LA VR IN AMERICA LATINA
TUNICHE DA LACERARE
Può essere rifondata
la vita religiosa maschile in America Latina? Il superiore provinciale della
comunità salvatoriana in Colombia risponde proponendo una conversione radicale
alla forza ricreante della Parola.
L’obiettivo è tutto interno alla vita religiosa (VR) in
America Latina: lo afferma più volte p. Ignacio Madera Vargas sds, provinciale
della comunità Salvatoriana in Colombia, nel proporre l’articolo Converción y
refundación en la vida religiosa masculina, che leggiamo sulla rivista della
Conferenza cilena dei religiosi Testimonio 202/marzo-aprile 2004,55-67.1
L’autore aveva qualche dubbio nell’affrontare
l’argomento, sembrandogli indiscreto domandarsi se in America Latina uno stile
di vita che dopo tanti secoli appare ancorato a forme rigide e modalità inveterate
«sarà capace di frenare la sua folle corsa per cercare che cosa sia
fondamentale al presente e condizione per essere significativo in futuro».
Per esempio – insiste – «la forza dei processi di
clericalizzazione della VR come la sua istituzionalizzazione non sono forse una
perdita di significato del nostro stile di vita, tanto che essa sembrerebbe
camminare ineluttabilmente verso la fine? E tuttavia, che dire dell’aumento
numerico di vocazioni per la VR maschile nel continente?».
Ma risposte importanti le trova, cogliendole dalla voce
di Giovanni Battista il quale proprio alla VR maschile sembra oggi gridare nel
deserto “Convertiti!”.
Luogo della tentazione, il deserto è anche luogo che
favorisce un più intenso ascolto della parola di Dio; perciò «predicarvi alla
VR maschile è metterla davanti a domande tali che ci si possa aspettare da essa
una risposta capace di produrre frutti di conversione.
Quando Giovanni Battista annuncia la conversione perché
“è giunto a voi il regno dei cieli” (Mt 3,2) reclama “frutti degni” (Mt 3,7:
secondo i Vangeli, per la comunità che sta sullo sfondo del racconto l’annuncio
dell’arrivo del Messia comporta processi interiori che devono riflettersi su
azioni esteriori», per cui accogliendo la parola del Battista chi possiede due
tuniche debba cedere la seconda a chi non ne ha alcuna.
E dunque, secondo tale parola evangelica che cosa deve
fare la VR maschile in America Latina? Assumendo la metafora delle tuniche
condivise, essa «è chiamata a dividere le sue tuniche per poter rispondere alla
presenza del Regno in questo continente di speranze e di lotte»: è necessario
lacerarle, perché dalla loro divisione sorga qualcosa di nuovo. «Sottolineo con
ciò – aggiunge il provinciale salvatoriano – che la conversione alla quale la nostra
vita è chiamata, se vuole rifondarsi, contiene molto da lacerare per poter
diffondere novità e indicare orizzonti nuovi di senso all’interno dei nostri
popoli e nel cuore della Chiesa latinoamericana».
LA TUNICA
CLERICALE
La storia della VR – rievoca p. Madera V. – racconta che
essa ha avuto inizio come movimento laicale di alcuni uomini e donne decisi a
vivere con radicalità i valori evangelici, al tempo piuttosto in crisi o poco
vissuti dai contemporanei. Ma quando i religiosi cominciarono a essere
ordinati, questa vita laicale si clericalizzò e i monasteri svilupparono
processi di gerarchizzazione tra i monaci a partire dai ministeri propri del
sacramento dell’ordine. Apparvero poi i fratelli laici e la differenza con i
chierici si fissò a livello di formazione intellettuale, di ministeri
all’interno della comunità religiosa e presso il popolo, di accesso alle
responsabilità di governo e altre distinzioni e separazioni che l’autore
preferisce lasciare alla storia per non appesantire il giudizio di valore che
di esse si potrebbe dare.
«Mutatasi in clero, gruppo di separati, la VR maschile
smise anche di essere laós, popolo. Ed ecco il primo mantello che la VR
maschile deve lacerare: la tunica clericale, che a causa del ministero ordinato
la rende gruppo di segregati, quasi di supercristiani».
