INCONTRO NAZIONALE DELL’ORDO VIRGINUM
NEL MISTERO DELLA CHIESA LOCALE
Sono circa 400 in Italia le donne che, sparse nelle varie diocesi, fanno
parte dell’Ordo virginum. Loro referenti sono i vescovi. Esiste pertanto una
configurazione della vergine consacrata nella propria chiesa locale, come
figlia, sposa e madre: il suo volto è improntato a quello della Chiesa, che è
una sola cosa con Cristo.
«Giunge il giorno di Pasqua, in tutto
il mondo si celebrano i sacramenti del battesimo, le vergini consacrate
prendono il velo. Dunque in un sol giorno la Chiesa senza alcun dolore suole
partorire molti figli e figlie. E perciò è detto bene del popolo consacrato: È
un popolo nato tutto insieme».1 Sono parole di sant’Ambrogio ed evocano un
quadro suggestivo che lascia intendere come il battesimo e la consacrazione
delle vergini attingessero allo stesso mistero pasquale di Cristo: c’è una
continuità tra il battesimo, la professione di verginità e l’Eucaristia.
Il ripristinato rito di consacrazione
delle vergini sta facendo sorprendentemente rifiorire quello che agli inizi
della vita cristiana fu l’Ordo virginum: una categoria di donne che, raggiunte
e affascinate dal carisma della verginità evangelica, donavano tutto il proprio
essere a Cristo, attraverso una solenne liturgia presieduta dal vescovo. E
ancor oggi, per cogliere il volto di questa consacrazione, dobbiamo riandare
agli scritti sulla verginità con cui vescovi come Cipriano, Ambrogio e Agostino
illuminavano tante donne da loro consacrate.
Si sa che fu sorprendente il
diffondersi della verginità consacrata e costituì una delle testimonianze più
efficaci della novità cristiana, particolarmente in ordine alla vita futura: «Quello
che noi saremo, voi avete cominciato ad essere», diceva san Cipriano scrivendo
Sul contegno delle vergini. E anche oggi la realtà di donne che, dopo aver
ricevuto una pubblica consacrazione dalle mani del vescovo, continuano a vivere
in una esistenza ordinaria, per lo più da sole, è un segno che il carisma
evangelico della vita consacrata muta nelle sue espressioni, ma non muore. È
quanto ha detto anche Benedetto XVI a proposito della vita religiosa,
conversando con il clero della Valle d’Aosta: «Crescono nuovi modi tanto da
poter sperare che anche oggi il Signore conceda vocazioni necessarie per la
vita della Chiesa e del mondo».
Sono circa 400 in Italia le donne che,
sparse nelle varie diocesi, fanno parte dell’Ordo virginum. Quest’anno anche la
Chiesa di Napoli, nel periodo pasquale, ha visto sette giovani ricevere la
consacrazione delle vergini. Ed è stata proprio questa Chiesa a dare un forte
contributo per la preparazione dell’Incontro nazionale, svoltosi dal 25 al 28
agosto 2005 presso la casa di Esercizi Spirituali “S. Ignazio”, a Cappella
Cangiani, sulle alture della città.
DAL FONTE BATTESIMALE
LA PIENA MATURITÀ IN CRISTO
Da tempo ormai si batte sull’importanza
della formazione per un cammino di vita consacrata che non ha un noviziato vero
e proprio, ma si affida alle risorse della Chiesa locale, alla cura del
vescovo, e alle più o meno informali iniziative per vivere in profondità lo
spirito della propria vocazione. Da circa vent’anni, convegni o incontri sono
stati momenti privilegiati per approfondire l’identità del carisma e dare un
fondamento comune al cammino personale di ciascuna. A questo punto sembrano
esserci tutti i presupposti per una nota pastorale della C.E.I. a riguardo
della nuova realtà che è l’Ordo virginum, ormai diffuso nel tessuto ecclesiale
di tante diocesi anche in Italia.
