UN FENOMENO CHE NON GIUNGE IMPROVVISO
LA VECCHIAIA SI PREPARA DA GIOVANI
L’età di una persona non si misura tanto con il computo degli anni, quanto
cogliendo le vibrazioni
del cuore, la vitalità interiore, il modo di rapportarsi al mondo, a Dio, agli
altri. Ma è anche vero che la vecchiaia non giunge all’improvviso, ma si
prepara da giovani. Domani saremo sempre più
ciò che siamo oggi.
Si inizia a invecchiare il giorno in
cui si nasce. Più si vive, più si invecchia. Più si invecchia, più aumentano le
perdite. L’autunno della vita si annuncia gradatamente attraverso i capelli
bianchi, le rughe sul volto, la vista imperfetta, l’udito incrinato, i
crescenti acciacchi del corpo, la perdita di memoria. Man mano che trascorrono
gli anni c’è un processo di inarrestabile decadimento del corpo, soprattutto
dopo gli 80/90 anni.
Però la vecchiaia non è una stagione da
leggere solo con il calendario biologico o con il computo degli anni trascorsi.
Con una certa frequenza si incontrano ottantenni o novantenni che sprizzano
energia e trasmettono vitalità, così come si incontrano ventenni che appaiono
già vecchi, demotivati e vuoti.
L’età di una persona non si misura
tanto con il computo degli anni, quanto cogliendone le vibrazioni del cuore, la
vitalità interiore, il modo di rapportarsi al mondo, a Dio, agli altri. Il dr.
James Hurley, all’età di 85 anni, si esprimeva così: «Siamo tanto giovani
quanto la nostra fede, la nostra fiducia personale e la nostra speranza; tanto
vecchi quanto i nostri dubbi e le nostre paure. Al centro del cuore c’è una
stazione radio: nella misura in cui riceve messaggi di speranza, di coraggio e
di affidamento a Dio e al prossimo, ci manterremo giovani».
L’autunno della vita resta, comunque,
inesorabilmente segnato da un crescendo di perdite e mutilazioni che investono
la sfera fisica, mentale, affettiva, sociale e spirituale. L’impatto con il
graduale sgretolarsi delle proprie sicurezze genera, nell’anziano, un ventaglio
di atteggiamenti diversi che vanno dall’ostilità al vittimismo, dallo
smarrimento alla chiusura, dalla regressione alla disperazione, dalla passività
all’accettazione.
Diversi fattori possono incidere negli
atteggiamenti assunti, tra cui il carattere della persona, il suo rapporto con
il passato, la propria filosofia di vita, la presenza o assenza di persone
care, la disponibilità o meno di risorse interiori o religiose. Due messaggi,
tratti da fonti diverse, illustrano come la vecchiaia, quale ultimo orizzonte
dell’esistenza terrena, possa essere affrontata con atteggiamenti alquanto
dissimili.
DIVERSITÀ
DI ATTEGGIAMENTI
Il primo è un testo egiziano, risalente
a circa 2500 prima della venuta di Cristo, che delinea in modo realistico e
alquanto pessimistico la stagione della vecchiaia: «Com’è penosa la fine di un vecchio.
Si indebolisce di giorno in giorno, la vista si abbassa, le orecchie diventano
sorde; la sua forza declina; il cuore non ha più requie. La bocca si fa
silenziosa e non parla più. Le facoltà intellettuali diminuiscono; non riesce
più a ricordare oggi ciò che ha fatto ieri; tutte le ossa gli dolgono; le
occupazioni cui in passato si dedicava con piacere, ora le compie con pena, e
il senso del gusto è sparito. La vecchiaia è la peggiore delle sciagure che
possano affliggere un uomo».
Il secondo è la preghiera di un anziano
che osserva benevolmente i limiti e le debolezze della senescenza e invoca
l’aiuto di Dio per viverla positivamente: «Signore non permettere che io
diventi uno di quei vecchi brontoloni, sempre intenti a lamentarsi, a
brontolare; che si fanno tristi e diventano insopportabili agli altri.
Conservami il sorriso, anche se la
bocca è un po’ sdentata. Conservami il buon umore che riporti le cose, la gente
e me... ciascuno al proprio posto. Fa’ di me, Signore, un anziano sorridente,
conservami un cuore aperto.
