PRESUPPOSTI PER FARE UNA SCELTA

VOCAZIONE E DISCERNIMENTO

 

Per conoscere la chiamata di Dio nella propria vita è necessaria un’assidua opera di discernimento. Essa richiede alcune “precondizioni”, ricordando che la vocazione non è solo missione, ma prima di tutto invito a entrare in una relazione d’amore con Dio.

 

Nella vita è importante, per non dire decisivo, che ognuno sappia discernere la propria vocazione o chiamata, per dare così un orientamento preciso alla propria esistenza. Il discernimento, tuttavia, non si improvvisa. Ha bisogno di alcune condizioni senza le quali si rischia di girare a vuoto. Charles J. Jackson, direttore dell’ufficio per le vocazioni della provincia dei gesuiti della California, scrivendo su questo argomento, parla di alcune precondizioni indispensabili se si vuole realmente giungere a conoscere ciò che Dio desidera da ciascuno.1

Prendendo lo spunto dalla Bibbia, egli osserva che la nozione di chiamata è centrale per descrivere la persona umana nel suo rapporto con Dio. I patriarchi, i profeti, gli apostoli hanno iniziato la loro missione obbedendo a una chiamata di Dio. Spesso si è trattato di un evento non esente da timore per le implicazioni che comportava, poiché essi erano coscienti della loro debolezza; per questo erano restii ad accettare. Geremia diceva di essere troppo giovane (1,6); Isaia di essere un uomo dalle labbra impure (6,5), Pietro di essere un peccatore (Lc 5,8). Sapevano tuttavia di essere stati scelti e chiamati da Dio ed erano coscienti che il suo aiuto e la sua grazia sarebbero stati per loro sufficienti.

Il termine vocazione, sottolinea J. Jackson, esprime spesso la missione a cui uno è chiamato da Dio, ma il suo significato va oltre ciò che si è chiamati a fare: prima ancora della missione, esprime ciò che la persona è chiamata a essere. In ultima analisi la vocazione definisce la persona in quanto tale così come Dio vuole che sia.

Per esempio, nel caso di Geremia, Isaia e Pietro, la chiamata non fu soltanto un mettersi a servizio di Dio, ma un entrare nel mistero del suo amore. In effetti, “una vocazione non è un semplice invito ad abbracciare un genere di vita, ma il genere stesso di vita che non avrebbe significato al di fuori di Dio, il cui amore per noi è sempre attivo. Alla nascita Dio ci chiama alla vita. La sua azione su ciascuno di noi e in ogni momento della nostra vita riecheggia questa chiamata: egli continua a invitarci, a guidarci e ad attirarci alla pienezza di vita.

 

ALCUNE

PRECONDIZIONI

 

L’importante per ognuno è saper discernere la propria chiamata. Il discernimento si fonda sulla consapevolezza che Dio è sempre “all’opera” nella nostra vita e che la sua azione si manifesta in linea ordinaria negli eventi quotidiani dell’esistenza. Bisogna perciò saper scorgere la chiamata di Dio nelle realtà di tutti i giorni. Si tratta, scrive p. Jackson, di un processo facile da spiegare, ma che presuppone diverse cose, ossia appunto delle precondizioni.

La prima è la capacità di riflettere sugli avvenimenti ordinari della propria vita. Il discernimento richiede infatti una particolare sensibilità verso il proprio mondo interiore e la capacità di riflettere su ciò che si sperimenta. L’azione di Dio può essere sottile e rimanere spesso anche irriconoscibile fintanto che non si presta ad essa un’attenzione nella calma. Purtroppo oggi viviamo in un mondo di rumore che non è solo quello delle strada, ma anche quello che ci creiamo con la televisione, la radio, i CD o i registratori; rumore che riempie ogni momento della giornata. Se uno vuole riflettere con calma sulla propria vita deve prendere le distanze da questo rumore. Un mezzo efficace è allora l’esame di coscienza che aiuta a trovare Dio nella vita di tutti i giorni; altrettanto importante è la preghiera: ambedue sono strumenti che aiutano a dare delle risposte oranti ai desideri profondi del cuore.