Con altrettanta chiarezza, tuttavia, l’autore precisa che
affermare il carattere laicale della VR maschile non significa negare la
trasformazione ontica realizzata dal sacramento dell’ordine, bensì sottolineare
che «tale trasformazione rende i religiosi ordinati servitori minoritari del
popolo santo, ministri della sacramentalità corrispondente a ciascun ministero,
ma anzitutto predicatori della buona novella del Regno e solleciti animatori
delle comunità credenti». Essi infatti devono vivere il battesimo e il
presbiterato mediante il duplice dono del sacerdozio ordinato e del carisma
religioso con tutte le sfumature evangeliche proprie della congregazione di
appartenenza.
Il risultato dovrebbe essere quello di suscitare nuovi
dinamismi di comunione, superare le differenze tra superiori e inferiori, di
privilegi e opportunità, in modo che la vita della Chiesa si svolga in
fraternità, nell’uguaglianza tra la diversità dei carismi e nella presenza
anticipata del Regno definitivo. La tunica lacerata significa così «rinuncia
alla stratificazione tra comunità, ai complessi di superiorità o di maggior
valore sociale per formazione accademica o professionalità specialistica. Le
comunità non possono partecipare della lotta per il controllo e l’oppressione,
propria delle multinazionali nell’attuale sistema neoliberale. La vita di una
comunità religiosa si valuta per la qualità evangelica ed evangelizzante, e non
per l’estensione e il potere di incidenza sociale delle sue istituzioni, per i
centri di formazione dei suoi fratelli, o per i meccanismi di autosoddisfazione
di tutte le sue necessità; si valuta per la capacità di attualizzare la lettura
del carisma per meglio rispondere alle sfide delle società odierne».
LA TUNICA
MASCHILISTA
La seconda tunica che secondo p. Madera V. deve essere
lacerata è quella del maschilismo, perché si possa intessere un modo nuovo di
rapportarsi degli uomini alle donne e degli stessi uomini tra di loro.
Il pensiero che egli esprime con un filo di ironia parte
da lontano: «Per secoli la donna è stata considerata e vista come la
seduttrice, il pericolo insidiante la pace e l’armonia di certi uomini ingenui
e puri, incapaci di sedurre di iniziativa propria e sempre vittime di una
fragilità indotta dal desiderio dell’irresistibile proveniente dalla sottile
abilità femminile di allontanarlo dai suoi centri.
Noi religiosi dobbiamo sapere che è finito quel tempo,
che la donna ha preso coscienza del proprio essere e della propria
responsabilità in totale uguaglianza con l’uomo. Che non possiamo continuare a
coprirci col manto di relazioni fondate sul predominio e la competenza, per
cominciare a coprirci con le tuniche della mutua comprensione e del compito
ugualitario di costruirci come umanità in giustizia, solidarietà e pace».
Da un lato – precisa – «la VR maschile deve lacerare il
manto del maschilismo ancestrale che attraversa gli archetipi culturali
dell’inconscio collettivo latinoamericano. Dal Messico alla Patagonia la VR
femminile si fa ogni giorno più cosciente del proprio protagonismo, della
propria presenza profetica di valore e di fortezza sulle frontiere delle
avversità e delle tragedie. Donne di Dio nel cuore della vita sono, le
religiose latinoamericane. Non sempre una valorizzazione di tale realtà esiste
nella coscienza dei religiosi uomini, chiusi in un universo clericale che
impedisce loro di stare in mezzo ad esse condividendo riflessioni e aprendo
orizzonti».
