ALLE RADICI DEL VOTO DI CASTITÀ
UNA SCELTA FATTA PER AMORE
La castità è scelta
d’amore che si inquadra nello spazio dell’universale amore creativo e
redentivo di Dio. Va
sostenuta con una ascesi che sviluppa una spiritualità di svuotamento e
conoscenza di sé, un’arte del digiuno e dell’affettività, e una nuova coscienza
dell’apostolato.
La comprensione biblica di Dio è riassumibile in tre
semplici parole: Dio è amore. Dal momento che siamo fatti a sua immagine e
somiglianza, abbiamo la inconscia predisposizione all’amore e perciò al cuore
del nostro essere sta la relazione di innamoramento con Dio. L’uomo è l’evento
dell’assoluta auto-comunicazione di Dio (Karl Rahner). La sfida più profonda
della vita consiste dunque nell’accettare ed esprimere questa realtà che ci dà
fondamento.
A partire da quest’orizzonte affascinante, la carmelitana
Vilma Seelaus propone una interessante riflessione, con una saggezza che ha
radici antiche e sempre nuove, sul voto di castità come chiave di apertura per
l’avventura che ci fa diventare persone mature nell’amore (cf. Ascetism and
chaste celibate love”, in Review for religious, 64.2/2005, pp. 168-176).
Propriamente l’amore di castità è una «chiamata
universale che include sia i coniugati che i celibi». In questo contesto il
voto di castità non è allora solo rinuncia all’espressione genitale del corpo,
ma anche, e soprattutto, scelta di celibato come risposta totale all’amore
incondizionato di Dio: «Come celibi consacrati ci votiamo a esprimere in modo
casto quella relazione d’amore con Dio alla quale sono tutti invitati a
rispondere».
OGNI AMORE
TROVA SPAZIO IN DIO
Una caratteristica fondamentale per rimanere fedeli alla
scelta di castità è la coscienza di essere chiamati all’ascesi. Perciò l’amore
celibatario deve includere l’ascesi: questa affermazione fondamentale porta
l’autrice a sondare innanzitutto il rapporto tra amore umano e amore divino.
«Il celibato per Dio significa che si ha il desiderio di
ricevere l’amore di Dio e di corrispondergli con amore appassionato… Oggi
riconosciamo sempre più quel che i mistici hanno sperimentato per secoli: nel
nostro universo e nel cuore di ogni persona c’è un’energia che come cristiani
identifichiamo nell’amore creativo di Dio».
Questo esattamente significa la visione di Dio, descritta
da santa Teresa d’Avila (cf. Il castello interiore), come un immenso e
meraviglioso palazzo: tutte le cose trovano posto nell’Amore e quindi tutto
l’amore umano diventa una espressione oppure una distorsione di quest’unico
Amore incondizionato che abbraccia la famiglia degli uomini. La nostra vita
insomma si dischiude in Dio! Santa Teresa, a questo proposito, arriva a
scrivere: «Potrebbe il peccatore, forse, impegnato nelle sue azioni malvagie
abbandonare il palazzo? No, certamente no; piuttosto, dentro il palazzo stesso,
cioè dentro la stessa realtà di Dio, prendono posto le cose abominevoli, le
azioni indecorose e le opere cattive commesse da noi peccatori».
Una certa teologia ecologica post-moderna identifica tutto
ciò con l’immanenza radicale di Dio nel mondo e con la sfida umana di prendersi
cura del pianeta terra, il quale in questo modo diventa simbolo-segno del corpo
di Dio. «L’amore casto si estende all’amore di cura per il mondo nel quale
viviamo… Nel comprendere tutto l’amore umano dentro l’ambiente dell’energia
creativa d’amore di Dio, noi comprendiamo che si pone fuori da questa visione
armoniosa la cosiddetta “rivoluzione sessuale”, che cerca il piacere separato
dal genuino amore reciproco. Perfino l’amore auto-centrato, narcisistico
contiene in sé in modo diffuso e distorto le energie dell’amore divino. La
spinta all’unione con Dio, l’unico che può offrire amore senza condizioni,
trova facilmente espressione in modalità diffuse e distorte nel momento in cui
l’amore di Dio stesso non è riconosciuto o addirittura è rigettato».
