuovo promesso dai profeti. Maria è la figura eminente della “nuova creazione”, espressione questa che ricorre anche nella Lumen gentium (56) dove viene riportato il pensiero dei Padri della Chiesa  nei quali invalse l’uso di chiamare la Madre di Dio la tutta santa, immune da ogni macchia, dallo Spirito Santo quasi plasmata e resa una nuova creatura».

I teologi della famiglia dei Servi di Maria privilegiano anche altre linee di riflessione: quella di Maria “Donna dell’alleanza”; la “Donna splendente di bellezza”, tema modulato sul Tota pulchra. David Turoldo nella sua ispirazione poetica ama chiamarla la “bellissima”. Nell’introduzione alla sua versione del Magnificat, per esempio, scrive: «Era bellissima e luminosa come l’alba, per la grazia che aveva nel cuore, per l’amore che sentiva per Iddio e per tutte le creature di Dio: un amore che l’aveva spinta fin dall’infanzia a offrirsi tutta al Signore, affinché venisse finalmente al mondo colui che doveva  salvare l’umanità da ogni cattiveria, colui che liberasse il mondo dal vero grande peccato». E Gesù era per Turoldo il Figlio della Bellissima: «Ci è dato un bimbo, ci è nato un figlio, della Bellissima è l’unico figlio».

Su queste linee di riflessione è possibile comprendere oggi più in profondità e ampiezza il dogma dell’Immacolata concezione e di sentirlo non solo come una bellissima icona da contemplare, ma come qualcosa che ci appartiene.

 

A.D.

 

1 Pontificia Commissione Teologica, L’interpretazione dei dogmi, EV 11, n. 2775.

2 G.M. VANNUCCI, Santa Maria, Servitium Ed. 1996, p. 127.

3 D.M. TUROLDO – G. RAVASI, Viviamo ogni anno l’attesa antica .Tempo di Avvento e di Natale. Commento alle letture liturgiche, San Paolo, Cinisello Balsamo 2002, p. 192.