LA VITA CONSACRATA SI INTERROGA

CHE COSA DEBBO FARE?

 

I nostri fondatori hanno espresso in modo trasparente la tenerezza di Dio. Oggi da essi dobbiamo imparare la creatività nell’esprimere questa attitudine di Gesù con parole nuove, perché non bastano più quelle del tempo della sacralità. La vita consacrata è chiamata ad ascoltare gli appelli di Dio nella storia attuale.

 

Che cosa debbo fare per avere la vita? Questa è la domanda che uno scriba ha fatto a Gesù. Oggi la stessa domanda se la pone la vita consacrata. È doverosa la domanda perché le risposte del Signore, sono sempre all’interno di un dato contesto culturale e storico. Faccio riferimento allo scriba perché  nel recente congresso internazionale sul rinnovamento della VC si è fatto leva proprio su questa sua domanda per introdurre la parabola del samaritano, quale icona della vita consacrata oggi. Scriba era colui che conosceva tutta la legge della quale metteva in pratica le molteplici norme; conosceva il contenuto dell'amore di Dio ma non sapeva tradurlo sul piano dell'esistenza.

Nell’incontro internazionale di riflessione c'è stato l'invito a prendere le distanze da lui: cioè dall'esperto delle cose di Dio il cui terreno è quello della teoria e che domanda risposte teoriche perché chiuso negli spazi della legalità e conosce il prossimo attraverso l'erudizione1. Ma ciò che lo scriba sapeva, non gli ha dato la vita che cercava. Alla domanda di come avere la vita oggi, la riflessione dell'assemblea si è fermata su due racconti quello della samaritana e del samaritano; dunque su due scene che «si svolgono in spazi profani e di intemperie, fuori dal riparo di centri di sicurezza quali il tempio e ciononostante si presentano come luoghi privilegiati di incontro con Dio» (id.). Una cosa evidente nei due racconti è quella di rompere le tante paure attuali che ha la VC, per parlare narrando storie come quelle della samaritana e del samaritano e non solo esponendo teorie2.

La samaritana nel primo momento rappresenta coloro che cercano la vita nelle tradizioni degli antenati i quali pensano di dare risposta alle "seti" attingendo ai propri pozzi. Nel secondo momento invece, la samaritana è colei alla quale viene rivelato che il luogo sacro dell'incontro con Dio è dentro di sé e non fuori e viene a dirci che discepolo è colui che incontra il Gesù che supera le frontiere (i discepoli ne sono rimasti scandalizzati); che il discepolo è colui che parla di Gesù non perché altri gli hanno parlato di lui ma perché personalmente l'ha incontrato e se ne è innamorato e ora lo annuncia non per convincere ma per condividere una gioia.

Attraverso il samaritano, poi, Gesù invita a non concentrarsi unicamente su se stessi o sulla propria perfezione, ma nel rapporto con gli altri. La relatrice che ebbe maggior consenso nel Congresso sulla VC[i] ebbe a dire che il samaritano non sembra possedere molte risorse, è un eretico e scismatico, non appartiene a nessuna organizzazione che lo sostenga e gli garantisca prestigio o influenza. La preoccupazione per la vita dell'altro in pericolo viene prima dei suoi piani e fa emergere il meglio della sua umanità che consiste in un cuore che entra in consonanza con il bisogno del prossimo. «Sconvolgente il confronto tra il samaritano e il levita e sacerdote giudaico; le loro vite mi sembrano obsolete e sterili, si esprimono in una lingua che non parla più, li vedo vittime di costumi morti e freddi, adeguati a convenzionalismi esterni, mercanti di un parlare vuoto, professionisti atei del discorso su Dio. Ho capito perché nel racconto di Gesù, sono passati oltre dinanzi all'uomo mezzo morto: il loro cuore era atrofizzato e insensibile, incapace di reagire di fronte all'inaspettato e di liberarsi dai meccanismi abituali e di routine. Avvolti in vecchie ortodossie conoscevano il comandamento di amare il prossimo, ma la loro testa non era collegata al cuore» (id).

Il samaritano si propone a noi come un viaggiatore che scende da cavallo per inventare gesti di tenerezza.

 

ASCOLTARE

DIO NELLA STORIA

 

Quali sono le possibili deduzioni atte ad alimentare la nostra riflessione?

