QUANDO SI È ADULTI NELLA FEDE?
MATURITÀ SEGNI E OSTACOLI
Sono numerosi i segni che indicano il grado di maturità raggiunto nella
vita cristiana. Ma ci possono essere anche diversi ostacoli che impediscono il
cammino verso questo ideale.
Nella vita consacrata non avviene diversamente ed è importante prenderne
coscienza.
La maturità cristiana è il risultato di
un lungo processo di sviluppo. Tutti siamo chiamati a crescere continuamente
verso questa meta, sapendo però che si tratta di un cammino mai totalmente
finito.
Ci sono delle caratteristiche che
indicano a quale grado è giunta questa maturità. Sono numerose ed è utile
conoscerle anche per i risvolti che possono indirettamente avere sulla maturità
nella vita consacrata. A descriverle è la psicologa americana Luisa M.
Saffiotti, Ph.D. sulla rivista dei gesuiti Human Development, in un numero
tutto dedicato a questo argomento.1
La maturità cristiana, scrive, è
anzitutto centrata sui valori e gli imperativi del Vangelo. È importante
notarlo in un’epoca come la nostra in cui si sente continuamente parlare di
autorealizzazione, di cammini per trovare se stessi e di gratificazione dei
propri desideri quale cosa più importante nella vita.
Sono i valori della compassione, della
solidarietà, del servizio alla verità, dell’opzione per i poveri e gli
emarginati, l’apertura a o operare per la trasformazione, la disponibilità ad
abbandonare – fino anche a morire – tutto ciò che non dona vita e ci tiene
lontani dal riconoscere e costruire il regno di Dio.
In secondo luogo è centrata sul
discepolato. Si tratta di stare con Gesù, di coltivare un’intima relazione con
lui e quindi di seguirlo, lasciandoci guidare da lui e di andare dove lui ci
conduce. Questa dimensione, osserva la Saffiotti, richiede che ognuno si
interroghi su che cosa significhi per lui stare con Gesù, seguirlo dove lui e
il suo Spirito ci conducono, anziché prendere noi stessi il comando. Esige
ancora che ci chiediamo se stiamo realmente seguendo il Gesù povero, casto,
umile e profondamente provocatorio di Nazareth oppure un Gesù quale ci viene
presentato dal cinema holliwoodiano, o seguiamo noi stessi o qualcuno o
qualcos’altro. In un’epoca di idolatria come la nostra è infatti molto facile
seguire uno dei molti idoli – denaro, possesso, prestigio, potere, sicurezza –
…che sottilmente deviano il nostro cammino e il nostro impegno.
La maturità cristiana è inoltre
essenzialmente relazionale. Il potere di Gesù, così sconcertante e minaccioso
per molti suoi contemporanei, è un potere di interazione tra persone ritenute
tutte ugualmente figli di Dio, non un potere verticale gerarchico. La maturità
cristiana perciò è un invito a coltivare nella vita sane relazioni con noi
stessi, con gli altri e con Dio.
Sono inoltre essenziali la maturità
psicosessuale; la capacità di intrattenere rapporti profondi e leali, non
manipolatori, e di amare le persone come sono, non un’umanità astratta; la
capacità di donarsi alla comunità, di coltivare l’amicizia, il servizio, la
creatività, l’umorismo, la gioia, il sacrificio e persino il martirio allo
scopo di dare vita al mondo. Un rapporto intimo e l’amicizia con Cristo costituiscono
il fondamento essenziale per una matura vita di fede, di discepolato e di
efficace collaborazione alla guida della comunità cristiana. Una vita cristiana
centrata sulla relazione richiede che abbiamo a coltivare una crescente
“coscienza del noi” anziché dell’io come è suggerito da una certa cultura.
La maturità cristiana esige anche la
capacità di vedere con chiarezza. Come cristiani dobbiamo tenere gli occhi
aperti sulla realtà che ci circonda, di guardare oltre i filtri imposti dalla
cultura e dalla società per osservare invece attraverso il filtro del Vangelo.
