MODELLO DI EVANGELIZZAZIONE
MARIA MADRE DELLA CHIESA MISSIONARIA
Se si considerano i vari ambiti dell’evangelizzazione si scopre il posto
importante che occupa in ognuno di essi Maria e la sua esemplarità per gli
evangelizzatori. Come ha scritto Paolo VI, Maria può essere così essere definita
non solo madre della chiesa missionaria, ma anche stella dell’evangelizzazione.
Ottobre è il mese missionario per
eccellenza. Ed è anche il mese del santo rosario. Le due circostanze unite
insieme ci offrono l’opportunità di riflettere sul posto che occupa Maria nella
missione evangelizzatrice della Chiesa e sulla sua esemplarità. Un posto che, a
oltre 40 anni dalla promulgazione da parte del concilio della costituzione
dogmatica Lumen gentium (21 novembre 1964), appare oggi con maggiore evidenza.
In quella circostanza Paolo VI proclamò Maria Madre della Chiesa. Ma poiché la
Chiesa è per sua natura missionaria, si può affermare senza alcuna forzatura
che Maria è anche madre della Chiesa missionaria.
Ed è proprio a questo aspetto che fa
riferimento James Kroeger nel bollettino del SEDOS (luglio-agosto 2005) in un
articolo che porta proprio questo stesso titolo: Mary, Mother of the missionary
Church. Ma in che modo esso può essere applicato a Maria? Per affermarlo,
Kroeger prende lo spunto da quanto scrisse Paolo VI nella esortazione
apostolica Evangelii nuntiandi (8 dicembre 1975), dove si dice che
«evangelizzare, per la Chiesa, è portare la Buona Novella in tutti gli strati
dell’umanità, e col suo influsso, trasformare dal di dentro, rendere nuova l’umanità
stessa» (18).
Fra gli strati che la Chiesa ha la
missione di evangelizzare, Kroeger ne identifica cinque e in ognuno di essi
scorge appunto un ruolo e una particolare esemplarità di Maria. Sono: la
presenza e la testimonianza cristiana di vita; il servizio all’uomo attraverso
lo sviluppo e la liberazione umana; il dialogo interreligioso; la proclamazione
esplicita del Vangelo e la catechesi; la preghiera, la contemplazione e la vita
liturgica sacramentale.
Per Paolo VI, la presenza e la
testimonianza cristiana di vita costituiscono «il gesto iniziale
dell’evangelizzazione» (EN 21). In altre parole, la vita quotidiana, il vivere
insieme in armonia, come individui integri e il compimento dei doveri
quotidiani costituiscono la testimonianza fondamentale che dimostra come la
vita è modellata sulla fede e i valori cristiani. Mediante questa testimonianza
i cristiani suscitano domande profonde e impegnative e offrono ai loro vicini
un esempio chiaro e formidabile di fede e di integrità.
PRESENZA
E TESTIMONIANZA
La beata Vergine Maria offre in questo
alla Chiesa un meraviglioso esempio con la sua testimonianza di vita. Nel
racconto dell’annunciazione (Lc 1,26-38) l’angelo Gabriele è inviato per
annunciarle una missione. Come creatura umana anche lei rimane sconcertata e
profondamente turbata. Ma incoraggiata da Gabriele accoglie il disegno divino.
Sa che “niente è impossibile a Dio” (Lc 1,36), e risponde: “Ecco sono la serva
del Signore… fiat mihi secundum verbum tuum”.
Quale grande ricchezza è implicita in
questa semplice parola: fiat! È la risposta al meraviglioso disegno che si
dispiega nella sua vita quotidiana. Maria ha dovuto percorrere la via della
fede; è andata avanti come un pellegrino in un viaggio di fede. Sant’Agostino
descrive così poeticamente questa sua fede: «Maria concepit Christum in corde
(mente) priusquam in carne (ventre)”. Sì la concezione di Maria nella fede
precede quella nella carne.
