FENOMENO IN ESPANSIONE IN FRANCIA

RITORNO DELL’ADORAZIONE

 

A partire dal medioevo l’adorazione eucaristica ha conosciuto fasi alterne nel corso della storia. Recentemente è stata molto raccomandata dai papi e dallo stesso concilio. L’importanza di tenere presente la sua giusta collocazione teologica.

 

Da un po’ di tempo l’adorazione eucaristica sta conoscendo in Francia un consistente ritorno, dopo un lungo periodo di oscuramento. Fino a pochi anni fa, infatti, a tenerla viva erano soprattutto le congregazioni e i gruppi sorti a questo scopo; nelle parrocchie invece essa era quasi del tutto assente. E ciò che meraviglia, è che ad apprezzarla oggi sono soprattutto i giovani.

Sono molte le testimonianze che confermano questa rinascita. Per esempio, a Parigi, nelle 162 chiese e cappelle censite nella guida Messes, prières et sacrements, edita ogni anno dal centro di informazione e di documentazione religiosa della diocesi, risulta che 93, vale a dire il 57%, propongono un tempo di adorazione regolare, che vuol dire una o più volte la settimana. Per oltre la metà di esse, il fenomeno ha cominciato a svilupparsi negli ultimi quindici anni. In altre invece la ripresa è coincisa con la proclamazione dell’anno eucaristico da parte di Giovanni Paolo II.

Un risveglio del genere si riscontra anche in altre grandi città. Per esempio a Marsiglia, come attesta p. Michel Roux, responsabile delle nuove comunità nella diocesi, fino a soli tre anni fa, c’era solo un piccolo numero di parrocchie dove si teneva regolarmente l’adorazione eucaristica, in tutto circa 27. Attualmente sono raddoppiate.

Bisogna tuttavia dire onestamente che non tutte le diocesi sono attualmente toccate da questo rinnovamento di interesse. Il fenomeno, per esempio, si avverte di meno in quelle meno popolose e rurali o dove la popolazione ha un’età più elevata. Le persone più sensibili all’adorazione eucaristica sono sopratutto i giovani tra i 18 e i 25 anni, quelle, per intendersi che partecipano alle Giornate mondiali della gioventù. La conferma viene da varie parti. Padre Olivier de Cacgny, della cappella del santissimo Sacramento di Montmartre, afferma, per esempio, che mentre una ventina d’anni fa ad adorare il santissimo Sacramento veniva qualche vecchia dama, oggi ci sono almeno una quarantina di giovani.

Testimone di questo sviluppo è anche il raggruppamento Frat de Jambville (un noto raggruppamento di giovani, nato nel lontano 1908, ad opera dell’abbé Caillet) che, per la prima volta nella sua storia, ha proposto quest’anno un tempo di adorazione eucaristica ai 10.000 giovani che vi fanno parte. Altri gruppi di adorazione sono sorti qua e là. È il caso, per esempio dei “Seminatori di speranza”, nati nel 1998, i quali organizzano le loro veglie nelle parrocchie parigine dividendole in quattro tempi: una conferenza proposta da un invitato, a cui segue una messa, e un’adorazione eucaristica animata di un’ora. Quindi, spiega Romain Allain-Dupré, 32 anni, fondatore del gruppo, «ci riuniamo in piccoli gruppi tutta la notte e in silenzio, davanti al santissimo Sacramento». Queste riunioni attirano in media da 500 a 1000 giovani.

Perchè questo “entusiasmo”? Perché, sottolinea mons. Rivière, di Marsiglia, «l’adorazione eucaristica risponde a un bisogno di silenzio e di comunione, nella presenza umile di Cristo». Deriva, afferma da parte sua P. Michel Roux «a un desiderio di incontrare il Signore». Devozione delle persone semplici, sempre secondo p. Michel, «essa permette un approccio di fede ben più forte di quello degli intellettuali». Si tratta «di un’ascesi, di un esercizio che sostiene la fede», rileva p. Olivier de Cacgny, e anche di un bisogno di vivere la propria fede attraverso segni tangibili e visibili, di un bisogno di vedere, di una presenza sensibile».

 

UNA PRATICA

CHE VIENE DA LONTANO

 

L’adorazione eucaristica, come è noto, è una pratica che viene da lontano. Le sue origini risalgono al medio evo e si ricollegano alle controversie eucaristiche di quell’epoca sulla presenza reale, contestata soprattutto da alcuni teologi tra cui Berengario di Tours (c. 1010-88). È tra il secolo XI e XII che si sviluppa tra la gente la devozione verso l’eucaristia e cresce la richiesta di vedere l’ostia in maniera sempre più viva.