Il teologo Jon Sobrino, sottolinea la Saffiotti, parla di “cecità colpevole”
quando non si vuole vedere la realtà così com’è. Non è una sfida da poco in un
mondo come il nostro dove spesso alla gente viene presentata una versione della
realtà che la mantiene “cieca” di fronte agli aspetti più inquietanti, quelli
che richiederebbero maggiore attenzione. La maturità cristiana ci invita a
prenderci le nostre responsabilità per vedere se ciò che ci viene spacciato
come “realtà” corrisponde alla vera realtà, rinunciando a una passività che ci
impedisce di vedere e ci fa rimanere in silenzio.
La maturità cristiana implica anche la
volontà di prendere posizione, di assumersi i rischi del Vangelo, di avere e
alzare la voce profetica per dire una parola di sfida, di invito – anche se
questo può creare disagio e metterci ai margini. Richiede la volontà di
impegnarsi per risanare e superare tutto ciò che dentro e fuori di noi ci
ostacola dal prendere posizione in nome del Vangelo.
Esige inoltre la disponibilità a
operare per la riconciliazione., la capacità di vedere i diversi aspetti di un
problema, ad ascoltare chiaramente le diverse voci, a trovare una base comune e
discernere nella preghiera le verità di Dio;la volontà di promuovere il
dialogo, di attraversare i confini delle differenze culturali ed economiche
impegnandoci nel difficile lavoro di costruire una vera comunità di comunità,
soprattutto nella Chiesa, dove non mancano divisioni, differenze ed esclusione.
Deve starci a cuore soprattutto la “sfida della pace” che non è un impegno
opzionale, ma una esigenza della fede. Noi siamo chiamati a essere strumenti di
pace non attraverso qualche movimento occasionale, ma mediante Gesù Cristo.
CHE COSA
FAVORISCE LA MATURITÀ?
Ma quali sono gli atteggiamenti e i
mezzi che aiutano a camminare verso questa maturità cristiana?
Anzitutto, risponde la Saffiotti,
l’impegno a guarire e a crescere, cominciando da noi stessi per muoverci poi
verso il mondo che ci circonda. Un impegno anzitutto a entrare in se stessi,
per identificare e risanare, nella misura del possibile, ciò che in noi è
ferito, bloccato, ciò che ci tiene legati in molte maniere, per diventare
quindi verso l’esterno agenti di guarigione, di crescita, e persino di
trasformazione. Anziché stare a guardarsi, come si dice, l’ombelico, come viene
spesso proposto dalla nostra epoca, bisogna entrare dentro di sé e avere il
coraggio di cogliere ciò che deve essere risanato, le motivazioni non
riconosciute e agli influssi nascosti che ci possono essere, per uscire e
diventare efficaci testimoni e strumenti dell’amore di Dio e del suo desiderio
di fare nuove tutte le cose.
Dire di “sì” a un cammino di crescita,
osserva la Saffiotti, comporta inevitabilmente delle sfide: il confronto con se
stessi è qualcosa di doloroso ma essenziale per la maturazione sia psicologica
che spirituale, poiché implica sempre un processo di “purificazione”. Per
questa ragione molta gente, soprattutto se porta in sé gravi ferite non risanate
resiste a intraprendere un viaggio del genere, preferendo rimanere dove è,
adagiata più o meno confortevolmente nella vita, perdendo così l’opportunità di
tendere a diventare quelle persone che Dio ha fatto affinché divenissero
cristiani adulti.
Il Vangelo ha chiaramente e ampiamente
dimostrato che la via alla maturità, cristiana consiste nell’amore. Per quanto
difficile possa essere, l’invito è di imparare ad amare come Gesù ha amato, con
perspicacia, compassione, sensibilità, giustizia e dono di sé.
