UN FRUTTO DEL CONGRESSO EUCARISTICO DI BARI
L’ECUMENISMO ORA PUÒ RIPARTIRE
A Bari il card.
Kasper ha lanciato la proposta di celebrare un sinodo di vescovi greci e latini
che sia di riconciliazione. L’augurio è che Benedetto XVI spiani la strada
affinché tale prospettiva si realizzi. Ma la volontà di intensificare il
dialogo riguarda anche le altre confessioni cristiane.
Dopo la recente elezione di Benedetto XVI il dialogo
ecumenico può ripartire. Il papa ha già detto subito, fin dall’inizio, che per
lui questa rimane una priorità. A ribadire la volontà di riprenderlo è stato
anche il card. Walter Kasper, presidente del pontificio Consiglio per l’unità
dei cristiani, nell’intervento effettuato a Bari, nel contesto del XXIV
congresso eucaristico nazionale italiano, parlando sulla domenica giorno di
riconciliazione dei cristiani. In questa circostanza, anzi, il cardinale ha
lanciato la proposta di celebrare un sinodo di vescovi greci e latini che sia
di riconciliazione e si è augurato che Benedetto XVI spiani ed apra la strada
per una tale prospettiva.
Il cardinale ha dichiarato di non essere d’accordo con
chi, riferendosi al dialogo, parla di un “inverno ecumenico e persino di
un’epoca glaciale ecumenica”. Non si può tuttavia anche non vedere, ha però
precisato, i segni di una crisi. In effetti, «il dialogo ufficiale è diventato
faticoso e spesso segna il passo». Persistono ancora «sospetti e paura» e una
«mancanza di fiducia a causa di ricordi negativi di ingiustizia sofferta nel
passato, delusioni recenti e così via». Perciò, ha aggiunto, «c’è ancora molto
da fare con la riconciliazione dei cuori». Ma se ogni chiesa ha la sua lista di
lamentele, è anche vero che nessuna è «senza errori e peccati». Non c’è
pertanto ecumenismo senza conversione, senza perdono e riconciliazione.
È di qui che bisognerà ripartire. Si tratta di un impegno
che non si può continuare a dilazionare, anche perché è intollerabile che ogni
domenica la cristianità continui a dare al mondo lo scandalo della divisione.
In effetti, ha sottolineato il cardinale, «sebbene abbiamo la domenica insieme,
tuttavia non celebriamo la domenica insieme; invece di dare una testimonianza
comune, diamo un segno di divisione perché andiamo ogni domenica in chiese
diverse».
Indubbiamente negli ultimi decenni l’ecumenismo, sotto la
spinta del concilio, ha compiuto enormi passi avanti. Per esempio, ha affermato
il card. Kasper, nella comprensione dell’eucaristia abbiamo riscoperto la
nostra comune tradizione con le chiese ortodosse. Con le comunità della
Riforma, invece, finora non è stato raggiunto un consenso, ma sono stati
superati molti malintesi, trovati consensi parziali e importanti convergenze.
In particolare ciò è avvenuto circa la dottrina della giustificazione che nel
secolo XVI è stata il centro e il fulcro della controversia.
TRA LUCI
E OMBRE
Anche la presenza di importanti delegazioni di quasi
tutte le chiese e comunità ecclesiali ai funerali di papa Giovanni Paolo II e
alla solenne inaugurazione del pontificato di Benedetto XVI può essere letta
come un importante segno ecumenico. Un fenomeno del genere, solo alcuni decenni
fa, sarebbe stato del tutto inimmaginabile.
Tra le luci è da annoverare anche il fatto che il dialogo
con i fratelli protestanti prosegue e, ha sottolineato il cardinale, talvolta
porta anche buoni e sorprendenti frutti. Un esempio è il nuovo documento
cattolico-anglicano su Maria e il suo ruolo nell’opera della redenzione,
pubblicato di recente (cf. Testimoni 11/2005).
