L’AVVENTURA DI LASCIARE TUTTO

 

Chi si affida a Dio che chiama viene messo in cammino lungo una strada

tutta da scoprire, che risulta incerta, ma apre prospettive nuove

e rende possibile la totale libertà dei profeti.

 

La posizione di Abramo ha il suo fondamento nella chiamata di Dio all’avventura di lasciare tutto  e diventare itinerante.

Il ciclo della storia di Abramo nel libro della Genesi è tra i più ricchi e tra i più belli di tutta la Scrittura, una delle parti più meditate e più gustate nella tradizione giudaica, cristiana e islamica.

La catechesi biblica sia vetero che neotestamentaria considera Abramo come un uomo itinerante che ha compiuto una duplice migrazione, spirituale oltre che storica e materiale.

L’itinerario prende la totalità della vita di Abramo, la totalità della sua persona.

Particolarmente istruttivo è l’oggetto della fede.

Dio non ha chiesto ad Abramo né la quadratura del cerchio né ardite escursioni spirituali nel soprannaturale.

Gli ha invece promesso luoghi di pascolo e una discendenza, cose ugualmente desiderate da uno sceicco beduino, si è aspettato da lui che in questo programma di itineranza gli si accostasse con fede piena e fosse convinto che con ciò erano state gettate le fondamenta per il futuro, un futuro che significa la salvezza dei popoli.

La parola di Dio è contemporaneamente promessa di un futuro, dischiuso dal Dio che chiama all’itineranza, il Dio compagno di viaggio, un Dio che non è legato ai luoghi di culto bensì solo agli uomini, oggetto della sua promessa e della sua protezione.

Questa fiducia e questa apertura verso la chiamata che invita a camminare è fede, come Gen 15,6 testimonia a proposito di Abramo: «Abramo credette a Jhwh che glielo ascrisse a giustizia».

Questa fede dinamica di Abramo e dei gruppi nomadi nella guida e nel futuro di Dio rimane un elemento molto accentuato e determinante della fede di Israele anche nel periodo della sedentarietà.

La Terra promessa rappresentava sì l’adempimento delle promesse, ma nella fede di Israele Dio è il Dio della promessa che trascende tutti gli adempimenti sperimentabili e non si esaurisce in alcuna realizzazione storica.

Camminare nella fede come Abramo significa compiere coraggiosamente un atto di fiducia assoluta.

La qualifica di nomade non è in grado di spiegare perché Abramo abbia abbandonato la sua patria Ur, nella Caldea, perché abbia sciolto tutti i legami politici, sociali e religiosi e sia andato incontro a un futuro incerto.

Che cosa lo ha spinto, che cosa ha fatto di lui l’arameo errante di cui parla Dt 26,5?

Abramo stesso ha visto in ciò la guida di Dio, ha visto in sé un chiamato a camminare, cioè non è riuscito a scoprire alcun motivo plausibile per la sua decisione (scarso guadagno, fame, ostilità, desiderio di avventure) e l’ha interpretata alla luce di Dio.

Il popolo pellegrinante ha sperimentato Dio come il Signore del tempo e della storia, che non è possibile fissare, né localizzare.

Egli è il Signore sovrano, che nella sua tenda (mobile) e nell’arca (mobile) dell’alleanza possedeva i simboli della sua non manipolabilità e del suo perenne essere in cammino, e che teneva davanti agli occhi degli uomini affinché imparassero dalla sua mobilità.

Chi si affida al Dio che chiama viene messo in cammino lungo una strada che va prima scoperta, che risulta incerta, che apre nuove prospettive, che rende possibile e necessaria la libertà creatrice dei profeti.

Il credente è l’uomo che apre nuove prospettive rinunciando a ogni tipo di sedentarietà anche a quella spirituale, ideale e religiosa, e che si apre all’oggi e al domani.

Egli non è in grado di affrontare i problemi e le situazioni con una teoria preconcetta, ma è piuttosto costretto a cercare da capo la giusta via, a prendere nuove decisioni e ad assumere nuove responsabilità ogni giorno.

Il credente che concepisce la sua mobilità come la realizzazione della sua umanità genuina diventa capace di portare un valido contributo ai movimenti e alle trasformazioni socio-ecclesiali e di indirizzarli.

 

Luigi Padovese

da Pellegrini e forestieri, EDB 2004.