SR. MARIA LUDOVICA DE ANGELIS, BEATA

 

SI È FATTA

TUTTA A TUTTI

 

Spese quasi tutti gli anni della sua vita religiosa in Argentina in un ospedale pediatrico. Spinta da un’ardente carità, seppe unire azione e contemplazione, tenerezza materna e chiaroveggenza gestionale. Non le mancarono sofferenze fisiche e morali, che sopportò con spirito di fede e serenità.

 

Domenica 3 ottobre Giovanni Paolo II ha proclamato cinque nuovi beati. Tra questi anche sr. Maria Ludovica De Angelis (1880-1962), delle Figlie di Nostra Signora della Misericordia, istituto che Geronima Benedetta Rossello aveva fondato a Savona il 10 agosto 1837, facendo sua l’ansia apostolica del vescovo, mons. Agostino De Mari, il quale cercava “qualche anima pia e misericordiosa che, sentendo compassione per le figlie abbandonate del popolo, le raccogliesse, le istruisse, le educasse al lavoro, alla religione, alla virtù”.1

Il nome assunto dal nuovo istituto voleva essere l’espressione di questo programma, tradotto poi così nel carisma specifico: Diffondere nel nome la misericordia di Dio con una presenza di misericordia e le opere di misericordia, ed essere, come Maria, strumenti di salvezza.

È in questo istituto che sr. Ludovica visse i 58 anni della sua vita religiosa, dal 1904, quando vi era entrata novizia, fino al 1962, anno della sua morte, raggiungendo le vette della santità.

Ripercorrendo ora la sua vita si sente quanto sono appropriate le parole con cui il papa l’ha proclamata beata: “Dio non ci ha dato uno Spirito di timidezza, ma di forza, di amore e di saggezza (2Tim 1,7). Queste parole… si possono applicare alla vita della beata Ludovica De Angelis, la cui esistenza fu completamente dedita alla gloria di Dio e al servizio dei suoi simili. Nella sua figura spiccano un cuore di madre, le sue qualità di guida e l’audacia propria dei santi. Per i bambini malati provò un amore concreto e generoso, affrontando sacrifici per consolarli; per i suoi collaboratori dell’ospedale di La Plata fu modello di gioia e di responsabilità, creando un ambiente familiare; per le sue consorelle fu un autentico esempio come Figlia di Nostra Signora della Misericordia. In tutto fu sostenuta dalla preghiera, facendo della sua vita una comunicazione continua con Dio”.

 

I SUOI GIOVANI

ANNI IN FAMIGLIA

 

Le doti che delineano i tratti della santità di sr. Ludovica, messe in risalto dal papa, a ben guardare, si trovano già presenti germinalmente in lei fin dalla sua giovane età, a conferma che i numerosi doni ricevuti dalla natura e i semi deposti nel suo cuore dalla grazia non sono rimasti infruttuosi. Anche a suo riguardo si può ripetere ciò che Paolo afferma di se stesso: “Per grazia di Dio però sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana; anzi ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me” (1Cor 15,10).

Ludovica era nata in Abruzzo, a San Gregorio, a pochi chilometri dall’Aquila, il 24 ottobre 1880. Al battesimo, amministrato, com’era allora consuetudine, lo stesso giorno della nascita, le fu dato il nome di Antonina, e a soli due anni e mezzo ricevette il sacramento della cresima.

Era la prima di otto figli e questa sua posizione in famiglia contribuì a temprarle il carattere e a sviluppare in lei un forte senso di responsabilità, dote che l’accompagnerà per tutta la vita. Cominciò pertanto ben presto a occuparsi dei suoi fratelli più piccoli, ad aiutare la mamma nelle faccende domestiche e a dare una mano al babbo nel lavoro dei campi, favorita anche da una costituzione sana a robusta.

In famiglia si viveva una vita cristiana semplice ma profonda: la fedeltà alla preghiera della sera, la devozione alla Vergine, la frequenza abituale alla messa festiva, tutto accompagnato dall’esercizio della carità verso i poveri, costituirono il terreno favorevole su cui crebbe e si sviluppò la sua vita spirituale e più tardi la sua vocazione. Ricevette anche un’istruzione catechistica essenziale, perfezionata poi a scuola e soprattutto in parrocchia. Ma è soprattutto la sensibilità verso i poveri la dote che in questo momento maggiormente spicca in lei. Leggiamo in un breve profilo a cura dell’istituto: “Offriva il suo aiuto a chiunque, nel paese, fosse nel bisogno. Se c’era qualche persona malata, povera e sola, andava ad assisterla ed era tanta la sua delicatezza che portava con sé dell’olio per alimentare la lucerna di quella povera abitazione”. Si profilano così già i lineamenti di una personalità forte i cui tratti troveremo più tardi in maniera più evidente negli anni del suo servizio apostolico: la modestia, il senso di responsabilità, la tenacia, una bontà senza limiti, l’amore verso gli umili e una straordinaria capacità di immedesimarsi e immergersi nelle realtà concrete.

