PER UNA SPIRITUALITÀ DELL’IMPEGNO
EDUCATIVO
EDUCARE CON GIOIA E ALLA GIOIA
La persona consacrata che vuole educare alla gioia i suoi alunni deve
essere una persona che ama la vita, che presenta atteggiamenti positivi verso
di essa: fiducia, volontà di fare, attesa di qualcosa di buono dal futuro,
desiderio di scoprire; in una parola: una persona serena e contenta.
Le persone consacrate sono state, nel
corso dei secoli, particolarmente presenti nel campo dell’educazione e tante di
loro rimarranno per sempre straordinari esempi di sapienza educativa, unita a
profonda e generosa dedizione, così da essere in ogni tempo modelli e guide per
ogni educatore cristiano.
Le persone consacrate immettono nel
percorso educativo i valori di cui sono portatrici in forza della loro
consacrazione: ciò è chiaramente presentato anche in un recente documento della
Congregazione per l’educazione cattolica: Le persone consacrate e la loro
missione nella scuola. Riflessioni e orientamenti. In esso sono richiamati i
tratti specifici che contraddistinguono la presenza delle persone consacrate
all’interno della comunità scolastica e vi si legge tra l’altro che esse:
«testimoniano che la castità del cuore, del corpo, della vita è l’espressione
piena e forte di un amore totale per Dio che rende la persona libera, piena di
gioia...».1
La gioia, dunque, come manifestazione
concreta di vita che testimonia l’identità della persona consacrata, come del
resto anche quella di ogni cristiano.2 Un modo concreto di voler bene alle
persone che amiamo è anche questo: essere noi stessi un po’ più contenti, e
papa Giovanni XXIII lo sottolinea bene quando, scrivendo a una religiosa,
afferma: «Essere lieti, custodendo sempre in noi le sorgenti della letizia
cristiana, significa compiere una grande carità verso noi stessi e verso coloro
che vivono intorno a noi».3 Anche il papa Benedetto XVI, nei suoi primi
interventi, ha fatto riferimento spesso al tema della gioia, sottolineando in
tal modo un aspetto fondamentale del messaggio cristiano. Già nelle prime
parole pronunciate subito dopo la sua elezione si è così espresso: «Mi consola
il fatto che il Signore sa lavorare e agire anche con strumenti insufficienti e
soprattutto mi affido alle vostre preghiere, nella gioia del Signore risorto».
Partendo da quanto finora richiamato,
vorrei proporre alcuni spunti di riflessione che possano servire alle persone
consacrate che svolgono il loro servizio all’interno della scuola.
INSEGNARE
E SUSCITARE GIOIA
Qual è il compito di chi insegna? Se
non è certamente facile riassumere con un’unica definizione i diversi compiti
che questa responsabilità comporta, è tuttavia lecito immaginare che, al di là
di essi, ogni insegnante è chiamato anche, e soprattutto, a suscitare nei suoi
alunni la gioia che si sperimenta nell’aprirsi progressivamente a tutto ciò che
è vero, bello, buono, nobile. Insegnare ai bambini e ai giovani è, dunque, uno
dei tanti modi, e non certamente di minore importanza, per facilitare in loro
la gioia e il gusto di vivere, aprendosi sempre più alla realtà e sviluppando
le proprie competenze. Quando tutto ciò non accade, anche un insegnante può
avere la sua responsabilità nel far sorgere nei giovani atteggiamenti contrari
all’amore per la vita, quali ad esempio la noia, lo scetticismo,
l’atteggiamento di rifiuto e la mentalità distruttiva. La persona consacrata
che si dedica all’educazione parte da una visione cristiana della vita e della
persona e, mentre si sente al servizio della gioia dei propri alunni, sa quali
sono le sorgenti ultime della gioia stessa e il suo significato più profondo
per l’esistenza di ciascuno. La gioia è in stretta connessione con la verità,
per cui sant’Agostino parla del gaudium de veritate: la gioia che nasce dalla
scoperta e dalla contemplazione della verità. Essa è indispensabile all’uomo.
S. Tommaso afferma che «come l’uomo non potrebbe vivere in società senza la
verità, così nemmeno senza la gioia».4
La gioia corrisponde a un senso diffuso
di pace e di piacere, che viene in noi dal possesso di quanto ragionevolmente
desideriamo.5 «L’uomo prova la gioia quando si trova in armonia con la natura e
soprattutto nell’incontro, nella partecipazione, nella comunione con gli altri.
A maggior ragione egli conosce la gioia o la felicità spirituali quando la sua
anima entra nel possesso di Dio, conosciuto e amato come il bene supremo e
immutabile».6
L’educatore cristiano è consapevole di
come la gioia sia un tratto distintivo dell’essere cristiani e il dono per
eccellenza che Cristo risorto ci ha fatto;7 è consapevole che la gioia
cristiana è dono dello Spirito8 e trova la sua sorgente ultima in Dio: «Chi può
mangiare e godere senza di lui?».9 In un intervento di qualche anno fa,10 il
papa attuale affermava: «Gesù dice all’inizio della sua vita pubblica: Sono
venuto per evangelizzare i poveri (Lc 4,18); questo vuol dire: io ho la
risposta alla vostra domanda fondamentale; io vi mostro la strada della vita,
la strada della felicità – anzi: io sono questa strada».