Fa’ di me un anziano generoso, che
sappia dividere i suoi quattro soldi con chi non ne ha... e i fiori del suo
giardino con chi non ha terra per coltivarli... Non permettere che io divenga
l’uomo del passato, parlando sempre del suo buon vecchio tempo quando non
faceva mai freddo e disprezzando il tempo dei giovani, quando piove
continuamente.
Fa’ di me, Signore, un anziano che non
ha dimenticato la sua giovinezza e che sa rinnovare la giovinezza degli altri.
Signore, io non ti domando la fortuna e la felicità. Io ti domando
semplicemente che la mia ultima stagione sia bella, perché essa porti
testimonianza alla tua bellezza».1
Nei due messaggi risaltano due
prospettive diametralmente opposte sulla vecchiaia.
Il testo egiziano sottolinea gli
aspetti fenomenologici, ma soprattutto fisici di questa stagione dell’esistenza
evidenziandone le negatività e concludendo con una nota drammatica, che
definisce la vecchiaia come “la peggiore sciagura per l’uomo”.
Il secondo testo abbraccia un orizzonte
più vasto e privilegia l’attenzione agli atteggiamenti e alle tendenze
relazionali e comportamentali dell’anziano. L’autore, probabilmente un anziano
non troppo avanzato in età, invoca da Dio l’aiuto per essere aperto al sorriso
e alla generosità, per saper cogliere gli aspetti positivi dell’oggi e dei
giovani e scoprire frammenti di bellezza nella quotidianità.
LA VECCHIAIA
SI PREPARA DA GIOVANI
La vecchiaia non giunge all’improvviso,
ma si prepara da giovani. Domani saremo sempre più ciò che siamo oggi. Di
conseguenza, chi da giovane tende a essere critico, negativo, apatico,
diventerà con il passare del tempo, sempre più critico, negativo e demotivato.
Chi, da giovane, tende a essere
ottimista, intraprendente e di buon umore diventerà, con il passare degli anni,
temprato di speranza, creatività e umorismo.
Il proprio domani si prepara oggi e
richiede l’impegno a lavorare su se stessi, con realismo e umiltà, come il
seguente racconto suggerisce:
Il sufi Bayazid dice di se stesso:
«Quando ero giovane ero un rivoluzionario e tutte le mie preghiere a Dio erano:
“Signore, dammi la forza di cambiare il mondo”.
Quando ero ormai vicino alla mezza età
e mi resi conto che metà della mia vita era passata senza che avessi cambiato
una sola anima, cambiai la mia preghiera in: “Signore, dammi la grazia di
cambiare tutti quelli che sono in contatto con me: solo la mia famiglia e i
miei amici, e sarò contento”. Ora che sono vecchio e i miei giorni sono
contati, comincio a capire quanto sono stato sciocco. La mia sola preghiera ora
è: “Signore, fammi la grazia di cambiare me stesso”. Se avessi pregato per
questo fin dall’inizio non avrei sprecato la mia vita».2
L’autunno della vita si prepara in
primavera coltivando quegli atteggiamenti, smussando quelle spigolature e
alimentando quelle risorse che permettono di anticipare un futuro sereno e
costruttivo. Chi non svolge il compito di potatura, di semina e fertilizzazione
del proprio terreno in primavera, rischia di trovarsi in autunno senza raccolto
o magari di raccogliere solo frutti acerbi o corrosi dal tarlo. Con il rischio
di prendersela con Dio per torti subiti o terreni infecondi.
Il futuro non accade, si prepara. Più
che un diritto è un progetto che richiede impegno, motivazione, responsabilità.
Il progetto globale su cui lavorare per disegnare il proprio futuro contempla
quattro orizzonti: mentale, affettivo, corporeo e spirituale. Tracciamo questa
mappa identificando i percorsi che portano a smarrirsi o ad autolesionarsi e
quelli che aiutano a ritrovarsi e a salvarsi.
PERCORSI
PER INVECCHIARE MALE
Nell’illustrare i percorsi si opta per
una presentazione schematica più che narrativa dell’argomento, lasciando al
lettore il compito di collegare le tendenze menzionate ad esempi concreti di
vita.
