SCOMPARSA DEL CARD. JAIME SIN

UN GIGANTE DELLA CHIESA IN ASIA

 

La sua vicenda è strettamente legata alla storia degli ultimi quarant’anni della sua amata terra, le Filippine, e dell’intero mondo orientale dinanzi al quale si è proposto ora come pioniere, ora come baluardo di quel Vangelo che vedeva incarnato nelle sofferenze dei suoi fratelli.

 

È morto in un ospedale di Manila, il mattino del 21 giugno scorso, il cardinale Jaime Sin. Avrebbe compiuto 77 anni il 31 agosto prossimo. Fino al 2003, pur con una salute molto precaria, era rimasto sulla breccia, cioè fino alla rinuncia, dopo 36 anni di episcopato, 29 dei quali come arcivescovo di Manila, per raggiunti limiti di età.

Il 3 aprile 2003, in occasione del suo cinquantesimo di sacerdozio, Giovanni Paolo II l’aveva definito un “buon pastore” che aveva saputo guidare il suo popolo “ con zelo evangelico, energica capacità e con ferma volontà”.

Sono in molti ora a ritenerlo un vero “gigante” della Chiesa dell’Asia. Così l’ha descritto anche l’Osservatore Romano, nel profilo pubblicato il 22 giugno, giorno successivo alla sua scomparsa: «Non sono esagerati gli aggettivi spesi per descrivere la testimonianza di un vero “gigante” della Chiesa post-conciliare, chiamato a seminare il Vangelo in una terra non tanto difficile quanto istituzionalmente ostile al messaggio cristiano. Chi l’ha seguito nel lungo percorso della sua vita sacerdotale sa bene che la sua vicenda è strettamente legata alla storia degli ultimi quarant’anni della sua amata terra, le Filippine, ma anche dell’intero mondo orientale dinanzi al quale si è proposto ora come pioniere, ora come baluardo di quel Vangelo che vedeva incarnato nelle sofferenze dei suoi fratelli. Araldo dei diritti umani non ha esitato a opporsi fermamente alla dittatura nel periodo buio della vicenda filippina, alla brutalità usata dalle autorità nei confronti degli oppositori del regime, incurante dei pericoli che correva la sua stessa vita. Lo ricordano ancora protagonista nel passaggio pacifico al regime democratico: lo scontro tra l’esercito rimasto fedele al regime fu evitato grazie alla partecipazione di oltre un milione e mezzo di persone alla marcia per la pace convocata proprio dal cardinale in quei giorni difficili e svoltisi per quattro giorni senza il minimo incidente».

I fatti a cui accenna il giornale vaticano sono ben noti. In occasione delle elezioni presidenziali del 1986 il card. Sin era intervenuto in prima persona dopo che la conferenza dei vescovi cattolici aveva dichiarato fraudolente le consultazioni con cui il presidente Marcos aveva “sconfitto” Corazon Aquino e che pertanto la sua vittoria era priva di qualsiasi “base morale”. Il cardinale invitò, via radio, la popolazione a scendere nelle strade e a raccogliersi in veglie di preghiere per prevenire lo scontro, che sarebbe stato sanguinoso, tra i soldati ribelli e quelli leali al presidente Marcos. Ne seguì una manifestazione oceanica che riuscì a smantellare il regime di Marcos, durato ben 21 anni, e a spianare la strada alla democrazia nel paese, consegnandolo all’Aquino.

Un fatto analogo avvenne nel 2000 quando la presidente Gloria Macapagal-Arroyo si rivolse al cardinale per una seconda grande manifestazione popolare, contro il presidente Joseph Estrada sottoposto a impeachment.

Il cardinale durante il suo servizio non cessò mai di pronunciarsi contro la corruzione, l’ingiustizia sociale e su altri problemi morali riguardanti la vita della nazione, attirandosi naturalmente anche molte critiche da parte dei politici e altri critici che gli rimproveravano di intromettersi nella politica. Era comunque un uomo molto ascoltato dalla popolazione, una vera guida e un punto di riferimento, per questo era molto temuto dai detentori del potere.

 

SUE PRINCIPALI

IDEE GUIDA

 

Ma sarebbe molto limitativo considerare la figura del cardinal Sin solo da questa angolatura. A renderlo grande è stato soprattutto il modo con cui ha svolto la sua missione di pastore ai vertici della Chiesa non solo delle Filippine, ma di tutta l’Asia. È stato anche un attento osservatore degli sviluppi della realtà cinese, di cui era un profondo conoscitore, essendo nato da una mamma filippina e un padre cinese.