Trattandosi di una esperienza di vita
consacrata che impronta la sua fisionomia direttamente al mistero della Chiesa,
negli incontri degli ultimi anni si è voluta mettere in luce la radice
battesimale del carisma: si tratta di portare al loro pieno sviluppo tutte le
potenzialità insite nel sacramento del battesimo, in modo da far fiorire un
livello alto di vita cristiana. Tale lo vuole e lo tratteggia la solenne prece
del rito di consacrazione, nella quale si può vedere la magna charta della
spiritualità dell’Ordo virginum. Una preghiera che si conclude con una
invocazione allo Spirito Santo perché scenda, consacri e trasformi la persona
su cui viene invocato. E proprio a questo punto vengono fuori quelli che
debbono essere i lineamenti della vergine consacrata:
«Concedi, o Padre, per il dono del tuo
Spirito, che siano prudenti nella modestia, sagge nella bontà, austere nella
dolcezza, caste nella libertà. Ferventi nella carità nulla antepongano al tuo
amore; vivano con lode senza ambire la lode; a te solo diano gloria nella
santità del corpo e nella purezza dello spirito; con amore ti temano, per amore
ti servano… In te, Signore, possiedano tutto, poiché hanno scelto te solo al di
sopra di tutto».
Presa e “messa da parte” tra il popolo
di Dio, la vergine viene a esso riconsegnata come “nuova creatura” dai tratti
semplici ed elevati impressi in lei dall’azione dello Spirito.
TRA UMILTÀ
E MARTYRIA
La formazione sta tutta nell’aiutare la
persona a vivere a livello dello spirito. Dopo aver svolto i temi della fede,
della speranza e della carità, con le rispettive virtù di obbedienza, povertà e
castità, nell’incontro di Napoli si è voluto portare avanti il cammino
approfondendo il rapporto tra umiltà e martyria come compimento ed espressione
della vita cristiana adulta. E questo nella prospettiva di proseguire, il
prossimo anno, con l’attraente e impegnativo discorso su “La vita nuova nello
Spirito”.
Di volta in volta i contributi dei
relatori scavano negli animi e fanno affondare la radici della propria
esistenza consacrata a un livello sempre più interiore, dove il carisma cresce
in bellezza. Quest’anno si deve a mons. Vincenzo Pelvi, vescovo ausiliare di
Napoli, il dono di una estesa e originale relazione che spazia dal volto del
vescovo a quello della vergine consacrata, fino ad abbozzare l’ideale del
reciproco rapporto nella realtà della Chiesa locale. Il tutto passando
attraverso l’umiltà e la martyria, vissute nello specifico delle loro
rispettive vocazioni.
Umiltà vista come uno “stato” a cui si
perviene attraverso la dolorosa pedagogia divina che pone la persona davanti ai
propri limiti, le chiede di accettare l’abbassamento, ma per lasciarsi poi
portare dall’Amore. Diceva mons. Pelvi: «Il gioco divino, della tentazione e
della grazia, è un gioco di amore. Dio si rivela un educatore infinitamente
amante e paziente, mite e umile di cuore, che vuole plasmarci a sua immagine…
Ma che fatica lasciarsi fare e guidare da Dio; che fatica rinunciare al nostro
protagonismo e riconoscere che siamo solo riflesso di un Altro. Si tratta del
cammino battesimale, la cui radice è un inevitabile abbassamento. È tale il
percorso della vergine consacrata».
Attraverso l’umiltà si diventa
testimoni. È un fatto che la vera identità della consacrazione è la martyria.
La generosità nel dono di sé non deve venir meno: nei confronti di quanto si è
ricevuto dal Signore l’unica ricompensa adeguata è contraccambiare il sangue
con il sangue, al pari dei martiri. Le vergini sono chiamate a essere luminose
testimoni di Cristo fino al sacrificio della propria vita, diventando le
“ostie” che imitano l’unica ostia pura, senza macchia e a Dio gradita, che è
Cristo. Il mistero dell’altare dona le risorse per una vita verginale che sia
“eucaristia vivente”, sempre più somigliante al divino modello. E con la grazia
dell’Eucaristia niente diventa impossibile alla vergine consacrata.
La reale conformità a Cristo permette
di stare davanti a Dio per tutti, così come lo esprimeva Edith Stein con la sua
concreta mistica sponsale: «Contempla il Crocifisso: Tu sei la sua sposa. Unita
a lui, diventi onnipresente come lo è lui. Non sarai limitata ad aiutare qua e
là come medico, infermiera, sacerdote, ma attraverso la potenza della Croce
puoi essere presente in tutti i luoghi del dolore, dovunque ti porta la tua
compassionevole carità, quella carità che attingi dal Cuore divino e che ti
rende capace di spargere ovunque il suo preziosissimo Sangue per lenire,
salvare, redimere».
NEL MISTERO
DELLA CHIESA SPOSA
Ogni incontro dell’Ordo virginum è
anche incontro con la realtà della Chiesa in cui esso si svolge. Prima di ogni
altro il cardinale Michele Giordano, arcivescovo di Napoli, ha preparato
l’evento, ha presieduto una delle celebrazioni eucaristiche ed è stato
familiarmente partecipe in alcuni momenti significativi, come la visita al
duomo e lì la celebrazione dei vespri nella basilica capitolare di Santa
Restituta.
