LE TENTAZIONI DEL MISSIONARIO

“HO VISTO IL DIAVOLO!”

 

Con stile brillante e un po’ paradossale padre Bordo OMI, missionario in Corea, descrive le tentazioni che a volte assalgono anche il missionario: subdole e persuasive, come sa fare appunto il diavolo.

 

 

Ho visto il diavolo. Ho lottato con satana. Per un momento, quando l’ho guardato in faccia, ho avuto paura... ma era diverso da come me lo aspettavo... non aveva né le corna e neanche la coda biforcuta... ma era viscidamente accattivante e tremendamente seducente. Per un momento mi ha avvinghiato con la sua astuta e malevola intelligenza. Cosa è successo? Una premessa!

Come sapete da tanti anni mi occupo delle nuove povertà: disoccupati, barboni, alcolisti, ex-carcerati, malati mentali, prostitute... gente che per ragioni varie si trova a vivere sulla strada senza volerlo e spesso senza la coscienza di essere sfruttata e usata da altri... perché la loro vita è stata sempre così e non ce n’è un’altra.

Per questi fratelli e sorelle prima abbiamo aperto un centro diurno, la “Casa di Anna”, dove insieme ad un pasto caldo trovano tanta accoglienza, ascolto e un aiuto concreto nei loro bisogni primari: vestiti, barberia, medicinali, docce, consulenza psicologica, legale... Poi è nata una seconda realtà, una “casa-ritrovo” per i ragazzi di strada: adolescenti che sono stati abbandonati dai genitori e rifiutati dalla società. Infine è sorta una “casa-famiglia” per quei giovani che, terminato il programma, cercano di inserirsi lentamente nel mondo del lavoro. Tre belle realtà che danno felicità a chi vi lavora, speranza a tanta gente e consolazione al Padre che ama queste sue creature. Tutta questa vita è un segno del regno di Dio che viene in mezzo a noi e buon auspicio per una società migliore.

 

UNA PRIMA

TENTAZIONE

 

Probabilmente “satana” vedendo tutta questa vita di amore e di gioia si è impensierito un pochino e si è messo all’opera.

La prima volta che mi è venuto vicino mi trovavo nel pronto soccorso di un ospedale con le flebo al braccio, a causa dell’allergia ai pollini, che quest’anno mi ha dato seri problemi. Ero lì, solo, dolorante, con la febbre alta... quando in un religioso silenzio il maligno mi si avvicina e con un moto convincente mi insinua: «Guarda come sei ridotto: ti dai anima e corpo agli altri poi nel momento del dolore non hai nessuno che ti stia vicino, ti consoli.

Non hai neanche le forze per riprenderti. Sei troppo stanco, debilitato, perché non ritorni in patria? Ormai hai dato tanto alla missione. Torna alla tua terra d’origine. Fatti dare una parrocchietta vicino casa e prenditi cura dei tuoi anziani genitori.

Non dice la Bibbia «Onora tuo padre e tua madre»? A quell’accattivante invito grosse lacrime di dolore scendevano dai miei occhi bui e una solitudine straziante confondeva il mio fragile cuore. «Che fare?» Ripetevo dentro di me in quel lettino di dolore.

 

UNA SECONDA

TENTAZIONE

 

Il diavolo, non datosi per vinto, mi si ripresenta pochi giorni dopo aver lasciato l’ospedale. Avevo una gran voglia di stare con persone amate, amici veri. Così una domenica pomeriggio decido di andare a trovare una famiglia che mi è molto cara e abita accanto a noi oblati. La mamma è una intelligente signora che, avendo vissuto per molti anni all’estero, sa comprendermi nei momenti di smarrimento. Il papà è una persona estremamente affabile ed estroversa. La figlia una ragazza stupenda presa dalla vita e dagli amori giovanili. Mi hanno accolto come un figlio e ogni volta che li vado a trovare mi sento “a casa”. Stare in loro compagnia mi piace e mi aiuta molto. Così anche quel pomeriggio decido di passarlo con loro: solita accoglienza, solito calore e affetto. Si parla di tante cose poi la signora mi fa: «Sai, per motivi di lavoro, dobbiamo trasferirci in un’altra città, comunque tu sarai sempre il benvenuto nella nostra famiglia». Mi sento mancare. La sera ritorno in comunità e quando vado in cappella per pregare mi rendo conto di non riuscirci, sono troppo arrabbiato con Dio: «Ora mi togli anche queste amate persone ma che vuoi da me? Non è troppo tutto questo?». Una dolce e calda voce mi risuona nell’orecchio: «Certo che in Italia gli amici non ti mancherebbero. Sono più di 14 anni che fai questa vita con devota abnegazione e quasi al limite dell’umano. Ormai hai fatto tanto; prima di diventare troppo vecchio e perdere completamente le radici della tua gioventù, ritorna a casa. Dio non ha detto che devi amare gli altri come ami te stesso? Comincia ad amare anche te stesso e cerca di pensare un po’ di più alla tua salute! Perché non lasci tutto nelle mani di qualcun’altro e non ritorni dai tuoi amici»? – mi sussurra pacatamente l’angelo tentatore. Forse ha proprio ragione! Sono allettato da questo invito ma anche confuso».