Nell’imminenza del sinodo dei vescovi per l’Asia, che si è celebrato nel

1998, la nostra rivista Testimoni aveva avuto la fortuna di incontrarlo nella sua sede episcopale a Manila e di intervistarlo. Rileggendo ora quelle pagine (cf. Testimoni, 15 marzo 1998), troviamo in sintesi quelle che sono state le principali idee guida del suo servizio episcopale. In quell’incontro, tracciando le priorità dell’evangelizzazione dell’Asia, ne aveva indicate tre, le stesse maturate anche in seno alla FABC (Federazione delle conferenze episcopali dell’Asia). Si tratta in sostanze di tre ordini di dialogo: dialogo con le culture, dialogo con le tradizioni religiose del continente; dialogo con i poveri che in Asia sono una massa sterminata.

I primi due dialoghi, quello dell’inculturazione e quello interreligioso, sono strettamente collegati tra di loro, e non possono quindi essere considerati separatamente. A suo parere, per promuoverli, un punto su cui fare leva è la religiosità popolare delle altre religioni nel senso che qui si trovano molte chiavi di evangelizzazione e di inculturazione. Essa esprime infatti la fede della maggioranza dei seguaci delle grandi tradizioni religiose asiatiche. Ma, ci aveva detto, «una cosa è certa: in Asia non dobbiamo assolutamente pensare di seguire la strada percorsa dai paesi altamente secolarizzati dell’occidente. Noi non vogliamo seguire la secolarizzazione dell’occidente; piuttosto dobbiamo muoverci su vie nostre senza “scimmiottare” ciecamente l’occidente».

Il suo giudizio su certi atteggiamenti dell’occidente è severo: «Una quantità di cristiani dei paesi del nord atlantico pensano che il loro modo di vivere sia sempre “il più avanzato”. La domanda da porsi deve essere piuttosto questa: la vita cristiana in molti ambiti dell’occidente non è forse un’inculturazione al secolarismo occidentale? Questo genere di inculturazione secolarista non costituisce forse un vero e proprio declino?».

Era interessante conoscere che cosa pensasse circa la riflessione sulla teologia della missione, in particolare sulla presunta contrapposizione tra dialogo e annuncio, problema questo molto discusso in Asia. A questo proposito, ha esortato a rileggere ciò che hanno detto in più circostanze i vescovi del continente, soprattutto i testi della FABC. I vescovi asiatici, ha affermato, non hanno mai sminuito la proclamazione di Cristo e del Vangelo. Hanno considerato il dialogo come un modo di annuncio, seguendo in questo le intuizioni profetiche di Paolo VI nell’Ecclesiam suam, dove si dice che il modo con cui Dio stesso ha proclamato la salvezza è stato il dialogo, e che la Chiesa stessa è dialogo. Comunque, ha aggiunto, alla luce del decreto conciliare Ad gentes 22, noi dobbiamo incoraggiare la riflessione teologica. Un’area che richiede un approfondimento in Asia è chiedersi: in che cosa consiste qui per noi il vero significato del progresso umano e sociale, specialmente in relazione con ciò che Giovanni Paolo II ha chiamato il “supersviluppo dell’occidente”».

 

GRANDE AMMIRATORE

DI MADRE TERESA

 

Un modello di testimonianza delle fede che il card. Sin ammirava immensamente era Madre Teresa di Calcutta. «Più di ogni altra persona dei nostri tempi, ha detto, Madre Teresa ha incarnato il cuore e la mano cristiani, sia a favore dei cristiani che dei non cristiani in Asia. Con tutta la povertà e la sofferenza che continuano a esistere nel continente, abbiamo bisogno che il suo spirito continui. Abbiamo bisogno di discepoli che seguano il suo cammino e abbiano a continuare la sua opera. Avremo sempre bisogno di Madre Teresa finché ci sarà la povertà in mezzo a noi. E naturalmente avremo sempre bisogno di santi».

Il cardinale Sin era profondamente convinto che, per la Chiesa, l’Asia è il continente della speranza. Riferendosi al sinodo del 1998, allora imminente, ha affermato: «Sono certo che lo Spirito Santo sarà presente e ci indicherà il cammino... Tutti i paesi del continente stanno conoscendo un aumento nel numero dei cattolici e dei cristiani in generale (a eccezione di Hong Kong). Non possiamo non vedere in questa crescita l’opera dello Spirito Santo. Lo Spirito sta rinnovando la faccia della terra qui in Asia. Siamo solo agli inizi del cristianesimo e del cattolicesimo asiatico. Un cristianesimo in dialogo vivo con le grandi religioni dell’Asia, in certo senso nuovo, eccitante, una nuova era dello Spirito Santo. Guardo al futuro con una fede piena di attesa, poiché ho speranza nella guida creativa dello Spirito e ho una grande fede nei popoli dell’Asia».

