XLIV SETTIMANA SOCIALE

PIONIERI DELLA DEMOCRAZIA

 

I cattolici devono impegnarsi per rivitalizzare la società civile, contro limiti e condizionamenti del potere politico o economico, e per essere presenti nei ruoli pubblici, negli ambienti in cui si formano decisioni collettive significative: è proprio della vocazione del laico l’attuazione del pensiero sociale della Chiesa, secondo i metodi e gli strumenti del sistema democratico.

 

Con la consueta incisività, è stato il papa con il suo messaggio a intercettare la direzione più convincente da imprimere alla 44ª Settimana sociale dei cattolici (Bologna, 7-10 ottobre 2004, sul tema La democrazia: nuovi scenari, nuovi poteri), che ha visto la partecipazione di oltre un migliaio di delegati in ascolto di 40 relatori, suddivisi in sette tavole rotonde, per riflettere sul contributo cattolico al rinnovamento della vita pubblica italiana nei vari settori in cui essa si articola: scienza e tecnologia, economia e finanza, informazione, politica e poteri, cattolici e democrazia.1

«Un’autentica democrazia esige che si verifichino le condizioni necessarie per la promozione sia delle singole persone mediante l’educazione e la formazione ai veri ideali, sia della “soggettività” della società mediante la creazione di strutture di partecipazione e di corresponsabilità. In Italia, la democrazia e la libertà politica appaiono ormai felicemente consolidate e penetrate nella coscienza collettiva, grazie in particolare al loro tenace e prolungato esercizio realizzatosi a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, con il contributo determinante dei cattolici. A nessuno sfuggono però i rischi e le minacce che, per un autentico assetto democratico, possono derivare da certe correnti filosofiche, visioni antropologiche o concezioni politiche non esenti da preconcetti ideologici… Come esperti delle discipline sociali e come cristiani, voi siete chiamati, pertanto, a svolgere un ruolo di mediazione e di dialogo tra ideali e realtà concrete. Un ruolo che talvolta è anche di “pionieri”, perché vi è chiesto di indicare nuove piste e nuove soluzioni per affrontare in modo più equo gli scottanti problemi del mondo contemporaneo».

Crisi della democrazia, questione antropologica, visione globale dei problemi, nuova soggettività sociale del cristianesimo. Questi dunque i punti nevralgici intorno ai quali discernere.

 

AL CAPEZZALE

DELLA DEMOCRAZIA?

 

Nel corso della 43a Settimana sociale (Napoli, 1999) si era rivolta l’attenzione alla società civile, prendendo atto dei problemi esistenti, del suo essere spesso soffocata dal mercato da una parte e dallo stato dall’altra. Dalla riflessione sulla società civile a quella sulla democrazia il passo è breve: occorre interrogarsi sullo stato di salute dell’attuale organizzazione politica della società, per valutare quanto sia in grado di favorire partecipazione collettiva e vita democratica.

Il prezioso Documento preparatorio, definendo la democrazia come forma di governo e insieme di valori, suggerisce una lettura a partire dai nuovi scenari e poteri che si affermano nell’epoca della globalizzazione, «stagione in cui si riduce la capacità degli stati nazionali di intervenire con efficacia su molte questioni pubbliche e cresce la domanda di regolazione sociale su campi decisivi per la convivenza collettiva (l’economia, la scienza e la tecnologia, i mass media, le grandi migrazioni, i rapporti internazionali ecc.)».

Scenari che si sviluppano all’interno di una società pluralista contrassegnata dall’assenza di quei valori condivisi che hanno cementato in passato la convivenza civile. Il dibattito ha confermato questa lettura, sottolineandone l’esito che è quello di attestarsi su posizioni di “democrazia maggioritaria”, rinunciando a fare il passo verso la “democrazia inclusiva”, che non esclude cioè coloro che compongono la minoranza.

Dai più autorevoli interventi è emerso il rischio dell’indebolimento delle condizioni della democrazia, mentre essa invece deve essere continuamente rafforzata, negli aspetti formali e di contenuto. Non siamo al capezzale della democrazia ma dobbiamo custodirla come permanente conquista più che un pacifico possesso, coscienti che la sua attuazione sia dipendente da una costante promozione della coscienza civica, nonché dallo sviluppo di modalità di governo, non solo impegnate in programmi riformisti, ma anche nel far crescere gli spazi della partecipazione sociale. Ciò che è discussione non è l’idea in sé di democrazia, ma il modello ereditato dal recente passato, che va sotto il nome di “democrazia competitiva”, per lo più caratterizzata dalla concentrazione del potere in mano di pochi, dal ruolo primario esercitato dagli interessi economici, da una partecipazione “essenziale” (limitata al diritto di voto) dei cittadini alla vita pubblica.

