P. TRABUCCO AI PADRI DELLA CONSOLATA
LA FEDELTÀ DIPENDE DALL’AMORE
La fedeltà nella vita consacrata, come in qualsiasi altra scelta di
vita, non è una chimera o una meta irraggiungibile. Ma
per essere possibile ha bisogno di mezzi adeguati: è necessario curare il
rapporto con Dio nella preghiera, vivere intensamente il quotidiano,
valorizzare il vivere comunitario e lasciarsi accompagnare dai fratelli.
La fedeltà è uno di quei valori che nelle epoche passate godeva di altissima considerazione e che nessuno mai avrebbe
sognato di mettere in questione.
Nell’epoca moderna invece, a causa dei cambiamenti avvenuti, prima di
tutto nei modi di pensare, e in seguito anche al succedersi vorticoso degli
eventi, la fedeltà non solo viene messa in questione,
ma sembra essere diventata quasi un anacronismo. «Ne sono prova in maniera
accentuata nel mondo occidentale, scrive padre Piero Trabucco, superiore
generale dell’istituto della Consolata, in una lettera ai missionari, in data
19 marzo 2004, dedicata a questo argomento, la
facilità con cui si passa da un partito politico ad un altro, dall’adesione da
una religione ad un’altra, da un impegno coniugale alla convivenza
extraconiugale». Anzi, osserva il padre, ci troviamo in
presenza di un fenomeno «che non pare sorprendere più nessuno, tanto si
è abituati a una cultura che brucia in fretta anche le esperienze più
significative e le scelte di vita più rilevanti. La fedeltà non è più un valore
appetitoso per le nuove generazioni, perché pare evocare un atteggiamento di
difesa, quasi un volere fissare l’esistenza, eliminando ogni apertura verso il
futuro e il nuovo».
Non è esente da questa tentazione nemmeno la vita consacrata, la quale
oggi, più che mai, viene a trovarsi anch’essa nell’occhio del ciclone: «I suoi
fondamenti paiono a molti estremamente fragili, mentre
sempre più sovente le giovani generazioni sembrano questionarla
nella sua stessa essenza e nel suo valore intrinseco. Perché
fare una scelta che debba durare tutta una vita? E chi mi dice che poi riuscirò
a esservi fedele? Perché non fare piuttosto scelte a
corta o media scadenza e così continuare a essere
libero per nuove future esperienze? Quando poi il grande
passo è fatto, continuano ancora altri interrogativi, a volte anche
angoscianti. Come rigenerare la mia consacrazione di modo che la mia fedeltà
non risulti fissismo o inattività? Continuerò ad
essere felice nella scelta di vita che ho fatto?».
«Le conseguenze di questi ricorrenti dubbi, prosegue p. Trabucco, stanno davanti ai nostri occhi con risvolti non solo
deleteri ma anche drammatici: una sostanziosa percentuale dei nostri giovani
che emettono la prima professione non giungono mai all’impegno definitivo e un
altro numero, non trascurabile, di coloro che giungono ad emettere i voti
perpetui o che accedono agli ordini sacri abbandonano la strada intrapresa nel
giro di pochi anni».
OSTACOLI A UNA VITA
CONSACRATA “FEDELE”
Si tratta di un fenomeno che ha dei risvolti
umani e culturali bene identificabili, ma che intacca anche il campo teologico
e ascetico.
Gli ostacoli alla fedeltà si trovano numerosi nella società e nel
pensiero odierno. Essi spiegano perché i giovani, e anche altri meno giovani,
trovino difficile concepire la loro consacrazione a Dio per la missione in
termini di una fedeltà che abbraccia tutta la vita, escludendo ripensamenti e scelte ulteriori.
Anzitutto, spiega p. Trabucco, la nostra cultura sembra prediligere il
futuro, invece che fissare lo sguardo sul passato. Essa desidera guardare in
avanti, progettare sempre cose nuove con scarso riferimento agli insegnamenti
che le possono derivare dalla storia. Ne consegue allora che la creatività e la
progettazione, come valori, superano infinitamente l’interesse per il passato e
la fedeltà ai valori acquisiti. La nostra società dei consumi, che ama
presentare un’infinità di opzioni, rende difficile ed
ambigua ogni scelta importante. Le offerte sono troppe per cui
una persona non sa più cosa scegliere, temendo di sbagliare. Ciò può avvenire
anche a livello dei valori umani e spirituali, e dello stesso progetto di vita.
Perché scegliere una cosa sola e aderire ad essa per
sempre, quando la vita mi potrà riservare tante altre possibilità?
