UNA
VERITÀ TROPPO ABBAGLIANTE
Fuggono sgomente, le donne, davanti al
comando di portare ai discepoli
di Gesù l’annuncio della sua
risurrezione. È lo stesso sgomento che prende chi, afferrato dallo Spirito, è
consapevole della indicibilità della propria fede.
«Dite ai
suoi discepoli e a Pietro che egli è avanti a voi nella Galilea, vi fa da
battistrada. Nella Galilea lo vedrete».
Lo
incontreranno dunque (le donne) in Galilea, ma in Galilea vedranno anche i
frutti della sua risurrezione: la messe che già biondeggiava nella riflessione
di Giovanni adesso è già pronta per la mietitura così che la gioia sia piena dall’una
e dall’altra parte; piena in colui che ha seminato, piena in colui che
raccoglie.
È piena
in Gesù di Nazaret che ha seminato la parola del Padre, è piena nei discepoli
che raccolgono i frutti della seminagione.
Il grano
se, caduto in terra, non muore, non porta frutto, me se muore porta molto
frutto. Egli infatti è venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza.
Medito
Marco con l’aiuto di Giovanni. Ma perché è Marco stesso che ci sollecita a non
fermarci alla superficie del racconto, ma a penetrarne la profondità,
lasciandoci prendere per mano da Giovanni.
Dunque:
«Portate questa bella notizia. Portatela a Pietro. Portatela ai miei discepoli.
Siate certi: là lo vedrete. Lo ha detto lui, come vi disse già. Lo ha detto
lui».
Notate
questa richiesta insistente di fiducia. Fiducia nella sua parola: «Lo ha detto
lui, perché volete dubitare? Perché volete ancora trattenervi qui in questo
posto dove lui non c’è più? Fidatevi della sua parola. Andate in Galilea.
Obbedite al comando e lo incontrerete».
I
discorsi sono troppo grandi per queste tre povere donne arrivate angosciate al
sepolcro in cerca del suo corpo.
Tanto
grande, tanto smisurato è ciò viene loro promesso. E non dissero proprio nulla.
Fuggirono sgomente.
Possiamo
ritrovarci anche noi in compagnia di queste donne incredule, ammutolite dalla
epifania, dalla manifestazione dell’onnipotenza di Dio: «Erano infatti
attanagliate dal trómos, dal tremore» e ormai non si ritrovavano più com’erano
prima. La ékstasis, dice Marco, si era impadronita di loro.
Ma che
cos’è questa ékstasis?
È il
termine che definisce la situazione di chi,uomo o donna che sia, è stato
completamente posseduto dalla divinità. Non ha vie d’uscita. Non sa parlare,
non può parlare.
È
l’ekstasis di Paolo portato fino al terzo cielo, un’espressione per dire l’al
di là. E quando ritorna al di qua non può raccontare ciò che i suoi occhi hanno
visto, ciò che le sue orecchie hanno ascoltato. E in questo caso si passa da
una situazione di incredulità a una situazione «altra».
Sono due
posizioni diverse. Sembra che tutte e due arrivino alla stessa meta, ma la
qualità delle due esperienze è estremamente diversa.
C’è il
mutismo dell’incredulo, che si chiude nelle proprie certezze e ironizza o
perlomeno tenta di superare l’angoscia della propria solitudine, ridendo su
coloro che credono.
E c’è la
consapevolezza dell’indicibilità propria di colui che è talmente afferrato
dallo Spirito, talmente immerso nella luce della divinità, che non può
raccontare ciò che, nella fede, ha sperimentato.
C’è
buio, caligine da una parte e dall’altra, ma è la qualità che è diversa
nell’uno e nell’altro caso.
Si
cammina a tentoni sia nella situazione dell’incredulo che non sa dove battere
la testa, sia nella situazione del credente che però è consapevole di non poter
spiegare, di non poter raccontare e vive la sua esperienza con timore e
tremore,con paura grande, dice il testo. «Erano impaurite, infatti».
È quel
timore del Signore che non degenera mai nella pretesa di una sicurezza di cose
raccontabili.
Non è mai
tracotanza: è sempre consapevolezza di essere un vaso di creta che porta un
tesoro preziosissimo ma in una fragilità senza limiti.
Sono le
donne di Marco. È la Chiesa di Marco.
Forse è
anche l’esperienza di ciascuno di noi nella misura in cui è credente ma anche
consapevole della fragilità e della indicibilità della sua fede.
Innocenzo Gargano
da Lectio divina sui racconti della
risurrezione,
EDB 1997.