LA CHIESA RIPRENDE IL CAMMINO

AL LARGO VERSO IL MONDO

 

Le condizioni dei diversi continenti pongono

alla Chiesa una quantità di sfide. Anche i problemi della post-modernità attendono risposte, in particolare in relazione alla bioetica, alla difesa

della vita e della dignità umana e al relativismo morale sempre più diffuso.

 

La “barca di Pietro” ha ripreso a spingersi al largo, con al timone il nuovo pontefice, Benedetto XVI. Ha davanti a sé un’umanità di 6.221.894.000 persone, secondo i dati più recenti disponibili, di cui soltanto poco più di un miliardo cattolici. Per usare un’immagine del Vangelo, si tratta di una messe enorme che supera ogni possibilità umana.

Ma se si trattasse solo di numeri la preoccupazione, pur grande, sarebbe meno assillante. Ciò che esige il massimo dell’impegno è trovare le vie più adatte per annunciare oggi il Vangelo a un mondo dove i problemi che aspettano una risposta tendono a moltiplicarsi. Cosa vuol dire “andare al largo” in una situazione così vasta e complessa? Quali realtà si profilano all’orizzonte all’inizio del pontificato di Benedetto XVI?

 

UNA VISIONE

PER CONTINENTI

 

Qui possiamo procedere quasi solo per accenni che meriterebbero di essere poi approfonditi, non solo per una migliore conoscenza di carattere informativo, ma soprattutto perché dobbiamo sentire nostre le situazioni davanti alle quali si trova la Chiesa e diventare oggetto costante di preghiera, come ha chiesto anche Gesù: «Pregate il padrone della messe... », e di quotidiano impegno apostolico.

 

– L’Asia: con i suoi 3.800.110.000 di abitanti è il continente dove vive attualmente più della metà della popolazione mondiale. Il cristianesimo, pur essendo nato in questo continente non raggiunge complessivamente il 3% . I cattolici, stando sempre ai dati più aggiornati, sono 110.234.000, pari al 10,4% dei cattolici di tutto il mondo.

L’Asia, come è noto, più che un continente è un insieme di continenti date le diversità etniche, religiose, culturali, politiche e socio-economiche che lo caratterizzano. È anche il continente delle grandi religioni quali il buddismo, l’induismo, il confucianesimo, l’islam... che costituiscono una grande sfida alla Chiesa e alla sua missione evangelizzatrice.

Nell’enciclica Redemptoris missio del 1990, Giovanni Paolo II aveva indicato questo continente come l’area dove più urgente è l’impegno missionario. Aveva detto: «Verso il continente asiatico, in particolare, dovrebbe orientarsi principalmente la missione ad gentes...».

All’Asia è stato dedicato il sinodo speciale dei vescovi del 1998, al quale hanno partecipato anche le antiche chiese del medio oriente. Per circa un mese  184 tra cardinali e vescovi si sono confrontati sui problemi e le sfide della Chiesa in questa parte del globo. Giovanni Paolo II, raccogliendo poi ciò che era emerso, nell’esortazione apostolica Ecclesia in Asia ha sottolineato la necessità che la Chiesa trovi nuove vie per un’evangelizzazione che sia “asiatica” cercando di sintonizzare il Vangelo con la realtà culturale della gente. Fa parte di questa evangelizzazione “quale sfida irrinunciabile” un rinnovato impegno per la difesa dei diritti umani e la promozione della giustizia e della pace. Inoltre quell’atteggiamento compassionevole che porta a farsi carico delle situazioni che coinvolgono le fasce dei più deboli, che in Asia sono enormi: la famiglia, definita l’istituzione più in pericolo, la condizione delle donne, dei giovani, dei lavoratori e dei rifugiati. Il sinodo ha sottolineato anche l’esigenza del primato della spiritualità, in un ambente dove questa gode di grande considerazione; inoltre il riconoscimento che lo Spirito Santo è stato all’opera anche nelle mente e nei cuori degli antichi saggi di cui è ricco il continente. Di qui la necessità di accettare la sfida del dialogo interreligioso, inteso non tanto come una discussione sui rispettivi sistemi di credenza, quanto come  un pellegrinaggio umano e spirituale in cui il cristiano sente di dover offrire la propria testimonianza agli altri interlocutori. Giovanni Paolo II, guardando a questo continente, aveva scritto. «Vedo schiudersi un nuovo e promettente orizzonte in  Asia, dove Gesù nacque e dove ebbe inizio il cristianesimo».

