FENOMENO DEI SUICIDI IN EUROPA
LA VITA È DA VIVERE
Per la Giornata della vita 2004 i vescovi irlandesi hanno rivolto alla
comunità cattolica il documento “La vita è da vivere”. Una riflessione sul
suicidio. Presentiamo il testo quasi integralmente.
Un tasso di suicidi del 15,5 per gli
uomini e del 4,2 per le donne ogni centomila abitanti – di poco inferiore alla
media europea (18,3 uomini e 5,8 donne) – ha portato i vescovi irlandesi a
rivolgersi alla comunità cattolica con una lettera pastorale sulle implicazioni
di tale fenomeno.
«Una nube oscura si è addensata negli
ultimi anni sul cielo d’Irlanda. Molte vite si sono concluse in tragiche
circostanze e altre sono state rattristate dalla straziante realtà della morte
di una persona cara attraverso il suicidio. Molte di queste morti riguardano i
giovani.
Un recente sondaggio
dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, rivela che il suicidio, dopo gli
incidenti stradali, è la seconda causa in Europa di morti giovanili non dovute
alla malattia. Recenti resoconti e pubblicazioni sottolineano la portata di
questo fenomeno in Irlanda. In particolare, il rapporto tra maschi e femmine
che commettono suicidio è approssimativamente di quattro a uno.
Poiché sempre più frequentemente la
gente si interroga sulle ragioni di questo fenomeno e su che cosa si possa fare,
i vescovi irlandesi offrono la loro riflessione sulla vita come dono di Dio,
nella speranza di essere di qualche aiuto a coloro che stanno pensando al
suicidio e sostenere coloro che sono stati caricati del pesante fardello di una
morte suicida tra le persone care.
Fino a un passato relativamente
recente, il suicidio non era comune in Irlanda. Ed è poco diffuso anche in
molte parti del mondo. Molti fattori nella nostra cultura sono responsabili di
questo fenomeno. Negli ultimi anni, tuttavia, molti degli elementi che erano di
sostegno alle persone e le portavano a escludere il suicidio sembrano essere
svaniti. Il successo economico ha significato per molti un indebolimento della
fede e la perdita del senso della vita come dono di Dio. Col desiderio lodevole
di rimuovere il marchio che segnava le famiglie di coloro che sono morti
suicidi si è giunti a una progressiva perdita della consapevolezza del suicidio
come scelta impensabile.
Mentre nessuno dovrebbe desiderare un
ritorno ad atteggiamenti obsoleti di condanna resta il fatto che tutti dobbiamo
riconoscere come il suicidio sia divenuto una realtà drammatica nella nostra
società, una realtà da riconoscere e affrontare. In particolare riconosciamo il
pericolo che si possa sviluppare nella nostra società la rassegnazione all’idea
che possiamo fare poco per prevenire il suicidio. In questa Giornata per la
vita 2004, perciò, vorremmo approfondire con voi la convinzione che la vita è
un dono di Dio, che Lui solo può decidere quando debba finire, e che Dio vuole
che ognuno di noi viva la vita in pienezza in questo nostro mondo, scopra la
sua bellezza, rispetti la sua natura e goda delle sue benedizioni.
DI FRONTE
ALL’OSCURITÀ
Riconosciamo che tutte le generazioni e
molti individui hanno lottato con l’oscurità, sia in se stessi che all’interno
della società, in modi e a livelli diversi. A volte ombre scure attraversano la
nostra vita. Ad alcuni sembra che le nubi creino una terra d’ombra nella quale
sono condannati a vivere per sempre. E tuttavia resta il fatto che, non importa
quanto grande sia la sofferenza, l’oscurità alla fine passa.
La nostra fede ci assicura che se ci
rivolgiamo a Dio nella nostra solitudine e dolore possiamo poi scoprire che la
nostra oscurità non è creata da Dio. È una realtà dalla quale Dio vuole
liberarci e attraverso la quale possiamo trionfare. Questo è il cuore del
messaggio di Cristo. Egli ci offre l’opportunità di prendere sul serio la
sofferenza, confrontarci con essa e andare oltre. È precisamente ciò che egli
fece nel suo mistero pasquale. Accettò la sofferenza della croce, la sopportò,
le diede significato e trionfò su di essa. Ed è questo spirito trionfante, dato
a noi nel battesimo, che ci permette di fare lo stesso. Questo ci dà speranza
di fronte a così grande solitudine, dolore e paura. E ci convince che Isaia era
nel giusto quando disse “Egli non creò il mondo invano. Lo fece perché fosse
abitato” (Is 45.18). La vita è da vivere, quindi la vita è anche degna di
essere vissuta.