Da un altro lato – prosegue – «la tunica deve essere
lacerata affinché giungiamo a valorizzare la donna quale essa è, immagine di
Dio padre e madre, tempio dello Spirito. I fenomeni denunciati dai mezzi di
comunicazione sociale con intenzioni non proprio sante ci hanno svelato una
situazione che, nella sua aberrazione, ci chiede di frenare e riflettere,
correggere e convertire. Con urgenza. Gli scandali in Africa, negli Stati
Uniti, in Europa e in tante regioni del continente circa la vita sessuale degli
uomini celibi urgono affinché si laceri la tunica della relazione col femminile
per smettere di vedere in lei la seduttrice; e ancor più scoprire uniti la
complessità della relazione donna-uomo, creare spazi di sincera apertura al
dialogo per un modo casto di vivere un celibato profeticamente significativo,
nelle società che fanno della donna un oggetto di consumo».
E infine: «La maschilità deve superare le ideologie
affermanti il predominio dei maschi, aprirsi allo specifico maschile come
realizzazione di valori, atteggiamenti e gesti qualificati finora non solo come
femminei ma anche come segno di una carenza di forza e di virilità: la
tenerezza, la sensibilità intensa, le espressioni spontanee di un affetto casto
e libero. Dobbiamo riscattare, tra uomini, tutto ciò che abbiamo represso...
Duri e implacabili tra noi stessi, noi religiosi dobbiamo riconoscere di
doverci convertire a una sensibilità nuova, che rifiutando ogni manierismo
effeminato sia capace di voler bene maschilmente».
IL MANTO
DEL POTERE
Ma c’è una tunica più spessa e dura da lacerare per la
“conversione” della VR maschile: è quella del potere. Contigua al manto
clericale, p. Madera V. la segnala anzitutto tra i religiosi parroci, che vede
«trasformarsi facilmente in parroci senza controllo; i quali dietro lo scudo
delle tante attività proprie del loro servizio riducono al minimo i doveri
della VR», dalla preghiera alla condivisione comunitaria, dalla valutazione
della pastorale ai ritiri, al sollievo e all’uso del denaro.
Lungi dal voler denigrare l’inserimento della VR maschile
nel ministero parrocchiale e sapendo di toccare un tasto delicato, egli
riconduce l’attenzione al fondamento ricordando che la VR è sorta per essere e
non per sostituire: «Lacerare la tunica del potere perché appaiano i mantelli
di una VR liberata da tutto ciò che, benché faccia parte dell’aiuto che
dobbiamo dare alle chiese locali, non giustifica l’alto prezzo consistente
nella morte dei dinamismi più importanti del nostro stile di vita e del
significato testimoniale della profezia che la VR deve essere dentro la Chiesa
santa». Ché se il contributo della VR alle chiese locali consiste nell’assumere
strutture parrocchiali, l’animazione della pastorale dovrà armonizzarsi con i
vari carismi e fare della parrocchia una comunione di comunità dove la VR
mantenga i suoi spazi vitali.
Pericoli gravi per la VR ammantata di potere p. Madera V.
li scorge inoltre, dal proprio angolo visuale, nelle grandi istituzioni che
comportano «una tale professionalizzazione del religioso, ordinato o no, che
non si limita ai doveri della missione affidatagli ma crea un tipo di uomo
intento a scalare posizioni di governo e di controllo dell’orientamento delle
istituzioni. «Attaccati a posti e a prebende, i religiosi scivolano facilmente
nella permissività verso le politiche degli stati e nell’appoggio
incondizionato ai sistemi vigenti» diventando “religiosi esecutivi”,
consenzienti allo spreco di denaro e persino alla competizione sleale tra
fratelli pur di raggiungere obiettivi “impropri”.
Lacerare la tunica del potere istituzionale, tornando
all’essenziale per cui l’unico potere del cristiano è quello di servire, urge,
infine, «per i grandi ordini che nel continente possiedono enormi istituzioni
come scuole, università, centri di educazione altamente qualificati, nei quali
sono state educate generazioni e generazioni di coloro che hanno diretto i
destini del continente».
Processi dolorosi ma necessari – conclude – se lo scopo è
quello di ritrovare il fondamento tornando alla Parola: perché si ricrei una VR
che può essere ferita e dolente ma anche capace di esprimere in tutti gli
angoli dell’America Latina la presenza del buon samaritano.
Zelia Pani
1 Tutto il numero è dedicato al tema della VR maschile in
America Latina.