La testimonianza di una fede profonda
divenne per lei una sfida costante, non fu una risposta una volta per tutte
data nell’annunciazione. Pensiamo alla sfida posta alla sua fede quando non fu
compresa come donna non sposata e incinta, quando non c’era posto per lei a
Betlemme per dare alla luce il figlio, quando la sacra Famiglia dovette fuggire
profuga in Egitto, quando Gesù si smarrì al tempio e quando stette ai piedi
della croce da cui pendeva il figlio sul Calvario.
A Maria non furono risparmiate le
incertezze, le lotte e le sofferenze della vita; come il suo figlio “imparò
l`obbedienza dalle cose che patì» (Eb 5,7-8). Visse profondamente il mistero di
salvezza, divenendo in tal modo una sorgente di eterna benedizione per
l’umanità.
I cristiani guardando a lei possono
comprendere che la loro stessa presenza e testimonianza di vita nel mondo
complesso di oggi è già un contributo positivo alla missione evangelizzatrice
della Chiesa. Tutti possono compiere questa missione attraverso le attività
quotidiane. Come diceva madre Teresa di Calcutta: «Le piccole cose sono in
effetti piccole, ma essere fedeli nelle piccole cose è una cosa grande… Non
conta la quantità delle cose che facciamo, ma la misura di amore che poniamo in
esse. Non conta quanto diamo, ma quanto amore mettiamo nel dare».
ATTEGGIAMENTO
DI SERVIZIO
Una seconda dimensione
dell’evangelizzazione riguarda l’impegno di servire l’umanità cooperando allo
sviluppo e alla sua liberazione. Ciò significa servire i meno fortunati,
testimoniare la giustizia, difendere l’integrità della creazione. Questa
dimensione dell’evangelizzazione si estende a tutta l’area dei problemi
sociali, dalla costruzione della pace, ai servizi educativi e quelli
riguardanti la salute, la promozione della vita della famiglia e il buon
governo. Tutta quest’area fa parte della missione evangelizzatrice della
Chiesa. L’amore deve concretizzarsi nel servizio; la fede senza le opere è
morta.
La vita della beata Vergine ci presenta
diverse circostanze concrete in cui lei traduce la sua fede in concrete
iniziative di servizio. Un chiaro esempio è quello verso la cugina Elisabetta,
narrato nel racconto della visitazione (Lc 1,39-45.56). Da notare che nel
vangelo di Luca la visitazione segue immediatamente il racconto
dell’annunciazione. Maria non si aggrappa al privilegio di essere madre di Dio;
sapendo che Elisabetta è incinta (1,36) “raggiunse in fretta” la cugina per
mettersi a suo servizio. Anche lei era incinta, ma lasciando da parte le sue
esigenze, si mise in viaggio “attraverso la montagna, verso una città di Giuda”
e si pose a servizio “per circa tre mesi” prima di fare ritorno a Nazaret.
Il meraviglioso cantico di Maria, il
Magnificat (Lc 1,46-55) è cantato ogni giorno dalla Chiesa nelle liturgia dei
vespri. Questo cantico di gratitudine, ispirato dallo Spirito, è una profonda
sintesi di come il piano di salvezza di Dio si compie: gli umili servi come
Maria hanno un ruolo importante nel disegno di Dio. Dio compie grande cose per
coloro che gli sono fedeli; la misericordia e la compassione si estendono di
età in età; i valori secolari del mondo sono sconvolti e rovesciati; i poveri e
gli affamati sono saziati e la giustizia di Dio regna.
Giovanni Paolo, nell’enciclica mariana
Redemptoris mater, ha delle intuizioni profonde quando commenta il cantico di
Maria umile serva: «L’amore preferenziale della Chiesa per i poveri è inscritto
mirabilmente nel Magnificat di Maria. …Maria è profondamente pervasa dello
spirito dei “poveri di Jhwh”...». Pertanto, «attingendo dal cuore di Maria,
dalla profondità della sua fede, espressa nelle parole del Magnificat, la
Chiesa rinnova sempre più in sé la consapevolezza che non si può separare la
verità su Dio che salva, su Dio che è fonte di ogni bene, dalla manifestazione
del suo amore di preferenza per i poveri e gli umili». Perciò, «tutta l’azione
missionaria della Chiesa guarda a Maria madre e modello, per comprendere in
pienezza il senso della propria missione» (37).