LE FORME
DELL’ASCESI
La Seelaus a questo punto può affermare che l’ascesi è
proprio il modo con cui il cuore si esercita a ricevere una più grande
abbondanza di amore divino, permettendogli di far fluire più liberamente, per
mezzo nostro, tutte le sue energie verso gli altri. In questo senso allora si
può dire che l’ascesi coincide propriamente, e innanzitutto, col concetto
biblico della rinuncia come svuotamento di sé che tanto posto occupa nella
tradizione carmelitana (cf. Fil 2).
«Lo scopo dell’ascesi è la libertà che tende
all’auto-abbandono e non all’auto-punizione… l’ascesi genuina fiorisce dal
desiderio di radicarsi nell’amore. Si tratta di un’espressione della nostra
volontà di emancipare l’amore dalle sue distorsioni. L’ascesi che conduce
all’auto-abbandono può essere sostenuta solo in una comunione di preghiera con
Dio ed è essa stessa una forma di preghiera. L’auto-abbandono allevia il dolore
interiore in modo che la nostra cocciutaggine possa essere più facilmente
estirpata da Dio, lasciandogli spazio per piantare i semi di una buona volontà.
Si tratta dei semi della vita di Cristo». Infatti Gesù, il totalmente
abbandonato al Padre, è il compassionevole capace di vivere i nostri deboli
amori e di incoraggiarci con il suo stile di vita libero dall’ansia
dell’auto-possesso o dell’auto-affermazione.
Lo svuotamento perciò può essere addirittura peccaminoso
al di fuori della relazione con Dio e con gli altri. Ricordiamo del resto che
c’è in ognuno una tendenza narcisistica, capace di distorcere e minare la
profonda solitudine che rivela la nostra unicità: qui va riconosciuto il
peccato che ci spinge alla separazione totale dagli altri, giocando con
l’interiore illusione di evitare così le inevitabili sofferenze nelle relazioni
d’amore. «Sebbene gli altri ci rimandino alla nostra unicità e ci aiutino a
scoprire doni e potenzialità, essi ci rimandano anche l’immagine delle nostre
inadeguatezze. Mentre ci affanniamo con le esigenza dell’amicizia e
dell’incontro a livello umano, quella relazione scalza i personali miti di
onnipotenza e rivela la nostra finitezza. L’insicurezza che nasce da tale
finitezza è dura da accettare».
Così, le aspettative inconsce su noi stessi e il
confronto con gli altrui talenti (che generano gelosia e competizione) ci
mettono sulla difensiva: ancora una volta l’autrice ci rimanda alla necessità
di affinarsi nell’arte ascetica. In particolare attraverso quella “gentile
vigilanza” che è l’auto-conoscenza: essa aiuta a focalizzarsi esattamente su
quelle barriere emozionali o attitudinali che fanno ristagnare in noi quella
corrente d’amore che parte da Dio per riversarsi su coloro che incontriamo.
L’auto-conoscenza ci permette infatti di comprendere più profondamente
l’immagine di Dio, misericordia e amore incondizionato.
Dio ci accetta così come siamo. Per noi la perfezione
consiste nell’accettare la realtà imperfetta di cui siamo plasmati. L’unica
aspettativa di Dio è che noi ci arrendiamo al suo amore trinitario e che
diventiamo, a nostra volta, amanti appassionati.