DI FRONTE
ALLA DISPERAZIONE
Molte persone nella Bibbia, soffrendo
il dolore della solitudine, depressione e oscurità, furono tentate di
disperare. Esse chiesero a Dio di permettere loro di morire e così porre fine a
tutto. La storia di Elia, per esempio, esprime tutto ciò in modo singolare.
Pieno di paura e con un senso di presagio, Elia, con un amico intimo, fuggì
nella campagna. Esausto per la paura e il dolore, decise che non poteva più
sostenere la compagnia del suo amico più intimo. Abbandonò l’amicizia e
intraprese da solo un viaggio nel deserto. Si narra che, dopo il cammino di un
giorno sotto il sole cocente, sedendo sotto un cespuglio spinoso desiderò
morire. “Yahweh, – disse – io ne ho abbastanza. Prendi la mia vita. Io non sono
migliore dei miei antenati”. Pieno di oscurità e sconvolto dal calore e dalla
fatica del viaggio, si distese, sperando e pregando Dio che si prendesse la sua
vita e ponesse fine alla sua sofferenza. Invece Dio mandò un angelo ad
aiutarlo. Questi gli diede pane da mangiare e acqua da bere. “Fortificato da
quel cibo egli camminò per quaranta giorni e quaranta notti finché giunse
all’Horeb, la montagna di Dio” (1Re 19.1-8).
Questo modello si è ripetuto nella vita
di molte persone, alcune delle quali sono state poi riconosciute sante. Santa
Teresa di Lisieux, per esempio, che è vista spesso come una donna dalla fede
molto semplice e retta, affrontò grandi difficoltà e tentazioni alla fine della
sua vita. Essa raccontò di sentirsi separata dalla grazia di Dio da “un grande
muro che raggiungeva il cielo e nascondeva le stelle”. Nell’oscurità, una voce
sembrò deriderla: “Tu davvero credi che la nebbia che ti circonda si
rischiarerà? Bene, bene, continua a desiderare ardentemente la morte. Ma la
morte renderà assurde le tue speranze; sarà una notte più scura che mai, la
notte della non-esistenza”. In quella prova essa continuò ad avere fiducia in
Dio. “L’unica cosa che io voglio con tutta me stessa ora è continuare ad amare
fino a morire d’amore”.
Oggi molte persone sono oppresse da
problemi personali o familiari, dalla malattia e dalla paura di una morte
dolorosa. Spesso sono tentate di arrendersi. In un primo momento tentano di
affrontare da sole il loro dolore. Poi tentano di lasciarlo dietro di sé e,
come Elia, alcune supplicano Dio di porre fine a tutto perché non possono più sostenerne
il peso. Alcune sentono che Dio non si prende cura di loro. Tuttavia, una volta
posta la fiducia in Dio, in un modo o nell’altro, Dio manda loro un sostegno e
trovano la forza necessaria per continuare. Dopo la prova, il sole era ancora
caldo per Elia, la strada lunga e le difficoltà presenti all’inizio erano
ancora là. Ma, con l’aiuto di Dio, superò la tentazione della disperazione e
continuò a lottare.
La vita oggi promette soluzioni facili
e immediate pressoché a tutto. La pubblicità ci assicura che possiamo volare
verso una idilliaca vacanza al sole; che possiamo vivere in una casa lussuosa
ed esclusiva, guidare una automobile da sogno in attraente compagnia e avere
tutto ciò che possiamo desiderare.
Noi sappiamo che anche in una Irlanda,
che è stata benedetta da un insolito successo economico negli ultimi anni, se
questo è in parte vero non corrisponde tuttavia al quadro complessivo. Non ci
sono soluzioni facili o immediate a molti problemi o tensioni della vita. Molto
spesso ci troviamo aggrappati al relitto della vita quando tutto ciò che ci è
rimasto dentro è la volontà che dice “tieni duro”. Molte persone meravigliose
non sono state in grado di tenere duro ma, ugualmente, molte grandi persone lo
hanno fatto. Oggi noi rendiamo tributo a quelli che continuano a lottare e
facciamo appello specialmente ai giovani, che hanno tutte le opportunità della
vita davanti a loro, perché “tengano duro” e così continuino a scoprire la
meraviglia della vita e del vivere.
LA VITA
DOPO IL SUICIDIO
Durante i giorni oscuri che seguono la
morte per suicidio di un amato, amici, vicini, parenti e ogni comunità locale
si fanno vicini alla famiglia in lutto con simpatia e comprensione. Ciascuno
desidera far risuonare parole di conforto e di speranza nei cuori affranti.