 

– L’Africa: per la Chiesa è il continente della speranza. Attualmente conta 852.836.268 abitanti. I cattolici sono in tutto 140.806.837, pari  a circa 13% della popolazione (dati del 2004). A questo continente è stato dedicato il sinodo del 1994, a cui è seguita la lettera apostolica Ecclesia in Africa. Un altro sinodo è stato annunciato – a dire il vero un po’ inaspettatamente – da Giovanni Paolo II, ma bisognerà ora attendere le decisioni del nuovo pontefice.

L’Africa è un continente afflitto da problemi enormi nel campo socio-politico e lasciato ai margini dal resto del mondo, salvo che per lo sfruttamento e le rapine delle sue enormi ricchezze. È il continente dove imperversano guerre locali di ogni genere, dei continui colpi di stato, della povertà, delle malattie, tra cui quella devastante dell’Aids, ecc.

Giuseppe Caramazza, comboniano, direttore di New People (Nairobi) scrive (SIR 20 aprile 2005) che per la Chiesa i problemi da affrontare sono quelli comuni a tante altre comunità: in primo piano egli pone la formazione dei sacerdoti, la catechesi, l’inculturazione della fede. Circa la formazione dei sacerdoti osserva che  spesso i seminari diocesani e nazionali sfornano preti che non hanno avuto un’adeguata formazione umana, non hanno potuto  contare su un discernimento riguardo al loro ministero e non sono stati esposti ad esempi di servizio ministeriale dedicato alla gente: «Ne risulta spesso che i giovani sacerdoti perdono velocemente la voglia di essere presenti tra la gente e si rifugiano in atteggiamenti che non aiutano il dialogo con le comunità cristiane».

Aggiunge che la catechesi e l’inculturazione rimangono i grandi problemi irrisolti. Purtroppo, sottolinea, anche se è indelicato dirlo, «gli sforzi maggiori per giungere a una inculturazione della fede in Africa non vengono dal clero locale, ma dal mondo missionario. Inoltre l’approccio è ancora troppo dall’alto in basso. Eppure una vera e propria inculturazione della fede può essere fatta solo da africani. Purtroppo mancano spesso gli strumenti necessari a una riflessione seria. Così si finisce col rifugiarsi nel preparare delle danze liturgiche e confezionare paramenti di “sapore” africano illudendosi di aver compiuto un’opera di inculturazione».

Ora si guarda al nuovo sinodo. L’auspicio è che possa essere celebrato in Africa e con il coinvolgimento della chiesa africana. Fra le principali attese vi è il desiderio di vedere i laici maggiormente coinvolti in prima fila nella gestione delle comunità, pronti a dare il loro contributo qualificato alla vita della Chiesa, con l’istituzione anche di ministeri appropriati.

 

– America latina: anche questo continente, che assieme all’America del nord conta 857.783.000 abitanti e un numero di cattolici pari a 534.339.000, guarda avanti verso la nuova assemblea generale dei vescovi che dovrebbe aver luogo a Roma, nel febbraio del 2007. Sarà appunto la quinta dopo quella di Rio de Janeiro (1955), Medellin  (1967), Puebla (1979) e Santo Domingo (1992).

L’America latina dal punto di vista ecclesiale è un continente molto vivace che si attende molto dal nuovo pontefice. Numerose sono le sfide davanti alle quali si trova. Una recente analisi del Celam (Consiglio episcopale latino americano) ne ha elencate sette, legate al problema della globalizzazione: in senso della gratuità, l’esigenza di ricuperare il senso della vita, di cercarne il senso religioso nel presente e di ricostruire i vincoli di appartenenza e di responsabilità sociale; la formulazione di un’etica che sia profondamente umana e di cambiare il suo orientamento di base, stabilire un dialogo con il mondo della scienza e della tecnica.

Dal papa la Chiesa attente un aiuto per discernere i segni dei tempi e dare ad essi risposte adeguate. È una Chiesa inoltre desiderosa di conservare la propria identità. In vista dell’assemblea questioni pastorali di rilievo saranno la distanza tra la pratica religiosa e la testimonianza cristiana nella vita sociale e personale, la proliferazione disgregatrice delle sette e dei movimenti spirituali, spesso molto aggressivi verso la Chiesa cattolica e il problema della formazione.

