QUATTRO GRANDI SFIDE

 

Nell’udienza accordata al corpo diplomatico presso la Santa Sede, il 10 gennaio scorso, il papa ha indicato le principali sfide che oggi ci stanno davanti.

 

La prima sfida – ha detto – è la sfida della vita. La sfida della vita si va facendo in questi ultimi anni sempre più vasta e più cruciale. Essa si è venuta concentrando in particolare sull’inizio della vita umana, quando l’uomo è più debole e deve essere più protetto. Concezioni opposte si confrontano sui temi dell’aborto, della procreazione assistita, dell’impiego di cellule staminali embrionali umane a scopi scientifici, della clonazione. La posizione della Chiesa, suffragata dalla ragione e dalla scienza, è chiara: l’embrione umano è soggetto identico all’uomo nascituro e all’uomo nato che se ne sviluppa. Nulla pertanto è eticamente ammissibile che ne violi l’integrità e la dignità. Ed anche una ricerca scientifica che degradi l’embrione a strumento di laboratorio non è degna dell’uomo. La ricerca scientifica in campo genetico va bensì incoraggiata e promossa, ma, come ogni altra attività umana, non può mai essere esente da imperativi morali; essa può del resto svilupparsi con promettenti prospettive di successo nel campo delle cellule staminali adulte.

La sfida della vita ha luogo al contempo in quello che è propriamente il sacrario della vita: la famiglia. Essa è oggi sovente minacciata da fattori sociali e culturali che fanno pressione su di essa rendendone difficile la stabilità; ma in alcuni paesi essa è minacciata anche da una legislazione, che ne intacca – talvolta anche direttamente – la struttura naturale, la quale è e può essere esclusivamente quella di una unione tra un uomo e una donna fondata sul matrimonio.

 

La seconda sfida è quella del pane. I dati sulla fame del mondo che vengono pubblicati sono drammatici: centinaia di milioni di esseri umani soffrono gravemente di denutrizione, ed ogni anno milioni di bambini muoiono per la fame o per le sue conseguenze.

In realtà già da diverso tempo l’allarme è stato lanciato, e le grandi organizzazioni internazionali si sono poste degli obiettivi doverosi, almeno per ridurre l’emergenza. Per rispondere al bisogno che cresce in vastità e urgenza, si richiede un’ampia mobilitazione morale dell’opinione pubblica, ed ancor più dei responsabili uomini politici, soprattutto di quei paesi che hanno raggiunto uno standard di vita soddisfacente o florido.

 

Vi è poi la sfida della pace. Bene sommo, che condiziona il raggiungimento di tanti altri beni essenziali, la pace è il sogno di tutte le generazioni. Ma quante sono, quante continuano ad essere le guerre ed i conflitti. Il nostro pensiero va spontaneamente a diversi paesi del Medio Oriente, dell’Africa, dell’Asia, dell’America Latina, in cui il ricorso alle armi e alla violenza, mentre reca danni materiali incalcolabili, fomenta l’odio ed accresce le cause di discordia, rendendo sempre più difficile la ricerca ed il raggiungimento di soluzioni capaci di conciliare i legittimi interessi di tutte le parti coinvolte. A tali tragici mali si aggiunge il fenomeno crudele e disumano del terrorismo, flagello che ha raggiunto una dimensione planetaria ignota alle precedenti generazioni.

Come vincere contro tali mali la grande sfida della pace? Voi sapete di quali e quanti strumenti la società internazionale dispone per garantire la pace, o per riportare ad essa. Io stesso, come i miei venerati predecessori, in interventi pubblici – in particolare con l’annuale messaggio per la giornata mondiale della pace –, ma anche attraverso la diplomazia della Santa Sede sono intervenuto innumerevoli volte, e continuerò ad intervenire, per indicare le vie della pace ed invitare a percorrerle con coraggio e pazienza: alla prepotenza si deve opporre la ragione, al confronto della forza il confronto del dialogo, alle armi puntate la mano tesa: al male il bene.