 

L’INGRESSO

IN RELIGIONE

 

Fu in questo terreno ben fecondato che ben presto sbocciò il germe della vocazione. La scelta avvenne a 24 anni, in un’età ormai sufficientemente matura e consapevole. Il distacco dalla famiglia non fu semplice soprattutto per le difficoltà opposte dai genitori che vedevano venir meno in famiglia un aiuto su cui fino a quel momento avevano potuto contare. Nella decisione le fu di saggia guida il suo parroco, don Samuele Tarquini, che, quasi per un’intuizione profetica, l’avviò verso Savona, all’istituto delle Figlie di Nostra Signora della Misericordia. Così il 14 novembre 1904 poté entrare come postulante in noviziato, e il 3 maggio del 1905 vestire l’abito religioso prendendo il nome di sr. Maria Ludovica; nella stessa data, l’anno successivo emise la prima professione.

Abituata al sacrificio e al dono di sé, senza risparmio, entrando in religione, non aveva cercato un luogo dove trascorrere una vita comoda. Nel suo cuore sentì anzi nascere quasi subito il desiderio di una vita missionaria, in conformità con quanto la fondatrice, madre Rossello, aveva lasciato quasi come testamento alle sue figlie: “La Figlia della Misericordia deve avere un cuore grande e generoso per il Signore e per la salvezza delle anime, essere disposta ad andare in capo al mondo per fare a tutti del bene”.

Per lei “andare in capo al mondo” significò accettare con entusiasmo di essere inviata in Argentina. Il 14 novembre 1907 salpò con cinque compagne dal porto di Genova verso Buenos Aires, dove giunse il 4 dicembre.

Qui le fu affidato l’incarico della cucina e della dispensa nell’ospedale pediatrico di La Plata, città a poca distanza, a sud della capitale. Amante dell’ultimo posto e desiderosa di farsi serva di tutti, seppe subito creare attorno a sé un clima di amicizia e di fiducia. Ma i medici e gli infermieri, avendo notato in lei doti umane e spirituali non comuni – un forte senso di responsabilità, un grande spirito di sacrificio e di preghiera, una straordinaria capacità di collaborazione – le affidarono l’incarico dell’amministrazione dei beni dell’ospedale. È il 1909. Sr. Ludovica non ha ancora 30 anni. Forse non si sente all’altezza, ma accetta con fiducia l’incombenza – che eserciterà per oltre 30 anni fino alla morte – scorgendo in essa una nuova possibilità di donarsi al prossimo, in particolare ai bambini malati e alle loro famiglie, e di fare a tutti del bene.

In lei non c’è nulla che sappia di compiacenza o di presunzione. Anzi, nella sua umiltà e semplicità, era solita ripetere di non essere altro che “una povera ignorante”. A conferma della sua virtù, nel breve profilo citato, leggiamo che “quando otteneva buoni risultati in qualche difficile impresa, si metteva in disparte, evitando di parlare di sé, cercando sempre i compiti e i servizi più umili, facendosi tutta a tutti, fedele alle parole della madre Rossello: “Cercate di fare le cose sempre meglio ogni giorno, in spirito di sacrificio e umiltà””.

Educata fin da adolescente a guardare alle persone e alle situazioni con gli occhi della carità, rimase assai colpita dalle insufficienze e dal degrado in cui versava l’ospedale. Così, sotto la sua supervisione, a poco a poco questo fu trasformato in un edificio dotato di sale, padiglioni, consultori, una hall e una cappella: il tutto arredato con materiale di prima scelta e attrezzature moderne.

Nonostante l’assillo della gestione, sr. Ludovica non dimenticava che la cosa più importante della sua presenza in quel luogo era la testimonianza evangelica dell’amore. Riuscì così a trasformare l’ambiente dell’ospedale in una grande famiglia di cui lei era il cuore. Sapeva ascoltare tutti con pazienza, dava suggerimenti e consigli al personale, ai medici e agli infermieri che trovavano in lei in prezioso punto di riferimento. Inoltre, ogni giorno, sentiva il bisogno di visitare le sale dell’ospedale, non solo per organizzare i servizi, ma soprattutto per regalare a chiunque un sorriso, incoraggiare i piccoli malati, porgere una parola di conforto e di speranza ai familiari e animare tutti a svolgere con amore e precisione il loro dovere.