È sentita inoltre l’esigenza di una pastorale organica, vicina alle famiglie e alle comunità, che sia in grado di unire insieme la pratica liturgica e la testimonianza della carità. Da Benedetto XVI, scrive Guido Miglietta dell’Ufficio America latina e Caraibi, della Caritas italiana, ci si attende perciò una linea forte, trainante, che stia vicino alla chiesa latinoamericana, alle sue speranza e al suo ottimismo, una Chiesa dalle porte aperte e con innumerevoli richiami alla giustizia e alla solidarietà in favore della vita. Una Chiesa infine, strumento di riconciliazione e vicina ai poveri: indigeni,emigranti, sfollati, operai, esclusi, malati e tutti coloro che soffrono e riconosca i suoi figli martiri, tra cui alcuni vescovi, tra cui Oscar Romero, del Salvador, e il colombiano  Duarte, assassinato nel 2002, oltre ai tanti fedeli, sacerdoti, catechisti, molti dei quali sconosciuti, che hanno dato la vita a causa di Cristo e del Vangelo.

 

– America del nord: è un’area dove la Chiesa sta attraversando un periodo difficile a causa dello scandalo degli abusi sessuali e della pedofilia, e dove è diffusa la secolarizzazione. Le domande di questa chiesa sono sostanzialmente le stesse che si sentono in Europa: l’identità cattolica, la capacità di testimoniare la fede nelle scuole, negli ambienti di vita e di lavoro, la formazione dei laici e dei seminaristi. Senza dimenticare le frontiere della bioetica e delle nuove tecnologie. Inoltre il problema della globalizzazione e della solidarietà con i più deboli e svantaggiati, e quelli relativi alla testimonianza di fronte alle scelte politiche e sociale del paese più ricco potente del mondo.

 

– Europa: 702.083.000 abitanti, di cui 280 milioni circa di cattolici. I problemi in questo nostro continente sono ben noti perché a noi più vicini e analizzati in ben due sinodi dei vescovi –  il primo nel 1991 e il secondo nel 1999: la secolarizzazione e la progressiva scristianizzazione; il relativismo morale e i problemi inerenti alla cosiddetta post-modernità, la ferita della divisione dei cristiani, il pluralismo religioso e la collaborazione tra le varie religioni, i nuovi sviluppi delle scienze e della bioetica, con il relativo problema della difesa della vita in tutte le sue fasi e della dignità della persona umana, la definizione di ciò che è bene e ciò che è male, di fronte a una cultura che spesso ne ha stravolto il senso, la necessità di ricostruire il tessuto cristiano di un continente che vuole costruirsi ignorando le sue radici... A tutto questo si può aggiungere il calo delle vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata, proprio  in un momento in cui crescono i bisogni e le sfide.

La nuova evangelizzazione rimane quindi per l’Europa, la priorità già indicata da Giovanni Paolo II, a cui Benedetto XVI dovrà dare nuovo incremento e slancio.

 

Oceania: un continente con 31.402.000 abitanti di cui 8.399.000 cattolici. Luca Pirone, della diocesi di Adelaide (SIR 20 aprile) scrive che, mentre l’Australia sta assumendo un ruolo sempre più importante sulla scena politica mondiale, dal punto di vista pastorale ha bisogno anch’essa di una nuova evangelizzazione. L’annuncio cristiano infatti si trova davanti a nuove sfide a livello politico, sociale, economico e culturale. Mentre il servizio caritativo è molto ben organizzato e strutturato, sul piano dell’annuncio della fede occorre invece una catechesi più approfondita; inoltre si sente il bisogno di una preparazione più profonda anche dal punto di vista teologico e a livello universitario soprattutto per i laici.

C’è poi il problema della crisi della famiglia, che qui non è mai stata il perno della società; inoltre la questione degli aborigeni per il riconoscimento dei loro diritti, il dialogo tra le religioni, formare le coscienze ai problemi della pace e della giustizia, promuovere iniziative di dialogo e progetti per lo sviluppo economico e sociale delle popolazioni che vivono in condizioni di povertà e analfabetismo. Anche per questo continente, come si ricorderà, è stato tenuto un sinodo speciale dei vescovi nel 1998, le cui conclusioni sono raccolte nell’esortazione apostolica Ecclesia in Oceania.

