FARE CASA NELLA STORIA

 

Il tema della quotidianità e della casa è diventato centrale per la teologa domenicana Antonietta Potente: il sogno di Dio è infatti fare casa nella storia. L’idea fondante della sua riflessione è la necessità di abbattere i muri, di tenere insieme laici e religiosi, per condividere la comune sete della vita . Se torniamo a sederci tutti in circolo, possiamo scoprire la nostra identità profonda, ripensare la storia, fuggire dall’egocentrismo del potere e infine accorgerci (e stupirci) della religiosità della vita, che è profondamente abitata dal mistero.1 Vivere il Vangelo con semplicità e pochi mezzi è una scelta mistica e insieme politica, che consente di incontrare oggi il Signore della vita. Recuperando questo sentimento comunitario della vita, sr. Antonietta rilegge i voti non come privilegio ma come necessità, nella prospettiva del profeta Michea (6, 68): povertà diviene praticare la giustizia, castità amare con tenerezza e obbedienza camminare umilmente con Dio. In questo momento storico non possiamo “schifarci”, come direbbe Caterina da Siena, della storia “com’è”. C’è solo da riconciliarci con essa, da aiutarci a riconoscere che questa umanità, a parte le sue ferite, è l’unica umanità di Dio. Riconciliarci profondamente con il quotidiano è realmente importante, perché qui c’è l’unico tempio dove Dio prende dimora.

 

LA GIOIA

DEL QUOTIDIANO

 

Su questa strada, l’autrice propone in un volumetto la spiritualità domenicana come stile di vita quotidiana.2 Nell’introduzione il compianto padre Dalmazio Mongillo, suo maestro personale, sottolinea come questo scritto comunichi l’invito a «una contemplazione che non sfugge dalla storia, ma cresce costruendola». Si evidenzia così un itinerario etico che genera stupore e fedeltà, consentendo di riprodurre l’esperienza del beato Reginaldo (primo successore di s. Domenico), il quale crede di «non guadagnare alcun merito vivendo nell’ordine, perché ci ha sempre trovato troppa gioia» (p. 14). Ci viene offerto di rivisitare «gli aspetti essenziali di una vita impastata dal desiderio mai stanco di testimoniare il Vangelo». La via della pace e della liberazione passa per la conoscenza di sé (cap. II), il discernimento vissuto nella storia con la costante rivalutazione delle domande etiche (cap. III), la perseveranza nel costruire case che siano spazi di relazioni feconde, fatte di accoglienza e amicizia, di preghiera e perdono (cap. IV), la “studiosità” che porta pensare la storia mentre la si costruisce (cap. V), l’acquisizione di stili autentici di preghiera (cap. VI), l’annuncio della verità con le parole e con il vissuto (cap. VII).

Sono sei spazi del mondo. Al centro della riflessione non c’è tanto un comportamento morale, ma lo spazio come vita. Perciò occorre tenere gli occhi fissi nel Signore, per cercare un centro di gravità permanente che eviti allo spazio di diventare ambiente caotico. Così la spiritualità diventa educazione a vivere “dentro” il mondo senza distrazioni. Questo è esattamente il carisma domenicano: l’apertura di spazi (cf. la frase, riferita all’istituto domenicano, di Caterina da Siena: “nell’ordine c’è spazio”). Questi spazi diventano le orme di san Domenico, che si incontrano solo permanendo nella grazia, il grande spazio dove è possibile respirare e vivere, invitando altri perché respirino e vivano bene.

 

IL CERCHIO

DELLA SPIRITUALITÀ

 

I sei spazi vanno inquadrati in senso circolare, perché nessun elemento si può prendere isolatamente. L’inizio è dato dal “conoscimento di sé”, quella cella interiore in cui non si esercita solo la ricerca di un personale equilibrio ma anche del criterio interpretativo della vita. Si interpreta il mistero e si vive la fede: nel conoscimento di noi, in verità, conosciamo noi non essere, ma troviamo l’essere nostro da Dio. Scoprire lo spazio fisico interiore è diventare fedeli al quotidiano, dove cambia tutto ma non cambia l’amore; è immergersi nelle provocazioni storiche di Gesù all’inizio del suo ministero (le tre tentazioni): egli dialoga con satana (la gerarchia di poteri, forze e intelligenze) rimanendo fermo e rispondendo con il sogno e la passione di Dio per l’umanità (la Scrittura). L’ascesi non è dunque per eliminare le voci inquiete ma per fare spazio, per imparare ad ascoltare le persone, per innamorarci di continuo della realtà.

