OFFRIRE AI GIOVANI MODELLI POSITIVI
Il vescovo di Carpi,
mons. Elio Tinti, ha recentemente emanato una lettera pastorale intitolata «La
sessualità dono di sé nell’amore. Come educhiamo i giovani all’amore e alla
sessualità?», in cui esorta a offrire ai giovani modelli e valori credibili per
superare il relativismo oggi dilagante.
«Balza agli occhi di molti il considerare come il nostro
mondo sia pervaso da un forte e diffuso relativismo morale, per cui tutto è
messo in discussione e ha valore solo che può venir bene in qualche
circostanza.1 L’esasperazione del dato emotivo e sentimentale diventa l’ago
della bilancia per ogni scelta». In una cultura consumistica si corre il
rischio «che anche i rapporti sessuali diventino “usa e getta”.
La questione femminile, l’autonomia da ogni tabù nella
gestione della propria corporeità, che sono state la bandiera per decenni di
alcuni movimenti culturali e politici, ora sembrano avere sacrificato tutta la
loro carica ideale al più sfrenato consumismo, anche a livello sessuale: è
certamente un segno di decadenza di cui ci si dovrebbe preoccupare.
Circa i modelli, un giovane ha davanti un’infinità di
stili di vita: oltre quelli, grazie a Dio, molto positivi e ben impostati,
purtroppo esistono situazioni difficili nella famiglia di origine – dove, forse
c’è una storia di divorzio o separazione – quello della libera convivenza,
quello dei “single”, quello degli omosessuali, quello diffuso nelle “fiction”
televisive e nei “reality show”, dove il concetto di amore coincide con la pura
attrazione fisica, irrefrenabile e irrazionale.
Purtroppo viene data per scontata la precocità del
rapporto sessuale. I metodi contraccettivi vengono caldeggiati per un discorso
igienico (malattie infettive, Aids, ecc.) e per evitare conseguenze di
gravidanze indesiderate. L’approccio è purtroppo spesso solo tecnico: come si
usano, quali garanzie danno, percentuali, ecc.
Sono frequenti i fidanzamenti lunghissimi. Spesso, con
l’approvazione dei genitori e con il suggerimento di alcune precauzioni
insegnate da diversi educatori onde evitare una gravidanza indesiderata, si
verificano rapporti sessuali in età giovanissima. Questo fatto non è privo di
conseguenze: i due nel diventare adulti non si accorgono che stanno cambiando e
lo stare insieme diventa un’abitudine e una necessità tale da non poter fare a
meno l’uno dell’altro. Così l’amore si trasforma in una forma di tenera
amicizia o in un rapporto di tipo fraterno. A un certo punto il matrimonio deve
essere inesorabilmente celebrato, perché le due famiglie, gli amici, l’ambiente
intorno dà per ovvio e scontato che i due si sposino. Questo è sorgente di
enormi condizionamenti. Avviene così che, malgrado le lunghissime relazioni
prenuziali, i due ammettono di non conoscersi davvero o di non essere
innamorati.
È evidente la sempre più diffusa incapacità di affrontare
la fatica e il sacrificio; questo è un problema complesso e che comincia
lontano nel tempo, quando i genitori, evitando ogni difficoltà ai figli, non li
abituano allo spirito di sacrificio, all’abnegazione e alla rinuncia di se
stessi, all’impegno a proseguire ciò che è prefissato, in una parola ad
affrontare le proprie responsabilità. Abituati così da bambini, i giovani considereranno
sempre più la casa come l’ambiente in cui vivere tranquilli. Molti hanno
trovato l’estrema comodità: vivono come “single” curati e coccolati. È davvero
difficile staccarsi seriamente, tagliare il cordone ombelicale per formare una
nuova famiglia. È una realtà che riguarda i vari contesti in cui i giovani si
trovano a operare, anche nel normale vivere quotidiano. Tale comportamento, se
mantenuto nel tempo, certamente rappresenterà un ostacolo pesante nei rapporti
con il futuro coniuge, perché le normali difficoltà della vita in comune
appariranno come ostacoli insuperabili.