A livello mentale ci si prepara a
invecchiare male quando, fin da giovani, si resta imprigionati nella gabbia
della rigidità, caratterizzata da:
– atteggiamenti di dogmatismo,
intolleranza e autoritarismo;
– difesa dei propri schemi e
fissazioni;
– sguardi negativi e critici sulla
realtà;
– tendenze alla scontrosità e
conflittualità;
– rifugio nel passato e condanna del
presente.
A livello affettivo ci si prepara a
invecchiare male quando prevalgono atteggiamenti di chiusura manifesti:
– nella diffidenza e nel sospetto verso
gli altri;
– nel ripiegamento su di sé e
nell’autoassorbimento;
– nel distacco dalle emozioni e dal
coinvolgimento relazionale;
– in uno stile di vita contrassegnato
dalla noia e dall’aridità;
– nelle false pretese di
autosufficienza.
A livello fisico ci si prepara a
invecchiare male quando si è portati alla trascuratezza di sé, evidente:
– nella negligenza e noncuranza della
propria immagine esteriore;
– nell’intemperanza e nell’eccessivo
consumo di cibo e di beni materiali;
– nella tendenza a una vita sedentaria,
che contribuisce ad atrofizzare i muscoli e la vitalità fisica;
– nella dipendenza dal fumo, dai
farmaci, dall’alcool;
– nel disordine delle abitudini.
A livello spirituale ci si prepara a
invecchiare male quando prevale il vuoto e l’effimero e si rimane orfani di
scopi e di ideali, processo evidente:
– nella ricerca costante del piacere e
della gratificazione;
– negli atteggiamenti di egocentrismo e
autoidolatria;
– nella fuga dal dolore, dalla
malattia, dalla morte;
– nella mancanza di sensibilità verso
il prossimo e verso i valori comunitari;
– nell’alienazione orgogliosa da Dio e
da ogni richiamo del soprannaturale;
L’affermazione o il cristallizzarsi dei
sopraccitati atteggiamenti mentali, affettivi, fisici e spirituali diventa
profezia del proprio futuro. Di conseguenza, dall’insieme di tratti e
attitudini del giovane, si evince quale tipo di vecchiaia lo aspetta.
INDICAZIONI
PER INVECCHIARE BENE
Come esistono percorsi che
preannunciano l’infelicità, propria e delle persone più prossime, così se ne
profilano altri che aiutano a invecchiare bene, in modo da soffrire meno e far
soffrire meno.
A livello mentale ci si prepara a
invecchiare bene alimentando la motivazione, motore della vita, che si attiva:
– imparando a coltivare l’osservazione
e lo spirito di gratitudine;
– ampliando l’orizzonte dei propri
interessi;
– sviluppando le potenzialità nascoste
e dando espressione alla propria unicità;
– alimentando la fiducia e la tenacia
dinanzi alle difficoltà;
– fissando nuovi obiettivi e adoperandosi
per raggiungerli;
– coltivando la curiosità e l’apertura
alle novità.
A livello affettivo ci si prepara a
invecchiare bene coltivando l’amabilità, che si esprime:
– amando e lasciandosi amare dagli
altri;
– prestando attenzione al cuore, ai
sentimenti e alla gestualità;
– instaurando rapporti di rispetto
verso chi ha un diverso modo di pensare, credere o sentire;
– rendendosi disponibile per aiutare
chi è nel bisogno;
– liberando le potenzialità sananti del
sorriso e dell’umorismo.
A livello fisico ci si prepara a
invecchiare bene prestando attenzione ai bisogni e ai messaggi del corpo:
– praticando una sana dieta ed esercizi
regolari per mantenere in forma l’organismo;
– distribuendo saggiamente il tempo tra
il lavoro e il riposo;
– onorando il dono della propria
corporeità attraverso l’autoaccettazione e l’autostima;
– trovando modi e spazi per liberare le
tensioni e ricaricare le proprie energie;
– sviluppando sane abitudini che
promuovono la salute e uno stile di vita equilibrato.