SUGGERIMENTI
PER EDUCARE CON GIOIA
Che cosa può servire alla persona
consacrata che vuole educare alla gioia i suoi alunni? Si possono richiamare, a
questo riguardo, diversi suggerimenti di carattere metodologico e didattico, ma
in definitiva ciò che appare essenziale si può così riassumere: è necessario
anzitutto che l’insegnante sia una persona che ama la vita, che presenta
atteggiamenti positivi verso di essa (fiducia, volontà di fare, attesa di
qualcosa di buono dal futuro, desiderio di scoprire, volontà di lottare e
superare gli ostacoli, coraggio e fiducia nei propri mezzi); in una parola: una
persona serena e contenta. «Che cosa capiscono i bambini dagli atteggiamenti
che gli adulti hanno con loro? Avvertono se le persone amano o no la vita, se
hanno paura, se hanno speranza. Se credono o no in quello che dicono».11 La sua
gioia poggia, in ultima istanza, sulla fede in un Dio creatore, amante della
vita e si esprime nella testimonianza, fatta di comportamenti concreti e di
parole, che chi crede si sente continuamente nelle mani e nel cuore di Dio. E
la vita della persona consacrata è segnata dalla gioia, perché, come ricordato
precedentemente, «la castità del cuore, del corpo, della vita... la rende piena
di gioia».
Il cristiano che si dedica
all’educazione esprimerà la sua gioia nell’atto stesso di educare: educa con
gioia. Vivere l’impegno educativo con gioia è fondamentale per la crescita
dell’educando. Questo è vero già a proposito dell’educazione offerta da colei
che, solitamente, si occupa per prima dell’educazione del piccolo dell’uomo: la
madre. Erich Fromm sottolinea che la madre, oltre a offrire le cure necessarie
per la crescita del bambino, deve far sentire al bambino stesso che è bello
essere nato, instillando così in lui l’amore per la vita. Facendo riferimento
al simbolismo biblico della terra promessa, così si esprime: «La terra promessa
(terra è sempre simbolo di madre) è descritta come “traboccante di latte e
miele”. Il latte è il simbolo del primo aspetto dell’amore, quello per le cure
e l’affermazione; il miele simboleggia la dolcezza della vita, l’amore per
essa, e la felicità del sentirsi vivi. La maggior parte delle madri è capace di
dare “latte”, ma solo una minoranza di dare anche “miele”. Per poter dare miele
una madre non deve soltanto essere una “brava mamma”, ma una persona felice – e
tale obiettivo non è raggiunto da molti».12
Anche sant’Agostino ha sottolineato
l’importanza di educare con gioia: «Si è ascoltati con più gusto, allorché
siamo noi i primi a gustare quel che diciamo! Più il nostro discorso specchia
il nostro gaudio, e più il suo filo si svolge agevolmente, gradevolmente... Più
si è lieti più si è soavi. E l’obbligo di questa letizia è evidente. Dio desidera
l’ilarità del donatore della moneta materiale; e in quella spirituale, no? Che
poi codesta ilarità ci sia di fatto nel momento buono che serve, è tutta
misericordia di lui, che ce la ordina».13
Il card. Martini, a sua volta,
sottolinea che l’educazione richiede, oltre a un grande rispetto per
l’individualità e l’originalità della persona da educare, anche la gioia da
parte dell’educatore. Così infatti si esprime: «L’educazione è un’arte gioiosa;
non può essere un lavoro forzato. Nemmeno può essere motivata in se stessa da
un fine di lucro, ma soltanto dalla creazione armoniosa e felice il più
possibile di una persona umana. La soddisfazione e l’appagamento primo e sommo
sono dati a un vero artista dal capolavoro uscito dalle sue mani. L’educazione,
come ogni vera arte, non tollera ricette, formule, cliché. Esige nell’educatore
originalità e individualità: chiede che si educhi con gioia».14
In definitiva, sarà di particolare
utilità ad ogni persona consacrata che si dedica all’insegnamento ricordare
queste parole di Dostoevskij: «Signore, facci ricordare che il tuo primo
miracolo lo facesti per aiutare alcune persone a far festa, alle nozze di Cana.
Facci ricordare che chi ama gli uomini, ama anche la loro gioia, che senza
gioia non si può vivere, che tutto ciò che è vero e bello è sempre pieno della
tua misericordia infinita».
Aldo Basso
1 n. 26.
2 Paolo VI ha lasciato un testo
prezioso a questo riguardo: l’Esortazione apostolica La gioia cristiana
(9.5.1975), dove parla della gioia come segno caratteristico della vita
cristiana e nello stesso tempo come forma particolare di apostolato da parte
della Chiesa.
3 Giovanni XXIII, Ottima e
reverenda madre. Lettere di papa Giovanni alle suore. Bologna, Edizioni
Dehoniane, 1990, p. 97.
4 Summa Theologiae, II-II 114,
a.2, ad primum.
5 Cf. s. Agostino, De civitate
Dei, 14,6.
6 Paolo VI, Esortazione Apostolica
Gaudete in Domino, 1975, n. 1.
7 «La sera di quello stesso
giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si
trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a
loro e disse. “Pace a voi!”. Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E
i discepoli gioirono al vedere il Signore» (Gv 20,19-20).
8 Gal 5,22.
9 Qoèlet 2,25.
10 J. Ratzinger, La nuova
evangelizzazione, in: “L’Osservatore Romano”, lunedì-martedì 11-12 dicembre
2000, p. 11.
11 Catechismo dei bambini, n. 123.
12 The art of loving, London,
Unwin Paperbacks, 1975, p. 46-47 (nostra traduzione).
13 De catechizandis rudibus, cap.
II,4 (traduz. di d. G. De Luca).
14 Dio educa il suo popolo, n. 27.