Una seconda precondizione è la capacità di descrivere ciò che si sperimenta. Bisogna quindi andare al di là di una sempre presa di coscienza degli avvenimenti per sviluppare la capacità di sentire le risposte da dare. Si tratta di trovare le parole adatte per descrivere ciò che si prova, ma le parole da sole non bastano; più importante è che si incominci a capire e valorizzare il modo con cui Dio è all’opera nella propria vita. Si prenderà allora coscienza che ci sono anche altre forze all’opera che cercano di distogliere da Dio e dal rispondere al suo amore. Come avvenne, per esempio in sant’Ignazio che, mentre era in ospedale, leggendo la vita di Cristo e dei santi, si sentiva fortemente attratto da questi racconti, ma poi avvertiva che i suoi pensieri vagavano lontano facendogli immaginare di essere un valoroso cavaliere e di compiere gesta eroiche, anche se, come egli confessa, queste lo lasciavano poi vuoto e triste. Secondo p.  Jackson, tenere un diario spirituale quotidiano e scrivere la propria autobiografia costituisce un mezzo eccellente per favorire questo processo.

La terza precondizione è l’abitudine alla preghiera personale. Il discernimento della vocazione non consiste soltanto nel giungere a un prudente giudizio circa il proprio futuro e nemmeno in una semplice risposta alla chiamata di Dio. Si tratta piuttosto di entrare nel movimento dell’amore di Dio e di stabilire una relazione sempre più profonda con questo amore. Ora, ciò che nutre e favorisce questa relazione è proprio la preghiera.

Occorre tuttavia tenere presente che la preghiera non riguarda tanto, come troppo spesso avviene, ciò che noi vogliamo dire a Dio e tanto meno le parole da utilizzare nel nostro dialogo con lui. Essa comincia non col parlare, ma con l’ascolto. L’intenzione profonda non deve essere semplicemente quella di voler pregare, ma di sviluppare un atteggiamento di preghiera che pervada tutta la vita quotidiana. Un aiuto formidabile può essere in questo una guida spirituale, una persona sapiente e di preghiera, che, oltre a offrire saggi consigli, possa risolvere molti dubbi e indicare la via giusta da seguire.

La quarta precondizione è la conoscenza di sé. Bisogna cioè che ciascuno guardi dentro se stesso e riconosca la trama del disegno di Dio nella propria vita: il modo in cui persone significative, eventi e decisioni hanno cooperato a plasmarla. Inoltre, che egli sappia riconoscere le lotte e i conflitti, le forze e le debolezze, le speranze e le paure. Che cosa è importante? Che cosa rappresentano? In una parola, è necessario che la persona conosca chi è.

Un passo ulteriore consiste nel conoscere i propri desideri più profondi. La domanda che Gesù rivolse ai due discepoli del Battista “che cercate” (Gv 1,38) deve sentirsi rivolta a tutti coloro che vogliano discernere la propria vocazione. Cosa desiderano nel profondo del loro cuore? Che cosa occupa la loro mente? Sono attirati primariamente al sacerdozio, alla vita religiosa, o semplicemente a una delle tante forme di servizio nella Chiesa? Se è il sacerdozio, che cosa in questa vocazione li attira? Se invece è la vita religiosa, che cosa trovano in essa di attraente? C’è per loro una forma particolare che ha un risalto speciale? Se sì, quale e per quale ragione?

Esemplificando, p. Jackson, ipotizza che uno voglia farsi gesuita. Allora la domanda è: ciò che lo attira è più il desiderio di farsi gesuita o di diventare prete? Se è di farsi gesuita, egli avrebbe una simile attrattiva se si trattasse di farsi fratello? Se diventare prete è la ragione principale, si sentirebbe egli ugualmente ispirato a farsi prete francescano o domenicano oppure diocesano? La vita matrimoniale ha la stessa attrattiva? O la vita laica celibe?

Le persone, sottolinea p. Jackson, devono sentirsi ragionevolmente sicure di ciò che sentono nel cuore e fare di tutto per chiarirlo e metterlo a fuoco. Devono cercare di definire con chiarezza il loro desiderio più profondo.