 

COME VEDEVA

LA VC IN ASIA

 

Un compito particolare per la missione della Chiesa in Asia, secondo il cardinale Sin, spetta alla vita consacrata. Ma, ha sottolineato, essa continuerà a esercitare un influsso nella Chiesa del futuro in proporzione all’autenticità di vita dei religiosi nel continente. Ciò avverrà se i religiosi/e saranno veramente accesi d’amore per Cristo e il Vangelo; se la loro povertà sarà autentica, commisurata a quella della gente in mezzo alla quale vivono; se la loro castità sarà radiosa ed espressa attraverso un amore che si sacrifica; se la loro obbedienza nell’esercizio della loro missione insegnerà a collaborare strettamente con la chiesa locale, nel reciproco sostegno».

Il cardinale ha insistito molto su questo rapporto con la chiesa locale: «Nel nostro mondo così complesso, ha rilevato, i religiosi in Asia dovranno lavorare molto in stretta unione con le chiese locali, con i vescovi e i loro programmi di evangelizzazione. Anche quando esercitano ministeri propri delle loro congregazioni, dovranno agire in collaborazione con la chiesa locale, in modo che non abbiano a ripetersi quelle difficoltà che la storia dell’Europa e delle Americhe ha conosciuto nel passato».

A differenza di quanto si sente a volte dire qui da noi, per il cardinale, almeno in Asia, ci sono settori dell’evangelizzazione promossi dai religiosi/e che sono enormemente importanti: la scuola e l’educazione, la presenza e il ministero attivo tra la gioventù specialmente negli ambienti più poveri, la formazione dei dirigenti laici e anche del clero. Ha insistito fortemente soprattutto sulla scuola: «Forse in Europa, ha detto, l’attività scolastica non costituisce più una priorità per i religiosi, ma in Asia sì. Gestire una buona scuola costituisce una sfida colossale». È noto del resto che molti attuali dirigenti in vari paesi dell’Asia hanno studiato nelle scuole cattoliche.

Spesso si sente ripetere che in Asia la gente cerca volentieri i contemplativi. «Questo è vero» – ha risposto. «Sono d’accordo con tutto questo».

In effetti, «le comunità contemplative contribuiscono enormemente alla vita della Chiesa... Abbiamo bisogno di contemplativi più autentici; abbiamo bisogno di loro; ne abbiamo veramente bisogno». Ciò tuttavia non significa ignorare l’attività sociale, ossia l’impegno per sviluppare comunità più umane, giuste e partecipative; l’accompagnamento dei poveri nelle loro lotte per superare la povertà che disumanizza e l’impotenza: tutto questo, se deriva da motivazioni autenticamente evangeliche ed è fatto in conformità con la fede cristiana e l’insegnamento sociale della Chiesa, ha un’enorme importanza. Questo i religiosi l’hanno fatto in maniera encomiabile e lo stanno ancora facendo... Hanno fatto molto in forza dei loro carismi e delle loro regole». In effetti la gente in Asia è stata attirata alla fede cristiana proprio per questo impegno fedele nei campi che veramente contano per la loro esistenza... I religiosi hanno dato buon esempio seguendo questa strada, in maniera coerente con la loro vocazione e con la benedizione del magistero della Chiesa».

Il sogno

cinese

Una grande speranza il cardinal Sin ha detto di nutrire anche per quanto riguarda la Cina. Si tratta di un paese in evoluzione in cui si notano spinte verso il materialismo e il consumismo. Ma, in profondità, ha detto, c’è un desiderio profondo di significato autentico di vita, c’è fame di Dio.

È un fenomeno presente non solo tra gli intellettuali, ma anche fra la gente ordinaria, almeno tra gli anziani e anche tra i giovani più riflessivi e intelligenti. Il numero crescente di cristiani in questo paese oggi forse non sarà esplosivo, ma l’aumento c’è. Ci sono molte storie commoventi che si potrebbero raccontare. Possiamo essere certi che lo Spirito è fortemente all’opera.

Il cardinale si è detto anche profondamente convinto che alla fine ci sarà la piena riconciliazione tra la chiesa cosiddetta clandestina e quella patriottica. Anche a questo proposito, ha affermato «vedo di nuovo lo Spirito Santo all’opera».

 

Il cardinale Sin, andandosene, lascia alla Chiesa asiatica una consegna: «L’epoca dell’evangelizzazione dell’Asia sta appena iniziando. I modi di evangelizzazione dovranno essere diversi; dovranno esprimersi molto più attraverso il dialogo, in particolare quello che consente di lavorare insieme per la promozione dei valori umani e comunitari; molto più mediante la limpida testimonianza delle nostre vite... se possibile, persino quella del martirio. Ma Cristo Gesù è molto presente in Asia oggi nel e con il suo Spirito. Gesù e il suo Vangelo hanno molto da dire all’Asia, alla sua ricerca del vero progresso e benessere, e della pace che solo Dio può dare. C’è molto da fare, e quasi tutto rimane da fare. Ma non possiamo mai dimenticare che questa è opera di Dio, dello Spirito. Perciò tutti, sia in Asia che altrove, possiamo contribuire attraverso la preghiera e il sacrificio».

 

A. Dall’Osto