ORSOLA UNA SANTA EUROPEA
Più nota di s. Orsola (1865-1939), specialmente nel mondo
della cooperazione missionaria, è sua sorella, maggiore di lei di due anni, la
beata Maria Teresa Ledóchowska, fondatrice della congregazione denominata
Sodalizio di san Pietro Claver per l’aiuto alle missioni africane.
Né sono più ampiamente conosciuti il loro fratello
Vladimiro, benché sia stato per lungo tempo (dal 1915 al 1942) preposito generale
(il 26°) della Compagnia di Gesù, e il fratello minore Ignazio, eroico generale
dell’esercito polacco e uomo di viva fede cristiana, che morì nel campo di
concentramento tedesco a Dora-Nordhausen nel 1945.
Ma si può dire che stiamo parlando di una “famiglia di
santi”, che richiama alla mente quella di Luigi e Zélie Martin genitori di
Teresa di Gesù Bambino, nonché quella più recente formata dalla coppia italiana
Luigi e Maria Beltrame-Quattrocchi, ricordate anche dalla biografa di Orsola,
Zofia J .Zdybicka, nel libro di cui qui ci occupiamo.1
All’immagine sorridente di Orsola si sono appuntati gli
sguardi dei fedeli il 18 maggio 2003 a Poznan, dove Giovanni Paolo II proclamò
santa questa donna dal singolare percorso esistenziale e vocazionale,
elogiandola nella personalità profondamente e attivamente informata all’amore
di Cristo e della Chiesa e nella coerente e gioiosa testimonianza al Vangelo,
in un’epoca a noi tanto vicina sia nel tempo che per essere stata foriera di
eventi dolorosi per tutti, si può dire, gli stati europei.
Orsola (al battesimo Giulia Maria) Ledóchowska era nata a
Loosdorf nel 1865, nel periodo in cui i suoi genitori si trovavano in Austria,
dove la famiglia di lui, Antonio Ledóchowski, vi si era dovuta rifugiare esule
dalla Polonia fin dal 1831; e nella biografia di lei spunta subito anche la
Svizzera, poiché sua madre, Giuseppina Salis-Zizers, proveniva dall’antica
stirpe cavalleresca svizzera cui appartenne anche san Francesco di Sales. In
Svizzera dove Antonio era emigrato i due si conobbero e si sposarono per poi
stabilirsi appunto in Austria a Loosdorf, dove fin dai primi anni della loro
unione Antonio trasmise alla moglie e poi ai figli il senso di una passione,
fatta non solo di nostalgia, verso la patria polacca, la sua storia, la sua
religiosità e la sua cultura: una delle premesse significative alla colorazione
europea della vicenda umano-spirituale di Giulia/Orsola.
AMBIENTE FAMILIARE
SANO E BELLO
In Polonia la famiglia si stabilì nel 1883, nella
località, molto amata dai genitori e dai figli ormai adolescenti, di Lipnica
Murowana, nei pressi di Cracovia.
«Antonio e Giuseppina – scrive Zofia – portarono nella
vita di famiglia la più preziosa dote: una fede profonda e viva, forti principi
morali, una buona indole, una cultura generale e religiosa ad alto livello». E
testimoniano i figli per bocca di una di loro: «I nostri genitori conducevano
una vita veramente degna del nome di cattolici. Il loro rapporto reciproco era
edificante ed esemplare. La mamma, la cui struttura spirituale era più forte di
quella del babbo, con amore e pazienza addirittura eroica lo incoraggiava
quando cedeva alla malinconia. La nostra educazione era seria, prudente,
piuttosto severa benché piena di bontà (...). Ci influenzava il lodevole
esempio dei genitori, la loro semplicità, la loro naturale pietà e tutto il
loro modo di vivere».
Caratterizzava il processo di crescita dei figli, molto
uniti da un saldo e duraturo rapporto affettivo, l’apertura ben oltre Lipnica,
uno sguardo variamente curioso alle vie del mondo, alle svariate culture che
avvicinavano mediante lo studio delle lingue.
