CONGRESSO MONDIALE DEGLI ISTITUTI SECOLARI

I GIOVANI CI INTERPELLANO

 

I partecipanti si sono confrontati con la realtà del mondo giovanile e interrogati su come trasmettere in modo attraente la vocazione secolare alle nuove generazioni. Erano presenti rappresentanti di 130 istituti secolari su circa 150.

 

È passato ormai già un po’ di tempo dal viaggio in Polonia, a Czestochowa, all’ombra della Madonna nera, per l’VIII congresso mondiale degli istituti secolari, organizzato dalla Conferenza Mondiale (CMIS). Eppure l’emozione provata lì nella cappella, ai piedi dell’altare dell’icona della Madonna, non la dimenticherò tanto facilmente. Quello sguardo della Madre dell’umanità così intenso e carico di pensieri e di profondità mi accompagna e mi impone di fermarmi in preghiera.

Mi ritorna ancora l’intima convinzione che la storia e il futuro si costruiscono se si guarda avanti con fiducia e ottimismo, convinzione percepita nello stesso modo accanto alla Vergine in quei giorni di luglio, nella tiepida estate polacca, accanto alla urgenza di dover impegnare tutte le energie per il passaggio del “testimone” alle nuove generazioni.

Provenienti da diversi continenti, i consacrati degli istituti secolari si sono riuniti dal 17 al 21 luglio a Czestochowa «per interrogarsi sulla fedeltà alla vocazione alla consacrazione nel mondo, a confronto con le nuove generazioni, con animo aperto alle nuove attese che ci interpellano», così come esordiva nella presentazione Dora Castenetto, presidente della CMIS, all’apertura dei lavori. In realtà se è vero che la vocazione alla consacrazione nel mondo è un segno dei tempi nuovi, perché vuole rispondere a una forte esigenza di incarnazione nella storia di oggi, è anche urgente che tutti gli Istituti e le singole persone consacrate rinverdiscano il senso profondo della loro identità, per essere quel sale che dà sapore e quella luce che illumina, pienamente inseriti nel contesto in cui si trovano, vivendo l’attenzione ai fratelli e impegnandosi alla diffusione della novità evangelica.

Su circa 150 istituti secolari riconosciuti nel mondo e iscritti alla CMIS, ben 130 erano presenti ai lavori congressuali con i loro responsabili e alcuni membri.

 

LE ATTESE

DEI GIOVANI

 

Il tema così provocatorio Istituto secolare cosa dici di te ai giovani, oggi? è partito da lontano nel lungo lavoro preparatorio, che ha visto impegnati i consacrati all’interno degli stessi istituti, nell’indagine conoscitiva sui giovani, sulla situazione giovanile oggi nel mondo, e sulla verifica di approccio e di proposta al mondo giovanile.

Si è trattato di riflettere e di «approfondire le grandi sfide che nel mondo contemporaneo si presentano, se si vuole continuare a essere oggi in maniera creativa, una opzione per i giovani postmoderni».

La sintesi di questo lungo lavoro è stato presentato nella seconda giornata dei lavori da Mariella Malaspina, Eva Kuzs e C. Ventura.

Dopo la presentazione da parte di Ventura dei dati statistici, ricavati dall’analisi dei questionari, Eva Kuzs asseriva che, accanto a tratti negativi che tutti conoscono della condizione giovanile, ce ne sono altri diversi. Infatti, «i giovani hanno un altro volto, quello del profondo desiderio di valori fondamentali come l’amore, la verità, il bene, l’autenticità e la semplicità… Sognano di essere veramente se stessi e che qualcuno li aiuti a scoprirlo… aspettano che qualcuno mostri loro il bene che c’è dentro di loro e che molto spesso da soli non riescono a vedere. Si aspettano che qualcuno indichi loro come vivere per gli altri. Sperano di incontrare i testimoni di speranza».

E Mariella Malaspina guardando ai consacrati nel mondo così notava: «I membri di un istituto secolare, in virtù della consacrazione secolare che instaura un profondo rapporto con Gesù Cristo vissuto all’interno del mondo, sono portatori di luce e di speranza nella società tutta e in particolare per quel settore della società che sta particolarmente a cuore al santo padre. I giovani, che spesso non trovano un senso al loro vivere, e che pure, con tutte le loro potenzialità ed energie, chiedono di essere affascinati, attirati, coinvolti, orientati. Certo, non è possibile fare questo se non si è mossi da una profonda coerenza con la nostra vocazione e dalla fedeltà alle nostre radici, alla genialità profetica di ciascuno dei nostri istituti. La ragione vera che ci definisce si chiama Cristo Gesù.

È lui che ci ha affascinati, è lui che abbiamo seguito. Questo i giovani hanno bisogno di sperimentarlo e vederlo realizzato in qualche esempio concreto, vicino, imitabile in tutta semplicità. Ad essi non mancano generosità e voglia di lottare, ma queste caratteristiche tendono ad atrofizzarsi in assenza di guide autorevoli, di modelli plausibili di crescita umana e cristiana e di sequela del Signore»”, e allora «tiriamo fuori dalla genialità profetica che sta alle nostre radici il cammino per il futuro…» perché si rende urgente una forte testimonianza profetica da parte delle persone consacrate, come scrive l’esortazione apostolica, ricordando quanto è scritto anche nelle costituzioni: «la vitalità del nostro istituto si manifesta nella nostra fedeltà personale, la nostra fecondità apostolica, nel risveglio delle vocazioni» (Vita consecrata).