 

DEMOCRAZIA E

NUOVO UMANESIMO

 

Ma a tale esigenza fa riscontro la difficoltà di individuare una piattaforma di valori comuni e di attribuire ad essi un significato univoco. Valori come libertà, giustizia, uguaglianza, solidarietà, legalità, responsabilità sembrano patrimonio di tutti, ma, quando si passa alla loro applicazione, emergono spesso posizioni divergenti. Va da sé, poi, che i valori della democrazia non si affermano in astratto, ma promuovendo e sostenendo quei gruppi di base (come la famiglia, le associazioni ecc.) che assolvono a importanti funzioni vitali e all’interno dei quali si fa esperienza di forte coinvolgimento e di solidarietà. Al centro della democrazia sta dunque la nuova “questione antropologica”.

L’apporto dei cattolici alla moderna democrazia riguarda la trascendenza del soggetto umano, nella sua capacità di conoscenza-riflessione e di libertà della persona (cf. intervento card. Ruini). Una democrazia come dimora degna dell’uomo sceglie come principio regolatore l’ordine delle persone al quale subordinare l’ordine delle cose (cf. intervento mons. Caffarra).

La democrazia va ancorata ai valori della vita, della cultura e della coscienza, capaci di salvarla negli scenari delle unioni sopranazionali e delle egemonie transnazionali (forme inedite che andrà assumendo la globalizzazione, comprese quelle città-mondo, in cui sta concentrandosi metà della popolazione del pianeta e che fungono da capitali dei mercati globali; cf. prolusione Casavola). Tentazioni, difetti e vizi nel modo di dare corpo oggi alla democrazia derivano da una riduttiva concezione dell’uomo, della sua vita, della sua sessualità, della sua relazione con gli altri e con Dio: «Si dà vera democrazia quando, ad esempio, le odierne applicazioni tecnologiche (in particolare, le moderne e sofisticate biotecnologie), invece di rispettare, curare e migliorare la vita di ogni uomo, qualunque sia lo stadio del suo sviluppo, la manipolano o, addirittura, la distruggono?

È vera democrazia quella in cui la differenza, la complementarietà e la reciprocità sessuale dell’uomo e della donna non vengono riconosciute e tutelate anche nel loro risvolto sociale e giuridico? Che democrazia è quella in cui la cultura dominante e le stesse disposizioni legislative non riconoscono e non tutelano adeguatamente – a livello sociale, economico, lavorativo, fiscale e politico – la famiglia quale società naturale fondata sul matrimonio (ossia su un rapporto stabile e duraturo tra uomo e donna, aperto alla fecondità) o, addirittura, equiparano ad essa altri tipi di rapporto e di convivenza che non possono vantare la stessa rilevanza sociale e giuridica propria della famiglia? Sono tutte problematiche che ci mostrano come, per un’autentica democrazia, è quanto mai decisiva la “questione antropologica”, la questione della irriducibilità della persona umana al resto della natura e della sua nativa e insopprimibile trascendenza» (intervento card. Tettamanzi).

 

MAGISTERO

SOCIALE COMUNITARIO

 

Pur peccando ancora di astrattezza e di un certo intellettualismo, i lavori della Settimana sono stati uno spazio di libero confronto e di superamento di ogni velleità di ricostruzione di una nuova formazione politica cattolica.

All’ultima tavola rotonda hanno partecipato i responsabili delle maggiori associazioni e movimenti. La loro presenza e il loro ascolto reciproco costituiscono un elemento di speranza: hanno manifestato con chiarezza la necessità di convergenze nella presenza sociale e nell’impegno politico, facendo emergere l’esigenza di costituire un laboratorio comune di riflessione e di formazione, al fine di ritrovarsi insieme attorno a specifici progetti o di ricercare sempre più posizioni comuni su questioni pubbliche di grande rilevanza al di là delle diverse appartenenze. In questo, aggiungiamo, si auspica una partecipazione anche della vita consacrata, che durante i lavori non ha certo brillato per presenze significative!

