XX GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ

DA COLONIA MESSAGGI FORTI

 

Benedetto XVI ha consegnato ai giovani dei messaggi forti, mettendoli davanti agli interrogativi che sono quelli che contano nella vita. Ma a Colonia ha avuto un certo risalto anche l’aspetto ecumenico. Negli incontri avuti il papa ha confermato le linee emerse già ai primi giorni del suo pontificato.

 

La Giornata mondiale della Gioventù a Colonia era stata programmata da Giovani Paolo II dal 16 al 21 agosto 2005. Ma ad animarla è toccato al suo successore Benedetto XVI, papa tedesco e per di più nella sua terra di origine, la Germania.

Il nome di Giovanni Paolo II è comunque risuonato di continuo negli incontri con i giovani, suscitando ogni volta scroscianti applausi. Il tema scelto per questo incontro Siamo venuti ad adorarlo, riferito al suggestivo racconto evangelico della venuta dei Magi, costituiva l’ideale continuazione con quella della XIX “Giornata” a Toronto, che si era svolta all’insegna del motto Vogliamo vedere Gesù. L’affluire di circa un milione di giovani a Colonia ha così assunto la fisionomia di un pellegrinaggio alla ricerca di Gesù per poterlo adorare. E in questo cammino troviamo già il motivo dominante di questa Giornata, come era già stato indicato da Giovanni Paolo II nel messaggio del 6 agosto 2004, in cui egli esortava così con toni vibranti i giovani: «Cari giovani, offrite anche voi al Signore l’oro della vostra esistenza, ossia la libertà di seguirlo per amore rispondendo fedelmente alla sua chiamata; fate salire verso di lui l’incenso della vostra preghiera ardente, a lode della sua gloria; offritegli la mirra, l’affetto cioè pieno di gratitudine per lui, vero uomo, che ci ha amato fino a morire come un malfattore sul Golgotha. Siate adoratori dell’unico vero Dio, riconoscendogli il primo posto nella vostra esistenza! L’idolatria è tentazione costante dell’uomo... Giovani, non cedete a mendaci illusioni e mode effimere che lasciano non di rado un tragico vuoto spirituale! Rifiutate le seduzioni del denaro, del consumismo e della subdola violenza che esercitano talora i mass-media.

L’adorazione del vero Dio costituisce un autentico atto di resistenza contro ogni forma di idolatria. Adorate Cristo: egli è la roccia su cui costruire il vostro futuro e un mondo più giusto e solidale. Gesù è il Principe della pace, la fonte di perdono e di riconciliazione, che può rendere fratelli tutti i membri della famiglia umana». Il papa aggiungeva, al di là di ogni illusione, che «ascoltare Cristo e adorarlo porta a fare scelte coraggiose, e prendere decisioni a volte eroiche». In effetti, «Gesù è esigente perché vuole la nostra autentica felicità».

 

I GIOVANI

I VERI PROTAGONISTI

 

I veri protagonisti di questa XX Giornata, come di tutte le precedenti, sono stati i giovani. Occorre tuttavia aggiungere, che se il viaggio del papa era principalmente finalizzato ad essi, non sono mancati altri momenti di particolare intensità e significalo come la visita alla sinagoga ebraica, l’incontro con i seminaristi nella chiesa di San Pantaleon (19 agosto), l’incontro ecumenico in arcivescovado, quello con i rappresentanti di alcune comunità musulmane, sempre nell’arcivescovado, e infine con i vescovi nella Piussaal del seminario di Colonia.

Qui vorremmo cogliere alcuni tra i principali spunti, ricavandoli dai discorsi del papa per avere così un’idea dell’importanza dei temi toccati.

Per quanto riguarda anzitutto i giovani, il papa ha subito proposto loro un discorso molto impegnativo, come del resto aveva fatto sempre anche Giovanni Paolo II. Fin dal primo incontro nella festa di accoglienza presso la banchina del Poller Rhein­wie­sen, ha affermato: «A tutti vorrei dire con insistenza: spalancate il vostro cuore a Dio, lasciatevi sorprendere da Cristo! Concedetegli il “diritto di parlarvi” durante questi giorni! Aprite le porte della vostra libertà al suo amore misericordioso! Esponete le vostre gioie e le vostre pene a Cristo, lasciando che egli illumini con la sua luce la vostra mente e tocchi con la sua grazia il vostro cuore. In questi giorni benedetti di condivisione e di gioia, fate l’esperienza liberatrice della Chiesa come luogo della misericordia e della tenerezza di Dio verso gli uomini. Nella Chiesa e mediante la Chiesa raggiungerete Cristo che vi aspetta».