La maturità cristiana consiste inoltre
nella capacità e nell’impegno di analisi, il saper pensare in maniera complessa
per comprendere le sfide del nostro tempo e farvi fronte. E ciò è fondamentale
poiché attualmente siamo pressati dai tentativi – che spesso purtroppo hanno
successo – di manipolare e cooptare le risposte e il consenso dei cristiani
presentando delle letture di situazioni complesse in maniera annacquata,
squalificando una riflessione complessa come elitista e non ortodossa. Un modo
di pensare in bianco e nero, tipica di chi dice “tu sei con noi o contro di
noi”, sottolinea la Saffiotti, è quanto mai adatta a scoraggiare lo sforzo
richiesto da un’analisi complessa e impedisce a molti di divenire partner
adulti nel dialogo e anche della guida nella comunità cristiana. Una mentalità
del genere incoraggia la divisione, favorisce un meccanismo psicologico di
difesa che virtualmente elimina la possibilità di integrare prospettive diverse
e giungere a una comprensione più completa di una determinata situazione.
La maturità consiste inoltre, nel
ricavare le nostre prospettive a partire dai contesti più vasti della nostra
comunità locale, società, paese, continente ed emisfero. Per questo richiede di
informarsi e considerare l’impatto che hanno le nostre scelte e i nostri
comportamenti sulle realtà di questi contesti.
La maturità inoltre consiste nel
sottomettere noi stessi e la nostra vita al modello pasquale di vita di Gesù.
Ciò richiede necessariamente delle morti, incluse forse quelle delle nostre
abitudini, visioni del mondo, ipotesi, sicurezze per giungere a vedere più
chiaramente, a scoprire la gioia e la speranza della vera solidarietà, a
trasformare gli aspetti della nostra vita e testimoniare così più onestamente
ed efficacemente i valori del Vangelo.
IMPEDIMENTI
ALLA MATURITÀ
Richiede inoltre di muoversi dal centro
alla periferia. Essere cristiani maturi non significa adagiarsi in una vita
comoda, uscire da un’immagine angusta di Dio e mettersi ai margini. Gesù
infatti ha vissuto ed esercitato il suo ministero ai margini della società –
atteggiamento che ha profondamente sconcertato i potenti del suo tempo.
Infine la maturità cristiana consiste
in un impegno a essere trasparenti in tutti gli aspetti della vita, cosa che
non sempre avviene, sottolinea la Saffiotti, anche all’interno della Chiesa.Il
cammino verso la maturità non è però un fatto automatico che si verifica col
passare degli anni. Ci sono degli ostacoli che possono impedirlo. Il primo,
secondo la Saffiotti, è la paura, qualunque sia. Paura di assumere le sfide che
la crescita personale e la guarigione comportano, e ciò che si può incontrare
lungo il cammino. Paura di inoltrarsi in acque sconosciute e di dover
sviluppare nuove capacità per navigarle. Paura di non essere accettato, di non
sapere quale sarà poi la propria identità se si lasciano certi vecchi modi di
essere e cominciando ad aprire gli occhi, a prendere coscienza delle proprie
relazioni, ad allargare i propri punti di riferimento e a muovere verso i
margini.
Un serio problema si pone quando
troviamo delle persone cresciute in un cristianesimo di paura, quando la paura
è usata per avere persone compiacenti e “in linea”. Un atteggiamento del genere
non solo è psicologicamente regressivo, e persino dannoso, che va in senso
contrario alla maturità, ed è anche profondamente anticristiano. È un
atteggiamento che contrasta con l’impegno a modellare la propria fede su Gesù
di Nazareth e il Vangelo.
Un secondo ostacolo è la paura di
riconoscere e integrare le “ombre”. Per il cristiano la maturità è un impegno
costante a essere sempre consapevole e cosciente dell’impatto che le proprie
azioni e i pensieri hanno sulla qualità dell’amore, aspetto questo centrale
della vita cristiana.