A livello spirituale ci si prepara a
invecchiare bene alimentando l’interiorità e i bisogni dello spirito, vale a
dire:
– dedicando tempo e spazio alla
riflessione e alla spiritualità;
– vivendo creativamente con le proprie
e altrui imperfezioni;
– affermando il positivo, che si
riscontra in sé e negli altri;
– vivendo la vita come un mistero da
scoprire più che come un problema da risolvere;
– coltivando forme di preghiera e di
meditazione che danno profondità al proprio pellegrinaggio terreno;
– onorando la centralità di Dio invece
che la propria.
Nella misura in cui la persona, fin da
giovane, si adopera per coltivare, sviluppare e consolidare questi
atteggiamenti il futuro e, in particolare la vecchiaia, diventerà una stagione
feconda per la raccolta dei frutti seminati.
UN VIAGGIO
CHE PARTE DA LONTANO
La vecchiaia è come una scalata
dell’Everest, ma il viaggio parte da lontano. È sul viaggio che occorre
lavorare, più che centrarsi o immedesimarsi con la meta. Un viaggio ben fatto
garantisce il raggiungimento della méta. Il viaggio è fatto di migliaia di
passi. È pieno di ostacoli da superare, contrarietà da affrontare, sofferenze
da integrare. Il tutto contribuisce a plasmare l’uomo di oggi, per l’anziano di
domani.
Compiere il viaggio è come costruire
una casa. La casa è il risultato di un mosaico di sforzi silenziosi,
l’amalgamare un mattone alla volta per dare forma a quella che sarà una dimora.
L’Everest della vecchiaia si prepara
nella valle della giovinezza. Nella misura in cui fin da giovani si alimenta
l’intelligenza, perché rimanga aperta all’apprendimento e alla conoscenza, si
presta attenzione al cuore, perché la sua energia irradi la vita e le
relazioni, si prende cura del corpo, perché la sua condizione di benessere
ispiri l’azione e la progettualità, si prepara la dimora della propria
vecchiaia.
Un racconto di Bruno Ferrero sintetizza
come il proprio futuro sia definito dagli atteggiamenti che hanno colorato il
proprio passato:
«C’era una volta un uomo seduto ai
bordi di un’oasi all’entrata di una città del Medio oriente. Un giovane si
avvicinò e gli domandò: “Non sono mai venuto da queste parti. Come sono gli
abitanti di questa città”? Il vecchio gli rispose con una domanda: “Com’erano
gli abitanti della città da cui vieni?”. “Egoisti e cattivi. Per questo sono
stato contento di partire di là”. “Così sono gli abitanti di questa città”, gli
rispose il vecchio.
Poco dopo, un altro giovane si avvicinò
all’uomo e gli pose la stessa domanda: “Sono appena arrivato in questo paese.
Come sono gli abitanti di questa città?”. L’uomo rispose di nuovo con la stessa
domanda: “Com’erano gli abitanti della città da cui vieni?”. “Erano buoni,
generosi, ospitali, onesti. Avevo tanti amici e ho fatto molta fatica a
lasciarli”. “Anche gli abitanti di questa città sono così”, rispose il vecchio.
Un mercante che aveva portato i suoi
cammelli ad abbeverare aveva udito le conversazioni e quando il secondo giovane
si allontanò si rivolse al vecchio in tono di rimprovero: “Come puoi dare due
risposte completamente differenti alla stessa domanda posta da due persone?”.
“Figlio mio, risposte il vecchio, ciascuno porta il suo universo nel cuore. Chi
non ha trovato niente di buono in passato, non troverà niente di buono neanche
qui. Al contrario, colui che aveva degli amici nell’altra città troverà anche
qui degli amici leali e fedeli. Perché, vedi, le persone sono ciò che noi
troviamo in loro”».3
Arnaldo Pangrazzi
1 Preghiera riportata in Presenza nella
sofferenza (a cura di Arnaldo Pangrazzi), ed. Camilliane, Torino 1987, p. 83.
2 Cambia il mondo cambiando me in
Anthony De Mello, Il canto degli uccelli, Ed. Paoline, Milano 1986, p. 195.
3 Bruno Ferrero, A volte basta un
raggio di sole LDC, 1998, p. 37-38.