«Dio non fa preferenze di persone, ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga è a lui accetto» (At 10, 34-35).  Dunque «esperto delle cose di Dio è colui che fa e non colui che sa» (id). «Vari elementi dei personaggi presi in considerazione mettono in evidenza innanzitutto i pregiudizi dei discepoli e poi la rigidità legalista del sacerdote e del levita che sono richiamati come avvertimento contro il pericolo di possibili ipocrisie» 4. «E se avessimo il coraggio di riconoscerci anche nel personaggio dello scriba, lontano dal rumore della vita che passa fuori e lontano dalle lacrime e speranze di coloro che vivono e muoiono nelle periferie del nostro mondo?» 5

«La sacralità della nostra vocazione è riposta nella capacità di creare reti samaritane di comunicazione che sveglino le coscienze dell'umanità»(id). Come evitare che l'avventura che un giorno abbiamo intrapreso, nata da un innamoramento per il Signore e il suo Regno, possa deviare verso una tiepida moderazione e si trasformi in un noioso adempimento di costumi?

I personaggi delle due scene «sono chiamati a una nuova creazione e dinanzi a loro si presenta un'alternativa: rimanere nelle loro convinzioni e conoscenze, continuando a cercare l' acqua viva e la giustificazione nei pozzi asciutti delle loro usanze o scegliere la "vita". Nei due racconti c'è un passaggio da un modo di pensare e giudicare ad un altro; da determinate convinzioni ad altre. Deve forse crescere lentamente in noi l'intuizione che la vita che cerchiamo non è legata esclusivamente a tempi, riti, edifici o costumi» (id), ma a quella parola nella quale Gesù ha messo tutta la forza del suo racconto: la compassione. 

I nostri fondatori e fondatrici sono certamente stati uomini e donne che hanno espresso in modo trasparente la tenerezza di Dio. E non soltanto loro: un ateo, Godler, diceva: credo non ci siano persone che nel bagaglio dei loro ricordi più cari non conservino il gesto o il sorriso di una religiosa o un religioso. Oggi però dai fondatori dobbiamo imparare la creatività nell'esprimere questa stessa attitudine di Gesù con parole nuove, perché non bastano più quelle usuali del tempo dalla sacralità. Per la vita consacrata si tratta di rendersi capace di ascoltare gli appelli di Dio nella storia attuale perché la proposta missionaria della "Buona Notizia" richiede una grande forza comunicativa, possibile soltanto a coloro il cui orizzonte è la contemporaneità: da qui la possibilità di riacquistare la capacità fecondativa.

 

VAI ANCHE TU

MA PER QUALE PROGETTO?

 

A questo punto viene spontaneo chiedersi quanti e quali siano i giovani destinatari dell'invito Vai e anche tu fa lo stesso, e che a questo progetto intendano consacrare la propria esistenza. Riporto sintetizzando, commentando e implementando quanto, nel convegno, è stato detto circa le vocazioni. Innanzitutto una panoramica sui vari continenti, per mettere in luce il fatto che alcuni fenomeni a motivo della omogeneizzazione culturale (globalizzazione), ha o avranno, in quanto a difficoltà, il trend europeo.

In Oceania molte sono le vocazioni giovanili ma le motivazioni sono spesso legate alla promozione sociale e alle possibilità culturali che la VC offre. In Asia il sistema neoliberista sta prendendo piede con pesanti influssi sulle nuove vocazioni.

In Europa – è stato variamente detto – i religiosi/e sono visti come professionisti più che profeti. Le strutture sono rigide e la cultura è clericale e immobilista. Gli antichi carismi faticano a trovare il loro posto, specialmente perché continuano a fare, nella sostanza, ciò che sempre hanno fatto. Nel contempo – ed è un dato promettente – stanno nascendo altri tipi di VC che ne spostano le caratteristiche e configurano una nuova esperienza.

In America Latina le vocazioni, specialmente femminili, non mancano, ma la perseveranza è altamente precaria. Anche qui l'impegno possibile è quello di lavorare a piccole utopie realizzabili, guardandosi dagli atteggiamenti delle istituzioni che non facilitano il rinnovamento. La dipendenza dal modello lineare e unidimensionale europeo non è più accettato. Si diffida di esso perché incapace di passare dall’unità uniformata all’unità diversificata.

In Africa: manca una riflessione della VC africana, che non potrà essere quella europea se vorrà esserci nel futuro: è la grande sfida di questi anni a venire. Quanto è stato detto dell'Africa e dell'America Latina è estensibile a tutti i continenti: un forte malessere con ricaduta vocazionale nasce dall’inadeguatezza del modello di trasmissione culturale.

C. Bissoli facendo la cronaca su Settimana di un convegno CISM sul contributo alla pastorale da parte degli istituti scriveva: «Conosco delle comunità religiose nelle quali, vivessero a Roma, a New York o a Kinshasa, apparirebbe quasi indifferente il loro stile di vita, tanto è scollato dagli ambienti in cui si trovano. Infatti è vero che il "centro" fatica a innovare creativamente il proprio metodo di trasmettere il carisma in relazione al diverso contesto delle diverse aree geografiche.

