UN MISSIONARIO DALLA COSTA D’AVORIO

STRAVOLTA LA VERITÀ DEI FATTI

 

Un esempio lampante del cinismo a cui riescono a giungere certi detentori del potere. Le vittime finiscono col passare come carnefici col beneplacito dei potenti di questo mondo, compresa l’Onu.

 

Dell’Africa purtroppo si parla solo in occasione di stragi e uccisioni, o quando ci sono guerre. Sembra che dobbiamo abituarci a dire che dove c’è guerra, c’è ricchezza, e che la guerra può farla solo, nascostamente o manifestamente, chi ha il potere per farla, per impossessarsi della ricchezza dei poveri, del tutto indifesi davanti alla voracità predatrice, inconfessata – ci mancherebbe altro! – dei ricchi, talmente cinici e spudorati da scaricare il loro «puritanesimo» su quelli stessi che essi spellano. Per noi che viviamo in Africa questa è l’evidenza più brutale e più umiliante, con la quale veniamo a contatto ogni giorno.

In questi ultimi mesi è apparso brevemente sugli schermi della televisione, sulle pagine dei periodici e attraverso le onde della radio, il nome della Costa d’Avorio. E solo perché «un incidente lamentevole» (così lo qualifica la Conferenza episcopale ivoriana in una lettera ai francesi, che mi ha dato l’occasione per redigere questo articolo) delle forze dello stato ivoriano è costato la vita a nove soldati francesi. (Gli altri morti non interessano, non contano, sono nulla. Non esiste quello che non si dà a conoscere. E le morti dei poveri non sono degne di notizia).

Questo lamentevole incidente determinò l’intervento rapido, folgorante, del presidente della repubblica francese, il quale senza previo accertamento di quanto accaduto, del perché, del come, diede ordine alle sue truppe – presenti in una nazione «indipendente» dal 1960 – di distruggere in un’operazione radicale tutta la forza aerea del nemico: un caccia e due elicotteri. Dato che il nemico è chi è, cioè il presidente della nazione L. Gbagbo, democraticamente eletto, fu anche distrutto l’aereo presidenziale e fu bombardato anche il suo palazzo a Yamoussoukro. Non paghi di questo, i militari francesi hanno aperto il fuoco su quanti si sono riversati sulle strade per manifestare il loro appoggio al presidente: «Bambini, giovani, donne, a mani vuote – disarmati – che non cercano altro se non la pace e la riunificazione del loro paese». I vescovi ivoriani aggiungono qui: «Sono numerosi coloro che hanno incontrato la morte o sono stati feriti». Gli incaricati dell’ONU, al servizio dei grandi – «la grandeur de la France»! – con il loro direttore Koffi Annan in testa, si affrettano a dichiarare come unico responsabile il governo legittimamente costituito, facendo schioccare la frusta delle minacce: fare più poveri gli ivoriani con embarghi mortali.

Non so se gli italiani sanno qualcosa di più di questo argomento, sempre debitamente filtrato per non macchiare l’onore delle truppe francesi (e del contingente dell’ONU) a cui i vescovi ricordano con un accento d’ironia e profondo dolore, tanto profondo quanto la loro impotenza: «A nostro avviso la missione ufficiale delle “forze Licorné” (nome di battesimo del contingente francese) è di cooperare alla riunificazione del territorio ivoriano e non di seminare la morte e la desolazione nel nostro paese». Chiedono nel contempo al governo francese se sua «intenzione inconfessata» è destabilizzare la Costa d’Avorio e ridurla nuovamente allo stato di colonia francese.

 

UNA GUERRA

IMPOSTA

 

Senza dubbio è praticamente questo che segnala una lettura onesta della storia della «guerra imposta» ormai già da due anni alla Costa d’Avorio. Per convincersi è sufficiente che il lettore presti attenzione al semplice racconto dei fatti più salienti, prima e dopo la «guerra imposta» a dieci anni dalla morte del presidente fondatore, ben tutelato dalla Francia fino alla sua morte.