 

LA TENTAZIONE

DI LASCIAR TUTTO

 

Passano i giorni e io continuo a crogiolarmi in questi dolci pensieri: finire questa vita da vagabondo e dedicarmi di più alla preghiera e allo studio nella mia patria natia. Il mio cuore è in tumulto e la mia anima tentenna ma continuo a lavorare in cucina e a occuparmi dei “miei poveri”. Non è passata neanche una settimana da tutte queste vicissitudini che una sera, finito il lavoro alla mensa, vado, come di solito, al centro dei ragazzi. È il compleanno del “piccolo” – 13 anni di cui metà passati in un orfanatrofo e l’altra metà vagabondando per le strade della città – così penso di fare un po’ di festa con loro.

Al vicino negozio compro 8 bottiglie di coca cola, 7 kg di frutta, dolci vari e con questo scatolone di delizie mi reco al centro per far festa. Per le scale metto male il piede, scivolo, rotolo giù fino in fondo e faccio uno scoppio terribile... Il botto è così forte che da dentro lo sentono e vengono in mio soccorso. Il dolore è atroce... non riesco a respirare... dopo diversi minuti passati immobile, lentamente, con l’aiuto degli altri, mi alzo e mi sdraio sul letto. All’ospedale mi diagnosticano una contusione all’anca con un grosso ematoma e frattura di una costola: due mesi di convalescenza!

Quando sono solo in camera piango e mi dispero: «Perché tutto questo»? Il giorno dopo sarei dovuto andare con degli amici per un favoloso giro in bici. A proposito mi ero dimenticato di dirvi del “mio grande amore”: la bici. Quando sono arrabbiato e deluso allora inforco la mia cara bici e via su per i viottoli di montagna a scaricare i miei rancori e il mio stress. Oppure mi dirigo lungo la strada del fiume dove i miei pensieri e le mie preoccupazioni sembrano essere trasportate lontano dalle placide onde. Oppure pedalo lungo il viale alberato sotto quelle fronde fresche e gaie che mi parlano del Creatore e mi ridonano energia nuova. Devo tanto a questa “cara amica” che conosce il mio cuore più di qualunque altro. Ora anche questa piccola gioia della vita mi è tolta: «Dio perché mi accade tutto questo»? Un grido di dolore si leva dal mio animo. Sono tanti anni che sono a fianco di questi tuoi figli/e come compagno di cammino nelle loro poche gioie e nei loro grandi dolori. Vivo e dono loro ogni giorno la mia vita senza sconti e con dedizione totale ma ora tutto ciò è troppo! Non ce la faccio più. Pianto tutto e me ne vado. Nel grande silenzio dell’Onnipotente percepisco dentro di me un’altra voce che mi sembra familiare e mi suggerisce suadente nel cuore: «Tutto ciò ti succede perché sei esausto. Riposati. Lascia stare i barboni, che, tanto, non cambieranno mai, saranno sempre degli ubriaconi falliti. Finisci i tuoi studi teologici con un bel dottorato in missiologia poi, dall’alto della tua ragguardevole esperienza, potrai insegnare a tanti giovani seminaristi come fare la missione...». Ci medito sopra; l’idea mi attira poi un pensiero: «È questa la volontà di Dio oppure lui mi chiama a stare a fianco dei miei poveri?». Sono confuso, stanco, tentenno non so cosa fare, non so qual è la decisione giusta da prendere. Lentamente passano 4 mesi di lotte, dolori, conflitti, angosce e solitudini; progressivamente mi metto in sesto e riprendo, con quel briciolo di fede che mi è rimasta, a camminare, seppur con fatica, a fianco dei miei fratelli più bisognosi. Sento di amarli perché loro mi amano, perché lui li ama. Nella grotta di Betlemme ha anteposto pezzenti pastori ai ricchi dignitari di Gerusalemme. Ha preferito il povero Lazzaro al ricco epulone. Il figlio prodigo al fratello che si riteneva giusto. Ha scelto come ultimo amico un ladrone pentito. Ha voluto come prima testimone della resurrezione la Maddalena. Ha chiamato i poveri, gli affamati, gli ignudi...“Beati, privilegiati del Regno.”. Perciò anch’io cercherò, con tutto me stesso, di amare questi cari amici di Gesù. I loro passi saranno il mio cammino, i loro tuguri la mia casa, il loro dolore la mia passione.

Ma dopo questa dura lotta con il demonio mi sembra di capire che non sarà facile e che le tentazioni non saranno tanto quelle di mangiare quel dolce a quaresima o fare un pensiero sessuale in un momento di stanchezza, ma pensare di allontanarmi dal progetto di Dio, di tentennare davanti al suo volere per un vita più comoda, facile, senza croce, come quella mostratami dal maligno. Chissà quando quel farabutto di satana si ripresenterà ancora. Sicuramente la prossima volta mi attirerà in maniera più astuta e convincente. Questa volta è stata dura ma lo Spirito di Dio non mi ha abbandonato: grazie Gesù! Grazie anche del giro in bici di ieri con i miei amici: è stato stupendo. Grazie Signore.

 

P. Vincenzo Bordo, omi