RAPPORTO SULLA PORNOGRAFIA
REALTÀ DEVASTANTE
La pornografia è
ormai presente nel mercato globale come un bene di consumo a portata di tutti.
Un Rapporto dell’Eurispes, patrocinato dal Pontificio consiglio per le
comunicazioni sociali, getta l’allarme su una strategia mercantile che
imprigiona milioni di uomini e donne in una specie di “pozzo dei sogni”
violento e degradante.
Il 4° Rapporto sulla pornografia dell’Eurispes ci offre
un quadro «triste e desolante», a detta di mons. John P. Foley, presidente del
Consiglio pontificio per le comunicazioni sociali che ha patrocinato la
ricerca. «Il volume d’affari complessivo della pornografia è enorme, afferma
mons. Foley nell’introduzione al Rapporto; l’ammontare del denaro investito è
astronomico; gli effetti, specialmente quelli sui bambini, sono spesso
devastanti. Per una persona la cui attività in internet è quasi esclusivamente
riservata a quei siti sponsorizzati dalla Chiesa o a quelli in cui è possibile
fare prenotazioni di treni o aerei, quest’ultimo studio dell’Eurispes è una
spiacevole ma necessaria rivelazione. È ancora più difficile per me evitare
materiale deplorevole in televisione, perché anche passando da un canale ad un
altro si incontrano immagini che difficilmente contribuiscono alla giusta predisposizione
alla preghiera! Queste immagini sono spesso inviti a sottoscrivere speciali
canali, programmi o servizi telefonici. Mentre io non ho mai risposto a simili
offerte e prego di non rispondervi mai, lo studio dell’Eurispes rivela che
migliaia di persone accettano ogni giorno, invero ogni ora… I padri del
concilio Vaticano II chiamarono il loro documento sulle comunicazioni sociali
Inter Mirifica: “Tra le bellissime cose” che Dio ha creato è possibile per il
genere umano scoprire e sviluppare i mezzi di comunicazione. Questi media
possono essere usati per informare, intrattenere, ispirare, educare; possono
anche essere utilizzati per corrompere e incitare, o turbare…».
Il quadro ci dice che l’evoluzione tecnologica ha
favorito la crescita del fatturato globale del mercato della pornografia: il
valore medio annuo stimato dal 2002 al 2004 è di 993 milioni di euro,
triplicato rispetto ai 312 milioni del 1987. Neppure con la miglior fantasia
sarebbe stato possibile immaginare nel 1984, quando, sempre in collaborazione
con il pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali, uscì il 1° Rapporto
sulla pornografia che essa sarebbe diventata uno tra i tanti beni di consumo
disponibili, con un mercato che si giustifica attraverso la produzione di
ricchezza.
La società di massa non ha dunque prodotto solo
immondizia per i clienti, ma ha prodotto i clienti stessi (Adorno): questo
modello conta infatti sulla realtà di un individuo autosufficiente, che sempre
più tende a sostituire l’esperienza sessuale con la sua rappresentazione.
Questa evoluzione inizia nel dicembre 1953, quando viene
pubblicato il primo numero di Playboy con le foto di Marilyn Monroe (non si
vendono solo immagini bensì anche una filosofia su misura per l’uomo
nord-americano, bianco e di classe media: rispetta i canoni sociali e morali e
nel contempo li trasgredisce) e conosce una tappa significativa nella prima
“fiera del sesso” (Copenhagen 1969). In Italia il primo cinema porno apre a
Milano nel 1977. Con gli anni ottanta entriamo nel divismo pornografico con le
varie Cicciolina e Moana e nasce il fenomeno del porno politicizzato, che va
ben al di là dell’elezione di Ilona Staller in parlamento nel 1987.
