COME LEGGERE I SEGNI DEI TEMPI

 

Per leggere e comprendere gli eventi in ordine alla salvezza personale e della storia occorre l’intelligenza spirituale, che è dono dello Spirito Santo

accolto e ascoltato in purezza di cuore.

 

Sapienza spirituale è conoscere il nesso tra l’aspetto fenomenologico della vita, tra la storia nelle sue articolazioni quotidiane e la salvezza della persona.

L’intelligenza spirituale comprende le cose in ordine alla salvezza. La lettura della storia dev’essere quella sapienziale e spirituale, quella che riguarda la salvezza che si realizza nell’amore di Dio creatore e salvatore.

Queste realtà oggi non sono più scontate.

Non è facile trovare un padre o una madre spirituale che, senza fondamentalismi o fanatismi religiosi, ma anche senza moralismi o psicologismi, possano parlare con le persone dischiudendo loro lo sguardo su ciò che sono e su ciò che capita loro nella vita in chiave di salvezza, in chiave di maturazione con Dio e con gli altri, e dunque con sé.

È difficile leggere la nostra stessa persona, troppo occupati come siamo di come dovrebbe essere, di come vorremmo che gli altri ci vedessero, così come è difficile leggere la storia se non ci liberiamo dall’idea di come dovrebbe essere, di come gli altri, la Chiesa e noi stessi dovremmo essere.

C’è un passaggio sostanziale nel racconto di Giuseppe (Gn 37-49) che non ci deve sfuggire.

La porta dell’umiltà è l’umiliazione. Non si diventa umili se non per la grazia, per l’amore dello Spirito Santo che fa maturare le nostre umiliazioni.

Sembra crudele, ma i grandi maestri della vita spirituale concordano su questo punto. Si giunge all’umiltà attraverso la kenosis.

Anche Giuseppe ha passato la sua umiliazione e l’ha consumata fino in fondo. Davanti a lui erano chiuse tutte le strade, il suo vestito imbevuto dell’amore del padre gli era stato tolto e inzuppato di sangue, i pascoli di suo padre erano lontani, i mercanti lo avevano comprato e portato in una terra straniera. Addirittura la luce stessa si era chiusa su di lui: prima la cisterna, poi la prigione.

C’è un qualche nesso tra i sogni del faraone e la vita di Giuseppe. Anche lui ha vissuto i suoi anni di beatitudine nella casa del padre, certamente coccolato e, forse, anche viziato. Ma i suoi sette anni di abbondanza sono passati e sono giunti i sette anni magri, di prova, di crisi.

Tuttavia, questi anni non hanno distrutto l’amore per Giacobbe e per la sua casa. Piuttosto, lo hanno maturato. E dopo la carestia viene il momento della vera abbondanza, il tempo dei frutti.

È un po’ il canovaccio del racconto, che non è solo lo schema letterario dell’eroe individuato, provato, affermato, ma è lo schema sapienziale che servirà a Giuseppe per trovare i fratelli e ai fratelli per scoprire il padre e, di conseguenza, il fratello.

Il vero eroe della storia infatti non è Giuseppe, ma l’amore del padre e dei figli scopertisi fratelli.

In questa tensione divino-umana, pneumatologica e cristologica matura Giuseppe fino al punto di essere sicuro che è Dio a dare la conoscenza, perché è Dio che porta a termine gli eventi con la sua provvidenza.

E Giuseppe è un uomo della sapienza perché è un amante della provvidenza.

Ha letto i sogni del faraone perché Dio glieli ha fatti comprendere quale mezzo attraverso cui si compiva la vocazione datagli dal padre di cercare i fratelli.

A noi tocca sapere ciò che riguarda la nostra vocazione. È precisamente questo che Dio ci farà conoscere.

Quando l’uomo accoglie veramente la vocazione – dunque la propria verità, il che è possibile solo nello Spirito Santo, questa persona amante e luminosa della santissima Trinità – e orienta tutte le sue forze a questa vocazione senza disperdersi, certo Dio gli comunica come compiere la sua vocazione, realizzando se stesso come amore dell’Amore trinitario, realizzando se stesso insieme agli altri, trovandosi con gli altri perché trovando gli altri.

Solo attraverso i sogni, attraverso ciò che sarà il premio per la loro spiegazione, Giuseppe troverà i fratelli. Quando uno ha un cuore limpido come quello di Giuseppe riesce a interpretare, a vedere, a prevenire, a comprendere come sarà la storia e a prepararne la salvezza.

 

Marko Ivan Rupnik

da Cerco i miei fratelli, Lipa 1998