C’è un altro episodio che manifesta il
suo atteggiamento di servizio. È quello delle nozze di Cana (Gv 2,1-11). Maria,
piena di compassione, chiede al suo Figlio di intervenire di fronte a una
situazione difficile. La sua premura per gli altri le permette di accorgersi
dei bisogni umani e di agire per porvi rimedio.
La missione evangelizzatrice della
Chiesa è globale e deve rivolgersi sia ai bisogni individuali sia a quelli
sociali. Implica l’impegno di portare il Vangelo a tutti i livelli della vita
umana – comprese le realtà politiche, economiche e culturali-sociali. I
cristiani devono nutrire una profonda stima degli insegnamenti sociali della
Chiesa. Se si vuole che l’impegno della Chiesa nei servizi sociali e nei
programmi concreti di promozione della giustizia non abbiamo a vanificarsi, è
necessario un rinnovato slancio per un’evangelizzazione globale, sull’esempio
di Maria, donna e modello di servizio.
MODELLO DI ANNUNCIO
E DI VITA CONTEMPLATIVA
Un terzo aspetto dell’esemplarità di
Maria, la Chiesa lo scorge nel posto che occupa nella sua missione
evangelizzatrice il dialogo interreligioso con le altre fedi, con i credenti
delle tradizioni religiose diverse. Essa guarda a ciò che hanno detto a questo
riguardo il concilio e i recenti pontefici.
Ma in che modo Maria è modello per la
Chiesa nel dialogo interreligioso? Nel senso che il dialogo autentico richiede
le stesse virtù e i medesimi atteggiamenti che troviamo in lei: una fede profonda,
una forte esperienza di Dio, la sottomissione al disegno di Dio e al suo piano
di salvezza. Maria è stata una donna di preghiera, attenta alla Parola di Dio.
Ora, il vero dialogo interreligioso può svilupparsi solo quando è basato su una
fede autentica, come così bene ci ha manifestato Maria con la sua vita e la sua
testimonianza. Si può anche ricordare l’esempio di madre Teresa di Calcutta che
svolse la sua attività in gran parte tra i musulmani, gli indù, i buddisti –
tutta gente che non possedeva la fede cristiana.
Un quarto aspetto dell’evangelizzazione
oggi molto ribadito è la necessità di una proclamazione esplicita del Vangelo e
della catechesi. Questa dimensione implica l’impegno di predicare e di
insegnare, la catechesi della vita cristiana, la comunicazione dei contenuti
della fede: in una parola, “raccontare le storie di Gesù e della Chiesa”.
Maria è modello e serva dell’annuncio:
“L’anima mia proclama la grandezza del Signore” (Lc 1,46), è la Theotokos,
colei che dona Dio a un mondo che lo attende. L’intera sua vita è una costante
proclamazione e un’epifania di Gesù a una grande varietà di persone: ai pastori
(Lc 2,8-20), ai magi (Mt 2,1-12), al gioioso anziano Simeone (Lc 2,22-35), alla
profetessa Anna (Lc 2,36-38), agli sposi di Cana (Gv 2,1-12), ai discepoli del
suo Figlio crocifisso (Gv 19,25-27), alla Chiesa in preghiera nella Pentecoste
(At 1,14-2.13).