Essere in cammino vuol dire avere
necessariamente a che fare con i conflitti e quegli aspetti indesiderabili e
alienanti di se stessi che costituiscono la nostra ombra, l’altra faccia della
nostra personalità consapevole. Il confronto con questo lato oscuro e l’impegno
a farlo emergere e integrarlo nell’entità che siamo può costituire un fatto che
spaventa, soprattutto in persone altamente impegnate a presentare un’immagine
esterna idealizzata di sé, priva di aspetti negativi. Comunque, fintanto che le
ombre sono ignorate o negate, c’è ben poca possibilità di riconoscere la
propria unicità, inclusi i limiti, e di essere strumenti di Dio.
Un terzo ostacolo è la mancanza di
spazi di contemplazione. Sono questi, infatti, che fondano le dimensioni
relazionali essenziali della maturità cristiana che si fonda sul fertile
terreno della relazione con Dio, con se stessi e con gli altri. La ricerca di
spazi di quiete, è essenziale per rendere fecondo quel terreno per poter, in
quanto cristiani adulti, percepire le situazioni e rispondere a esse a partire
da ciò che siamo. L’atteggiamento e gli spazi contemplativi ci radicano
profondamente nella nostra relazione primaria con Dio, e ci liberano dal
rischio di girare attorno a noi stessi nelle nostre azioni e decisioni, per
dare invece vita ai valori evangelici.
Un altro ostacolo è la mancanza di
trasparenza. La vera maturità cristiana riguarda essenzialmente la capacità di
vedere chiaramente, di parlare chiaramente e di dire la verità. Ed è proprio la
paura che porta a questa mancanza di trasparenza. In quanto medico clinico,
scrive la Saffiotti, ho visto centinaia di casi di seri disturbi e disfunzioni
dovuti ad anni trascorsi in contesti dove non c’era trasparenza, e in cui, di
conseguenza, non esisteva possibilità di crescere e di diventare cristiani
responsabili e maturi. È una sfida e un invito urgente a tutti noi in quanto
cristiani adulti a riflettere seriamente sulle esigenze di formare persone atte
al servizio e alla guida nella Chiesa in ambienti dove la trasparenza non
costituisce un valore.
A impedire la maturità è anche la
mancanza di consapevolezza delle realtà così come sono e di impegno nel
procurarsi un’accurata informazione in modo da ridurre il rischio di una
“colpevole cecità”. Viviamo in una società in cui ci viene propinata una
versione della realtà che corrisponde ai pregiudizi culturali, alle prerogative
e ai miti dominanti in un particolare luogo e tempo. Spesso non ci rendiamo
conto dei prismi attraverso cui l’intera realtà è filtrata. È fondamentale
quindi cercare di essere informati. In coscienza non possiamo “non sapere”,
“non renderci conto” e quindi “non parlare”. Possiamo noi essere cristiani
adulti in questa società senza conoscere, sapere, parlare?
Un ultimo ostacolo è di non permettere
agli altri di camminare con noi e così poter contare sul loro sostegno e
ascoltare le loro sfide che ci permettono di far fronte ai nostri punti oscuri
e ai nostri limiti. La strada verso la maturità cristiana deve basarsi su una
dimensione relazionale. Se resistiamo attivamente o passivamente a questa
dimensione e crediamo di poter fare da soli, ci distanziamo da una sana
maturità e diminuiamo la possibilità di essere efficaci testimoni e agenti di
trasformazione nel mondo.
In conclusione, scrive la Saffiotti, la
maturità cristiana ci chiede di assumerci la difficile sfida di diventare
cristiani adulti e la conseguente responsabilità di tenere gli occhi aperti, di
alzare la voce e prendere partito per il Vangelo, come pure di incoraggiare
senza mai stancarsi il dialogo allo scopo di costruire una vera comunità cristiana
riconciliata.