I VESCOVI CINESI INVITATI AL SINODO
Il gesto è già stato definito storico:
Benedetto XVI ha invitato alla prossima assemblea sinodale (2-23 ottobre)
quattro vescovi cinesi di cui due appartenenti alla chiesa cosiddetta
“patriottica” e due alla chiesa clandestina. Con loro anche il cardinale di
Taiwan e Hong Kong. Anche Giovanni Paolo II, nel 1998, in occasione del sinodo
speciale per l’Asia, aveva invitato due vescovi cinesi che però non erano stati
autorizzati dal governo di recarsi a Roma. Per sottolineare la loro assenza,
avvertita come una dolorosa ferita, per tutti i lavori di quell’assemblea
i due seggi a loro riservati erano rimasti simbolicamente vuoti.
Ora i vescovi invitati da Benedetto XVI
sono quattro. Resta l’interrogativo se il governo concederà loro il benestare,
anche se è legittimo supporre che il papa non abbia compiuto questo gesto senza
l’avallo di Pechino.
L’invito comunque assume un significato
importante: anzitutto rappresenta per la prima volta un riconoscimento
ufficiale pubblico da parte di Roma di vescovi della “chiesa patriottica”, nata
per iniziativa del governo comunista cinese nel lontano 1957 per dividere la
piccola comunità cristiana, composta allora di circa quattro milioni di fedeli.
In secondo luogo, è un segno alla chiesa clandestina (fedele a Roma) di
impegnarsi per giungere poco alla volta all’auspicata riconciliazione. I due
vescovi della chiesa patriottica sono mons. Aloysius Jin Luxian, di Shanghai (nella
foto), 89 anni di età, pioniere del movimento che lavora per il riavvicinamento
delle due parti della chiesa; il secondo, è mons. Antoine
Li Du’an, 78 anni, vescovo “patriottico” di Xi’an.
Gli altri due vescovi appartengono alla
chiesa clandestina: mons. Luca Li Jinfeng, vescovo di
Fengxiang e mons. Joseph Wei Jingyi vescovo di Qiqihar. Ambedue hanno conosciuto a varie riprese il
carcere per essersi rifiutati di aderire alla chiesa patriottica.