Quindi li ha invitati a porsi alcuni interrogativi che sono quelli che contano nella vita: «Dove trovo i criteri per la mia vita, dove i criteri per collaborare in modo responsabile all’edificazione del presente e del futuro del nostro mondo? Di chi posso fidarmi – a chi affidarmi? Dov’è Colui che può offrirmi la risposta appagante per le attese del cuore? Porre simili domande significa innanzi tutto riconoscere che il cammino non è concluso fino a quando non si è incontrato Colui che ha il potere di instaurare quel Regno universale di giustizia e di pace a cui gli uomini aspirano, ma che non sanno costruire da soli. Porre tali domande significa poi cercare Qualcuno che non si inganna e non può ingannare ed è perciò in grado di offrire una certezza così salda da consentire di vivere per essa e, nel caso, anche di morire». Quindi ha aggiunto: «Quando all’orizzonte dell’esistenza tale risposta si profila bisogna, cari amici, saper fare le scelte necessarie. È come quando ci si trova a un bivio: quale strada prendere? Quella suggerita dalle passioni o quella indicata dalla stella che brilla nella coscienza?».

Incontrandoli poi di nuovo nella veglia di preghiera sulla spianata di Marienfeld ha detto loro, contro ogni tentazione di utilizzare la violenza nell’illusione di cambiare il mondo, che il potere di Dio è diverso da quello dei potenti, sottolineando che Gesù ha voluto contrapporre al potere rumoroso di questo mondo il potere dell’amore. «I santi, ha detto, sono i veri riformatori... solo dai santi, solo da Dio viene la vera rivoluzione, il cambiamento decisivo del mondo».

Purtroppo, ha proseguito, «nel secolo appena passato abbiamo vissuto le rivoluzioni, il cui programma comune era di non attendere più l’intervento di Dio, ma di prendere totalmente nelle proprie mani il destino del mondo...». Al contrario, «la rivoluzione vera consiste unicamente nel volgersi senza riserve a Dio che è la misura di ciò che è giusto e allo stesso tempo è l’amore eterno. E che cosa mai potrebbe salvarci se non l’amore?».

È importante perciò, ha proseguito, scoprire il vero volto di Dio, poiché «sono molti coloro che parlano di Dio; nel nome di Dio si predica l’odio e si esercita la violenza». Occorre pertanto stare attenti a non costruirsi un Dio privato, un Gesù privato. Piuttosto è decisivo «che crediamo e ci prostriamo davanti a quel Gesù che ci viene mostrato dalle Sacre Scritture e che nella grande processione dei fedeli chiamata Chiesa si rivela vivente, sempre con noi e al tempo stesso sempre davanti a noi...».

 

INCONTRO

CON I SEMINARISTI

Nel contesto dell’incontro con i giovani si può collocare anche quello con i seminaristi, venuti per questo appuntamento dai cinque continenti, esplicitamente voluto perché emergesse in tutta la sua importanza la dimensione vocazionale che, come ha sottolineato il papa, «gioca un ruolo sempre più grande nelle Giornate mondiali della Gioventù».

L’aspetto su cui egli ha particolarmente insistito è stato quello della formazione in seminario; una formazione, ha precisato che ha diverse dimensioni, che convergono nell’unità della persona e comprende l’ambito umano, spirituale e culturale. Il suo scopo più profondo è di far conoscere intimamente quel Dio che in Gesù Cristo ci ha mostrato il suo volto: «Per questo è necessario uno studio approfondito della Sacra Scrittura come anche della fede e della vita della Chiesa, nella quale la Scrittura permane parola vivente... Questo studio, a volte, può sembrare faticoso, ma esso costituisce una parte insostituibile del nostro incontro con Cristo per annunciarlo».

