I COMBONIANI

E LA FORMAZIONE PERMANENTE

 

Nel capitolo generale del 2003 i comboniani avevano insistito sull�importanza della formazione permanente. Il tema � entrato anche negli Atti capitolari dove si legge: �Nel prossimo sessennio vogliamo fare della formazione permanente (FP) la priorit� per aiutarci a vivere assieme la missione nella vita di ogni giorno�.

Si tratta di un tema molto attuale per un insieme di ragioni: �Ascoltando attentamente il racconto di tanti missionari e missionarie � leggiamo in un breve inserto nell�ultimo numero di Familia Comboniana (settembre 2004) � specialmente di quelli provenienti da paesi in guerra e di persecuzione politico-religiosa, si ha l�opportunit� di raccogliere testimonianze di quanto il problema sia vivo. La storia di molti paesi e missioni ha cancellato tanto fare (costruzioni, progetti, metodologie�) e ha mantenuto solo il ricordo e le tracce di ci� che aveva sapore e luce, evidenza tutta comboniana di quel io muoio ma la mia opera non morir� del nostro santo fondatore�.

�Sia chiaro, sottolinea l�inserto, il fare � benedetto da Dio, ma non � completo: senza l�essere, � come un cibo senza sale e senza gusto. I tanti muri costruiti, anch�essi, saranno un ricordo di benedizione e, forse, in alcuni casi, anche di condanna. Prendendo come riferimento le situazioni di guerra, possiamo vedere come la gente, anche se non ha potuto ricostruire i muri, ha portato avanti il messaggio, ci� di cui ha preso coscienza�.

Ora � giunto il momento di �fare un passo in avanti�. E ci� pu� avvenire se la persona � capace di superarsi e di crescere-convertirsi. Qui entra appunto in gioco la formazione permanente, mediante la quale �la persona riesce a percepire ogni giorno come un tempo opportuno per andare avanti e crescere assieme agli altri nella comunit�.

Ma non � facile mettersi in questo atteggiamento, come rilevano anche gli Atti capitolari: �Non possiamo negare che esistono nelle nostre comunit� problemi di identit�, spiritualit� superficiale e imborghesimento, dove si accentuano atteggiamenti di chiusura nei propri progetti individuali�.

Il citato inserto dedica un certo spazio a descrivere le principali difficolt� che si incontrano. �Una prima, scrive, � di comprensione della realt� stessa della FP. Spesso si pensa alla FP come a uno strumento legato soprattutto ai momenti di crisi. Questo non sempre potrebbe essere vero. La FP, se ben programmata e vissuta con partecipazione, � di grande aiuto nel far circolare idee, stimoli, incoraggiamenti, sostegno psicologico e umano, esperienze, testimonianze, nel creare apertura alla pluralit� e a nuovi stili di vita, come pure nel far prendere coscienza della variet� e ricchezza di ministeri e di carismi che lo Spirito semina tra di noi, nella Chiesa, gli altri istituti e gruppi ecclesiali: tutto ci� aiuta il processo di rigenerazione delle comunit� e della missione, a beneficio della gente che serviamo.

Un limite � anche pensare che la FP si esaurisca con i momenti forti: esercizi spirituali, ritiri, assemblee, incontri�, dimenticando che la partita vera si gioca nell�ordinariet� del quotidiano e del feriale, da cui i momenti forti ricevono nutrimento e a cui essi ridanno energia�,

A questa prima difficolt� se ne aggiunge una seconda: �il grave errore, cio�, in cui si pu� incorrere, di pensare che, cambiando comunit�, posto, persone, facendo qualcosa di diverso, magari un corso o una specializzazione in teologia o in pastorale o�, le cose si mettano a posto. Ma � ancora un �fare cose� che impedisce un maturare�.

Inoltre, �� forte la tentazione (o peccato?) di �fuggire, nascondersi�, perch� l�impresa � impegnativa, la stanchezza � tanta, molte le ingiustizie e i torti subiti di cui porto i segni, si � stufi di chiacchiere e di documenti, di incontri e di assemblee, perch� tanto, alla fine, ognuno continua come prima e nulla cambia. Subentra allora la rassegnazione, se non proprio l�indifferenza, e si tira avanti come si pu�: �Io sono fatto cos�, ho sempre fatto cos�, perch� dovrei cambiare?�. Ma, sappiamo tutti, fuggire non serve�.

Gli Atti capitolari sottolineano anche la difficolt� di vivere la relazione con gli altri, favorendo la comunicazione e la condivisione, il discernimento e il progetto comunitario. In altre parole, commenta l�inserto, �manca la qualit� della comunicazione; spesso non condividiamo la fede, ma solo quello che facciamo. Se c�� buona comunicazione, cresce anche il donarsi reciproco; al contrario, costruiamo le comunit� solo come gruppi di lavoro�.

C�� poi un�altra serie di difficolt� legate allo �scollamento� tra la FP e la formazione iniziale (o di base - FB) , in contrasto con quello che scrivono gli Atti capitolari: �La FP e la formazione iniziale si saldano, creando nel soggetto la disponibilit� a lasciarsi formare ogni giorno della vita�. L�inserto rileva che �rimane ancora l�idea tradizionale che la formazione di base � il tempo di preparazione alla consacrazione a Cristo per la missione e la missione come il tempo della realizzazione del dono di s� senza risparmio�. In questo modo, �la FP viene relegata al bisogno di ricaricarsi ogni tanto con tempi forti, di aggiornamento e di rinnovamento per ripartire�.

In realt� i due aspetti devono saldarsi tra loro, poich� �tutta la formazione di per s� � permanente�; questa �recupera i valori acquisiti nella FB, in un rapporto di inizio-continuazione di uno stesso cammino di vita. La FP ci permette di vedere e di accorgerci se un muro � storto e ci aiuta a rimetterlo diritto, se � debole di rinforzarlo, o, se ci siamo fermati perch� contenti di ci� che � stato fatto allora, di rimetterci in cammino�. Naturalmente, �al centro di tutto ci deve essere sempre Cristo e la missione: la missione dipende dalla formazione e la formazione dalla missione�. Pertanto, �fare FP non � sottrarre tempo ed energie alla missione, ma � fare missione�.

Tenendo presenti queste considerazioni, il capitolo ha rivolto a tutti un invito a una triplice responsabilit�:

1. saper cogliere alcune sfide: dare pi� enfasi all�essere missionari che al fare missione; sviluppare il senso di appartenenza all�istituto; crescere nella passione e mistica per la missione; coltivare la stima reciproca e l�amicizia nelle relazioni; capacit� di vivere l�interculturalit� come dono; valorizzare la ricchezza umana, spirituale e missionaria di confratelli anziani e malati;

2. rafforzare l�identit� comboniana, accogliendo l�iniziativa di Dio come fece Comboni;

3. dare testimonianza con la vita, mettendo la santit� a fondamento della vita e della missione dell�istituto e vivendo la comunit� come luogo dell�esperienza di Dio e dell�incontro con l�altro.

Il citato inserto, dopo aver ricordato che �la responsabilit� � della persona, poi dei superiori maggiori e locali�, conclude con un�immagine ispirata all�ambiente missionario africano: �Una comunit� che non fa FP potrebbe correre il rischio di essere una stupenda capanna, bella all�esterno ma con i pali corrosi dentro dalle termiti�.