 

UNA SERIE

DI ALTRE SFIDE

 

La realtà appena descritta indica chiaramente che il primo grande impegno a cui la Chiesa deve far fronte è l’evangelizzazione. Si tratterà ora di imprimere ad essa quel nuovo slancio e quell’ardore, preconizzati da Giovanni Paolo II, e che Benedetto XVI si è già impegnato a sostenere. Il problema non è solo di raggiungere quei miliardi di persone che non hanno ancora accolto il messaggio del Vangelo, ma anche di combattere contro quel relativismo di cui ha parlato il papa fin dai primi giorni del suo pontificato.

Tra le sfide più importanti, in primo luogo, forse la più insidiosa, è il diffondersi del materialismo pratico, anche là dove finora non era arrivato, sostenuto da un liberalismo senza regole e senza freni, dove Dio e la religione diventano sempre più marginali e insignificanti. La conseguenza più tangibile è la secolarizzazione e la riduzione della dimensione religiosa al privato. È questa la realtà più diffusa nel mondo occidentale e nelle regioni dove un tempo il cristianesimo era fiorente.

Una seconda è l’impegno per la difesa della vita e dei diritti umani. Nel mondo d’oggi si nota un regresso in questo campo. Anziché progredire verso la promozione della vita, l’umanità sembra andare verso una cultura della morte, le cui manifestazioni più tangibili sono le guerre, l’aborto, l’eutanasia e le derive di una scienza, soprattutto nel campo della bioetica, che sembra non voler accettare nessun limite alla ricerca e nessuna legge morale, come possiamo costatare anche dall’attuale discussione sulla procreazione assistita anche qui in Italia in vista dei referendum.

Un altro campo aperto è quello dei costumi e della famiglia, per l’affermarsi di una mentalità individualista in cui ognuno diventa legge a se stesso, con  la compiacenza di una legislazione sempre più accomodante (convivenze, matrimoni di fatto, “matrimoni” gay e un allargamento del concetto di famiglia che praticamente giunge alla sua distruzione).

Un problema enorme è anche il continuo allargarsi del divario tra paesi ricchi del nord e i paesi poveri, in gran parte nel sud. È una situazione destinata non solo a suscitare nuovi conflitti e nuove guerre, ma anche ad abbandonare  gran parte dell’umanità alla miseria con tutte le conseguenze che ne derivano: malattie  di ogni genere, altissima mortalità infantile, migrazione dovuta spesso alla disperazione, distruzione del tessuto culturale e sociale di tanti popoli condannati a vivere ai margini del progresso e all’insignificanza sul piano internazionale. Ad aggravare queste situazioni coopererà in gran parte anche il nuovo fenomeno di una globalizzazione sempre più aggressiva, destinata a lasciare dietro di sé un numero ancora più grande di poveri, i quali non hanno né le forze né gli strumenti e le risorse per difendersi.

Di qui l’altro problema della difesa e la salvaguardia della natura sempre più depredata in nome di un’economia la cui unica legge è la crescita a tutti i costi. Alla fine, la natura, le cui ricchezze non sono inesauribili, finirà col ritorcersi contro l’uomo, come già se ne intravedono i segnali (inquinamento, riscaldamento del pianeta, avanzata della desertificazione, cambiamenti climatici ecc.).

Per la Chiesa c’è poi tutto il vasto campo della promozione della libertà, della pace e della giustizia tra i popoli, della libertà religiosa e della riconciliazione, della “globalizzazione” della solidarietà, come diceva già Giovanni Paolo II, del superamento dei fondamentalismi e del conseguente fenomeno del terrorismo...

Se a tutte queste sfide si aggiungono i problemi a cui più volte abbiamo accennato, come l’ecumenismo, il dialogo interreligioso, l’incontro con le civiltà e le culture, oltre a quelli che toccano più da vicino la nuova evangelizzazione, possiamo comprendere quanto sia grande la responsabilità della Chiesa nel mondo d’oggi e la missione affidata a Benedetto XVI. Per questo fin dall’inizio del suo pontificato, egli ha chiesto aiuto, consigli e soprattutto preghiera, sapendo che, da solo, senza questi sostegni non può fare nulla.

 

A. Dall’Osto