CONVEGNO DELL’ORDO VIRGINUM

LA VERGINITÀ COME BELLEZZA

 

Il convegno ha rappresentato un forte momento di comunione. In tre relazioni è stato approfondito il tema delle virtù cristiane nella vita della vergine consacrata: dalle virtù teologali, a quelle particolari

ad esse collegate, quali l’obbedienza, la povertà e la castità.

 

Mentre tutt’intorno si assiste allo spegnersi del senso cristiano della vita, al Signore è rimasto ancora il cuore della creatura per manifestarsi e invitare lungo le sue vie, tante volte al di fuori di ogni logica umana e prassi culturale. E lì, nel cuore, la creatura risponde. Capita così di imbattersi in volti, decisamente di oggi, che lasciano irradiare il carisma della pura verginità per il regno: l’evangelico “chi può capire, capisca” (Mt 19,12).

È quanto si è visto all’incontro nazionale dell’Ordo virginum, svoltosi quest’anno a Cetraro Marina (CS), dal 26 al 30 agosto. Circa 120 le partecipanti, alle quali si è affiancata la presenza di alcuni delegati diocesani. Come negli ultimi convegni, anche questa volta è stato maggiore il numero di quelle persone che sono ancora in cammino o semplicemente alla ricerca, di quante hanno già ricevuto la consacrazione. E dato che per parlare di una realtà bisogna andare anche alle cifre, diciamo subito che l’Ordo virginum in Italia va prendendo vita in modo sorprendente: è già presente in una sessantina di diocesi e in molte altre comincia a germinare. Le donne consacrate con l’antico rito liturgico si aggirano intorno al numero di trecento, mentre almeno una cinquantina, per lo più giovani, stanno percorrendo un cammino di formazione nelle loro chiese locali.

 

UN CARISMA

AFFIDATO AI VESCOVI

 

L’Ordo virginum, rifiorito nella Chiesa dopo il concilio Vaticano II, ha le sue radici nei primi secoli del cristianesimo quando fu istituzionalizzato lo stato di vita nella verginità. Per almeno quattro secoli le vergini furono una componente del popolo di Dio: erano consacrate ma non separate dal mondo. Uno stile ben diverso da quello che di lì a breve sarebbe stato offerto dalla vita monastica.

Costituivano una categoria germogliata direttamente dal “consiglio evangelico” della verginità: misticamente attratte a donarsi a Cristo con un proposito irrevocabile, avevano come modello Maria e lo stesso Signore Gesù, icone di quella nuova fecondità e pienezza di vita che viene dal dono esclusivo di sé al Padre. Alla base della istituzionalizzazione del carisma della verginità c’era una autentica consacrazione, documentata in autori e concili del IV secolo: veniva conferita dal vescovo mediante un suggestivo rito liturgico che faceva della donna consacrata la sponsa Christi.

Punto di riferimento per la conoscenza del carisma sono i testi dei Padri sulla verginità consacrata. Si tratta in genere di scritti che i vescovi rivolgevano alle vergini da essi stessi consacrate, per illuminarle sul loro stato ed esortarle a vivere in un modo degno del dono ricevuto. A questi testi occorre far riferimento per cogliere il senso e il mistero del carisma come era alle origini e come si ripropone da quando, il 31 maggio 1970, il rito è stato ripristinato anche per donne che vivono nel mondo.

E anche i nostri vescovi si sono sentiti coinvolti dal dono che lo Spirito Santo ha fatto alla Chiesa: hanno ripreso nell’oggi quello stesso stile di accompagnamento delle vergini, quale ebbero i vescovi della prima era cristiana. Così l’incontro delle consacrate a Cetraro è diventato anche un appuntamento per i pastori delle Chiese più vicine. Era la prima volta che un convegno si svolgeva in Calabria, precisamente nella diocesi di San Marco Argentano-Scalea, dove si trova la “Colonia San Benedetto” retta dalle suore battistine: una capace struttura che s’affaccia sul mare e apre al respiro di una natura incontaminata, tra riviere surreali e acque di uno smeraldo trasparente.