Per quanto riguarda gli ortodossi, nonostante tutte le
difficoltà riguardanti il dialogo internazionale, è stato possibile migliorare
in maniera considerevole i rapporti, per esempio, con la chiesa di Grecia, di
Serbia e di Bulgaria. Restano invece dei problemi con la chiesa
russo-ortodossa, purtroppo rinfocolati anche in occasione della scomparsa di
Giovanni Paolo II e molti, ha affermato il cardinale, hanno letto con tristezza
le aspre polemiche provenienti da questa chiesa. Tuttavia, attraverso pazienti
contatti, sono stati possibili dei miglioramenti, resi evidenti dalla presenza
a Roma, in due successivi momenti, di un’alta delegazione russo-ortodossa ai
recenti avvenimenti. Inoltre c’è la fondata speranza che il prossimo autunno
sia ripreso il dialogo internazionale, come già due anni or sono era stato
ripreso quello con la famiglia delle chiese orientali ortodosse. Di buon
auspicio è anche l’invito, come ha dichiarato il portaparola vaticano, il 7
giugno scorso, dopo l’incontro del capo della diplomazia russa Sergiej Lavrov
con il cardinal Angelo Sodano, segretario di stato vaticano e mons. Lajolo,
segretario per i rapporti con gli stati, a inviare un rappresentante della Santa
Sede a Mosca il prossimo autunno.
Il rapporto con le chiese orientali tuttavia, ha rilevato
il card. Kasper, non è solo una questione di buona o cattiva volontà. Il
problema di fondo è teologico e riguarda la concezione della Chiesa e il modo
diverso di intendere l’unità e lo stesso scopo del camino ecumenico. Si può
dire anzi che «il conflitto ecumenico è un conflitto sullo scopo ecumenico».
La concezione cattolica è nota, ha spiegato Kasper. La
chiesa cattolica si comprende come Chiesa universale, inviata da nostro Signore
a tutte le nazioni. Non siamo una chiesa nazionale, etnica o tribale; la chiesa
di Cristo è universale. Ma il concilio Vaticano II ha anche riscoperto la
dignità teologica della chiesa locale, che secondo l’antichissima tradizione del
primo millennio non è solo una provincia e una parte, ma una porzione della
chiesa di Cristo, nella quale essa è veramente presente cosicché la Chiesa
universale esiste solamente in e a partire dalle chiese locali (LG 23).
L’unità si esprime pertanto in una ricca molteplicità e
la molteplicità nell’unità.
L’unità visibile è necessaria nella fede, nei sacramenti
e nel ministero apostolico istituito da Cristo, e ciò vuol dire anche nel
ministero petrino. Ma tale unità non significa affatto uniformità. In effetti,
nell’ “una, santa Chiesa” non soltanto è possibile una grande molteplicità di
riti, di spiritualità, di teologie, di discipline canoniche, ma è persino
auspicabile; tale pluralità non è una debolezza ma una ricchezza.
Del resto, ha proseguito il cardinale, il concilio
Vaticano II ha riconosciuto che le chiese orientali sono vere chiese che “hanno
facoltà di regolarsi secondo le proprie discipline (UR 16). Pertanto, «non
abbiamo per niente l’intenzione di rendere cattolici i paesi, dove voi fratelli
ortodossi, siete a casa da molti secoli, dove voi avete seminato il seme del
Vangelo... Il cosiddetto “proselitismo” non è la nostra intenzione, non è la
nostra strategia e non è la nostra politica». Ma. ha aggiunto, «preghiamo anche
voi di mettere fine a ciò che noi potremmo chiamare proselitismo da parte
vostra e che è persino un pessimo proselitismo, cioè la scandalosa prassi del
ri-battesimo».
LASCIAR PERDERE
LE STERILI POLEMICHE
Il cardinale ha rivolto quindi l’invito agli ortodossi di
lasciar da parte le polemiche. In effetti «noi siamo molto vicini nella fede,
siamo gli eredi della comune cultura europea e abbiamo gli stessi valori etici,
che sono fondamentali per il bene delle nostre società e per i loro membri. Ma
quei valori sono seriamente minacciati sia dal secolarismo in Europa
occidentale sia dalle profonde lacerazioni che in Europa orientale quaranta o
meglio settant’anni di propaganda e di educazione atea hanno prodotto».
Di fronte a questa realtà, Kasper ha auspicato che come
prossimo passo sul lungo cammino verso la piena comunione venga formata
«un’alleanza per aiutarci a vicenda in favore della riscoperta delle radici
cristiane dell’Europa, un’alleanza per aiutarci a vicenda in favore dei valori
comuni e di una cultura della vita, della dignità della persona, della
solidarietà e della giustizia sociale, per la pace e la salvaguardia del
creato».
Questo auspicio vale anche come prossimo passo per il
dialogo con i protestanti. Ma, ha sottolineato, nel mondo protestante stiamo
assistendo a un profondo cambiamento della scena ecumenica: la frammentazione
interna al protestantesimo continua; le chiese tradizionali (“storiche”)
protestanti (Protestant mainline churches) a livello mondiale diminuiscono,
mentre nuovi movimenti carismatici e pentecostali, insieme a vecchie e nuove
sette, crescono rapidamente.