Accanto alla presenza di mons. Pelvi
come relatore, c’è stata quella dell’altro vescovo ausiliare, mons. Filippo
Iannone o.c., il quale ha celebrato l’Eucaristia proprio nel giorno in cui la
liturgia proponeva la parabola evangelica delle dieci vergini (Mt 25, 1-13).
Una provvidenziale coincidenza per essere riportate al suggestivo rito della
consacrazione e all’attesa del Signore come sposo. Nei giorni d’inizio e di
conclusione dell’incontro hanno presieduto l’Eucaristia i vescovi mons. Michele
De Rosa e mons. Gerardo Pierro, rispettivamente segretario e presidente della
Conferenza episcopale campana.
Questo dice come i vescovi siano i
reali referenti di una realtà come quella dell’Ordo virginum, che nasce e vive
nel seno delle singole diocesi. Esiste, di conseguenza, una configurazione
della vergine consacrata nella propria Chiesa, come figlia, sposa e madre: il
suo volto è improntato a quello della Chiesa, che è una sola cosa con Cristo.
Non per nulla l’ultima parte della relazione di mons. Pelvi porta il titolo:
Assieme sui passi del Risorto. Proprio quel cammino, di cui si diceva, verso
una maturità umana e spirituale, è destinato a fiorire in legami di reciprocità
e comunione, prima di tutto verso la persona del vescovo: «un legame maturo di
forte e sincero affetto spirituale e di condivisa partecipazione alla sua
sollecitudine pastorale, vivificato dalla preghiera e dall’accoglienza del suo
magistero, di cui essere una eco appassionata e attiva».
La sponsalità è vissuta dal vescovo,
segno di Cristo Sposo, e dalla vergine consacrata, riflesso della Chiesa Sposa.
È un dono dello Spirito che richiama una relazione fatta di amore, di libertà,
di gratuità. Quando questo è possibile, diventa spontanea una più o meno
esplicita collaborazione: «Vi è una sorta di accoglienza, condivisione,
circolarità fra quanto il vescovo è chiamato a decidere con responsabilità
personale per il bene della Chiesa affidata alla sua cura e l’apporto che la
vergine gli può offrire attraverso la preghiera, la conoscenza di situazioni
liete e tristi, il genio femminile che permette di lasciar sbocciare e crescere
la vita e la dignità umana».
Nella Chiesa in cui vive, da cui è
nutrita e a cui si dedica, la vergine consacrata incontra e conosce l’amore in
tutte le sue espressioni. Quando una donna vive la presenza innamorata di Dio e
la effonde intorno a sé, diventa capace di sostenere anche gli altri, aprirli
alla gioia di esistere, e costruire così vincoli di comunione. Essa sta nel
tessuto ordinario della vita, dove tante volte neanche il sacerdote può
arrivare: proprio lì la sua presenza è un segno forte del messaggio evangelico,
non solo in ordine a questa esistenza ma anche a quella futura.
Figura di riferimento per ogni
consacrata dell’Ordo virginum è Maria. Per questo è stato bello che l’ultima
serata dell’incontro si sia conclusa con una suggestiva veglia mariana, davanti
all’immagine della Madre del Buon Consiglio, nella basilica di Capodimonte. Un
intenso momento di preghiera, scandito dal racconto dell’annuncio dell’angelo a
Maria e dal canto dell’Akathistos. Il vescovo che presiedeva la celebrazione,
mons. Vincenzo Pelvi, con la sua figura mite e austera aveva tutta l’unzione di
un novello sant’Ambrogio, tra le sue vergini consacrate.
Anche nell’incontro di Napoli il nunzio
apostolico, mons. Paolo Romeo, non ha fatto mancare la sua presenza: quasi
sorpreso dallo sviluppo che sta avendo questa forma di vita consacrata, la
segue con premura e anche con la gioia di trovarsi davanti a una realtà
positiva, segno di speranza per la vita della Chiesa. Lo Spirito è
imprevedibile nelle sue espressioni. Pensare che quaranta anni fa, quando
veniva promulgato il decreto conciliare Perfectae caritatis, a livello
ordinario nessuno parlava ancora del ripristino del solenne rito di
consacrazione delle vergini.
Paola Moschetti
1 Sant’Ambrogio, Esortazione alla verginità, 7, 42.