Tutti si uniscono per dire “c’è vita dopo la morte”, la vita eterna nell’amore
di Dio per chi è morto per propria mano e la vita ordinaria, anche se le
circostanze sono cambiate radicalmente, per chi è nel dolore.
Mentre penetra profondamente l’enormità
di ciò che è accaduto, chi è nel lutto passa attraverso le prevedibili reazioni
di rifiuto, un crescente senso di perdita, rabbia, rimorso e un profondo
dolore. La domanda pervasiva nella loro mente è perché.
Perché lo ha fatto? Perché non ho visto
qualche cosa di strano nel suo comportamento e gliel’ho impedito? Perché mi ha
fatto questo? L’elenco delle domande è interminabile. E non c’è risposta al
perché. Chi sa perché è accaduto? Come si sarebbe potuto realisticamente
prevedere?
In una recente intervista radiofonica
il superstite di un tentato suicidio spiegava chiaramente e con grande onestà i
suoi pensieri di quel periodo. Era andato alla deriva della solitudine e
dell’oscurità. A tal punto che, quando era ormai prossimo a compiere il
suicidio, come Elia, non poteva reggere neppure di fronte al genuino interesse
e alla comprensione dei suoi genitori, familiari e amici. Per questo motivo
mascherò il suo dolore e si pose in un atteggiamento di vita normale, positivo
quando incontrava coloro che amava. La sua riflessione può aiutare a spiegare
perché molte persone toccate dal suicidio vi diranno che non c’era nel
comportamento di chi è morto un’evidente motivo di preoccupazione. È vero che
chi è morto ci vorrebbe far sapere che non hanno dato fine alla propria vita a
motivo di una mancanza di amore nei nostri confronti. Allo stesso tempo, tutti
noi dobbiamo riconoscere che il suicidio causa un dolore terribile a famiglie e
amici, e nessuno merita questa croce.
La nostra fede cristiana ci assicura
che c’è vita dopo la morte e che un Dio misericordioso e amoroso può vedere
oltre la nostra condizione umana
limitata. Mentre crediamo che Dio è il datore della vita, e lui solo ha
il diritto di decidere quando essa debba finire, comprendiamo anche che Dio può
guardare nelle profondità del cuore umano, riconoscere le sue difficoltà,
capire e perdonare. Dovremmo pregare sempre per coloro che si tolgono la vita,
tentare di capirli e raccomandarli alla misericordia di Dio.
LA VITA
È DA VIVERE
La vita è da vivere. Abbiamo la parola
di Dio per questo. Il profeta Isaia ci assicura che nel creare il mondo “Dio lo
fece perché fosse abitato. Non l’ha creato invano” (Is 45,18). Sì, Dio vuole
che ognuno di noi viva la vita in pienezza in questo nostro mondo, scoprire la sua
bellezza, rispettare la sua natura e godere delle sue benedizioni. In
particolare, vuole che apprezziamo le sue meraviglie ed esploriamo il suo
potenziale. Attraverso il dono della vita, Dio invita tutti noi all’avventura
di scoprirlo nella fede.
Dio non ha creato nessuno di noi per la
distruzione. Ha dato a ciascuno il dono della vita e ha fatto il mondo per la
gioia di tutte le generazioni che hanno vissuto e che vivranno. Egli vuole che
noi la gustiamo. Vuole che ognuno di noi scopra la gioia di vivere in questo
mondo da lui creato e, inoltre, vuole che ognuno crei le condizioni perché ogni
essere umano possa vivere con dignità e godere la creazione di Dio. Perché,
come dice il Catechismo: “noi siamo amministratori, non proprietari della vita
che Dio ci ha affidato”. Il nostro compito è di apprezzare la vita come dono di
Dio e aiutare gli altri a fare altrettanto migliorando le condizioni di vita di
tutti i figli di Dio.
Infine, invitiamo tutti, individui,
famiglie, scuole, università, comunità, il Governo, i mezzi di comunicazione
sociale e i sistemi di assistenza sanitaria a unirsi nello sforzo di
comprendere maggiormente le cause di suicidio, di prendersi cura delle persone
a rischio e consolare e sostenere le famiglie di coloro che sono in lutto così
che ognuno nel nostro paese si possa sentire accudito e curato teneramente,
specialmente in queste tragiche circostanze. In particolare, incoraggiamo e
sosteniamo lo sviluppo di strategie di prevenzione del suicidio».