Su questa premessa e a partire di qui i partecipanti sono stati invitati a continuare la riflessione nei gruppi di studio su alcuni nodi fondamentali:

– origini, genialità e profezia, oggi. Cosa riescono a trasmettere gli I.S. della genialità profetica dei fondatori;

– essere fermento nel mondo. A quali note peculiari della secolarità i giovani sono particolarmente sensibili;

– fedeltà e novità. Come trasferire il nuovo all’interno degli I.S;

– una generazione narra all’altra…Come rendere attraente la vocazione secolare.

L’impressione che si ricava dalla riflessione comune è che le persone consacrate e gli I.S. pur nella consapevolezza della genialità dei fondatori, interpreti attenti dei segni dei tempi e dalla voce dello Spirito, hanno bisogno, oggi ancor più, di approfondire la loro identità, di rinfrescare gli stili di vita, di rivedere alcune strategie vocazionali e formative, di acquistare nuovi linguaggi, che senza cadere nei luoghi comuni e nei nuovi formalismi, ammantati di modernismo, sappiano incidere nel cuore e nella coscienza dei giovani. È maturata da più parti nel mondo la necessità di creare confederazioni, osservatori permanenti, di inventare una pastorale di comunione, arricchita con le esperienze di tutti.

È emersa, soprattutto, l’urgenza che energie culturali siano orientate a un maggior approfondimento teologico della consacrazione nel mondo. Quello che fin qui è stato raggiunto è ancora poco, merita intuizioni innovative di incarnazione.

La grande sfida non è solo quella di coinvolgere i giovani “vicini” agli ambienti ecclesiali, ma arrivare a toccare il cuore di quelli definiti “lontani”, e che comunque sono in ricerca del Dio dell’amore e della pienezza di vita.

 

OCCORRONO

VERI TESTIMONI

 

I giovani consacrati che sono intervenuti nella tavola rotonda nella loro esperienza di vicini, in qualche modo indirettamente lo hanno evidenziato.

Ciò che colpisce, attira e porta a discernimento è la presenza di testimoni veri e di guide illuminate. Allora, ogni consacrato in virtù della chiamata e del senso dato alla propria vita è immagine, specchio, luogo di risposta alla domanda assoluta di infinito e di eterno che è presente in ogni uomo e donna di tutti i tempi. La storia dell’umanità anche nei momenti più bui è sempre stata un richiamo all’assoluto, al trascendente.

È quanto pensavo camminando tra le baracche di Auschwitz, quando insieme tutti i consacrati hanno visitato quei luoghi tristemente famosi, con quel senso di profonda mestizia che accompagna quando si entra in un cimitero e, anche se non si vuole, le domande perenni sulla vita e sulla morte ritornano alla mente in cerca di una risposta appagante.

Nel pellegrinaggio lì in quei luoghi di sofferenza e di martirio la domanda si fa più pressante ed esige una risposta valida per tutti e una risposta che si faccia monito per tutti. Se la tua intelligenza, se il tuo cuore non vengono guidati ai valori più autentici di rispetto, amore, giustizia, verità, allora, tu rischi di perdere il giusto orientamento, perdi i connotati della tua umanità, perdi te stesso e l’immagine che è stata impressa in te e che è l’immagine del Dio incarnato e fattosi servo di tutti.

Dopo la visita a Auschwitz e a Cracovia i lavori hanno visto la relazione su Attualità della vocazione all’istituto secolare tenuta da P. Walkiewicz, centrata sull’amore come essenza e motivo della vocazione secolare, punto focale per il coinvolgimento dei giovani.

Forse, da più parti ci si aspettava soluzioni, metodologie nuove, suggerimenti per un coinvolgimento efficace. Ma, non è stato così. Si è trattato, in realtà, di un convegno aperto, nel senso che non si è concluso con soluzioni certe. Ha aperto una strada, forse difficile, forse in salita, piena di imprevisti. Il percorso è lasciato all’inventiva, alla creatività e, direi, alla santità di quanti vogliono intraprenderla.

Un congresso di provocazioni, di domande aperte. Non poteva essere altrimenti.

Non possiamo dimenticare che i giovani sono persone con problematiche ed esigenze diverse. Certo, le attese dei giovani dell’Europa sono diverse da quelle dei ragazzi del Centro America, così come sono diverse da quelle di coloro che vivono in Africa o in Asia. Ciò che li accomuna è il bisogno di un senso da dare alla propria vita. Una vita piena di significato: è quanto di più ogni uomo vuole per sé. E per noi, consacrati nel mondo e per il mondo il senso pieno è Cristo, al di sopra di tutti e di tutto.

La sollecitazione che noi consacrati possiamo offrire alle nuove generazioni è questa, se lo faremo con coraggio e coerenza.

Il futuro è giovane, è nelle mani dei giovani, è nel loro cuore, nella loro mente.

Il futuro è nella loro vita colma anche di ciò che ciascuno di noi avrà trasmesso e depositato in loro e per loro con amore.