IL CARMELO E L’ESPERIENZA MISTICA
«Se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete più
sotto la legge». Un principio diverso anima quelli che sono di Cristo: avendo
crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri, vivono dello Spirito
e camminano anche secondo lo Spirito. Un nuovo modo di essere che si riconosce
dai frutti: “amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà,
mitezza, dominio di sé” (Gal 5, 18-22).
È uno dei tanti passi paolini che dicono la dimensione
mistica della vita cristiana, quella mistica oggettiva in cui si è introdotti
dagli stessi sacramenti della iniziazione. Ora, prendere coscienza della vita
divina partecipata alla creatura umana è opera ineffabile che esalta la dignità
della persona aprendola al colloquio con Dio. È l’arte della preghiera, come
l’ha chiamata Giovanni Paolo II (NMI, n. 32). Verso di essa confluisce tutta la
liturgia della Chiesa – con l’Eucaristia come culmine – e ogni altra forma di
preghiera: dalla adorazione alla lectio divina, dal più semplice atto di fede
all’accoglienza dei doni dello Spirito che nutrono l’interiorità della persona.
Nasce e vive così il nostro rapporto con il Signore.
Di questa preghiera come cammino verso l’unione con Dio
il Carmelo è riconosciuto maestro. Lo attesta una collana di Studi Carmelitani
che si pone anche come risposta a quel desiderio di mistica oggi
particolarmente sentito.
Il tema viene affrontato in particolare nel volume
Mistica e mistica carmelitana.1 Grazie ai contributi di vari studiosi
carmelitani, risulta chiaro che per il cristiano la mistica non è altro che il
fiorire della fede, della speranza e della carità, come virtù e doni che
trasformano la persona e la fanno vivere in comunione con Dio fin da questa
esistenza terrena. «Il cammino teologale – scrive padre Camillo Maccise nella presentazione
– è l’unico che garantisce l’autenticità dell’esperienza mistica cristiana. È
un cammino che libera perché purifica dall’egoismo per mezzo dello Spirito».
Proprio questa purificazione dall’egoismo, che passa anche attraverso le “notti
oscure”, rende possibile la comunione di amore con Dio e il dono di sé mediante
il servizio ai fratelli. Infatti un’esperienza mistica autentica non può
rimanere chiusa nel piccolo spazio della propria coscienza.
È dono particolare del Carmelo introdurre la persona a un
rapporto con Dio nella verità. Dio va lasciato nel suo mistero, insegna il
grande dottore mistico san Giovanni della Croce: «L’anima sente Dio in modo
tanto sublime da riconoscere chiaramente che le resta tutto da comprendere.
Questo capire e sentire che la divinità è talmente immensa da non poter essere
compresa interamente, è una forma di conoscenza molto elevata» (Cantico, 7, 9).
È una intuizione fondamentale per chi intraprende l’avventura dell’unione con
Dio.
Eppure, questo Dio “totalmente diverso” è presente. Si fa
vicino con tutta la sua umanità, crea un legame d’amicizia in cui lui è vivo e
reale non meno delle persone che vediamo e tocchiamo: è l’orazione mentale di
cui è maestra Teresa d’Ávila. Un Dio a tutti accessibile e che valorizza tutto,
fino a rendere grandi le cose ordinarie, perché quel che conta è l’amore
insegna Teresa di Lisieux, proclamata «dottore della Chiesa proprio come
esperta della scientia amoris» (NMI, 42).
Dalla mistica nella scuola carmelitana si passa a temi
più generali come quello del linguaggio mistico, tante volte contrapposto a
quello teologico: un divario che oggi si tende a minimizzare, in quanto i due
linguaggi si influenzano e si integrano reciprocamente. Il volume propone anche
un parallelo tra la mistica carmelitano-teresiana e alcune esperienze a noi
vicine, in particolare quelle di Simone Weil, di Etty Hillesum e la mistica del
Rinnovamento carismatico. La raccolta di saggi si chiude con l’interessante
testimonianza di un carmelitano che, venendo dal buddismo, è esperto del
colloquio zen-cristianesimo.
Il IV volume della Collana è dedicato alla Antropologia
soprannaturale e riveste particolare interesse anche ai fini di una rinnovata
visione della teologia. Il tema così attuale trova profonda risonanza nella
dottrina dei santi del Carmelo, i quali hanno davvero l’esperienza per
descrivere i cammini che conducono alla comunione con Dio, lì dove la persona
umana raggiunge la sua pienezza.
Si parte da uno studio su «l’uomo in cerca di un senso e
la proposta cristiana». La dimensione antropologica si intreccia con quella
filosofica nel saggio che si addentra nella «fenomenologia profonda
dell’essenza umana». Si viene quindi a una presentazione di quella che è la
realtà della persona umana di fronte a Dio, considerata alla luce della Regola
del Carmelo e dei primi testi della tradizione carmelitana.