LA VIOLENZA
DIETRO LA COMUNICAZIONE
Il Rapporto Eurispes del 1984 dedicava un capitolo a
“istituzioni religiose e pornografia”, dal quale si attribuivano ai consumatori
di pornografia tratti caratteriali immaturi e una situazione esistenziale di
solitudine. Nel 1989 il pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali
pubblicava il documento Pornografia e violenza nei mezzi di comunicazione: una
risposta pastorale: spiegava che per pornografia divulgata attraverso i media
si intende «la violazione del diritto alla privacy del corpo umano nella sua
natura maschile e femminile. Questa violazione riduce la persona umana e il
corpo umano a un oggetto anonimo destinato all’abuso per motivi di
concupiscenza; la violenza in questo contesto può essere intesa come la
presentazione, facente appello ai più bassi istinti, che sono contrari alla
dignità della persona e che evocano una grande forza fisica esercitata in
maniera profondamente offensiva e spesso passionale». La rappresentazione degli
atti sessuali oggettivati e significanti il piacere sessuale viene dunque
considerata espressione di violenza: produrre, vendere, consumare pornografia
equivale a rendersi complice della diffusione di un male morale.
Alla luce di tutto ciò, questo 4° Rapporto dell’Eurispes
è molto importante perchè illustra la nuova compenetrazione avvenuta tra
industria pornografica e industria dell’intrattenimento, tra economia
pornografica ed economia basata sulle information technologies.
Nella classifica dei sette paesi leader, gli Usa occupano
il primo posto con la Metro Global Media Inc., quotata in borsa. Ma sono
quotate in borsa anche due holding europee, una svedese e una tedesca; seguono
industrie in Spagna e Francia, nonché in due paesi da poco nell’Unione europea:
Ungheria e Repubblica Ceca.
L’Italia, che fino ai primi anni novanta, è stata un
paese produttore di un certo rilievo, è oggi esclusa dal circolo dei big: essa
è nel novero dei pochi paesi europei (assieme all’Irlanda e alla Norvegia) in
cui la pornografia di e per adulti non potrebbe (il condizionale è d’obbligo)
né essere prodotta né distribuita e venduta. Perciò ha destato molto scalpore
il tentativo del governo di introdurre nella legge finanziaria 2002 la così
detta “pornotax”, cioè un prelievo aggiuntivo sugli utili pari al 25% del
reddito da applicare ai produttori, ai distributori e ai proprietari o gestori
di sexy shop, agli edicolanti nonché ai siti porno (la pornotax avrebbe dovuto
produrre un gettito fiscale pari a 95milioni di euro, il che vuol dire che si
contava di tassare in maniera aggiuntiva un volume d’affari pari a 380 milioni
di euro!).
Importante, nel contesto generale, il monitoraggio
specifico effettuato da Eurispes sulla pornografia minorile on line, che
rappresenta sicuramente la forma più perversa e devastante di violenza sulle
persone. La maggior parte dei siti visitati sembrano dei “normali” siti
pornografici in cui è spesso assai difficile distinguere tra la travestita da
adolescente (con calzini ai piedi e fiocchetti in testa, per esempio) e
l’adolescente vera. La classe di età dai 4 ai 10 anni raccoglie da sola la metà
dei bambini fotografati mentre la fascia definita “del lolitismo” (14-16 anni)
raccoglie il 13% delle presenze; i giovani dagli 11 ai 13 anni rappresentano il
6% dei casi e i bambini fino a 3 anni l’1%. Molti siti (circa il 30%) offrono
invece bambini di varie età, presumibilmente per incontrare i gusti della
maggior parte dei consumatori che frequentano tali siti.
IDENTIKIT
DEI CONSUMATORI DI PORNO
L’Eurispes ha provato a disegnare una serie di profili
legati ai vari modi di essere consumatori del porno.
Troviamo il giovin principiante (600mila individui):
adolescente con domande sul sesso e desideri di disubbidire all’autorità di
genitori ed educatori, che non trova chi risponda con autorevolezza al suo
bisogno di educazione sentimentale.
L’incallito di vecchio tipo è invece uomo solo o isolato,
di una certa età e consumatore di vecchie riviste, al massimo di cassette
(600mila persone). I rapiti dallo schermo sono poi quasi 3 milioni: giovani,
vivono di pane e realtà virtuale.