In questo cammino di maturazione, «decisivo è il ruolo dei formatori». Infatti, «la qualità del presbiterio in una chiesa particolare dipende in buona parte da quella del seminario, e perciò dalla qualità dei responsabili della formazione... Il seminario è tempo di cammino, di ricerca, ma soprattutto di scoperta di Cristo. Infatti, solo nella misura in cui fa una personale esperienza di Cristo, il giovane può comprendere in verità la sua volontà e quindi la propria vocazione. Più conosci Gesù e più il suo mistero ti attrae; più lo incontri e più sei spinto a cercarlo. È un movimento dello spirito che dura per tutta la vita, e che trova nel seminario una stagione carica di promesse, la sua “primavera”». Non ha quindi mancato di indicare l’importanza che ha, nella formazione, Maria. In effetti, «in ogni momento della vita di seminario si può sperimentare questa amorevole presenza della Madonna, che introduce ciascuno all’incontro con Cristo, nel silenzio della meditazione, nella preghiera e nella fraternità. Maria aiuta a incontrare il Signore soprattutto nella celebrazione eucaristica, quando nella Parola e nel pane consacrato egli si fa nostro quotidiano nutrimento spirituale». Ha poi ripetuto loro ciò che diceva sant’Ambrogio: «Cristo è tutto per noi», quindi come suggeriva Giovanni Paolo II nel suo messaggio per questa Giornata mondiale, «offrite ciò che avete di più prezioso: l’oro della vostra libertà, l’incenso della vostra preghiera ardente, la mirra del vostro affetto più profondo». Infine, «ricordatevi sempre le parole di Gesù: “Rimanete nel mio amore” (Gv 15,9). Se rimarrete vicino a Cristo, con Cristo e in Cristo, porterete molto frutto».

 

TRE MOMENTI

ECUMENICI

 

La Giornata ha avuto anche tre importanti momenti ecumenici: Il primo: l’incontro con la visita della sinagoga di Colonia, la sede più antica di una comunità ebraica in territorio tedesco, risalente addirittura all’epoca romana. Si trattava di una visita indubbiamente delicata, ricordando le tristi vicende della Shoà durante la seconda guerra mondiale, «nel tempo più buio, ha detto il papa, della storia tedesca ed europea» quando «una folle ideologia razzista, di matrice neopagana fu all’origine del tentativo, progettato e sistematicamente messo in atto dal regime, di sterminare l’ebraismo europeo». Sono passati 60 anni da allora e fortunatamente la storia ha camminato. Da parte sua, il papa ha ribadito: «Voglio confermare anche in questa circostanza che con grande vigore intendo continuare il cammino verso il miglioramento dei rapporti e dell’amicizia con il popolo ebraico». Ha quindi ribadito, riprendendo un’affermazione della dichiarazione conciliare Nostra aetate, che la Chiesa cattolica «deplora gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni di antisemitismo dirette contro gli ebrei in ogni tempo e da chiunque... ed esecra come contrari alla volontà di Dio qualsiasi discriminazione tra gli uomini o persecuzione perpetrata per motivi di razza o di colore o di condizione sociale o di religione». Dopo aver ricordato tutto ciò che è stato compiuto per migliorare i reciproci rapporti a vari livelli «incoraggio – ha detto – un dialogo sincero e fiducioso tra ebrei e cristiani»; un dialogo che, «se vuole essere sincero, non deve passare sotto silenzio le differenze esistenti o minimizzarle, anche nelle cose che, a causa della nostra intima convinzione di fede, ci distinguono gli uni dagli altri, anzi proprio in esse, dobbiamo rispettarci e amarci a vicenda». Ha poi esortato a non volgere lo sguardo solo al passato, ma al futuro, verso i compiti di oggi e di domani.