Queste tendenze sono alimentate senza dubbio da correnti filosofiche
moderne che concepiscono l’uomo come libertà assoluta, senza alcun riferimento
a valori stabili. L’uomo non deve rendere conto a nessuno, progetta la propria
vita a suo piacimento, poiché egli è puro esistere. Dall’altro canto, l’enfasi
data alla psicologia del profondo ha invece contribuito a concepire l’esistenza
umana, da parte di alcuni, come ancorata a meccanismi inconsci che la rendono
poco libera e cosciente nel suo agire. In questo caso, ogni scelta diventa
pressoché impossibile.
ESSERE FEDELI
È POSSIBILE
Ma essere fedeli è possibile. La fedeltà nella vita consacrata, come in
qualsiasi altra scelta di vita, non deve essere vista come una chimera o una
meta irraggiungibile. Infatti ogni persona che nasce,
reca in sé elementi che da un punto di vista genetico e culturale la impegnano.
Nessun essere umano infatti viene alla luce come
“tabula rasa” o allo stato puro. Nascere in una data famiglia, in un determinato
periodo storico e in una specifica società significa essere già corredati da un
insieme di fattori che impegneranno la vita futura dell’individuo. Possiamo
allora affermare che ogni essere umano quando nasce reca in sé germi del suo
futuro già fissati e altri che attendono invece di venire scelti e sviluppati
poco a poco in maniera stabile e duratura. Non fare questo ulteriore
passo significherebbe destinare la propria esistenza alla incompletezza e al
fallimento. Fare invece una scelta e farla in maniera duratura significa dare
completezza e significatività alla propria esistenza. Quanto
più la persona è capace di scegliere, tanto più essa saprà esprimere la propria
libertà.
Può allora un impegno essere definitivo? Sebbene, scrive p. Trabucco, la
nostra esperienza quotidiana ci dica che fino alla morte
dobbiamo sempre rimanere attenti alle “sorprese”, tuttavia c’è una maniera di
condizionare il nostro futuro e farlo camminare sulla traiettoria da noi
voluta, ed è quella di vivere fedelmente il presente. La fedeltà di oggi ci dirà se il futuro sarà quello che noi vogliamo
che sia. Umanamente parlando, questo è il solo margine di certezza di fronte al
nostro futuro: assicurarlo, prendendoci massima cura del nostro presente. I
margini di garanzia aumenteranno se questo impegno
abbraccerà poi tutta la persona: l’emotività, l’intelligenza, la volontà.
A questo riguardo, tutti sappiamo quanto
determinante sia il ruolo che la volontà e l’intelligenza svolgono in noi. Eppure oggigiorno sembra invece che sia l’emotività ad avere
il peso maggiore nel determinare le scelte della vita. Faccio una data scelta
perché mi piace, l’abbandono perché non mi piace più! Il margine maggiore di
certezza ci viene dato infine dall’azione di Dio in
noi, poiché la nostra speranza non è solo umana, ma anche teologale. È Dio infatti la ragione più forte della nostra speranza e il
fondamento più duraturo, qualora la nostra scelta di vita sia fatta con lui.
Noi possiamo essere fedeli perché Dio è fedele. Inoltre attraverso Cristo troviamo
la rivelazione di come anche noi possiamo essere fedeli a lui Nel suo sì al
Padre, Gesù ha tracciato la via per avere la sicurezza di essere
anche noi fedeli a Dio per tutta la vita. Il punto di partenza è la fede e la
fiducia in lui, una fede che si traduce in obbedienza alla sua Parola e al suo
Vangelo, e assume forme e gesti concreti, quotidiani, propri non solo delle
grandi occasioni ma della vita di ogni giorno. Si
tratta di un impegno che prende le caratteristiche dell’amore cristiano, ossia
radicale, che abbraccia il cuore, l’intelligenza e la
volontà e che poi da Dio passa al prossimo. «L’amore, sottolinea
p. Trabucco è veramente l’anima della fedeltà».
I MEZZI
PER SOSTENERLA
La fedeltà, tuttavia, per sostenersi ha bisogno di mezzi appropriati,
poiché anch’essa è soggetta all’usura del tempo.
Anzitutto, afferma p. Trabucco, è necessario curare il rapporto con Dio
nella preghiera. È Dio infatti il fondamento e la
sorgente perenne della nostra fedeltà. Perciò, se il mio rapporto con lui
continua a essere di amore, di abbandono e di fiducia,
di fede profonda, la speranza di mantenermi fedele sarà assicurata. I mezzi a
nostra disposizione che rendono significativa la
nostra relazione con Dio sono molteplici e tutti ruotano attorno allo spirito
della preghiera continua.