Uniti intorno al Vangelo e all’Eucaristia ma non disponibili a lasciarsi ingabbiare intorno a una politica partigiana o a una lettura fondamentalista dell’evento cristiano, i diversi “mondi” cattolici hanno contrapposto ai recenti rigurgiti laicisti una visione alta della democrazia.2

 

MAGISTERO

INCARNATO E PROFETICO

 

Ma l’analisi più completa e carica di futuro è venuta dal card. Tettamanzi. Egli ha ricordato come la fede cristiana non è estranea né separata – tanto meno contrapposta – alle problematiche sociali e politiche in generale. Essa è una fede incarnata nella storia, immersa nel mondo. E, nello stesso tempo, è testimonianza libera e coraggiosa del regno di Dio e dei suoi valori. «In questo senso, il magistero sociale della Chiesa ha detto molto e in modo molto articolato. Desidero però fare una sottolineatura sulla quale riflettere. Tale magistero non va inteso solo come un magistero “per” la comunità cristiana e per tutti gli uomini di buona volontà. Più adeguatamente, nella sua elaborazione, questo stesso magistero fa tesoro delle riflessioni, dell’esperienza e dell’apporto delle diverse componenti della comunità cristiana. Dunque, in qualche modo, il magistero trae lumi, sollecitazioni, concretizzazioni e aperture sempre nuove “dalla” comunità cristiana e dalla sua vita. Più precisamente, trae tutto questo da quell’umana esperienza che, illuminata dal Vangelo, innerva la vita della stessa comunità cristiana».

Sottolineando come «telecrazia e plutocrazia non hanno nulla a che vedere con la democrazia, la soffocano inesorabilmente e rovinosamente. Di più, soffocano inesorabilmente e rovinosamente l’uomo stesso», ha ribadito che l’impegno per la democrazia è anche questione internazionale, così come la giustizia sociale, l’equa distribuzione delle risorse e il principio universalistico su cui fondare lo stato sociale non sono faccende che riguardano solo i paesi occidentali.

In un’era di globalizzazione, emergono temi che devono far parte di una agenda politica che anche i cattolici devono sollecitare e concorrere ad affrontare. «Eccoli: il debito non schiacci il debitore; l’acceso all’acqua va garantito a tutti; i beni primari non devono mancare a nessuno; lo sviluppo deve essere sostenibile; solo la pace è garanzia per lo sviluppo; non c’è pace senza giustizia; non c’è giustizia senza democrazia, così come non c’è democrazia senza giustizia; l’economia è strumento per rimuovere le disparità e le disuguaglianze, non per accrescerle; la conoscenza e la cultura sono essenziali per consentire a tutti di capire, scegliere, “prendere parte”; i bambini di tutto il mondo hanno diritto di giocare; va riaffermato e condiviso “un no deciso” alla pena di morte, alle torture, ai maltrattamenti».

Tutto ciò nella convinzione che la democrazia non si impone con la violenza: «Sappiamo che oggi si discute spesso sulla esportabilità – o, meglio, sulla non esportabilità – della democrazia in culture non occidentali. Nell’affrontare questa problematica, è necessario lasciarci guidare dalla ferma convinzione che democrazia e libertà sono veri diritti di tutti gli uomini e di tutti i popoli e sono acquisizioni storiche da coltivare e diffondere. Il problema vero, allora, non è se si tratti di valori esportabili o no. È, piuttosto, quello del metodo giusto – un metodo cioè che sia rispettoso di ogni uomo, di ogni popolo, della libertà e della democrazia stessa – con cui promuovere democrazia e libertà. Non può essere il metodo della violenza: questa, infatti, come peraltro la storia insegna, genera altra violenza. Finché ciò non avviene, tutto ciò che è contrario alla democrazia e alla libertà trova il suo più fertile e triste terreno di coltura. La pace, dunque, ha bisogno che, da parte di tutti – singoli e nazioni – ci sia un’azione ferma e perseverante per il bene comune. Ha bisogno, cioè, di democrazia e di politica: di una democrazia reale e di una politica di qualità».

 

Mario Chiaro

 

 

1 Preziosi, per rilanciare i temi della Settimana, gli Atti dei quattro seminari preparatori già stampati dalle EDB: Dove vanno le istituzioni?; Speranze e timori della scienza e della tecnologia; Come stanno cambiando l’economia e la finanza?; Democrazia e governance internazionale.

2 Nel campo della scienza e della tecnologia è necessaria una alfabetizzazione scientifica della popolazione, nella scuola ma anche nella società civile. Nell’economia e nella finanza i cattolici possono: rendere il mercato una realtà plurale, introdurre i mercati di qualità sociale e contribuire a diffondere stili di consumo socialmente responsabili (scelta dei prodotti e servizi basata non solo sull’efficienza, ma anche sulle modalità della produzione). Nell’informazione il pluralismo va non soltanto tutelato ma anche accresciuto, aumentando il numero delle fonti e le prospettive all’interno delle varie fonti di informazione, favorendo una fruizione responsabile dei media. A fronte di decisive riforme istituzionali (vedi Consiglio di sicurezza dell’ONU, costituzione della Unione Europea, riforme in Italia), è quanto mai opportuno che si proceda attraverso il consenso più ampio possibile, ciò che evidentemente presuppone da tutte le parti una reale disponibilità al dialogo e alla ricerca delle intese.