IN CINA CONTINUA LA PERSECUZIONE
La seguente testimonianza è stata resa recentemente davanti alla
commissione esecutiva del congresso USA per la Cina da Joseph Kung, presidente
della Fondazione cardinal Kung. Essa solleva il velo ancora una volta su una
situazione quasi del tutto ignorata.
Quando feci ingresso negli Stati Uniti 47 anni fa, nel 1955, la Cina era
un giovane paese comunista. A quel tempo, i comunisti gettavano in prigione e
confinavano nei campi di lavoro vescovi, i preti e i loro fedeli. 47 anni dopo,
la Cina è ancora un paese comunista e getta ancora in prigione i credenti e ne
confina a migliaia nei campi di lavoro.
Anche se la Cina è cambiata e ha aperto le porte al mondo esterno, la
persecuzione dei credenti non è mai cessata. Anzi recentemente è diventata
molto pesante proprio in un tempo in cui il paese sta compiendo un
significativo progresso economico, si è associato al WTO (World Trade
Organization) e professa di combattere il terrorismo ma nello stesso tempo
continua a esercitare il suo terrore tra i credenti.
Dal 1999, il governo cinese ha distrutto 1.200 chiese soltanto nella
provincia orientale. Un sacerdote di 82 anni, padre YE Gong-Feng è stato
selvaggiamente torturato fino all’incoscienza, e padre LIN Rengui è stato
picchiato tanto selvaggiamente da vomitare sangue. Il seminarista Wang Qing
della chiesa clandestina è stato torturato per tre giorni, sospeso ai polsi,
picchiato e costretto a nutrirsi di liquidi contaminati che gli hanno procurato
lesioni e malattie.
Il sacerdote cattolico Hu Duo ha avuto le gambe spezzate per le
battiture della polizia. Perfino una ragazzina di 12 anni non è potuta sfuggire
alla brutalità. Aveva detto a coloro che la interrogavano di essere diventata
un lettore liturgico. Per questo è stata picchiata così selvaggiamente da dover
essere ricoverata in ospedale.
Nell’Hebei c’è un piccolo villaggio chiamato Dong Lu. Qui c’era un
santuario dedicato alla Vergine Maria. Ogni anno decine di migliaia di
pellegrini vi si recavano da tutta la Cina.
Tuttavia, nel maggio del 1996, 5.000 soldati cinesi, appoggiati da
dozzine di carri armati ed elicotteri lo hanno distrutto e raso a suolo. Il
governo ha confiscato la statua della Vergine Maria e arrestato molti vescovi e
sacerdoti. Il vescovo Su Chimin, vescovo clandestino del santuario, fu arrestato
almeno cinque volte in passato e ha già trascorso 26 anni in prigione. È
scomparso dopo essere stato fermato nell’ottobre del 1997 e non sappiamo se è
vivo o morto.
Ci sono approssimativamente una cinquantina di vescovi che fanno parte
della chiesa sotterranea cattolico romana. Quasi tutti sono stati arrestati o
posti agli arresti domiciliari oppure sotto stretta sorveglianza, o sono
nascosi o costretti a fuggire. È chiaro che attualmente in Cina esiste una dura
persecuzione contro la chiesa sotterranea.
I comunisti hanno preso il potere nel 1949. Dopo sette anni di dura
persecuzione non furono in grado di eliminare la chiesa cattolica. Così nel
1957 il governo comunista creò una sua chiesa chiamata Associazione della
chiesa patriottica cinese per sostituire la chiesa di Roma in Cina e avere così
un totale controllo su di essa. Benché l’associazione della chiesa patriottica
si definisca “cattolica”, essa non ha ricevuto il suo mandato dal papa. Essa
riceve ordini dal governo cinese. È sotto la sanzione del governo cinese. Per
questo non è perseguitata. A tutt’oggi l’associazione patriottica continua a
rivendicare l’indipendenza dal papa, il quale si è sempre rifiutato di
riconoscerla.
La chiesa sotterranea non ha chiese pubbliche poiché essa è ritenuta
illegale. Una santa messa, un servizio liturgico e persino pregare sui morti da
parte dei cattolici romani è considerata attività illegale e sovversiva dal
governo cinese. Esso inoltre considera queste riunioni private illegali e non
autorizzate, sovversive e punibili con multe esorbitanti, detenzione, arresti
domiciliari, prigione, campi di lavoro anche con la pena di morte.
Il governo sta ora cercando di obbligare la chiesa sotterranea a
registrarsi con l’associazione patriottica. Rifiutarsi vuol dire essere soggetti
a una condanna a tre anni di campo di lavoro. Essere ordinati nella chiesa
sotterranea come sacerdoti e svolgere attività evangelizzatrice senza
l’autorizzazione del governo cinese sono considerati reati punibili con tre
anni di lavoro forzato.
Ma nessuna descrizione della persecuzione dei credenti sarebbe completa
se non si menzionasse il cardinal Kung, poiché egli è il simbolo della
persecuzione in Cina. Il cardinale Kung è stato vescovo di Shanghai per 51
anni, fino alla morte avvenuta il 12 marzo di due anni fa. È stato in prigione
32 anni e mezzo, in gran parte al confino solitario, perché aveva rifiutato di
rinunciare al papa.
Giovanni Paolo II lo creò segretamente cardinale nel 1979 mentre era
ancora in prigione e lo proclamò pubblicamente 12 anni più tardi, nel 1991,
dopo che questi era giunto negli Stati Uniti, dove visse 12 anni. Anche dopo la
morte egli fu ancora perseguitato e insultato dal governo cinese. Una volta
scomparso, il governo cinese emanò una dichiarazione in cui si diceva che «Kung
Pin Mei era un criminale trovato colpevole dalla corte cinese. Egli ha commesso
il grave crimine di dividere il paese e la chiesa: la storia lo giudicherà per
questo suo crimine».
Credo che sarà la storia a giudicare e il suo giudizio sarà che il card.
Kung non è affatto un criminale. La storia dirà anche che coloro che sono stati
perseguitati dal governo cinese non sono dei criminali. Criminali sono coloro
che hanno inflitto il carcere a vita al cardinale. Criminali sono coloro che
hanno perseguitato milioni di credenti cinesi i quali volevano solo praticare
la loro religione secondo la loro coscienza, non secondo le scelte del governo.
Criminale è ovviamente il regime di Pechino.1
1 World Mission, The Asian Catholic Monthly Magazine, giugno 2004.