ANNUNCIARE UN VANGELO PALPABILE
L’annuncio del
Vangelo dev’essere tale che le mani di chi ascolta si tendano a esso come la
mano dell’assetato all’offerta di un bicchiere d’acqua fresca.
Una vera predica evangelica dovrebbe equivalere a porgere
a un bambino una bella mela rossa o un assetato un bicchiere d’acqua fresca e a
domandargli: lo vuoi?
Dovremmo perciò esser capaci di parlare delle cose della
nostra fede in modo tale che le mani possano tendersi verso di esse più
velocemente di quanto noi non siamo in grado di riempirle.
Gli uomini dovrebbero accorrere e non trovare pace quando
si parla del Vangelo, così come i malati accorrevano una volta verso il Cristo,
che andava in giro guarendo, per farsi sanare. Queste non sono soltanto belle
parole. Le cose non dovrebbero essere veramente così dove si parla della buona
novella di Dio?
E invece purtroppo non sono così, come tutti sappiamo.
Ma noi non dobbiamo darci pace, come se fosse necessario
e naturale che le cose stiano così.
E qui uno dei motivi – naturalmente solo uno – è che
abbiamo semplicemente paura di prendere in mano il Vangelo in maniera palpabile
e realista, così come esso è. Abbiamo spiritualizzato il Vangelo, e cioè lo
abbiamo impoverito, cambiato.
Prendiamo il Vangelo del ricco epulone e del povero
Lazzaro. È diventata un’abitudine vedere tutto il senso del racconto nel fatto
che i ricchi devono aiutare i poveri. Cioè se ne fa un racconto morale
esemplare.
E invece questa narrazione, se le permettiamo di influire
in modo veramente genuino su di noi, è qualcosa di completamente diverso, è una
predicazione molto palpabile della buona novella. Naturalmente tanto palpabile,
tanto massiccia che non la prendiamo più sul serio.
Immaginiamoci come una folla di malati, di indigenti, di
miseri, di poveri Lazzari si radunò attorno a Cristo e come questi cominciò a
raccontare del Lazzaro povero e lebbroso seduto davanti allo soglia del ricco
epulone e tormentato persino dai cani. E come il racconto prese un’altra piega
con le parole: «Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di
Abramo... Lazzaro ha ricevuto i suoi mali durante la vita e ora è consolato».
Tra la folla devono essere scoppiate grida di gioia e di
speranza. Questa era la buona novella, l’acqua fresca verso cui essa tendeva la
mano. Era lo stesso amore di Dio a parlare così ai poveri e ai miseri. Voi reietti,
voi svantaggiati, voi poveri e malati, voi disprezzati sarete consolati. Avete
sofferto tanto nel mondo, ma tra poco sarete inondati da una gioia eterna e da
una eterna consolazione. Guardate il povero Lazzaro, come egli giace
disprezzato davanti alla soglia del ricco, e poi guardate come viene consolato
da Dio nel seno di Abramo. Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio.
Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi che ora
piangete, perché riderete. Rallegratevi ed esultate, perché la vostra
ricompensa è grande nei cieli.
Così suonano le beatitudini in Luca (6,20-23). Qui non si
parla di poveri in spirito (Mt 5,3)... ma viene detto «Beati voi poveri, voi
che avete fame, voi che piangete» così come vi conosciamo nel mondo. Beati voi
Lazzari di tutti i tempi, perché sarete consolati nel seno di Abramo. Beati voi
reietti e disprezzati, voi vittime della società, voi uomini e donne senza
lavoro, voi falliti e rovinati, voi solitari e abbandonati, violentati e
vittime di ingiustizie, voi sofferenti nel corpo e nell’anima, beati voi,
perché la gioia del Signore verrà sopra di voi.
E ascoltiamo ancora l’altra faccia della medaglia, quella
spaventosa, quella del ricco epulone che vestiva di porpora e bisso. Di lui
leggiamo: «Morì anche il ricco e fu sepolto». Già queste parole sono molto
dure. E poi egli deve sopportare nell’inferno il tormento della sete eterna,
perché era stato pienamente sazio sulla terra. Deve vedere il povero Lazzaro
nel seno di Abramo e implorare affinché questi plachi anche solo per un istante
la sua sete. Ma neppure questo gli è concesso.
«Ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita».
E dietro di ciò noi udiamo le parole: «Guai a voi che ora siete sazi, perché
avrete fame. Guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete»
(Lc 6,25).
Guai a voi che ora vestite di porpora e di bisso e
banchettate, perché patirete una sete eterna.
Beato te, Lazzaro povero, reietto, lebbroso di ieri e di
oggi, perché tu hai un Dio. Guai a te che vivi nella magnificenza, banchetti e
godi di prestigio, ieri e oggi.
Questa è la buona novella dell’avvento del nuovo mondo,
del nuovo ordine, che è il mondo e l’ordine di Dio.
Dietrich Bonhoeffer
da Risposta alle
nostre domande, Queriniana 2003.