Nel 1264 il papa Urbano V istituì la festa del Corpus Domini anche se egli non popone ancora degli atti di culto eucaristico fuori della messa. Questo diventa invece molto popolare dalla fine del XIV secolo alla fine del XVI, epoca in cui nel contesto della Controriforma assume anche un carattere di “riparazione”. Ma è soprattutto il concilio di Trento (1545-1553) a raccomandare il culto eucaristico fuori della messa, anche se questa mantiene il primo posto. Nei secoli XVII e XVIII nascono delle congregazioni dedicate al culto eucaristico. In questo tempo l’esposizione dopo i vespri riunisce tanti fedeli quanti la messa del mattino. La rivoluzione francese ne oscurerà temporaneamente il fervore che però riprenderà nel corso del secolo XIX. Bisognerà attendere il secolo XX per costatarne una perdita di intensità. Con il movimento liturgico sorto prima del concilio le manifestazioni liturgiche della devozione eucaristica conoscono un oscuramento a favore invece del primato accordato alla celebrazione comunitaria dell’Eucaristia. Ma i papi del postconcilio non perderanno occasione per ribadirne invece l’importanza.

Per esempio, Paolo VI nell’enciclica Mysterium fidei del 1965 scrive:

«Ognuno comprende che la divina Eucaristia conferisce al popolo cristiano incomparabile dignità. Giacché non solo durante l’offerta del sacrificio e l’attuazione del Sacramento, ma anche dopo, mentre l’Eucaristia è conservata nelle chiese e negli oratori, Cristo è veramente l’Emmanuele, cioè il “Dio con noi”. Poiché giorno e notte è in mezzo a noi, abita con noi pieno di grazia e verità: restaura i costumi, alimenta le virtù, consola gli afflitti, fortifica i deboli, e sollecita alla sua imitazione tutti quelli che si accostano a lui, affinché col suo esempio imparino ad essere miti e umili di cuore, e a cercare non le cose proprie, ma quelle di Dio. Chiunque perciò si rivolge all’augusto sacramento eucaristico con particolare devozione e si sforza di amare con slancio e generosità Cristo che ci ama infinitamente, sperimenta e comprende a fondo, non senza godimento dell’animo e frutto, quanto sia preziosa la vita nascosta con Cristo in Dio; e quanto valga stare a colloquio con Cristo, di cui non c’è niente più efficace a percorrere le vie della santità...»

L’adorazione eucaristica è sostenuta anche dal codice di diritto canonico del 1983 il quale prescrive che la santissima Eucaristia sia conservata in una parte della chiesa, che sia eminente, visibile, adornata con grazia, adatta alla preghiera di adorazione. Inoltre raccomanda che nelle medesime chiese e negli oratori, ogni anno si faccia la solenne esposizione del Santissimo per un tempo congruo, anche non continuo, affinché la comunità locale mediti e adori più profondamente il mistero eucaristico.

Così il nuovo Catechismo della Chiesa cattolica il quale raccomanda vivamente le forme di adorazione con cui i fedeli rendono omaggio all’Eucaristia anche fuori della santa messa e della comunione frequente.

L’adorazione eucaristica è vivamente inculcata anche da Giovanni Paolo II. Per esempio, nella lettera sul Mistero e il culto della ss. Eucaristia del giovedì santo 1980, così scrive: «L’adorazione di Cristo in questo sacramento d’amore deve trovare la sua espressione in diverse forme di devozione eucaristica: preghiera personale davanti al Santissimo; ore di adorazione, esposizioni brevi, prolungate, annuali.... L’animazione e l’approfondimento del culto eucaristico sono prova di quell’autentico rinnovamento che il concilio si è posto come fine, e ne sono il punto centrale. Gesù ci aspetta in questo sacramento dell’amore. Non risparmiamo il tempo nostro per andare a incontrarlo nell’adorazione e nella contemplazione piena di fede».

E, pochi mesi prima di morire, nella lettera apostolica Mane nobiscum Domine (7 ottobre 2004), torna su questo argomento: «La presenza di Gesù nel tabernacolo deve costituire come un polo di attrazione per un numero sempre più grande di anime innamorate di lui, capaci di stare a lungo ad ascoltarne la voce e quasi a sentirne i palpiti del cuore. «Gustate e vedete quanto è buono il Signore!» (Sal 33 [34],9). L’adorazione eucaristica fuori della Messa diventi... un impegno speciale per le singole comunità parrocchiali e religiose. Restiamo prostrati a lungo davanti a Gesù presente nell’Eucaristia, riparando con la nostra fede e il nostro amore le trascuratezze, le dimenticanze e persino gli oltraggi che il nostro Salvatore deve subire in tante parti del mondo. Approfondiamo nell’adorazione la nostra contemplazione personale e comunitaria».

 

AL PRIMO POSTO

RIMANE LA MESSA

 

La ripresa dell’adorazione eucaristica, soprattutto tra i giovani, ha delle ragioni ben precise, ma, come mettono giustamente in guardia i teologi, occorre stare attenti a certe esagerazioni e soprattutto a trasformarla in qualcosa di privato, a se stante e separato dalla messa comunitaria, soprattutto domenicale, che deve rimanere sempre al primo posto, il vertice da cui derivano poi le altre espressioni di culto. È in questa luce che l’adorazione eucaristica acquista allora il suo significato.

Riferendosi al fenomeno francese, il quotidiano cattolico La croix (28-29 maggio 2005) riporta un’intervista a F. Patrick Prétot, direttore dell’Istituto superiore di liturgia presso l’istituto cattolico di Parigi che ci sembra importante riprendere perché puntualizza bene il significato che ha l’adorazione eucaristica e soprattutto il modo teologicamente esatto in cui collocarla.

