QUALE CAMBIAMENTO E QUALE FUTURO?
UN NUOVO MODO DI PROCEDERE
Per costruire il
futuro occorre entrare nella logica di una prospettiva motivata dall’analisi
del presente, sostenuta dalla percezione dei mutamenti che chiamano al
discernimento, guidata dal desiderio di non essere emarginati dal cammino della
storia. Bisogna imparare anche dai “figli delle tenebre”.
È lecito per gli istituti religiosi attingere i metodi di
analisi, di procedimento, di comunicazione e di irradiazione al mondo, dei
“figli delle tenebre”, questo vasto mondo del commercio, della pubblicità,
dell’impresa, che il Vangelo (Lc 16,8) ci presenta ben più scaltro di quello
dei “figli della luce”, al quale la vita consacrata si gloria di appartenere,
per natura? Possiamo reperire in questo mondo, pur condannato per tante cose,
qualcosa di buono da imitare nelle strade da esso percorse per ottenere
visibilità, successo, consenso, espansione dei prodotti e del mercato?
Certamente – lo precisiamo subito a scanso di equivoci –
il successo e il consenso che la vita consacrata e la sua azione
evangelizzatrice debbono raggiungere sono di ben altra natura di quelli
dell’industria e del commercio, ma non possiamo dimenticare che il Vangelo è
rivolto agli uomini del nostro tempo, sensibili a determinati stimoli, che
reagiscono a certe spinte, che sentono precise sirene della pubblicità, che
comprendono un particolare linguaggio.
Entrare in sintonia con tale mondo non ci sembra
deleterio per la trasmissione del messaggio evangelico, anzi ci appare come la
condizione indispensabile perché sia sentito dai destinatari come qualcosa di
valido, direi di tangibile, anche nella nostra cultura, e perché sia recepito
come parte integrante della propria vita individuale e sociale. Un modo di
vedere e di procedere che è un contributo alla ricerca di senso che la vita
consacrata sta conducendo nel nostro tempo.
Infatti due questioni – in sintesi – agitano oggi le
comunità religiose: quale cambiamento intraprendere, attualizzando il proprio
carisma in un mondo che è mutato e si trasforma rapidamente sotto l’aspetto
culturale, religioso, sociale, e quale futuro costruire affinché la vita
consacrata abbia ancora una presenza significativa. Due momenti – è evidente –
intimamente interdipendenti: un cambiamento rispetto al passato per
incamminarsi in modo nuovo verso il futuro.
Due momenti che richiedono la comprensione del presente e
a questo punto possono tornare utili gli stimoli che derivano alla vita
consacrata dai “figli delle tenebre”, il cui mondo è in continua ricerca del
nuovo – qui visto al di fuori dell’aspetto etico, in altre sedi determinante –
e proiettato verso l’avvenire.
VISIONE
PROSPETTICA
Se si vuole avere successo, ci dice il mondo
dell’industria, del mercato, della pubblicità, occorre iniziare a creare
qualcosa di nuovo: la “sapienza” dell’imprenditore si vede nell’invenzione e
nella realizzazione di beni appetibili, nella loro presentazione attraverso
immagini e linguaggi affascinanti, nella capacità di attirare capitali, soci,
clienti. E lo deve fare nel migliore dei modi. Si è coniata un’espressione
forte e significativa: standard di perfezione, la ricerca costante di una vetta
che va accompagnata dalla coscienza di poterla raggiungere, dalla fiducia in se
stessi, dalla percezione individuale e del gruppo di essere in grado di
conquistare i traguardi previsti.
Soprattutto gioca un ruolo essenziale il fine per cui si
opera e come lo si persegue: deve essere visto con la “fede” nella sua
necessità e possibilità e deve essere condiviso (la capacità di persuasione è
indispensabile per creare un gruppo affiatato ed entusiasta). Atteggiamenti che
generano il dinamismo del gruppo, che suscitano speranza – la virtù che innerva
il futuro – che fanno apparire raggiungibili orizzonti inediti, che creano
forze e passioni.
L’aridità delle visioni prospettiche rivela la mancanza
di fede e di speranza, e quindi di futuro, e l’aridità delle opere manifesta la
sfiducia nel nuovo e nel possibile. Per la vita consacrata è la visione di Dio
che si ha che determina e guida la profondità dell’impegno per l’evangelizzazione
dell’uomo ed è la stima per l’uomo che definisce e quantifica la profondità
dell’impegno per la missione di comunicare Cristo.
Noi religiosi non possiamo dimenticare che il Vangelo è
il lievito che ha favorito – si direbbe determinato con la sua forza dinamica
protesa verso il futuro del compimento del disegno divino, sempre al di là del
già raggiunto – la trasformazione spirituale, sociale e culturale del mondo.
Infatti la presenza assicurata di Cristo, iniziata con
l’incarnazione e resa definitiva con la resurrezione, immette nella nostra
storia una novità continua per l’uomo e indica un futuro lampeggiante oltre il
buio della quotidianità e le difficoltà del presente, una speranza che dona
chiarezza agli itinerari da percorrere.
Allora, in questa dimensione teologica e spirituale, la
vita consacrata vede il cammino verso il suo standard di perfezione nella
permanente tensione alle radici della consacrazione, agli obiettivi
dell’evangelizzazione, alla ricerca di un futuro edificato sulla speranza in Cristo
e sulla fiducia nell’uomo redento.