Il modello lineare e unidimensionale di ieri, giusto o sbagliato che fosse, aveva maggiore rispondenza di oggi. Era il tempo in cui il centro era un modello che riuniva oltre agli aspetti carismatici, tutti gli aspetti culturali, od organizzativi della vita. Oggi, invece, varie funzioni che erano attribuite al centro sono proprie delle periferie, o per meglio dire i centri sono diventati tanti quanti sono i territori. L’identificazione del “territorio” va fatto  non portando l'attenzione prevalente sui suoi bisogni e problemi, ma sulle potenzialità dei religiosi/e inseriti nel proprio contesto vitale. Di conseguenza si tratta allora di rinunciare a un desiderio di uniformare l’altro a un modello esterno e di attivare processi di consapevolezza all’interno del territorio 6 aprendosi in tal modo alla possibilità di costruire un modello di azione capace di trasformare questi individui in soggetti creativi e di liberare nuove energie. Senza una inversione nel modo di attuare l'inculturazione in mondi diversi, le vocazioni alla VR incominceranno a diminuire con un crescente coefficiente di accelerazione.

 

 

TEMPI GRAMI

O BELLI?

 

Più in generale circa le vocazioni è stato fatto notare (Libanio) che il trionfo della cultura mediatica, facendo emergere il regno del fisico e del marketing, tocca pienamente il mondo della VC. In particolare va a caratterizzare il momento presente per la perdita della coscienza della storia: sfuma il passato, si oscura il futuro e resta il presente senza storia. Fattore non trascurabile della perdita di coscienza sono le tecnologie dell'informazione che ci trasmettono i dati senza contesto, senza orientamento, senza contorni, senza criteri assiologici, in una pura immediatezza. Tutto puro presente senza poter distinguere il reale dal virtuale. La generazione attuale – è stato detto – non manifesta chiari progetti di cambiamento e si cura più della sua realizzazione personale. Si constata quindi una perdita di grinta nell'impegno, un raffreddamento del ragionamento liberatore, una ritirata delle comunità inserite, con spostamento dalla pastorale a tutto campo alla liturgico sacramentale. Certamente tutto ciò fa intravedere elementi di criticità però è anche vero che il postmoderno sta forgiando una generazione diversa che fa intravedere anche aspetti su cui investire per una configurazione di una nuova forma di VC: una generazione che ha la capacità di vivere gioiosamente essendo sensibile al ludico e alla festa; sviluppa un senso di autostima, unitamente alla cura di sé e alla sua intimità come difesa in una società pericolosa, violenta e frammentata; in risposta all'insicurezza sulla propria realizzazione si mostra ribelle alle istituzioni retrograde e impaziente con le autorità dispotiche; manifesta senso di appartenenza nelle motivazioni e nelle esperienze democratiche; coltiva legami di amicizia tra i gruppi con il desiderio di vita fraterna condividendo la preghiera, la vita personale e la missione ed è anche aperta all'amicizia con persone esterne alla comunità; ha maggior tolleranza, ha meno preconcetti e discriminazioni per razza e comportamenti devianti; rivela una crescente mentalità ecologica, pacifista e libertaria. E potremmo aggiungere che privilegia l'essere autentico e che rifugge dal formalismo.

Tempi grami o belli? Diranno grami coloro il cui confronto è prevalentemente con il passato; diranno belli coloro che cercano di intravedere, anche se in forma ancora imprecisa, un possibile profilo di consacrati/e visti come persone portatrici di un modo di fare di Gesù, «donne e uomini fragili ma innamorati, compassionevoli e realisti, che, raccontando e vivendo a braccetto con la gente, perché fratelli e sorelle, devono alimentare nient’altro che parabole di esistenze ferite che la grazia guarisce» 7  e alle quali dona l'esuberanza di ringraziare il Signore per la gioia che si può avere anche dopo molti decenni di «sequela».

 

Rino Cozza csj

 

[1] Dolores Aleixandre  rscj – Congresso 2004

2 Bruno Secondin – Congresso 2004

3 Dolores Aleixandre  rscj – Congresso 2004

4 Bruno Secondin

5 Dolores Aleixandre  rscj – Congresso 2004

6 M. Callari Galli in Animaz. Sociale 10, 2004

7 Bruno Secondin – Congresso 2004

 



[i] Dolores Aleixandre  rscj – Congresso 2004