L’attuale presidente della Costa d’Avorio si è trovato alle prese con la guerra «imposta» a due anni dalla presa di possesso del suo incarico. «I ribelli» di allora sono oggi «la Forza Nuova». Non hanno dubitato, per bocca del loro capo politico (?) Soro, ex fervente seguace dell’attuale presidente, di confessare apertamente, con le parole e con i fatti, di essere sostenuti dalla Francia. Il suo delfino, intronizzato nonostante il parere contrario dell’opinione pubblica come suo candidato alla presidenza, è Ouatara, del quale gli imam islamici hanno pubblicamente dichiarato di avere offerto una buona somma di milioni di franchi perché diffondesse l’idea che si trattava di una guerra fra cristiani e musulmani. La guerra in realtà non aveva altro obiettivo se non di rovesciare il presidente. Posso dire in fede di non avere letto né sentito mai altra motivazione. Un alto politico straniero raccontò a un gruppo di noi missionari che alla scaletta dell’aereo che riportava il presidente dal suo viaggio in Italia quando si scatenò l’attacco ribelle, si avvicinò l’ambasciatore francese con il seguente saluto: «Signor presidente, per il bene del suo paese, rinunci alla presidenza».

Sono passati quasi due anni di questo assurdo, incomprensibile e atroce castigo, al quale hanno sottomesso un paese, dividendolo in due, degradandolo ancor più nella sua povertà, causando numerosi morti e un non minor numero di sfollati dalla parte occupata dalle forze ribelli, nella stragrande maggioranza formate da mercenari della guerra. Mi permette il lettore un breve elenco di fatti che offendono la ragione più brutale e insensibile davanti ai rivoli di sangue umano?

 

UN’INFORMAZIONE

A SERVIZIO DEL POTERE

 

Certamente il governo francese non si è opposto né tanto meno ha mai esautorato i ribelli. Perché fare la guerra per destituire un presidente democraticamente eletto, contro il quale non si può addurre nessuna ragione che «possa giustificare» la guerra civile, tanto più che avrebbero potuto farlo con una mozione di censura? Ben lungi da questo, aggiogati i partiti – per opera di chi? – al carro dei ribelli, riuniscono i loro rappresentanti nei dintorni di Parigi e si accordano, tra altre lusinghevoli promesse, che faranno parte del governo della nazione tre ribelli. Agli stessi si assicura un’amnistia generale, una volta riunificato il paese (salvacondotto sul quale hanno contato per continuare a uccidere impunemente, come risulta dalle fosse comuni trovate dalla commissione investigatrice dell’ONU nella parte controllata dai ribelli).

A partire da questo il lettore potrà farsi un’idea più esatta dell’«imparzialità» dell’ONU –- non parliamo poi della presa di posizione inequivocabile a favore del governo democraticamente costituito! – soprattutto se si tiene conto che il presidente aveva indirizzato all’ONU per tre o quattro volte una lettera, chiedendo un’inchiesta su ciò che stava accadendo dall’inizio della «guerra imposta». Non ottenne alcuna risposta.

Il 24 di marzo dell’anno scorso i ribelli inscenarono una manifestazione ad Abidjan, sede del governo, e per tanto dentro il territorio controllato dallo stesso. Nonostante fosse stata proibita dal governo, non si poté impedire, e vi furono scontri e morti. I ribelli e i partiti politici legati a essi si sono uniti per coprire e dissimulare le loro azioni di fronte all’opinione pubblica, allo scopo di far apparire «legittimo» l’assalto al potere; poi, come loro abitudine, hanno sbandierato il «loro» numero di morti. Ma la cosa più oscenamente ingiuriosa e denigrante è che in questo caso subito è arrivata una commissione d’inchiesta dall’ONU, propiziata dalla Francia e dai suoi accoliti, evidentemente per scaricare tutta la responsabilità sul presidente del governo. I risultati furono pronti in meno di dieci giorni e, prima che fossero consegnati all’ONU, vennero letti e «commentati» dalla radio e televisione internazionali di Francia! Tutto lascia pensare che il documento sia stato redatto prima che gli «investigatori» facessero il loro lavoro. A quelli che non accettarono in quel momento la lettura e le interpretazioni che i mezzi di comunicazione francesi fecero di questo «documento», consiglio di rintracciarlo... per accertarsi fino a che punto arriva la sfacciataggine informativa di alcuni «professionisti» al servizio del potere. Che io sappia, sulle fosse comuni trovate in suolo ribelle si è conservato un ignominioso silenzio. Vietano di parlarne gli interessi della voce del padrone!

Fino a quando saremo sottomessi a questo capovolgimento delle parti, che il presidente Gbagbo stigmatizzò presso il quartier generale dell’ONU, e che sintetizzo così a servizio della verità: da vittime ci hanno fatto passare per  carnefici? Fino a quando abbandoneremo la nostra responsabilità in mano dei voraci depredatori dei poveri?

 

Maximiliano Herraiz Garcia,

missionario in Costa d’Avorio