PER UNA FORMAZIONE INTEGRALE

SCIENZE UMANE NELLA FORMAZIONE

 

Nonostante il sensibile avvicinamento tra le due prospettive negli ultimi decenni, sono rimaste in certi ambienti sacche di fiera resistenza e rifiuto esplicito nei confronti del mondo della psicologia. Molto resta da fare.

 

Il messaggio del papa Giovanni Paolo II al prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica in occasione dell’ultima plenaria del dicastero stesso tocca un aspetto importante dell’attuale problematica educativa nei seminari e case di formazione: il rapporto tra la formazione in genere con le sue discipline tradizionali e l’uso di alcune competenze specifiche che potrebbero migliorare la qualità del cammino formativo stesso. Il testo non specifica, ma il contesto fa intendere che si parli di competenze delle scienze umane, e soprattutto psicopedagogiche. Il discorso non è certo nuovo, ma l’autorevolezza della fonte, il ruolo dell’interlocutore e il momento particolare nel quale avviene conferisce a questa raccomandazione un valore particolare.1

Il papa dichiara esplicitamente l’utilità dell’apporto di queste competenze nella formazione: come intervento eventuale (“a volte può risultare utile…”), ma pure come norma generale, quando raccomanda di verificare l’idoneità del candidato, sul piano della “maturità affettivo-sessuale”, al momento dell’ingresso e poi alla vigilia dell’ordinazione.

Tutto ciò non è così scontato nel panorama culturale ecclesiale odierno. Nonostante, infatti, il sensibile avvicinamento tra le due prospettive negli ultimi decenni, sono rimaste in certi ambienti sacche di fiera resistenza e rifiuto esplicito nei confronti del mondo della psicologia. Molto, dunque, resta da fare, per superare dubbi e diffidenze, o perché sia accettato il principio dell’integrazione tra i due profili, pur nel riconoscimento del primato della grazia. Ecco perché ci sembra significativa questa sollecitazione del papa.

Vediamo allora quale può essere l’apporto della psicologia.

 

LA VERITÀ

DI SÉ

 

La competenza psicologica è funzionale, anzitutto, alla conoscenza dell’individuo, ma una conoscenza in profondità, oltre i comportamenti e il visibile, oltre anche quel che il soggetto ritiene di sapere di sé e al di là delle stesse motivazioni da lui addotte. L’analisi psicologica consente di decifrare quell’area oscura che resta normalmente fuori della percezione abituale che ognuno ha di sé, ma in cui è pure nascosto il suo mistero, ciò che è legato al suo passato e che per qualche motivo è stato escluso dalla coscienza o ne è rimasto ai margini: attese frustrate, ferite non rimarginate, potenzialità inespresse, tensioni irrisolte, conflitti mai integrati… Il problema è che questo materiale rimosso può aver ancora influsso sul suo stile di vita, sul suo amare, desiderare e decidere. Anzi, come in altro contesto disse il papa: “La potenzialità dell’inconscio viene prima, è antecedente e più indispensabile della coscienza per l’interpretazione del dinamismo umano e dell’agire conscio”.2 Diventa dunque necessario un tipo d’intervento che consenta di farlo riemergere, facendo un’azione e-ducativa, capace di “tirar fuori” (=educere) la verità di sé, quel che c’è nel cuore e nei suoi sotterranei, e che lo stesso individuo normalmente non sa.

Senza quest’analisi si capisce poco dell’individuo e del suo livello di maturità, e ancor meno del suo futuro e della sua scelta di vita, che potrà esser frenata o deviata o resa problematica da una scarsa conoscenza del proprio vissuto con le sue contraddizioni.

Se poi si pensa a un’area già in sé complessa come quella affettivo-sessuale si fa ancor più indispensabile un’indagine di questo tipo. Come ci racconta drammaticamente la storia degli abusi sessuali nella chiesa nord americana: quanti di quei preti e consacrati/e avrebbero potuto-dovuto esser aiutati prima, per conoscersi meglio e in alcuni o molti casi fare un’altra scelta? Ma non pensiamo solo ai casi-limite.

Per questo la psicologia sottolinea per tutti l’importanza dell’accompagnamento personale, o di certi strumenti e temi ascetici tradizionali come l’esame di coscienza, la vigilanza su di sé e la prudenza, un certo spirito penitenziale, un corretto senso di colpa, l’esigenza d’un’autodisciplina ecc, con buona pace di chi la teme come elemento eccessivamente moderno e pericolosamente destabilizzante.