Un secondo importante momento ecumenico è stato l’incontro con i rappresentanti della comunità musulmana. Ribadendo ciò che aveva detto lo scorso aprile ricevendo i delegati delle chiese e comunità ecclesiali e i rappresentanti di varie tradizioni religiose «vi assicuro, ha dichiarato, che la Chiesa vuole continuare a costruire ponti di amicizia con i seguaci di tutte le religioni», ma ha anche avuto parole forti contro il dilagante fenomeno del terrorismo. «Sono certo, ha detto, di interpretare anche il vostro pensiero nel porre in evidenza, tra le preoccupazioni, quella che nasce dalla constatazione del dilagante fenomeno del terrorismo. Continuano a ripetersi in varie parti del mondo azioni terroristiche, che seminano morte e distruzione, gettando molti nostri fratelli e sorelle nel pianto e nella disperazione. Gli ideatori e programmatori di questi attentati mostrano di voler avvelenare i nostri rapporti, servendosi di tutti i mezzi, anche della religione, per opporsi ad ogni sforzo di convivenza pacifica, leale e serena. Il terrorismo, di qualunque matrice esso sia, è una scelta perversa e crudele, che calpesta il diritto sacrosanto alla vita e scalza le fondamenta stesse di ogni civile convivenza. Se insieme riusciremo a estirpare dai cuori il sentimento di rancore, a contrastare ogni forma di intolleranza e a opporci a ogni manifestazione di violenza, freneremo l’ondata di fanatismo crudele che mette a repentaglio la vita di tante persone, ostacolando il progresso della pace nel mondo. Il compito è arduo, ma non impossibile. Il credente infatti sa di poter contare, nonostante la propria fragilità, sulla forza spirituale della preghiera... Voi guidate i credenti dell’Islam e li educate alla fede musulmana... avete pertanto una grande responsabilità nella formazione della nuove generazioni».

Ha quindi concluso: «Insieme, cristiani e musulmani, dobbiamo far fronte alle numerose sfide che il nostro tempo ci propone. Non c’è spazio per l’apatia e il disimpegno e ancor meno per la parzialità e il settarismo. Non possiamo cedere alla paura né al pessimismo. Dobbiamo piuttosto coltivare l’ottimismo e la speranza». Pertanto «il dialogo interreligioso e interculturale fra cristiani e musulmani non può ridursi a una scelta stagionale. Esso è infatti una necessità vitale da cui dipende in gran parte il nostro futuro».

Il terzo momento ecumenico è stato l’incontro con i rappresentanti delle altre confessioni cristiane, in cui ha toccato alcuni temi in ordine all’unità e ribadito l’importanza di continuare il dialogo a tutti i livelli della vita della Chiesa. Ma, ha precisato, dopo il chiarimento relativo alla dottrina della giustificazione, non bisogna credere che l’ostacolo principale da superare sia ora l’elaborazione delle questioni ecclesiologiche e di quelle relative al ministero. Se così fosse «sembra che ora dovremmo dibattere delle istituzioni invece che della parola di Dio, come se dovessimo porre al centro le nostre istituzioni e fare per esse una guerra. Al contrario, «la questione vera è la presenza della Parola nel mondo».

Un’altra priorità nel dialogo ecumenico è costituita dalle grandi questioni etiche poste dal nostro tempo su cui è necessaria una risposta comune da parte dei cristiani.

Affrontando quindi l’interrogativo su che cosa significhi ristabilire l’unità di tutti i cristiani, ha risposto che esistono numerosi modelli di unità e che essa «non significa quello che si potrebbe chiamare ecumenismo del ritorno: rinnegare cioè e rifiutare la propria storia di fede. Assolutamente no! Non significa uniformità in tutte le espressioni della teologia e della spiritualità, nelle forme liturgiche e nella disciplina. Unità nella molteplicità e molteplicità nell’unità: nell’omelia per la solennità dei santi apostoli Pietro e Paolo lo scorso 29 giugno ho rilevato che piena unità e vera cattolicità nel senso originario della parola vanno insieme. Condizione necessaria perché questa coesistenza si realizzi è che l’impegno per l’unità si purifichi e si rinnovi continuamente, cresca e maturi. A questo scopo può recare un suo contributo il dialogo...». Ha quindi attirato l’attenzione sull’importanza dell’ecumenismo spirituale e cioè la preghiera, la conversione e la santificazione della vita che «costituiscono il cuore dell’incontro e del movimento ecumenico».

Durante questa Giornata mondiale della Gioventù il papa ha sparso numerosi semi destinati, così ci auguriamo, a crescere e a portare frutti. Ascoltando i suoi discorsi abbiamo avuto un’ulteriore conferma della volontà che lo anima di continuare sulla linea di Giovanni Paolo II e insieme anche del programma che egli intende sviluppare durante il suo pontificato. La prossima Giornata mondiale della Gioventù si terrà in Australia, a Sidney, nel 2008.

 

A.D.