DISTRUZIONE
CREATIVA
Per costruire questo futuro occorre entrare, ci sembra,
nella logica di una prospettiva motivata dall’analisi del presente, sostenuta
dalla percezione dei mutamenti che chiamano al discernimento, guidata dal
desiderio di non essere emarginati dal cammino della storia. Sono le complesse,
ma lucide, operazioni mentali che oggi compie il citato mondo della
produttività, del mercato e della pubblicità, sempre attento alle domande del
tempo e dinamico nel trovare le soluzioni più rispondenti ai desideri, magari
appena espressi, e per suscitarne altri.
Per queste finalità, sono la sua vita, non esita ad
applicare quella che è stata chiamata la distruzione creativa – ossimoro
ardito, ma intrigante e significativo – la quale si riassume nell’abbandonare i
vecchi metodi di produzione e di pubblicità, non più adatti ai mutamenti
sociologici e culturali del mercato, e nel crearne di nuovi, in linea con le
trasformazioni tecnologiche vincenti. Tutto questo per restare competitivi sul
mercato e per espandere i propri prodotti.
Una strada che debbono sapere percorrere le comunità
religiose, raccomandata ai consacrati pure dai documenti del magistero, anche
se, per carità, usano altre parole, immagini e sottolineature: occorre avere il
coraggio di lasciare le opere improduttive a vario titolo e aprirsi alle nuove,
che possono essere anche le esistenti riciclate in finalità e in religiosi, che
il presente indica come fruttuose per il futuro. Saranno le opere che offriranno
nuovi “posti di lavoro” qualificato, togliendo da una genericità che addormenta
i carismi personali di tanti religiosi, e che permetteranno di valorizzare nel
migliore dei modi le “vecchie” forze a disposizione e di attrarre altri
“lavoratori”, incentivati dalla novità dell’opera e dalla sua attualità
evangelica e culturale.
Una politica conservatrice, arroccata su motivazioni
storiche stantie e su atteggiamenti di vago sapore romantico, è sempre
deleteria, in quanto non offre interne modulazioni di progettualità e di
dinamismo, come ben sanno i ricordati “figli delle tenebre” nell’inseguire i
propri affari. Invece sono gli ideali proposti che diventano gli
elementi-chiave propulsivi dell’impegno, dell’interesse, della dedizione,
perché fanno “ardere il cuore” – come confessano i due discepoli di Emmaus
quando scoprono Cristo – per la missione e quella della vita religiosa va ben
al di là del mercato.
Soltanto motivazioni forti, in una visione prospettica
chiara, e il ricupero del vigore e della vitalità del carisma possono tracciare
le strade della futura ampiezza del “mercato” entro il quale muoversi per
“produrre” le novità del Vangelo.
SENTIRSI
COINVOLTI
Un’altra caratteristica presenta oggi la “cultura
dell’impresa” che i religiosi farebbero bene tenere a mente: quella che viene
definita comunicazione di alta qualità. Significa che i membri del gruppo
debbono essere informati dell’andamento, delle difficoltà, delle prospettive
dell’impresa, per sentirsi coinvolti nella situazione attuale, per individuare
insieme problemi e rimedi, per potere offrire al meglio, e in modo motivato, le
proprie capacità al suo sviluppo.
In altre parole: si cerca di responsabilizzare
intellettualmente e affettivamente i membri del gruppo, di fare sentire
l’impresa come “propria”, di farla “amare”, in modo che il suo sviluppo e il
suo futuro siano sentiti come successo o fallimento di tutti. Si chiede la
“fede” nell’opera e l’assunzione personale delle iniziative per renderla più
grande e competitiva. Se manca l’entusiasmo e il dinamismo, originati
dall’interesse e dal coinvolgimento, l’impresa è destinata a vegetare. Il che,
oggi, vuol dire fallire, in un mondo in continua evoluzione culturale e
tecnologica, che brucia inesorabilmente chi non si adegua al percorso della
storia.
Una consapevolezza ben presente nella cultura di oggi:
un’azienda che non sta al passo con i tempi nell’analisi del mercato e delle
tendenze dei consumatori, nelle strategie del marketing, nell’innovazione
tecnologica, nella ricerca di nuovi sbocchi per i suoi prodotti perde la
capacità competitiva, sia a livello nazionale che internazionale. Tradotto per
la vita consacrata: i religiosi non sono visibili, hanno una debole o nessuna
forza di attrazione – il che significa, tra l’altro, che le vocazioni mancano –
restano legati a forme di presenza generalista che oggi non attira chi intende
donarsi a una causa, e alla fine diventa frustrante e alienante. Il tutto
preceduto e seguito da un fievole senso di appartenenza e dalla sfiducia nel
futuro del proprio istituto.
I religiosi invece hanno il compito – quali partner
“necessari”, insieme a tutti i credenti, richiesti dalla logica
dell’incarnazione, di costruire il regno di Dio, sviluppando le potenzialità
del futuro, estraendole dal presente e proiettandole verso l’avvenire. Il
mandato richiede un sapere camminare continuamente con l’uomo e per l’uomo,
raggiunto nella sua cultura e mentalità, per costruire un futuro sempre più
degno dell’uomo.
Il compito esige – come insegnano i “figli delle tenebre”
– discernimento delle opere, novità di pensiero, fede nelle possibilità offerte
dalla cultura, appello all’azione comune, coinvolgimento personale,
circolazione di idee, affiatamento di gruppo. Tutti elementi che permettono il
passaggio dal presente al futuro. Nella mentalità e nelle opere.
Ennio Bianchi