MONACI/CHE A CONVEGNO A NOCI

TRE TAPPE DI UN CAMMINO

 

Dal 4 al 9 ottobre un gruppo di monaci e monache, professi solenni tra i 30-50 anni di età, delle congregazioni benedettine italiane, si sono riuniti presso l’abbazia Madonna della Scala di Noci (BA) per riflettere sul tema L’età di mezzo. Tra idealità e disincanto. _In un bel clima fraterno, l’argomento è stato illustrato, da diversi approcci, dal p. André Louf ocso abate emerito di Mont-des-Cats, Francia.

Il p. André ha esordito illustrando globalmente il percorso spirituale che dovrebbe essere comune a ogni cristiano, e dunque a ogni monaco/a, e ha indicato alcune costanti rilevabili nelle grandi spiritualità. Tra gli elementi indispensabili al processo dinamico della vita spirituale, in ambito cristiano, ha sottolineato la sinergia all’azione dello Spirito Santo, la lectio divina quale accostamento corretto alla Parola che comunica la vita di Dio, e la direzione spirituale.

La vita spirituale ricevuta nel battesimo e alimentata con i sacramenti, si sviluppa secondo alcuni criteri e attraverso determinati “gradini” o “tappe”. Queste ultime sono caratterizzate dal superamento di una soglia, difficoltà o prove. Padre André ha ricondotto a tre le tappe fondamentali rilevabili nella descrizione del cammino sotto la guida dello Spirito: la prima, attiva; la seconda, passiva; la terza, spirituale. Ha quindi descritto la dinamica di ognuna di esse come contesa, o lotta, tra lo spirito e la carne; reale e dolorosa crisi di fede, il cui nome biblico è: tentazione. Ha esortato a sentire in ogni azione sia la nostra debolezza che l’aiuto di Dio: «Non bisogna sfuggire la tentazione, ma “sposarla”, passarci attraverso: è solo quando verrà frantumato il cuore di pietra che apparirà il cuore di carne». Fino ad arrivare alla terza tappa, descritta come acquisizione dello Spirito Santo. Passando dal sapere alla sapienza «si conosce in profondità: è l’amore che entra lì dove la ragione si ferma». E qui p. André non ha omesso di notare un fenomeno diffuso: nel passaggio da una tappa all’altra, molti sbagliano per mancanza di accompagnamento spirituale.

Alla domanda, posta dallo stesso relatore, «la Bibbia dice qualcosa alla nostra crisi?», ha risposto attingendo al percorso pasquale di Gesù, consegnatoci da san Paolo nelle sue lettere, come il noto testo di 2 Cor 13, 4: «Cristo fu crocifisso per la sua debolezza, ma vive per la potenza di Dio. E anche noi che siamo deboli in lui, saremo vivi con lui per la potenza di Dio nei nostri riguardi», e ha sottolineato che «è proprio nell’assunzione della nostra debolezza che il Signore manifesta la sua forza: la forza dell’umile amore». Gesù ha “sposato” la volontà del Padre attraverso la debolezza della lotta. Così la debolezza diventa il luogo teologico/esistenziale dove si impara l’amore filiale e l’abbandono. Come Gesù e Paolo, anche Pietro ha sperimentato la “grazia” nella sua debolezza. Il suo è «primariamente un primato di debolezza».

Padre André ha poi rivisitato i testi di alcuni testimoni, come san Bernardo, cantore dell’esperienza della «debolezza come luogo dove può scoppiare la preghiera»; san Giovanni Cassiano, assertore che «la consapevolezza della propria debolezza da sola non basta se non si trasforma l’umiliazione in umiltà»; santa Teresa di Gesù Bambino, passata attraverso la notte più profonda della fede. Sono esperienze eloquenti a cui poterci rifare nel nostro cammino.

Da qui il relatore è passato a illustrare, sinteticamente, la genesi e l’evoluzione della direzione spirituale e il suo felice e recente “matrimonio” con le scienze umane, entrambe a servizio della persona, considerata, dalla nostra cultura, in modo olistico. Illuminante e stimolante la lettura della paternità spirituale nella Regola di san Benedetto, con l’accentuazione dei tratti ad essa propri rispetto alla tradizione precedente. «È di Dio che l’accompagnatore è segno». Padre André ha indicato anche i rischi quando i due approcci, quello spirituale e quello psicoterapeutico, faticano a integrarsi. E ha concluso: se dall’agape si attinge la forza terapeutica, allora l’incontro tra padre e discepolo può trasformarsi in evento di grazia.

Alle relazioni di p. André si sono alternati la riflessione personale e gli workshops o laboratori. Questi ultimi si sono rivelati ricchi e stimolanti, grazie sia al ruolo sapiente e intelligente dei moderatori di gruppo che al contributo esistenziale e trasparente, e talvolta pure audace, dei singoli monaci/monache.

Da quanto comunicato sembra superfluo sottolineare l’arricchimento diversificato di cui i partecipanti hanno potuto usufruire nei giorni del convegno. Mentre ringraziamo quanti lo hanno pensato e realizzato , ci auguriamo che si possa proseguire nella formazione permanente con altri appuntamenti altrettanto positivi, che ci aiutino a “correre, col cuore dilatato, in una ineffabile dolcezza d’amore, nella via dei divini comandamenti” (Regola di Benedetto, Prol. 49).

 

sr Antonietta Pellegrino osb

del monastero S. Scolastica di Civitella S. Paolo