Proprio lì la prima sera si è presentato il vescovo del luogo, mons. Domenico Crusco, per aprire l’incontro annuale con la celebrazione eucaristica. Già la sua omelia, sulla verginità come bellezza, sembrava riprodurre uno di quei testi degli antichi Padri. Per rimanere ai vescovi, la mattina seguente era la volta di mons. Giuseppe Agostino, arcivescovo di Cosenza-Bisignano, al quale proprio il vangelo del giorno – la parabola delle dieci vergini dal testo di Matteo 25, 1-13 – offriva il tema per parlare della novità rappresentata dalle persone vergini, sulle orme di Maria e del Signore Gesù. Il 28 agosto poi, la memoria di sant’Agostino induceva a riflettere sulla figura del grande vescovo e monaco che più di ogni altro estensore di una Regola per una vita evangelica in comune è riuscito a mantenere la realtà monastica dentro quella ecclesiale. Presiedeva l’Eucaristia il vescovo di Locri -Gerace, mons. Giancarlo Bregantini, presente anche come relatore sul tema “speranza e povertà”. Un discorso capace di entrare nella concretezza delle situazioni con intuizione mistica: è lo sguardo al cielo che trasfigura la terra.

A compimento delle giornate d’incontro, la concelebrazione domenicale presieduta da mons. Vittorio Mondello, arcivescovo di Reggio Calabria-Bova e presidente della conferenza episcopale calabra. Nelle sue parole la passione per l’unità nell’unico corpo che è la Chiesa: solo partendo dall’essere un cuor solo e un’anima sola, entriamo nel modo giusto nello specifico del nostro servizio. Accanto a mons. Mondello il nunzio apostolico in Italia, la cui presenza al convegno merita una menzione a parte; nonché mons. Vincenzo Pelvi, vescovo ausiliare di Napoli, confuso come “mite fratello” tra tutti i partecipanti. Era venuto ad accompagnare alcune delle otto giovani che il prossimo 16 aprile, in clima pasquale, verranno consacrate con il solenne rito pubblico. Anche la chiesa di Napoli comincerà ad avere un Ordo virginum proprio.

 

CARISMA

E FORMAZIONE

 

La vergine consacrata non ha dei superiori come avviene nella vita religiosa. Il cammino rimane affidato alla sua responsabilità, fermo restando che sullo sfondo c’è sempre un vescovo, una Chiesa e possibilmente un padre spirituale. Ma il fatto di condividere lo stesso carisma con altre persone, sia pur distanti nello spazio, crea alcune espressioni di comunione di cui l’incontro annuale diventa un momento privilegiato.

È un invito, non un obbligo. Chi ne ha esperienza sa che non è soltanto una occasione per conoscersi, ma un camminare insieme che nulla toglie all’originalità della propria chiamata. Proprio incontrandosi si è imparato ad accettare che l’Ordo virginum abbraccia le fisionomie più diverse: donne in carriera e altre semplicemente dedite al proprio lavoro; persone che danno del tempo per qualche servizio in parrocchia e in diocesi e altre impegnate a tempo pieno negli ambienti ecclesiastici; persone chiamate a riempire i loro momenti liberi con la preghiera offerta a nome di tutta l’umanità e altre spinte a una sorta di vita eremitica, ma conservando la fisionomia della sponsalità e della diocesanità specifica di questa vocazione.

I convegni annuali, organizzati fin dal 1988, hanno rappresentato gli strumenti attraverso i quali si è man mano definita l’identità dell’Ordo virginum e rimangono in prospettiva come occasione di formazione soprattutto per quelle persone che fanno i loro primi passi verso la conoscenza di questa forma di vita consacrata. Gli Atti, che di volta in volta raccolgono le relazioni svolte da vescovi e docenti, costituiscono un approfondimento di quelle che sono le linee portanti della spiritualità del carisma, contenuta fondamentalmente nello stupendo rito liturgico e nelle premesse che lo accompagnano.

Il tema dell’incontro di quest’anno era introdotto dall’invito di Pietro: “Ciascuno viva secondo la grazia ricevuta…” (1Pt 4,10). L’approfondimento riguardava le virtù cristiane nella vita della vergine consacrata: dalle virtù teologali di fede, speranza e carità alle tre virtù particolari ad esse collegate, quali sono l’obbedienza, la povertà e la castità. Un discorso vasto, affrontato in tre relazioni, svolte rispettivamente da don Vincenzo Lo Passo, docente presso l’Istituto teologico calabro, dal vescovo mons. Bregantini, come già accennato, e infine la terza, su “carità e castità”, affidata a Maria Concetta De Magistris, una giovane professoressa della diocesi di Palermo. Molto diversi gli stili dei tre relatori ma, insieme, i loro contributi rimarranno come punto di riferimento per leggere quelle virtù cristiane nell’ottica dell’Ordo Virginum.