Un posto particolare spetta anche alla meditazione quotidiana,
soprattutto sulla parola di Dio. Ma anche gli
anniversari o i giubilei possono diventare un’occasione per riappropriarsi
dello spirito della vocazione e rafforzarlo.
Occorre, inoltre, vivere intensamente il quotidiano. Il beato Allamano consigliava ai suoi missionari che per coltivare
la loro vocazione bisognava vivere intensamente e bene ogni giorno e ogni
momento con il nunc coepi
(ora comincio). Il tempo della nostra esistenza infatti,
commenta p. Trabucco, si dipana momento dopo momento, giorno dopo giorno. Non
possiamo viverlo, concentrandolo tutto assieme. Il passato non c’è più, il
futuro non c’è ancora, solo mi resta il presente per realizzare la mia
esistenza: devo viverlo bene, dando significato a ogni
cosa che faccio, sicuro che in questo modo compio la volontà di Dio e realizzo
la mia vocazione.
Vivere intensamente il presente assicura pienezza e significatività a
tutta la nostra vita, mantiene sempre vivi e presenti gli ideali a cui abbiamo
aderito e che danno orientamento alla nostra esistenza. È, in altre parole, la
risposta alla volontà di Dio che si manifesta costantemente a
uno spirito vigile e attento. E questo immette gioia
nel vivere la propria vocazione. Giovanni XXIII scriveva a questo proposito:
«Sono come un sacco vuoto, che Dio deve riempire. Non mi preoccupo d’altro che
di fare giorno per giorno la volontà di Dio. Credetemi,
questa è la vita più bella».
In terzo luogo, valorizzare il vivere
comunitario e lasciarsi accompagnare dai fratelli.
«La comunità, sottolinea p. Trabucco,
costituisce un importante aiuto alla fedeltà. In essa
il missionario si sente accolto come discepolo impegnato a seguire il Maestro e
trova abbondanza di mezzi che gli facilitano il cammino di crescita in tutte le
dimensioni della sua vita consacrata. È Dio stesso che mi ha fatto dono dei
fratelli perché mi sorreggano nell’itinerario di fedeltà a Dio seguendo la
specifica vocazione che ho ricevuto con il carisma del beato Allamano. La presenza di questi fratelli è per ciascuno di
noi una forza, una garanzia e un’autentica fortuna. Tocca a
noi valorizzare al massimo la comunità, usufruendo dei tanti mezzi che essa ci
offre. Non è difficile elencarli: la preghiera comune, la comunione
d’anima, l’Eucaristia, l’approfondimento e il discernimento comunitario della
parola di Dio, la correzione fraterna, i momenti di svago. Allo stesso tempo
dobbiamo ricordare che ciascuno ha il compito di costruire la comunità e non
accontentarsi di essere un semplice fruitore di essa.
In proporzione con cui mi faccio dono agli altri, io rimango da
essi arricchito».
Infine, un altro mezzo importante è la guida spirituale. Siccome
«viviamo in epoca di grande incertezza e di disorientamento sulle realtà che
toccano la nostra vita e il servizio missionario, si impone
più che mai il bisogno di avere una guida spirituale e da essa ricercare
consiglio. Non si tratta solo di avvicinare una persona che abbia esperienza e
possa sostenere chi ne ha meno, quanto piuttosto di creare una “comunione tra
fratelli” in maniera tale che il Risorto sia presente e diventi luce nel
cammino».
P. Trabucco termina le sue considerazioni con un paradossale “elogio
dell’infedeltà” per far comprendere in maniera efficace dove risiede il segreto
della fedeltà:
«Beato chi ha deciso in cuor suo di essere
infedele a se stesso, ai propri progetti, con quanto ha promesso e pianificato.
Beato chi ha affidato la propria vita ad un Altro e lo lascia
fare da regista, e si dichiara pronto a recitare la commedia, la divina
commedia che lui gli suggerisce. Beato chi lo lascia
libero di scombinare gli schemi; lui che come vento soffia dove vuole: sai da
dove viene ma non sai dove ti porta: è libero e creativo, sempre imprevedibile.
Vivere in balia dello Spirito. Passare dal certo all’incerto,
dal noto all’ignoto. Avventura di nuova vita, imprevedibile.
La coerenza è lineare. Ma non lascia libero lo
Spirito di esprimersi con la creatività che lo caratterizza. L’incoerenza è
bizzarra. Ma possiede la linearità del disegno di Dio.
La sua armonia la cogli dall’alto. Incoerenza per una coerenza superiore.
Conviene lasciare la sicurezza del timone, sciogliere la vela e affidare la
guida allo Spirito».