Nell’arte cristiana, forse la più
comune raffigurazione di Maria e del bambino Gesù è quella che la mostra come
“colei che presenta”, l’hodigitria che presenta Gesù non rivolto verso il suo
volto di madre, ma verso coloro che guardano, che contemplano. Maria presenta,
dona, annuncia Gesù a tutti coloro che guardano a lei e al suo Figlio. Anche la
toccante scena della pietà rappresenta nuovamente Maria che presunta il suo
Figlio al mondo come il crocifisso redentore. E nella Salve Regina i cattolici
supplicano così Maria: «Mostraci il frutto benedetto del tuo seno».
Paolo VI nella Evangelii nuntiandi (8
dicembre 1975) definsce Maria “stella dell’evangelizzazione” e la propone come
modello per tutti gli evangelizzatori. Scrive: «Al mattino della Pentecoste,
ella ha presieduto con la sua preghiera all’inizio dell’evangelizzazione sotto
l’azione dello Spirito Santo: sia lei la stella dell’evangelizzazione sempre
rinnovata che la Chiesa, docile al mandato del suo Signore, deve promuovere e
adempiere, soprattutto in questi tempi difficili ma pieni di speranza!» (92).
Infine, ed è il quinto aspetto,
l’evangelizzazione richiede necessariamente la preghiera, la contemplazione e
la vita liturgico-sacramentale. Nessuno infatti può essere effettivamente
impegnato nella missione della Chiesa senza un robusta vita di fede e di
preghiera. L’evangelizzazione ha bisogno di donne e uomini santi, accesi di amore
per Cristo. Il fuoco del Vangelo può essere acceso solo da coloro che bruciano
di un’esperienza viva di Cristo; il fuoco può essere acceso solo con qualcosa
che già brucia (Ecclesia in Asia, 18.19,23). La santità è una insostituibile
condizione per gli evangelizzatori. La nostra esperienza di Dio acquisita
mediante la preghiera e la contemplazione, con la vita sacramentale e liturgica
illuminerà e trasformerà tutte le altre dimensioni dell’evangelizzazione (cf.
EN 23,43-44, 47; RM 46-49, 87-92; EA 23).
Maria è presentata nella Scrittura come
una donna di preghiera e di contemplazione. La raffigurazione tradizionale
dell’annunciazione ce la presenta in preghiera (Lc 1,26-38). Luca inoltre
descrive Maria come una donna che continuamente riflette. In tre diversi
momenti mette in risalto la sua “risposta del cuore”. Narrando la partenza dei
pastori scrive: «Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore» (2,19).
Simeone al tempio dice che saranno
“svelati i pensieri di molti cuori», compresi quelli di Maria (2,51). E quando
la sacra famiglia tornò a Nazareth dopo il ritrovamento di Gesù nel tempio,
osserva che «sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore» (2,51). Maria,
inoltre, certamente ha insegnato al fanciullo Gesù a pregare. La risposta
contemplativa del suo cuore è pertanto quanto mai istruttiva per gli attuali
evangelizzatori. Maria è tra i discepoli che ascoltano la parola di Dio,
discernono la sua volontà e cercano di integrarla nella loro vita quotidiana.
Solo una profonda contemplazione ha potuto sostenere una madre di fronte alla
morte del suo amato figlio. Maria è anche al cuore della Chiesa che prega
(Ecclesia orans), e attende l’effusione dello Spirito Santo nella Pentecoste.
La preghiera e la contemplazione sono
stati due atteggiamenti costanti nella sua vita. Ciò le ha consentito di
leggere in profondità gli eventi salvifici che si sviluppavano nella sua vita.
Ha contemplato le meraviglie e i misteri di Dio da Nazaret e Betlemme fino al
Calvario e alla Pentecoste. La preghiera, la contemplazione, la lode e il culto
l’hanno tenuto costantemente aperta all’azione dello Spirito. Gli
evangelizzatori d’oggi possono guardare a lei per comprendere come la preghiera
e il culto servono a integrare tutte le dimensioni dell’idea che la Chiesa ha
dell’evangelizzazione. Maria quindi può essere invocata a piena ragione non
solo come Madre della Chiesa, ma anche come Madre della chiesa missionaria.
A.D.