 

LA LIBERTÀ

VERA

 

Una volta identificata la debolezza o resa evidente l’area in cui la persona è meno consapevole dei suoi problemi e dunque anche meno libera di gestirli, si tratta di risvegliare proprio questa libertà. Ed è chiaro che ciò non può avvenire con un semplice atto di volontà o d’autorità, ma attraverso un percorso che la psicologia può aiutare a decifrare.

La libertà nasce nel momento in cui l’individuo è reso capace d’accorgersi, anzitutto, della non convenienza o contraddittorietà d’un certo suo stile di vita, dominato dalla ricerca incontrollata (essendo inconscia) di gratificazioni inutili, che soddisfano all’istante, ma non possono risolvere il problema alla radice. Infatti tali gratificazioni si devono ripetere, come un’abitudine che crea non solo dipendenza, ma assuefazione, per cui l’individuo aumenta la dose di gratificazione (nell’illusione di ottenere quel che cerca), ma finisce per perder progressivamente la stessa capacità di godere della gratificazione raggiunta. È come un circolo vizioso che soffoca ogni libertà.

Ma quando il soggetto è aiutato a rendersene conto, allora rinasce. E vede, come Paolo, le “cose di prima”, ciò cui aveva legato la sua identità e positività, come “spazzatura…, perdita…, nullità”.

La psicologia può far molto, dicevamo, per metter in moto questo processo della …spazzatura, perché stimola la consapevolezza di questo tradimento, provoca la vergogna per l’autofregatura, fa scoprire quella sottile schiavitù…, e quanto serve per dire “basta” con uno stile di vita autolesionista, senza più bisogno – ecco il bello! – di interventi moralisti (dall’esterno) e volontaristi (dall’interno), e non continuare a sprecare energia preziosa.

 

UNA NUOVA

SENSIBILITÀ

 

A questo punto avviene qualcosa di molto importante: l’energia psichica prima deviata (spesso inconsciamente) verso la gratificazione delle inconsistenze, ora è in qualche modo liberata e, non più asservita ai propri infantilismi, può finalmente dirigersi altrove, verso ciò che è degno d’attrarre il cuore umano e verso cui naturalmente il cuore umano si sente attratto, verso il vero, il bello, il buono, verso i valori evangelici. Nasce insomma una nuova sensibilità, basata sulla possibilità di distogliere energia affettiva dal bene apparente (o dalla gratificazione falsa) per orientarla verso il bene reale (o verso l’autentica felicità). È come venisse attivata una nuova capacità di vedere, sentire, gustare, lasciarsi attrarre, desiderare, contemplare, appassionarsi…, come un sordo che è guarito dalla sordità o un paralitico dalla paralisi…. Mentre, d’altro lato, l’intervento educativo penetra forse per la prima volta nell’istintualità della persona, in ciò che spesso resta fuori d’ogni indagine e progetto di conversione, in ciò che scatta così spontaneo dentro di noi che non ce ne sentiamo nemmeno responsabili, e che sembra impermeabile ad ogni influsso; e si creano così le premesse per l’evangelizzazione della sensibilità, perché tale fonte d’energia divenga preziosa alleata.

Ovvio che in tutto questo gioca un certo ruolo anche la volontà con la capacità di rinuncia che ciò esige, ma è volontà illuminata da una nuova coscienza, non è volontarismo esasperante, e la rinuncia è intelligente e mirata, non è perfezionismo che intristisce la vita e rende cupo l’asceta. Dunque è una volontà forte.

In altre parole, il giovane così aiutato e provocato diviene sempre più sensibile a percepire il lato beatificante di certe proposte ascetiche, o è sempre più in grado d’intuire da solo la libertà e felicità che gli potrebbe venire, ad es., dal non cercare se stesso (col rischio di non trovarsi mai), dall’esser puro nel cuore (per esser libero di voler il bene dell’altro), dal prender su di sé la croce d’ogni giorno (come segno radicale d’un amore grande), dal perder il proprio tempo nel servizio di chi non conta (senza sognare cose grandi e stupide), ecc.

In tal senso è molto interessante il testo del papa quando dice che il contributo specialistico (delle competenze psicologiche) potrà aiutare il giovane non solo a “comprendere più a fondo le esigenze del sacerdozio”, ma anche a riconoscere “nel celibato un dono d’amore al Signore e ai fratelli”: questa “riconoscenza” è esattamente quella che noi stiamo chiamando “nuova sensibilità”, che non può esser data assolutamente per scontata e che di fatto moltissime volte manca, nel giovane candidato come nel presbitero maturo, tutte quelle volte, esattamente, che il celibato non è “sentito” come dono d’amore, ma come legge disciplinare o peso insopportabile, o è più subito che amato con tutti i compromessi o le rigidità che ne seguono.