Il sogno della madre di Domenico (un cane con la torcia) esprime il nuovo modo di stare nella storia del futuro predicatore, non da moralisti ma con compassione e grazia. Il mondo attraversato dalle eresie appare al frate itinerante come maggiorenne (adulto come dirà Bonhoeffer), cioè degno non per la perfezione etica ma per la sua sete di vita. Perciò Domenico ritiene che la cultura e la teologia debbano diventare pane per la gente. Se non cominciamo a pensare che le persone hanno qualcosa da dire e possono prendere l’iniziativa, continueremo a creare individui che si comportano come pecore in tutte le relazioni. Sr. Antonietta afferma, a questo punto, che invece di dare ricette bisogna coltivare il criterio del “sospetto”: voi chi dite che io sia? (cf. Mc 8,27-30). Così le domande giuste della odierna spiritualità sono: dove stai, quando ti possiamo vedere, quando ti abbiamo visto? Dio è infatti storico e la fede è lo sguardo affettuoso e semplice della realtà (Tommaso).

Da qui si può recuperare il senso della casa-convento (pp. 62 e ss.): coltivare il sogno della vita in comunione, non ridotta a piccole egocentriche appartenenze, con un desiderio che diventa itineranza, studio e preghiera. I conventi sono spazi cittadini, contrariamente ai monasteri: lo spazio interiore si dilata e diventa strutturato. Se il convento non è casa, diventa struttura o museo! Secondo la spiritualità biblica dell’esodo (cf. Geremia 31, 8-9) la parola “convento” significa “incontrarsi ritornando”, luogo che convoca senza bloccare: se qualcuno torna è perché era uscito, ha la gioia di tornare. Le domande da porre diventano: come coltivare il sogno della comunione, come innamorarci della comunione per non essere personalità egocentriche? Lo spazio da abitare però non è quello della perfezione ma quello della storia: la vita comunitaria dovrebbe essere vita di desiderio e di sogni da condividere, fin nei dettagli. Importantissimo aiutarsi a inventare spazi nuovi dentro la storia che viviamo. Importantissimo avere il “gusto” dello stare insieme, di sentire i profondi dettagli che ci fanno crescere, perché il giudizio finale del Vangelo è centrato su: quando mi hai visto? Dove mi hai visto? Quando hai mangiato con me?

Nella storia della vita religiosa l’intuizione comunitaria si è allargata per centri concentrici. Hanno cominciato gli eremiti, con una scelta di vita per essere “uno”, non nel senso di isolato ma di armonico; poi l’esperienza si è concretizzata con i cenobi, quando gli eremiti cominciano a convergere in alcuni momenti, fino a diventare monasteri; infine alcuni monaci hanno cominciato a solidarizzare con la storia e con gli emarginati, tornando sempre in convento; con gli ordini mendicanti il sogno comunitario diventa cittadino. Così si riconosce il diritto di tutte e di tutti a fare l’esperienza di Dio, a sperimentare uno spazio di liberazione (cf. la prima comunità di Domenico con donne convertite dall’eresia).

Perché tutto ciò fosse possibile, Domenico chiese ai suoi discepoli di vivere sia l’itineranza che la stabilità nella forma della compagnia e dell’amicizia. L’evangelizzazione così può nascere da una sete raccolta dalla storia, non è vendita di un prodotto ma restituzione della parola alla gente, come Gesù che dava voce ai muti. Nel mondo globalizzato in cui parlano solo pochi, è decisivo suscitare la parola raccogliendo i gemiti dello Spirito e accogliendo le alterità. Tutti questi spazi, conclude sr. Potente, sono uniti da porte, che vanno aperte perché gli spazi stessi comunichino tra di loro, al fine di sperimentare Dio come mare pacifico.

 

M.C.

 

1 POTENTE A., La religiosità della vita. Una proposta alternativa per abitare la storia, Cipax (Centro interconfessionale per la pace), ICONE Edizioni, Roma 2003, pp. 153, E 8,00.

2 POTENTE A., Molta gioia. La spiritualità domenicana come stile di vita quotidiana, ICONE Edizioni, Roma 2005, pp. 125, E 8,00. I volumi sono acquistabili presso CIPAX, Via Ostiense 152, 00154 Roma (cipax_roma@libero.it).