Si passa così a un’altra precondizione: l’apertura a Dio e al suo orientamento. È importante che le persone conoscano i propri desideri più profondi e siano capaci di sognare circa il loro futuro. Ma è altrettanto importante che siano veramente aperti a Dio e abbiano la docilità interiore di accettare come e dove Dio li vorrà orientare. E si tratta di scoprirlo nella realtà di tutti i giorni.

 

INIZIARE

CON LA PREGHIERA

 

Una volta presa coscienza delle precondizioni, occorre iniziare il discernimento con una preghiera per essere illuminati e procedere poi a un reiterato cammino di valutazione, preghiera e chiarificazione per giungere così a una decisione. Ma occorrono ancora alcune spiegazioni.

In altre parole, bisogna informarsi su ciascuna delle opzioni che si è portati a prendere in considerazione. In effetti, nessuno chiederebbe di poter entrare in un college o intraprendere una professione senza prima studiare seriamente il caso, senza conoscere al meglio i programmi, le richieste, le forze e debolezze, ciò che ne dice la gente e se sembra una buona opportunità. La stessa cosa vale anche per il discernimento vocazionale. Bisogna cioè che le persone conoscano al meglio le opzioni. In particolare dovrebbero fare attenzione a ciò che trovano attraente o a ciò che invece crea delle difficoltà a motivo dell’educazione, età, salute, stile di vita ecc.

In secondo luogo, bisogna pregare per avere luce: il discernimento vocazionale non consiste solo nel cercare di farsi un giudizio prudenziale; è una risposta all’amore di Dio che invita non semplicemente a un genere di vita, ma a una relazione di amore e di risposta a lui. Il discernimento vocazionale deve sempre riconoscere e promuovere questa relazione. Per questo bisogna cominciare dalla preghiera per ottenere la luce dello Spirito Santo affinché egli illumini non solo il discernimento, ma la stessa vita, così da rispondere ancor di più a Dio e alle sue indicazioni.

In terzo luogo, nel fare discernimento bisogna che la persona si impegni in un reiterato processo di valutazione, preghiera e di chiarificazione per giungere poi alla decisione. Quindi:

1. chiarire le ragioni pro e contro una determinata opzione. Nel valutare questa o quell’altra opzione che si desidera considerare, l’esperienza insegna che è sempre meglio partire dalle ragioni contro anziché da quelle a favore;

2. riflettere e pregare su queste ragioni poiché lo scopo finale è cercare di capire dove Gesù invita. Sant’Ignazio osservava che lo Spirito di Dio opera per incoraggiare e infondere gioia e pace interiore in quanti cercano di rispondere generosamente all’amore di Dio, mentre lo spirito del male interviene con lo scoraggiamento, l’ansia e la paura. In altre parole, coloro che sinceramente cercano Dio, possono scoprire il suo orientamento rendendosi sensibili alle riposte d’amore che le loro considerazioni suscitano nel loro intimo.

Il discernimento vocazionale, sottolinea p. Jackson, è una convergenza di molti fattori: la persona che uno è, i suoi desideri più profondi, tutto ciò che si è venuti a conoscere considerando le varie opzioni, le risposte affettive che le accompagnano. Tutto questo deve essere soppesato e valutato nella preghiera. La mente può offrire dei saggi consigli, ma la vocazione si riconosce in ultima analisi nel cuore;

3. cercare ulteriori informazioni e chiarificazioni: ciò può avvenire determinando le ragioni a favore di una determinata opzione, prima di ripetere il triplice procedimento, e portare poi tutto nella preghiera.

Occorre tenere presente che il discernimento implica una decisione che riguarda ciò che si deve fare adesso. Dio non invita la persona che uno sarà o che spera di diventare, ma quella che essa è ora. E nemmeno invita a considerare ciò che il futuro potrà riservarle. L’invito consiste nel mettersi in cammino e lasciare che Dio continui a orientare e a guidare. Ciò richiede generosità e coraggio. Dio chiama ciascuno di noi a seguirlo sulle stesse orme di Abramo il quale “partì senza sapere dove andava” (Eb 11,8).

Non bisogna tuttavia mai dimenticare, conclude p. Jackson, che la storia di ogni vocazione è unica. La chiave definitiva del discernimento è l’apertura a Dio e la volontà di attuarla non attraverso clamorose esperienze ma nella complessità della vita di tutti i giorni.