L’habitué di coppia è il “consumatore forte” del terzo
millennio (circa 2 milioni di soggetti): dai 30 anni in su, sceglie con cura il
genere di porno che gli piace e crea il proprio archivio di specialità.
Abbiamo poi la donna in coppia. Rispetto alle 13 milioni 230mila
coetanee rappresenta la percentuale del 9% (1.100.000): talvolta frequenta club
privati; moglie, fidanzata, amante (tra i 20 e i 49 anni).
La mosca bianca (145mila donne) è singola e giovane, non
oltre i quarant’anni: frequenta sexy shop e videoteche, patita degli annunci
non disdegna incontri al buio, reali o virtuali.
Il telefonista irrequieto invece rappresenta solo il 2%
dei 19.600.000 potenziali pornofili (quasi 400.000 soggetti): fotografa e
scambia foto, compulsa la porno-rete, vede i video e compra film dalle
televisioni a pagamento.
Il telefonista metodico infine fa parte del gruppo del
milione di pornofili amanti della chiacchiera sporcacciona.
L’indagine, operando una netta distinzione tra la
pornografia di e per adulti e la pornografia minorile, è arrivata a monitorare
3.000 siti, da agosto a dicembre 2002. Si calcola che, nel 2003, gli internauti
planetari fossero intorno ai 750 milioni: circa un sesto della popolazione
mondiale. Di costoro, il 46% abita negli Stati Uniti o in Canada, mentre il 54%
è sparso in altri paesi del pianeta. Gli internauti italiani fanno parte del
54% che vive in paesi diversi da quelli del nord America.
In particolare, nel 2002 gli internauti italiani hanno
raggiunto una media annua di 13 milioni e 500mila unità, con punte mensili
intorno ai 15 milioni. Visto che in Italia la popolazione residente ammonta a
poco meno di 57 milioni l’utilizzo della rete da parte del 24,6% della
popolazione non può ancora dirsi propriamente di massa, anche se il tasso di
crescita del numero degli utenti si attesta al 5%.
Sbarcata su internet e funzionando come moltiplicatore di
operosità, la pornografia ha modificato il codice genetico della
rappresentazione esplicita della sessualità umana ed è attraversata da due
generi di consumi sessuali opposti e convergenti: il sesso gratuito e il sesso
a pagamento.
Nella vita virtuale il confine tra sesso vero e sesso
falsificato si assottiglia fino a scomparire: il consumatore di pornografia
telematica salta tutti i passaggi delle procedure o dei rituali necessari nella
vita reale per acquistare materiale pornografico, e può eliminare tutte le
mediazioni commerciali del mondo reale per procurarsi ciò che desidera: basta
che accenda il suo computer.
Quando le navigazioni sono esplicitamente eccitanti a
livello sessuale, l’effetto “pozzo dei sogni” agisce alla massima potenza e può
accadere che l’utente non riesca mai a soddisfare il suo desiderio perché si
perde, volontariamente o meno, tra la varietà delle offerte. In questo modo si
lascia sedurre nell’infinità del mezzo, senza scegliere e senza riuscire a
porre fine all’eccitazione crescente. Il cercatore e fruitore di pornografia on
line è un consumatore sedotto dall’infinito.
«È da sperare, sottolinea mons. Foley, che quest’ultimo
studio dell’Eurispes possa contribuire a formare cittadini responsabili non
solo per vivere in una struttura comunicativa legale che protegga i giovani e
quella vasta maggioranza di adulti che cerca il rispetto della privacy e si
preoccupa per la decenza, ma anche per esercitare quell’autocontrollo e maturo
giudizio che potrà privare i pornografi del loro mercato e, di conseguenza, del
loro sostentamento. Possano l’onestà e la scientificità dell’Eurispes, nel
rivelare l’ampiezza di un problema davvero grave, incitare i cittadini
responsabili a impegnarsi non in farisaiche condanne ma in sforzi pratici per
proteggere e restaurare la purezza del cuore e la civiltà del linguaggio e
dell’immagine!».
Mario Chiaro