Non pochi, anzi numerosi, sono gli uomini che operano con coraggio e perseveranza in questo senso, e non mancano segni incoraggianti, che dimostrano come la grande sfida della pace può essere vinta. Così in Africa, dove, nonostante gravi ricadute in dissidi che parevano superati, cresce la comune volontà di operare per la soluzione e la prevenzione di conflitti attraverso una più intensa cooperazione fra le grandi organizzazioni internazionali e le istanze continentali, come l’Unione Africana: esempi ne sono stati dati, nel novembre dello scorso anno, nella riunione di Nairobi del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sull’emergenza umanitaria nel Darfur e sulla situazione somala, come anche nella Conferenza internazionale sulla regione dei Grandi Laghi. Così in Medio oriente, nella terra così cara e sacra ai credenti nel Dio di Abramo, dove il crudele confronto delle armi pare sopirsi, ed aprirsi uno sbocco politico verso il dialogo ed il negoziato. E come esempio, certo privilegiato, di pace possibile può ben essere portata l’Europa: nazioni un tempo fieramente avversarie ed opposte in guerre micidiali si ritrovano oggi insieme nell’Unione Europea, che durante l’anno trascorso si è proposta di consolidarsi ulteriormente con il Trattato costituzionale di Roma, mentre resta aperta ad accogliere altri stati, disposti ad accettare le esigenze che la loro adesione comporta.

 

Ad un’altra sfida ancora vorrei accennare: la sfida della libertà. La libertà è anzitutto un diritto dell’individuo. «Tutti gli esseri umani nascono» – come giustamente dice la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo proprio all’articolo 1». La libertà è un bene grande, perché solo con essa l’uomo può realizzarsi in maniera rispondente alla sua natura. La libertà è luce: permette di scegliere responsabilmente le proprie mete e la via per raggiungerle. Nel nucleo più intimo della libertà umana è il diritto alla libertà religiosa, perché questa è relativa al rapporto più essenziale dell’uomo: quello con Dio. Anche la libertà religiosa è espressamente garantita nella predetta dichiarazione (cf. art. 18). Essa è stata anche oggetto – come è a tutti voi ben noto – di una solenne dichiarazione del concilio ecumenico Vaticano II, che inizia con le significative parole Dignitatis humanae.

La libertà di religione resta in numerosi stati un diritto non sufficientemente o non adeguatamente riconosciuto. Ma l’anelito alla libertà di religione non è sopprimibile: esso rimarrà sempre vivo e pressante, finché sarà vivo l’uomo. E per questo rivolgo anche oggi l’appello già tante volte espresso dalla Chiesa: “ In tutto il mondo la libertà religiosa sia protetta da un’efficace tutela giuridica e siano rispettati i doveri e i diritti supremi degli uomini per vivere liberamente nella società la vita religiosa” (DH 15).

Non si tema che la giusta libertà religiosa limiti le altre libertà o nuoccia alla convivenza civile. Al contrario: con la libertà religiosa si sviluppa e fiorisce anche ogni altra libertà: perché la libertà è un bene indivisibile prerogativa della stessa persona umana e della sua dignità. Né si tema che la libertà religiosa, una volta riconosciuta alla Chiesa cattolica, sconfini nel campo della libertà politica e delle competenze proprie dello Stato: la Chiesa sa ben distinguere, come suo dovere, ciò che è di Cesare e ciò che è di Dio (cf. Mt 22,21); essa coopera attivamente al bene comune della società, perché ripudia la menzogna ed educa alla verità, condanna l’odio ed il disprezzo ed invita alla fratellanza; essa promuove ovunque sempre – come è facile riconoscere dalla storia – le opere di carità, le scienze e le arti. Essa chiede soltanto libertà, per poter offrire un valido servizio di collaborazione con ogni istanza pubblica e privata preoccupata del bene dell’uomo. La vera libertà è sempre per vincere il male col bene. Vince in bono malum.