Ricordava a tutti: “Non dimenticate che qui, prima di ogni altro, ci sono i bambini… Se non sono curati bene, qui tutti siamo in più, dal direttore all’ultimo operaio”. Era considerata il loro “angelo tutelare”. Infatti, leggiamo ancora nel profilo citato, “per i piccoli, soli, abbandonati, aveva un riguardo particolare: li prendeva sotto la sua protezione, spesso li avviava agli studi, aiutandoli anche materialmente per farli riuscire. Si rivolgeva alle autorità, al cuore degli abitanti plateatensi e pochi resistevano alle sue richieste”

 

NON LA FERMA

NEANCHE LA MALATTIA

 

Nel 1935 subì una delicata operazione: l’asportazione di un rene malato di tumore. Ma anche questa esperienza, anziché deprimerla, divenne per lei l’occasione per mettere le ali alla fantasia e pensare a nuove iniziative. In tutta verità si può applicare a lei ciò che scrive l’apostoli Paolo: “Del resto, noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati secondo il suo disegno” (Rm 8,28).

Tornata in Italia per prendersi un po’ di riposo e partecipare come delegata al capitolo generale, colse l’occasione per visitare laboratori, ospedali, e case di cura specializzate nel recupero dei bambini malati. Le balenò così l’idea di applicare anche in Argentina le stesse terapie per i bambini, bisognosi soprattutto di cure elioterapiche e di una sana alimentazione. Il sogno cominciò a realizzarsi nel 1937 quando le autorità provinciali donarono all’ospedale un vasto terreno (47.000 mq) a City Bell, a soli 8 chilometri da La Plata. Sr. Ludovica decise di ricavarne orti e una vasta fattoria per disporre così di verdura fresca, frutta in abbondanza, carne, uva e pollame di prima qualità per i suoi piccoli malati. Vedendo poi l’abbandono religioso in cui vivevano gli abitanti della zona chiese e ottenne dall’arcivescovo il permesso di costruire, sempre nell’area di City Bell, una cappella, divenuta in seguito chiesa parrocchiale, dedicata al Sacro Cuore e di organizzare anche una missione popolare.

Sempre per motivi di salute fu costretta quindi a prendersi un nuovo periodo di riposo. E anche questa volta la pausa si trasformò in un’occasione per ideare nuove iniziative. Sostando per un po’ di tempo, questa volta, a Mar del Plata, a circa 400 chilometri a sud di La Plata, sulla costa dell’Atlantico, poté sperimentare su se stessa i benefici dell’aria marina.

Pensò allora che quell’area sarebbe stata un luogo ottimale per costruire un Solarium per suoi bambini. Ottenne a questo scopo dal governo provinciale 100 metri di spiaggia, ma subito le si scatenarono contro le agenzie turistiche e commerciali, che si credevano colpite nei loro interessi, fino a obbligarla a sospendere i lavori. Alla fine però vinse la buona causa e il Solarium poté essere inaugurato nel 1943. Sr. Ludovica, sapendo però quanto fosse importante, oltre alla cura delle malattie, anche quella dello spirito, vi fece costruire anche una cappella che dedicò a san Giuseppe.

Ma come accade a tutte le anime sante, accanto a tanta stima e a riconoscimenti (la città le conferì la medaglia del “Buon vicino”; inoltre ricevette il “Rotary Club” per la sua benefica opera di servizio alla comunità), non le mancarono le spine: incomprensioni, numerose umiliazioni, critiche, accuse pubbliche e private e perfino gravi calunnie di una cattiva e disonesta gestione dell’amministrazione, di essersi arricchita illecitamente e avere accettato ricompense personali, e cose del genere.

Sr. Ludovica, pur soffrendo molto, non perse mai la calma: era una donna forte, di fede, una creatura tutta di Dio. Qui si vede tutta la sua grandezza spirituale. “Trovava nella preghiera continua, leggiamo ancora, la sorgente che le dava luce, forza, ardimento, speranza. La sua preghiera era semplice e umile; preghiera vocale e preghiera contemplativa.

Devotissima dell’eucaristia, prolungava spesso, anche nella notte le soste davanti al tabernacolo. Univa alla devozione eucaristica la contemplazione della passione di Cristo nella via Crucis. Fu devotissima, fin dalla gioventù, della Vergine Madre della Misericordia e di san Giuseppe, modello di umiltà, di obbedienza e di sacrificio. La sua vita fu un viaggio verso la santità, una santità costruita, raggiunta, giorno dopo giorno, nell’umiltà, nell’amore per Dio e per i fratelli, soprattutto più i più poveri che egli predilige”.

Morì la domenica 25 febbraio 1962, in seguito a un tumore all’addome. Aveva 82 anni. Vera figlia dell’istituto delle suore di Nostra Signora della Misericordia, ne ha vissuto, giorno per giorno, lo spirito e il carisma in maniera mirabile. Ora, a soli 42 anni dalla scomparsa, la Chiesa ha voluto porla in alto, come lampada sul moggio, perché la sua luce risplenda, e, come dice il Vangelo, vedendo le sue opere buone anche noi abbiamo a rendere gloria al Padre che è nei cieli (cf. Mt 5,16).

 

A. Dall’Osto

 

1 Gli altri beati sono: Pierre Vigne (1670-1740), Anna Katharina Emmerick (1774-1824), Joseph-Marie Cassant (1878-1903) e Carlo d’Austria (1887-1922).