Per tornare soltanto a Orsola, racconta l’autrice di
questo libro che ella aveva per le lingue una speciale predisposizione: «Fin
dall’infanzia mantenne numerosi contatti con persone di varie nazionalità e di
varie confessioni. Sua madre era svizzera, perciò furono naturali i contatti
con la famiglia di lei e con le compagne della scuola internazionale da lei
frequentata. In quel periodo conseguì – oltre al polacco – una buona conoscenza
delle lingue tedesca, francese e inglese»; e le è stata attribuita una frase
che richiama il pensiero, fra quello di altri, di don Milani: “L’uomo è tante
volte uomo quante lingue possiede”.
I COLORI
DI UNA MISSIONE
Un anno dopo la partenza di Maria Teresa, nell’agosto del
1885 anche Giulia lascia la casa paterna per seguire la sua vocazione, in un
primo momento pensata da vivere tra le orsoline di Cracovia dove pronunciò i
voti solenni e ricevette il nome di Orsola nel 1889; vi conseguì poi il diploma
di insegnante di scuola media superiore, mentre in Francia ottenne il titolo
per l’insegnamento della lingua francese. La sua attività di insegnante favorì
– leggiamo nei Cenni biografici curati da Luigi Borriello ocd a corredo dei
saggi che costituiscono il libro – un ampliamento del «campo educativo delle
orsoline accogliendo la gioventù universitaria (primo pensionato universitario
in Polonia tenuto da religiose)». E la sua perspicace lettura dei tempi che
attraversava le suggerì di adattare, col consenso della sua comunità, «le
Costituzioni ai bisogni apostolici del tempo, ricevendo l’approvazione della
Santa Sede il 9 luglio 1907».
Ma le sue strade non erano facili, erano anzi impervie,
straordinarie e non da tutti comprese; ed ella pur in mezzo ad attività varie e
intense ripensò nella fede il proprio essere orsolina in forme e modalità che
la portarono nel 1920 a fondare, con l’aiuto della Santa Sede, la congregazione
delle Orsoline del Cuore di Gesù agonizzante: un titolo dal quale si percepisce
l’afflato mistico di una spiritualità vissuta con un timbro intimo molto
personale e nello stesso tempo portato ad espandersi all’esterno con passione
apostolica, vivo senso ecclesiale e intelligente creatività di metodi.
La sua vita si intensificò con la sua missione, nella
quale Orsola metteva in gioco quelle sue risorse naturali che le permettevano
di scoprire i luoghi dove più fosse necessario, e possibile per circostanze
esterne, operare in nome di Cristo con le sue spiccate doti di comunicatrice
del sapere scientifico e del messaggio cristiano: la sua presenza sapeva
estendersi da un movimento ecumenico “colto” alla disponibilità a tradurre in
finlandese il catechismo e canti religiosi per funzioni paraliturgiche
interconfessionali, rivelandosi quale potrebbe essere definita “anima ecumenica
dell’Europa unita” (Borriello).
I colori delle sue strade si diramano dalla Russia, dove
a San Pietroburgo, chiamatavi quale orsolina dal parroco della chiesa di s.
Caterina gestì il locale Ginnasio polacco, verso la Finlandia e attraversano la
Svezia, la Norvegia e la Danimarca con svariate attività che la vedono
soprattutto educatrice ma anche ascoltata e stimata conferenziera, fondatrice
di riviste per l’infanzia e la gioventù, autrice di sussidi e libri per la loro
educazione. Significativi i suoi contatti anche con l’Italia, anzitutto perché
poteva incontrarvi a Roma, in varie circostanze e con reciproca gioia e
vicendevole conforto spirituale, la sorella Maria Teresa e il fratello gesuita
p. Vladimiro; ma anche perché vi ha stabilito, nel 1928, le sue Orsoline del
Cuore di Gesù agonizzante, più note da noi come “suore polacche”.
Z. P.
1. ZDYBICKA ZOFIA J., Orsola Ledóchwska, Libreria
Editrice Vaticana 2004, pp.208, € 12,00.