Si costata un ulteriore sviluppo delle frammentazione in
Europa, che più degli altri continenti è l’epicentro di una crisi e il punto
più debole della cristianità Purtroppo alcune comunità di tradizione
protestante sono in pericolo di abbandonare parte dell’eredità comune
soprattutto nell’ambito etico. Il cardinale si è riferito soprattutto alla
Comunione anglicana, all’interno della quale sono sorte difficoltà che «hanno
spiacevolmente danneggiato il dialogo e i nostri rapporti che finora si erano
bene sviluppati». Questo fatto «indebolisce fortemente o persino impedisce del
tutto la testimonianza comune che dobbiamo alla nostra civiltà secolarizzata».
UN ECUMENISMO
SPIRITUALE
Se il dialogo fatica ad andare avanti, fortunatamente sta
nascendo una nuova forma di ecumenismo che può essere definito spirituale e
culturale. È quella che sta sviluppandosi in molte fraternità, congregazioni e
monasteri, in gruppi e movimenti di laici. Non è in assoluto una novità, perché
anche il concilio aveva dichiarato nell’Unitatis redintegratio (8) che
l’ecumenismo spirituale è il cuore e l’anima di ogni ecumenismo. La promozione
di questo ecumenismo è anche il compito principale che il pontificio Consiglio
per l’unità si propone di favorire. A questo scopo, ha annunciato il card.
Kasper, questo organismo sta preparando uno speciale Vademecum.
Che cosa s’intende con questa forma di ecumenismo? Si
tratta dell’ecumenismo della conversione e della santificazione, dell’ecumenismo
dell’ascolto e della lettura della sacra Scrittura, dell’ecumenismo di una
spiritualità che scaturisce dal battesimo comune, dell’ecumenismo della
preghiera e della spiritualità di comunione.
L’ecumenismo spirituale, sebbene personale, non è soltanto
una realtà puramente interiore, soggettiva e privata, ma incarnata. E come in
passato la spiritualità cristiana ha dato un’impronta alla cultura europea,
così oggi la spiritualità ecumenica è un contributo essenziale per la nuova
evangelizzazione e inculturazione del cristianesimo. Nella crisi che il nostro
continente sta attraversando c’è bisogno di una comune testimonianza. Pertanto,
«l’impegno ecumenico non è un’appendice o un lusso, ma fa parte essenziale
della nostra missione; il pane eucaristico è il,pane per la sopravvivenza della
cultura cristiana in Europa».
Occorre aggiungere anche che la riconciliazione ecumenica
tra oriente e occidente, nel processo dell’unificazione dell’Europa, ha anche
un significato politico. Infatti, «il nuovo ordine europeo di pace, sorto dopo
la tragedia della seconda guerra mondiale, non potrà resistere a lungo se non
vengono coinvolte anche le chiese che hanno influito così profondamente sulla
cultura europea. Anche per questo non possiamo più permetterci una divisione;
essa non è solo uno scandalo dal punto di vista religioso, ma è insostenibile
anche dal punto di vista culturale e politico. Le chiese, ha concluso il
cardinal Kasper, devono essere perciò le prime a preparare la strada al
processo di riunificazione. In questo modo, esse potranno mostrare nel modo più
efficace che l’Europa si basa su fondamenti cristiani, sui valori della cultura
della domenica, cultura che dobbiamo sforzarci di rinnovare se vogliamo
contribuire al rinnovamento dell’Europa».
Dal congresso eucaristico di Bari, l’impegno della Chiesa
per l’ecumenismo esce senza dubbio rafforzato. Lo si può dedurre anche da
quanto ha ribadito il papa nell’omelia della celebrazione conclusiva. «Proprio
qui, a Bari – ha detto – città che custodisce le ossa di San Nicola, terra di
incontro e di dialogo con i fratelli cristiani dell’Oriente, vorrei ribadire la
mia volontà di assumere come impegno fondamentale quello di lavorare con tutte
le energie alla ricostituzione della piena e visibile unità di tutti i seguaci
di Cristo. Sono cosciente che per questo non bastano le manifestazioni di buoni
sentimenti. Occorrono gesti concreti che entrino negli animi e smuovano le
coscienze, sollecitando ciascuno a quella conversione interiore che è il
presupposto di ogni progresso sulla via dell’ecumenismo. Chiedo a voi tutti di
prendere con decisione la strada di quell’ecumenismo spirituale, che nella
preghiera apre le porte allo Spirito Santo, che solo può creare l’unità».
A. D.