Per sostenere lo svuotamento e la conoscenza di sé
occorre però rivisitare anche quella forma tradizionale di ascesi costituita
dal digiuno, il quale deve diventare espressione di adorazione e non di
auto-punizione! «La sensazione di stomaco vuoto ci ricorda che siamo affamati
di Dio, l’unico che può riempirci. Digiunare può essere espressione di lode e
di adorazione verso l’Unico nel quale viviamo e ci muoviamo». Il digiuno però è
anche una forma in cui si manifesta la preghiera di richiesta per rinnovare le
relazioni malate e per distaccarci dalle cose che ci possiedono.
L’APOSTOLATO
DELL’AMORE TRINITARIO
Come si può notare, l’ascesi è nozione ricca e varia. Tra
le sue modalità Vilma Seelaus sottolinea anche quella che va esercitata al
momento in cui si inizia a essere tentati da una intimità genitale. L’ascesi
qui significa impegno per acquisire la capacità “pasquale” di costruire
barriere senza rinunciare al calore della relazione: l’esercizio della scelta
può essere doloroso, eppure proprio in questo è datore di vita. «L’ascesi della
scelta è un incontro con una libertà più grande e profonda e consiste in una
chiamata a crescere nell’amore. La propria sofferenza diventa redentiva non
solo per se stessi e per la persona a cui vogliamo bene, ma anche per tutti gli
altri».
Il vero cuore della Chiesa è dunque, come abbiamo visto,
l’amore che sostiene l’universo e l’umanità. Ogni decisione basata su una
autentica intenzione d’amore ha perciò valore apostolico, dal momento che
manifesta la missione redentiva di Gesù Cristo nella logica della Trinità come
“convivialità delle differenze”.
Per le consacrate e i consacrati si tratta in fondo di
ampliare (globalizzare) la propria comprensione della missione: «Noi
partecipiamo nell’azione creativa di Dio attraverso le scelte che compiamo, e
in questo modo influenziamo inevitabilmente le vite altrui… Perfino la più
piccola delle nostre decisioni è come il proverbiale sasso lanciato nell’acqua,
che crea onde capaci di espandersi in cerchi sempre più ampi…. L’umanità è
legata in una comune corrente di consapevolezza e amore; i movimenti di una
persona, rivolti ad arricchire o a impoverire la vita, coinvolgono
necessariamente tutto il sistema».
In fondo l’ascesi nelle sue più disparate forme è il
desiderio orante che il nostro intero essere sia apostolico, cioè in grado di
offrirsi per la vita degli altri. Diventa un nutrimento della solidarietà
umana, creando una trasmissione sempre più libera della vita divina attraverso
il corpo collettivo dell’umanità.
In questo senso troviamo di nuovo conferma delle
intuizioni dell’esortazione post-sinodale Vita consecrata: «Il riferimento dei
consigli evangelici alla Trinità santa e santificante rivela il loro senso più
profondo. Essi infatti sono espressione dell’amore che il Figlio porta al Padre
nell’unità dello Spirito Santo. Praticandoli, la persona consacrata vive con
particolare intensità il carattere trinitario e cristologico che contrassegna
tutta la vita cristiana. La castità dei celibi e delle vergini, in quanto
manifestazione della dedizione a Dio con cuore indiviso (cf. 1Cor 7,32-34),
costituisce un riflesso dell’amore infinito che lega le tre Persone divine
nella profondità misteriosa della vita trinitaria; amore testimoniato dal Verbo
incarnato fino al dono della sua vita; amore «riversato nei nostri cuori per
mezzo dello Spirito Santo» (Rm 5,5), che stimola a una risposta di amore totale
per Dio e per i fratelli… La vita consacrata, pertanto, è chiamata ad approfondire
continuamente il dono dei consigli evangelici con un amore sempre più sincero e
forte in dimensione trinitaria : amore al Cristo, che chiama alla sua intimità;
allo Spirito Santo, che dispone l’animo ad accogliere le sue ispirazioni; al
Padre, prima origine e scopo supremo della vita consacrata. Essa diventa così
confessione e segno della Trinità, il cui mistero viene additato alla Chiesa
come modello e sorgente di ogni forma di vita cristiana» (21).