Entriamo in pieno nel discorso dell’ antropologia
soprannaturale nelle pagine che ripercorrono gli scritti di Teresa d’Avila e di
Giovanni della Croce, originati prima di tutto da un intento di insegnare la
preghiera, intesa come amicizia, comunione, divinizzazione della persona. Della
preghiera vengono descritti i fondamenti, i sentieri, i successivi gradi, le
vette: una avventura impegnativa ed esaltante a un tempo, nella quale si scopre
chi è per Dio la creatura umana e chi è la creatura umana in Dio. Un autentico
umanesimo cristiano.
È nota la definizione teresiana dell’orazione: «Per me
l’orazione mentale non è altro se non un rapporto d’amicizia, un trovarsi
frequentemente da soli a soli con chi sappiamo che ci ama» (Vita, 8,5). In
questa preghiera Teresa entra in relazione con le Persone divine, contempla
l’umanità di Cristo, conosce se stessa e tutta la realtà della Chiesa e del
mondo. È un rapporto personale con Dio nel quale si genera in modo insospettato
la stessa capacità di relazionarsi agli altri.
Nell’immagine del Castello interiore c’è il fondamento
antropologico della spiritualità di Teresa: «Possiamo considerare la nostra
anima come un castello fatto di un solo diamante o di un tersissimo cristallo…
l’anima del giusto non è altro che un paradiso dove il Signore dice di avere la
sue delizie… Non vedo nulla a cui paragonare la grande bellezza di un’anima e
la sua immensa capacità». Noi non arriviamo a comprendere la bellezza del
castello, «tuttavia per avere un’idea della sua eccellenza e dignità, basta
pensare che Dio dice di averlo fatto a sua immagine» (Prime mansioni 1,1).
Grazie a questa dignità l’anima si muove liberamente nelle diverse mansioni del
castello.
Anche il cammino che propone san Giovanni della Croce ha
come meta il recupero dell’immagine divina. Attraverso la purificazione delle
“notti” si opera il passaggio dall’uomo vecchio all’uomo nuovo. È la conquista
di quella libertà che apre alla pienezza e all’unione con Dio: «Ormai al sicuro
e libera da tutti i turbamenti e le vicende terrene, spoglia e purificata dalle
imperfezioni, pene e nebbie, sia del senso che dello spirito, ella avverte come
una nuova primavera di libertà e di profonda gioia nello spirito» (Cantico B
39, 8).
Più filosofico il saggio dedicato alla poliedrica figura
di Edith Stein la quale, soprattutto in Essere finito e Essere eterno, ha
saputo armonizzare e integrare i risultati della filosofia e dell’antropologia
con i dati della rivelazione. Il contributo da lei dato alla visione dell’uomo
è molto significativo: grazie alla sua ricerca scientifica sull’essere umano,
prima ancora di aderire alla fede cristiana ella ha dimostrato che la persona non
può prescindere da una dimensione che sia oltre quella corporea e psichica. La
persona umana è chiamata a diventare partecipe di quell’amore che la rende
capace di donarsi. Già in questo riconosciamo l’apporto della spiritualità del
Carmelo alla antropologia teologica contemporanea.
In comunione con la Trinità è il titolo del primo volume
della collana: una teologia trinitaria attraverso la spiritualità di alcune
figure del Carmelo. Da mistici quali sono, uomini e donne di esperienza, essi
diventano maestri che conducono gli altri d una iniziazione al mistero
trinitario che è in noi. In questo senso continua ad essere vero quel che
scriveva Thomas Merton nella introduzione al suo libro Ascesa alla verità: «Non
c’è membro della Chiesa che non debba qualche cosa al Carmelo».
Carmelo come luogo privilegiato per l’esperienza
ineffabile di Dio. Come è stato per quei tredici monaci e monache Custodi
dell’Incanto, che danno il titolo al terzo volume: un saggio originale e per
certi versi accattivante in cui trova spazio la realtà dei “sensi spirituali”,
qui presentata come estetica.
Custodi dell’Incanto d’amore, dice l’autrice – una monaca
carmelitana – a conclusione del suo lavoro. E rileva: «Si può sviluppare quindi
un profilo della riflessione teologica e teologale in una lingua che, oggi, pare
mancare. Il Carmelo, presentando la sua tradizione, offre questa possibilità
creativa ed è dentro la novità del domani: uno spazio geografico e pneumatico
modellato dallo stare alla fonte in ogni luogo che si denomini Carmelo ed
insieme dal generare un fiume».
Paola Moschetti
1 Autori Vari, Mistica e mistica carmelitana, collana
«Studi Carmelitani» diretta da L. Borriello ocd, Libreria Editrice Vaticana,
2002, e 18.