Continua a crescere il numero degli italiani separati e
divorziati: nel 2002 l’incremento rispetto all’anno precedente è stato
rispettivamente del 4,9% e del 4,5%, mentre rispetto al 1995, addirittura del
52,5% e del 54,7%.
La consueta indagine dell’Istat sulle separazioni e sui
divorzi conferma quindi il trend di crescita. Se nel 1995 ogni 1.000 matrimoni
si verificavano circa 158 separazioni e 80 divorzi, 7 anni dopo le proporzioni
sono arrivate a 257 e 131. Sono sempre preoccupanti e deleteri gli effetti di
queste separazioni e divorzi sui figli che per primi ne subiscono pesantemente
le conseguenze tali da segnare in modo permanente la loro esistenza»....
«È certo – prosegue mons. Tinti – che il contesto
generale nel quale i giovani vivono li influenza realmente in modo più o meno
determinante. Proprio al modo in cui vivono i ragazzi va dedicata la
riflessione. Si tratta di addentrarsi nelle realtà giovanili, ossia in un’età
in cui vi è una certa inesperienza, ma anche un profondo senso critico; la
personalità si forgia, assumendo quelle caratteristiche che influiranno
inevitabilmente negli anni successivi e nella vita matrimoniale».
I giovani si trovano davanti a una varietà e difformità
di modelli. Insorge nei genitori il dovere di aiutarli a compiere una scelta
responsabile, matura e coerente. «Innanzitutto si deve registrare una mancanza
di modelli e di valori autentici, mancanza da addebitare al mondo degli adulti,
piuttosto che a quello dei giovani. Sono assenti quei valori fondamentali,
senza i quali è difficile che una persona riesca a realizzare il senso del suo
vivere (...). Risulta davvero urgente un rinnovato impegno dei genitori e degli
educatori, della famiglia e della scuola, della società e della Chiesa per
assumere in modo autorevole un modello profetico e critico verso le attuali
deformazioni dell’educazione.
Dall’esperienza di diversi docenti – rileva il vescovo –
sembra difficile indicare finalità e contenuti di un’autentica educazione
affettiva e sessuale. Si ha l’impressione che diversi insegnanti si preoccupino
di esporre la propria materia non sempre curando contemporaneamente
l’educazione e la formazione della persona e dei propri alunni ignorando che
“educare” e “insegnare” è un binomio inscindibile e non tenendo presente che
tale insegnamento potrebbe diventare una “menzogna pedagogica”. Si ha poi
l’impressione che i docenti che sono convinti di dover assumere in modo
autorevole un modello profetico e critico verso le attuali deformazioni
dell’educazione all’amore e alla sessualità siano la minoranza poiché
attualmente ciò significa “andare contro corrente”. Molto spesso
nell’educazione affettiva e sessuale i contenuti più “tecnici” finiscono per
avere il sopravvento, essendo più facile e sbrigativo “informare” più che
“formare”, lasciando in secondo piano gli aspetti affettivi e morali.
Si ha la fondata impressione che anche i genitori
commettano lo stesso errore perché pensano che nei giovani sia inevitabile la
tendenza a seguire i comportamenti condivisi dai coetanei».
Mons. Tinti ribadisce con forza «il ruolo della famiglia
cristiana e dei genitori di “buona volontà”: sono chiamati essi stessi, in
quanto primi educatori dei propri figli, a proporre la visione cristiana o
almeno naturale della sessualità.
Si avverte l’urgenza che i consultori familiari di
ispirazione cristiana vadano ulteriormente potenziati e attivati anche a
livello di lettura della realtà locale.
Il limite più evidente oggi nella formazione all’amore è
la frattura netta tra la fruizione ludica della propria sessualità e il
progetto di vita che il singolo dovrebbe sviluppare. La logica tipicamente
adolescenziale del “tutto-subito” trova purtroppo gli adulti tra l’indulgente e
il rassegnato...
A monte mancano le basi di apprezzamento del valore della
persona umana, della sua dignità, dando per scontato che il pensiero cristiano
in proposito non sia capace di dire nulla di oggettivo. Ma l’aspetto più
preoccupante è il non rispetto, da parte di una certa cultura materialista
dominante, di un legittimo pluralismo di impostazione etica».