 

AZIONE

PROPEDEUTICA

 

Questo tipo d’intervento non ha valore solo perché favorisce l’igiene psichica, ma è importante per il cammino di formazione del candidato, così come la libertà del cuore è condizione per l’accoglienza e la realizzazione in noi del dono di Dio. Vogliamo dire che l’intervento psicologico che in qualche modo restituisce l’individuo a se stesso (=verità di sé), affrancandolo dalle sue contraddizioni e dai falsi miraggi (=libertà), e rendendolo capace di nuovi gusti e desideri (=nuova sensibilità), fa come un’azione previa, propedeutica all’intervento della grazia. O costituisce la fase educativa che precede quella formativa.

Nella prima si aiuta il soggetto a conoscersi per liberare cuore, mente, sensibilità da tutto ciò che l’allontana dalla verità di sé (e dalla realizzazione autentica del proprio io); nella seconda si propone una forma, un modo d’essere e di vivere, che è quello del Figlio che si dona per l’umanità, e che rappresenta il contenuto formativo da assimilare poi lungo tutta l’esistenza. Non avrebbe senso proporre subito contenuti formativi a un soggetto che non è stato prima e-ducato a conoscersi per liberarsi delle sue immaturità. Se il cuore è già abitato da altri amori (più o meno ignoti), come può accoglierne uno nuovo? Tutt’al più lo farà per finta o solo all’apparenza, magari in buona fede, illudendo però se stesso e gli altri, come spesso oggi accade, e lasciando che quegli amori (o i suoi problemi) …crescano e si moltiplichino. Ovvero: da una finta formazione a una molto reale frustrazione!

Né sarebbe corretto pensare che farà tutto l’azione della grazia, automaticamente.

È chiaro che nel cammino della fede tutto è sempre avvolto, dall’inizio alla fine, dalla presenza dello Spirito, il vero protagonista, colui che dà luce e forza, che indica la strada e spinge a percorrerla. Ma è proprio lo Spirito che sollecita l’intraprendenza umana senza gratificare né giustificare alcuna inerzia o delega, in uno scambio certo misterioso tra i due partners, Dio e l’uomo, in cui l’azione dell’uno promuove ed esalta quella dell’altro.

In questo contesto dialogico la competenza psicologica, strumentale e non fine a se stessa, dispone o può disporre il soggetto all’azione spirituale; di fatto prepara il terreno lavorandolo in profondità, perché vi possano nascere attrazioni nuove, desideri autentici, un’identità sempre più plasmata dal progetto vocazionale, una debolezza sempre più aperta alla potenza della grazia.

Ed è lavoro indispensabile e che può prendere molto tempo, anzi, dovrebbe accompagnare tutta la vita, come diceva quell’intelligente rettore ai suoi seminaristi: “Per formarvi come preti mi basterebbero tre mesi, ma per formare in voi l’uomo e il credente non basta il tempo”.

Tutto questo non è solo teoria, e neppure solo esperienza di questi anni, ma qualcosa che appartiene – anche se usando termini e prassi diverse – a una ininterrotta tradizione nella Chiesa: resto sempre sorpreso, come psicologo, dinanzi non solo alla fine sensibilità psicologica dei Padri, ma alla quantità e qualità di osservazioni psicologiche presenti nei loro testi.

Ma il cantiere è aperto, la psicologia in fondo è scienza giovane e s’intravedono in prospettiva sviluppi promettenti di questa collaborazione.

Ci potremo tornare in una prossima occasione.

 

Amedeo Cencini

 

1 Ecco le parole del papa: “Alla luce degli attuali mutamenti sociali e culturali, può a volte risultare utile che gli educatori si avvalgano dell’opera di specialisti competenti per aiutare i seminaristi a comprendere più a fondo le esigenze del sacerdozio, riconoscendo nel celibato un dono d’amore al Signore e ai fratelli. Già al momento dell’ammissione dei giovani al seminario va verificata attentamente la loro idoneità a vivere il celibato così da giungere, prima dell’ordinazione, a una certezza morale circa la loro maturità affettiva e sessuale... Data la rapidità dell’attuale sviluppo scientifico e tecnologico, tali istituzioni sono chiamate a un continuo rinnovamento, valutando “le conquiste della scienza e della tecnica nella prospettiva della totalità della persona umana” (Ex corde Ecclesiae, 7). È sicuramente utile, da questo punto di vista, il dialogo interdisciplinare. Fecondo si rivela, in particolare, il confronto con “una filosofia di portata autenticamente metafisica” (Fides et ratio, 83), e con la stessa teologia”.

2 K.Wojtyla, The acting person, Dordrecht 1979, p. 93.