Perché anzitutto questo interesse tra i giovani? «Oggi, risponde F. Patrick, un giovane cristiano è confrontato con l’apparente assenza di Dio nella nostra società. Egli deve continuamente negoziare tra le sue convinzioni e un mondo che le contesta, e ciò può suscitare un dibattito interiore assai rude. Egli è sempre più alle prese con il problema del male e vive la propria fede all’ombra dei drammi del nostro tempo – Auschwitz, lo tsunami, l’Iraq... – in cui si manifesta l’eccesso del male che sembra negare la possibilità di un Dio buono, e suscita a volte la tentazione di rivolgere a Dio l’accusa di “lasciar fare”. Il rinnovamento dell’adorazione eucaristica prende significato sullo sfondo di un combattimento spirituale che induce ad aspirare alla riscoperta di un Dio vicino: «Le lacrime sono mio pane giorno e notte, mentre mi dicono sempre: “Dov`è il tuo Dio?» (Sal 41,4). Desiderio di incontro e di speranza, di “presenza alla Presenza”.

Inoltre, la preghiera è difficile perché ci vuole molta forza per fare silenzio: l’adorazione eucaristica è senza dubbio un cammino privilegiato di accesso a questo silenzio a cui molti aspirano, tanto più che essi hanno bisogno continuo di musica. È molto importante dire che in fatto di preghiera noi siamo tutti dei debuttanti. Per questo l’adorazione fa parte delle attuali esplorazioni della preghiera.

In questa ricerca il cammino regale è certamente la celebrazione dell’Eucaristia, comunione al memoriale della pasqua di Cristo, e quindi l’entrata nella sua preghiera, di lui che si rende presente nella celebrazione.

La seconda via è la liturgia delle ore: l’ascolto della Parola è una forma di preghiera perché pregare consiste meno nel “dire qualcosa a Dio” che nel lasciarsi amare da lui. Cantando i salmi, ascoltando la Parola entriamo nella preghiera della Chiesa che raggiunge tutta l’umanità.

La terza via è quella che il Vaticano II chiama i “pii esercizi”: il rosario, la via crucis e in particolare l’adorazione eucaristica che procede dalla liturgia e a essa riconduce».

In quale quadro teologico si deve allora comprendere l’adorazione eucaristica?

«Secondo il Catechismo della Chiesa cattolica è in una prospettiva trinitaria che deve essere compresa tutta la vita liturgica e specialmente l’Eucaristia, azione di grazie della Chiesa al Padre per la salvezza compiuta nella pasqua del Figlio. Ed è per mezzo dello Spirito Santo che la Chiesa rende grazie per il dono che Gesù ha fatto di se stesso sulla croce. Come il “Padre nostro”, regola fondamentale della preghiera cristiana, la preghiera eucaristica è rivolta al Padre e non a Cristo. Inoltre, si invoca lo Spirito Santo perché la vita divina ci sia comunicata: lo Spirito di Cristo risorto dona all’Eucaristia di essere sorgente per la nostra vita.

Bisogna ricordare quest’equilibrio teologico fondamentale poiché troppo spesso pensiamo all’Eucaristia unicamente nel suo rapporto a Cristo: essa ci volge al Padre con il Figlio e nello Spirito Santo. L’Eucaristia è dunque in stretto rapporto con la confessione di fede e si capisce meglio perché la Chiesa veglia su una giusta comprensione della sua celebrazione o delle pratiche di devozione verso il santissimo sacramento. Per l’adorazione queste regole figurano in un libro che meriterebbe di essere meglio conosciuto, il Rituale dell’Eucaristia fuori della messa».

Quali sono queste regole? «Anzitutto, che essa è un’estensione devozionale della celebrazione eucaristica, che rimane la prima forma di adorazione. Il legame tra celebrazione e adorazione è essenziale: per esempio, l’esposizione dell’eucaristia si fa normalmente sull’altare. Inoltre, perché «l’Eucaristia fa la Chiesa» (Giovanni Paolo II) e non può esserci adorazione “privata”.

D’altronde, la costituzione conciliare sulla liturgia mette in luce diverse modalità della presenza di Cristo nella liturgia: egli è presente nel suo punto più alto che è l’ostia, ma anche nella sua Parola, nell’assemblea, nella persona del ministro che presiede, ecc. Questi diversi modi di presenza non sono in concorrenza tra di loro, ma si coniugano, e non si può isolare una modalità a scapito delle altre.

Pertanto, l’adorazione a Cristo mediante l’adorazione eucaristica rinvia all’amore dei fratelli. La storia dell’adorazione mostra il legame che esiste tra questa e la cura dei più piccoli: basterebbe ricordare il beato Ozanam, co-fondatore delle Società di san Vincenzo de Paoli. Infine, siccome la presenza di Cristo nell’ostia è una presenza sotto forma di dono, adorare l’Eucaristia non vuol dire possedere il mistero, ma accogliere un dono rendendoci presenti alla presenza».