Come anche negli ultimi incontri, è stato particolarmente sentito il tema della formazione, sia per l’originalità che essa presenta rispetto ai percorsi formativi delle altre espressioni di vita consacrata, sia per il rischio in cui si può incorrere di giungere a una consacrazione senza avere idee chiare su quella che ne è la fisionomia. Bisogna sottolineare che la formazione avviene nella propria chiesa diocesana, ma si avvale anche dei rapporti di fraternità e amicizia che ciascuna coltiva con le consacrate anche di altre diocesi. Al di là di ogni divario dovuto all’età e alle fisionomie diverse, ci si riconosce nel comune dono ricevuto.

È stata una esperienza formativa anche il pellegrinaggio al santuario di san Francesco di Paola dove, sull’imbrunire di venerdì 27 agosto, si è data vita ad una celebrazione itinerante guidata dal provinciale dei Minimi, padre Gregorio Colatorti. Una spiritualità apparentemente lontana dal nostro modo di incarnare oggi il Vangelo, ma percorrendo al lume delle torce quel luogo suggestivo che parla di preghiera e penitenza, si respirava l’autentica santità, quella che  sola dà efficacia a ogni gesto della persona che vive nel mistero di Dio. Ad essa richiamava il santo, nato lì sei secoli addietro.

 

IL NUNZIO

QUASI UN PADRE

 

Tra le persone sorprese dallo sviluppo che sta avendo l’Ordo virginum, il nunzio apostolico in Italia, mons. Paolo Romeo, arrivato al convegno nella fase finale. Aveva già preso contatto con i membri del collegamento, ovvero un piccolo gruppo di consacrate, elette di volta in volta dall’assemblea, alle quali è affidato mantenere i rapporti con la CEI, preparare il foglio di collegamento e l’incontro annuale. Ma per una realtà di vita consacrata che poggia su un carisma personale e fa riferimento solo al vescovo diocesano, quale ruolo poteva avere la persona che mantiene i contatti tra il santo padre e la Chiesa che è in Italia?

È venuto a dirlo personalmente a Cetraro, condividendo insieme a tutti i presenti l’ultimo giorno di lavoro. Si è presentato come un canale privilegiato di comunione. Il nunzio, ha detto, non ha alcuna giurisdizione. Osserva semplicemente quello che avviene nell’ambito ecclesiale. Visto che la chiesa italiana dà domicilio alla nuova realtà di vita consacrata nel mondo riproposta da Paolo VI, il nunzio deve accompagnarla. Per questo ha voluto conoscerla più da vicino.

E la presentava come un carisma che va contro corrente in un mondo che vive di tutt’altri valori. La cultura è areligiosa, soffoca il senso di Dio nell’uomo, ma proprio in questo contesto lo Spirito Santo ha risuscitato l’Ordo virginum, per testimoniare la priorità di Dio e il valore della chiesa particolare. La vergine consacrata non è a servizio di una missione specifica come le singole famiglie religiose. È aperta a tutte le realtà.

Ma deve immergersi nella Chiesa per avere la pienezza della vita. Ella cresce nella propria diocesi, eppure ha bisogno di canali che alimentino in lei lo specifico del carisma. Dalla qualità di vita dipenderà anche il futuro dell’Ordo virginum. Come spose di Cristo dentro una chiesa locale, le consacrate sono chiamate a essere specchi, possibilmente puliti, attraverso cui passa il riflesso di Dio. Ma per mantenere alto il livello, il cammino ha bisogno di essere sostenuto: questo spiega la presenza del nunzio come persona che traduce la volontà stessa del santo padre.

Si comprendeva che era venuto solo come un padre. Se un punto ha voluto mettere in rilievo, è stato quello della formazione. Di qui l’invito a cercare forme che, evitando strutture gerarchiche, possano realizzare momenti che aiutino di volta in volta ciascuna consacrata ad essere annunciatrice e testimone del Signore Gesù nonché della Chiesa sua Sposa. E indicava nell’essere convenute insieme, in un momento ancora pionieristico dell’esperienza, un grande significato evangelico: ognuna con il proprio carisma, ma insieme come il tralcio unito alla vite.

 

Paola Moschetti